Inflazione dello Stato
Questo il titolo di due articoli pubblicati dalla nostra corrente nel 1949. Analizzando la sistemazione territoriale e politica di vinti e vincitori, vi si osservava che le sette potenze entrate in guerra si erano ridotte a due, seguendo la tendenza storica dell'aumento di potenza e di territorio controllato dagli imperialismi vincitori. Spartita in cinque la Germania, lobotomizzato il Giappone sotto il tallone americano, satellizzata l'Italia, de-imperialistizzate Francia e Inghilterra, non rimanevano che America e Russia con le relative aree d'influenza, volenti o nolenti.
Oggi i Grandi sono otto o nove (cresce la Cina), ma in realtà c'è un solo Stato che conta e detta legge a tutti gli altri. Rilevarlo sarebbe banale, se non fosse che circola la leggenda della de-statizzazione, della vittoria della libertà e del mercato. Come se la storia potesse girare all'indietro. Il guaio è che ci cascano quasi tutti, compresi tanti che si dicono comunisti. Nella battaglia contro il luogocomunismo bisognerebbe essere più attrezzati contro questa credenza idiota, che può spingere gli ingenui a lottare… contro le privatizzazioni, le ristrutturazioni e simili. Nessuna de-statizzazione è in corso, bensì avanza il fenomeno contrario.
L'America bushita predica libertà di mercato mentre corazza la sua struttura statalista, centralista, dirigista, monopolista e militarista. I satelliti sono costretti a tenere atteggiamenti del tutto schizofrenici: da una parte devono partecipare al sistema mondiale americano, cioè lasciar libero corso alle scorribande del capitale i cui flussi, manco a dirlo, privilegiano l'unico centro imperialista rimasto; dall'altra devono anche correre ai ripari, rafforzare il controllo dello Stato per non passare da satelliti a schiavi. Del resto il termine "Stato" non designa più l'istituto di un tempo e ormai ha bisogno di aggettivi o di essere aggettivato: stato sociale, economia statale, ecc. Quando occorrono troppi distinguo vuol dire che il significato s'è perso.
Del resto anche per quanto riguarda la "sovranità" degli Stati, qualcosa è cambiato, dato che ogni nazione la delega a organismi internazionali (Nazioni Unite, Fondo monetario, Organizzazione per il Commercio, Banca Mondiale, ecc.) o ad alleanze strategiche (Nato, EU, Seato, Csi, ecc.). Gli Stati non arrivano a 200, mentre gli organismi internazionali sono… 1.850. Lungi dal diventare elastico e flessibile, lo Stato in questa situazione diventa rigido e ovviamente autoritario, perché i provvedimenti da prendere non dipendono più dall'interno ma dall'esterno. Perciò deve controllare la società sempre di più, non di meno. Quando in Italia si è "privatizzato" smantellando il sistema "pubblico" si è dovuto ricorrere a nuove regole e a nuovi enti che le facessero rispettare. Nel tempo sono nati anche nuovi settori di polizia specializzata, collegati internazionalmente a nuovi centri di controllo.
Più l'imperialismo matura, più lo Stato s'inflaziona. Muore lo Stato etico e si espande lo Stato controllore, che si allarga nella società e su più nazioni, attraverso il rafforzamento della struttura di comando a livello pratico. Tecnici e burocrati guidano ogni Governo, a capo del quale può essere messo qualsiasi imbecille più o meno telegenico. Perciò la statizzazione si realizza anche nell'espansione della rete di comando, dove il controllo dev'essere capillare: l'Unione Europea ha 15 Stati, ma 130 sotto-stati fra lander, regioni, dipartimenti, ecc., in ognuno dei quali la qualità del formaggio, l'impianto elettrico e l'emissione delle marmitte dipende da organismi statali sovranazionali. No, non si può più tornare allo Stato del re di Prussia.