Pomigliano d'Arco, sciopero per… i diritti

Tra i documenti ricevuti in occasione degli scioperi per l'Articolo 18 e delle manifestazioni sfociate in quella del 23 marzo, uno in particolare si presta ad alcune riflessioni. Si tratta di una mozione presentata dallo Slai Cobas a un'assemblea della Fiat Auto di Pomigliano. In essa si legge che l'assemblea decide uno sciopero di otto ore, propone uno sciopero generale e vota la mozione, tutto all'unanimità.

La folta presenza di lavoratori e l'alta combattività da essi dimostrata è quindi assolutamente positiva, specie per l'intento di risolvere problemi comuni a tutti i lavoratori con il potente strumento dello sciopero generale. Sennonché leggendo il documento ci si chiede per quale perversa ragione debbano esistere molte organizzazioni sindacali quando non vi sono differenze fra di esse.

Si legge nella mozione che "dopo una durissima lotta operaia […] lo Statuto dei Lavoratori e le norme a tutela della libertà e della dignità dei lavoratori portarono finalmente un poco di Costituzione all’interno delle fabbriche". Le lotte ci furono, ma non per lo Statuto, la cui origine è da attribuire a Di Vittorio, che voleva scriverlo nel '45. Pietro Nenni lo ripropose nei primi anni '60 nell'ambito della politica di centro-sinistra, un articolo contro i licenziamenti indiscriminati diventò legge nel '66 e lo Statuto propriamente detto passò alle camere nel '70. Ma quel che c'interessa non è tanto il fatto in sé stesso quanto il concetto secondo cui ai lavoratori servirebbe far entrare in fabbrica "un po' di costituzione". Il linguaggio utilizzato è parimenti indicativo: "Vorrebbero riportarci al feudalesimo ed alla schiavitù ricacciando fuori dai luoghi di lavoro ogni tutela contrattuale, giuridica e sindacale". E quando mai i proletari, se sostenuti da una buona organizzazione, hanno bisogno di "tutela", che poi nella fattispecie è quella della legge, garantita dai tribunali, dalla polizia, insomma, dallo Stato?

Dopo aver criticato le "burocrazie sindacali" il documento continua: "E' necessario contrapporre alla piattaforma dei padroni una piattaforma dei lavoratori che rimetta al centro del quadro i diritti sociali negati su salario, garanzie, diritti sindacali, previdenza, scuola, sanità, servizi sociali e democrazia, senza dimenticare il necessario azzeramento dell'antidemocratico appannaggio del 33% delle RSU a favore dei sindacati confederali".

Un sindacato nuovo per fare concorrenza a quelli vecchi sul loro stesso terreno? Vendendo la stessa mercanzia nel quadro borghese del Welfare State? Non è precisamente ciò di cui c'è bisogno dal punto di vista della lotta di classe. Ma qualcuno si è mai chiesto perché gli strumenti del welfare si chiamano "ammortizzatori sociali"?

Rivista n. 7