Il battilocchio nella storia
Quaderni di n+1, pagg. 130. Ristampa, euro 4,20.
Nel presentare questa raccolta (otto testi del Partito Comunista Internazionalista e nove lettere di Amadeo Bordiga) ricordiamo ai lettori che la serie dei nostri Quaderni, praticamente esaurita, sarà poco per volta resa nuovamente disponibile. I testi apparvero (non firmati) sui periodici Battaglia comunista e Il programma comunista fra il 1949 e il 1956. La corrispondenza di Bordiga copre un arco più lungo, dal 1925 al 1957.
Si tratta di una lettura particolarmente significativa per quest'epoca nella quale l'individuo è esaltato ad ogni livello come attore di uno spettacolo infinito mentre marciano di pari passo l'omologazione di massa e l'egoismo spinto, l'adattamento supino ai più beceri risultati dell'ideologia borghese e la credenza nell'originalità creativa della "persona" in quanto forza motrice della storia.
La teoria del battilocchio, che alcuni credono sia stata elaborata in modo del tutto originale dalla Sinistra Comunista "italiana", è uno dei pretesti usati dagli avversari di questa corrente per dimostrare che essa era estranea al marxismo, in quanto Marx non avrebbe mai affrontato la questione della personalità da un simile punto di vista. Ma è una mistificazione bella e buona, dato che: primo, non si tratta di una teoria e, secondo, nell'affrontare il problema della funzione individuale come fattore di storia, di originale non c'è neppure il termine scherzoso battilocchio. Esso fu reso celebre dalla canzone di Totò Piccerella piccerè (la cantava Nino Taranto).
Comunque l'argomento era già stato trattato da Plechanov (La funzione della personalità nella storia, 1898), e lo fu da tutti i seguaci di quelle teorie storico-materialistiche che furono alla base delle ricerche di Marx, esattamente negli stessi termini della Sinistra. Nella nostra raccolta di testi c'è in più solo l'approfondimento rispetto a svariati campi della conoscenza umana e il riferimento agli errori che a tale proposito persistono, anche dopo ciò che fu scritto e riscritto dai "classici". Oltre tutto è assai curioso attribuire una speciale teoria del battilocchio proprio a Bordiga che, è risaputo, insistette per tutta la vita nel combattere la credenza secondo cui le teorie scaturiscano dai cervelli singoli. Egli fu addirittura feroce, come si evince dal carteggio, contro la concezione metafisica secondo la quale vi sarebbero personaggi in grado di piegare la storia alla loro volontà, sia in quanto geni superdotati di materia grigia o carisma, sia in quanto agenti malefici. E fu feroce soprattutto con i compagni di partito che, stimandone l'enorme capacità di lavoro e di elaborazione, lo trattavano a volte da "grande capo", cioè proprio da battilocchio.
Le teorie, che solo i borghesi dividono in campi specifici, quello fisico e quello sociale, quello artistico e quello psicologico ecc., non sono il prodotto di individui e neppure di particolari comunità scientifiche o artistiche; specie oggi che l'informazione è globale, così come sono globali la produzione e la circolazione di valore, esse sono il frutto di elaborazioni collettive nel senso che c'è una continuità, mai una cesura, fra i vari risultati. Il sorgere di un'idea improvvisa è apparentemente un fatto del tutto personale, ma questa impressione di esclusività è dovuta soltanto all'attenzione che rivolgiamo normalmente al mezzo umano attraverso cui avviene per la prima volta la comunicazione di un risultato. La storia dimostra però che è un errore. "Teorie e politiche sono risultati dovuti al lavoro di generazioni e a scontri di classe ad un livello un po' più alto che non i fremiti di visceri e glandole personali", troviamo scritto in uno dei testi.
Ciò ha un risvolto pratico importante. Continuando: "Nessuna società decade per le sue leggi interne" fino a quando queste stesse leggi non riescono "a far levare una moltitudine di uomini, organizzata con armi in pugno". La rivoluzione, intesa come rottura sociale definitiva, non è una questione di forme e neppure di grandi capi, condottieri o geni della politica. Può solo essere la risultante di tutti i fattori in gioco in una società.
Sul versante "marxista", d'altra parte, è diffusa una credenza che definiremmo deterministico-volgare, secondo la quale l'individuo non conta nulla e la storia si svolgerebbe allo stesso modo anche se un determinato gran personaggio non esistesse. Anche Tolstoj, sebbene in maniera più elegante di certi materialisti, aveva una concezione del genere. Questo ovviamente è un modo errato di porre la questione perché non è affatto vero che senza Napoleone le cose sarebbero andate allo stesso modo, così come non è vero che Napoleone ha "fatto" la storia. Il tema, come detto nei testi del volume e in altri (ad esempio quello che Bordiga scrisse nel '24 in morte di Lenin), si può affrontare in modo materialistico solo rovesciando l'origine della "volontà" che muove il mondo e lo cambia: è la rivoluzione incessante che "sceglie" i propri strumenti e li adopera, non certo gli strumenti che creano il movimento. Il processo reale di cambiamento, quello che "abolisce lo stato di cose presente" sintetizza in una persona una serie di determinazioni che vengono da lontano nel tempo, e non da pochi uomini bensì da masse che si scontrano incessantemente. La funzione del "capo", dell'"artista" o dello "scienziato" è tutta qui. Nessun battilocchio potrebbe muovere neppure i suoi parenti o riempire le pagine del suo taccuino se non fosse il rappresentante di questo movimento reale.
Nel mondo fisico ciò che un individuo agente rappresenta in campo sociale e politico può essere paragonato ad un "evento". Dalle particelle alle montagne, dal mondo animato della biosfera agli strati geologici profondi della Terra è tutto un susseguirsi di "eventi" concatenati. La complessità del mondo fa sì che la serie deterministica di cause ed effetti non possa essere conosciuta se non in casi molto particolari, i meno numerosi. Tutto il resto si muove secondo un divenire caotico dal quale è difficile estrapolare un ordine, a meno che esso non si manifesti da sé, come nel caso della spirale di una conchiglia, delle forme di un cristallo, delle nervature di una felce o del movimento dei pianeti. In un contesto del genere la classica farfalla che batte le ali, come nel celebre aforisma, può generare un piccolo vortice il quale, rafforzato da altre determinanti, si trasforma a poco a poco in un uragano, magari a mille chilometri di distanza. Ma la stessa farfalla può anche generare un vortice identico che trova compensazione in turbolenze circostanti in grado di neutralizzarne l'effetto a una spanna di distanza. Come il battilocchio, è certo la farfalla che ha generato o non generato l'uragano, ma a nessuno verrebbe in mente di far finta che le "condizioni al contorno" non esistano, e di attribuire l'uragano o la bonaccia al genio o alla stupidità della farfalla.
Tuttavia una cosa è certa: esistono "uragani" scatenati da "farfalle". Quindi non è affatto indifferente che esistano o meno farfalle, che esse battano o meno le ali e che soprattutto si trovino in situazioni adeguate in grado di generare vortici micidiali invece che innocui. Farfalle che magari sincronizzano i loro battiti d'ali e amplificano vortici altrimenti destinati a disperdersi, ecc.