L'insurrezione è un'arte

Ho partecipato a una delle ultime riunioni di n+1 dopo aver partecipato a riunioni di altri raggruppamenti che si rifanno alla Sinistra Comunista e vi sottopongo un quesito. Non voglio manifestare nostalgie terzinternazionaliste, anche se penso che storicamente quello sia stato il momento più alto consapevolmente raggiunto dal movimento di emancipazione degli sfruttati. Ma penso che senza un collegamento ad una politica comunista, cioè un partito, un'Internazionale, non vi sia alcuna possibilità di ripresa di classe. Senza la consapevolezza politica basata su un programma preciso e netto come quello del PCd'I nel 1921, si rischia di subire il potente fascino del movimento del capitale. Esso è certamente gravido di un modo di produzione superiore, come dite sempre, ma di per sé non ci dà per niente la garanzia di un parto spontaneo della società futura.

Non pretendo ovviamente che nelle vostre riunioni, al posto del doveroso esame scientifico (e ben più approfonditi e completi ne occorrono, Sinistra Comunista "italiana" docet), o accanto ad esso, si facciano quei ridicoli pistolotti immediatisti di agitazione abituali al gauchisme parolaio. Ma ritengo necessario ricordare, sempre, che solo ricollegandosi ad una storia ininterrotta di opposizione di classe sarà possibile alle nuove generazioni riprendere il "filo del tempo". Questa è certo una mia esigenza soggettiva, una sensibilità maturata in seguito a troppi fallimenti che ho visto in giro, ma è altrettanto certo che c'è un dato oggettivo, perché nell'assenza di questo collegamento le masse proletarie, i sottoccupati ed i sottoalimentati sono solo un'amorfa massa di manovra per il Capitale.

Credo che sia necessario ricordare sempre il disastroso decorso della Seconda Internazionale, che nacque già con difetti gradualistici e giunse a teorizzare, nel suo insieme, l'avvento automatico della società nuova. Lenin e la Sinistra Comunista ribadirono invece l'importanza dell'esistenza soggettiva della classe attraverso il suo partito, unico elemento storico in cui possa realizzarsi la volontà del cambiamento, non certo nel senso anarchico ma nel senso di materialistico rovesciamento della prassi, quando diventa possibile non solo assecondare il movimento reale ma trasformarlo in insurrezione (che per Marx e Lenin era un'arte e non un decorso naturale).

 

Affinché possiamo capirci nel contesto della sopravvivenza di tanti seguaci della "Sinistra Comunista", occorre subito una precisazione fondamentale: riteniamo che quella corrente abbia rappresentato un apice ineguagliato nella storia del movimento operaio e che abbia lasciato un patrimonio inestimabile, ma non esiste più. Tutti quanti usiamo quest'appellativo un po' come un'astrazione, perché in realtà esso può essere attribuito solo a una precisa corrente che si prefigura come socialista intorno al 1912 ed esiste in quanto comunista dal 1919 al 1926. A rigor di logica non ha senso parlare di Sinistra quando da ottant'anni non vi sono più né una Destra né un Centro, come invece succedeva allora.

È vero che è esistita una continuità fisica, dovuta agli stessi militanti che diedero vita alla corrente in quel periodo e che lavorarono lungo sessant'anni, ma nel frattempo vi sono state anche lacerazioni clamorose che hanno spezzato tale continuità. Quegli stessi vecchi compagni erano consapevoli che era meglio rompere con la propria storia organizzativa piuttosto che rinunciare alla continuità teoretica. E lo fecero più di una volta. Oggi la situazione è decisamente peggiorata. Apparentemente non c'è nessun denominatore comune tra coloro che si richiamano alla Sinistra, ma c'è un'invarianza di fondo nell'essere figli della Terza Internazionale senza aver assorbito gli insegnamenti della Sinistra Comunista che diede battaglia quando la degenerazione di Mosca si dimostrò irreversibile.

Periodizzare la continuità della Sinistra ha un'utilità pratica per capire il lavoro che occorre fare oggi, non certo per stabilire un'ulteriore continuità organizzativa. Il Circolo Carlo Marx inaugura un lavoro che possiamo definire lineare fino alla Terza Internazionale, quindi dal 1912 al 1919; dal Secondo Congresso dell'IC alla "bolscevizzazione" abbiamo il tentativo – eroico ma fallito – di portare l'Internazionale ad essere un vero partito comunista mondiale unico e, con la formazione del PCd'I, il primo tentativo nella storia di applicare il centralismo organico (1920-23); di lì al VI Esecutivo Allargato vi è la strenua difesa della concezione organica non solo del partito ma della storia umana di cui il partito dovrebbe essere l'espressione; infine vi è la ripresa di tutta questa esperienza nel dopoguerra, con l'approfondimento, che non esitiamo a definire "scientifico", dei temi che negli anni '20 erano ancora affrontati con gli strumenti della "politica". Come si è detto più sopra, il termine "Sinistra Comunista" è rigorosamente applicabile soltanto al periodo in cui c'erano una destra e un centro, cioè dal 1921 al 1926. Prima abbiamo il circolo eretico nel PSI e la frazione astensionista indi comunista, successivamente la frazione all'estero, infine il Partito Comunista Internazionale.

D'altra parte, anche dal '21 al '26 rivendichiamo la Sinistra Comunista solo in senso storico, dato che al suo interno vi erano componenti che non avevano capito l'importanza della concezione organica del partito e ne avevano mantenuto una democratica e frazionista, sfociata poi in episodi deteriori di lotta politica. In breve, adoperiamo pure il termine "Sinistra Comunista", ma con la consapevolezza di ciò che era veramente e soprattutto demolendo il mito della sua eternità e purezza. Ci viene a volte rimproverato: "Voi prendete di Marx, di Lenin e della Sinistra soltanto quello che vi fa comodo". In un certo senso è esatto, anche se preferiamo un approccio meno volgare: noi identifichiamo l'invarianza e il dato storico, manteniamo la prima e studiamo il secondo per imparare. Facciamo un paio di esempi: non riteniamo che il programma immediato del Manifesto abbia un qualche valore pratico oggi ma mettiamo tutto il resto, integralmente, alle fondamenta del nostro lavoro. Adottiamo altrettanto integralmente, le Due Tattiche di Lenin, perché vi è la dimostrazione dialettica dell'unità degli opposti nella dinamica della rivoluzione russa, e perciò la soluzione comunista ad un problema di rivoluzione borghese (paradigma per tutte le rivoluzioni con compiti arretrati che vennero dopo, anche borghesi), ma da Lenin non prendiamo le ambiguità frontiste.

Per noi questo dialettico procedere fa una differenza enorme rispetto alla totalità del milieu internazionalista. Chi oggi si definisce comunista senza compenetrarsi completamente nel lavoro della Sinistra del dopoguerra è nel migliore dei casi al livello di Bucharin e Preobrazenskji quando nel '19 scrivono L'Abc del Comunismo. Si tratta di un testo didattico "per le masse". Il PCd'I lo aveva pubblicato con una prefazione generica nel '21 e il PC Internazionalista lo aveva riproposto nel '47 tale e quale. Noi stessi l'abbiamo ristampato più volte in questi anni. È certamente un testo utile per capire la storia della rivoluzione e degli argomenti di cui ha avuto bisogno, ma il suo contenuto non corrisponde per niente al titolo. L'abc del comunismo per noi è il Manifesto, mentre l'opuscolo in questione è un po' il manifesto della rivoluzione russa alla luce della nascente Internazionale. Già nel 1921 la Sinistra scriveva su Rassegna Comunista due articoli-tesi, Partito e Classe e Partito e azione di classe, che superano di gran lunga la concezione di programma contenuta nel sopraddetto opuscolo (vedi ad es. il 1° capitolo).

È in quei testi che troviamo questa definizione di programma e di partito (inscindibilmente): essi sono il progetto e lo strumento forgiati dai compiti che l'umanità avrà nel futuro, dopo la presa del potere. In fisica deterministica: il fine predispone nell'oggi i "potenziali anticipati" del risultato futuro. Invece nell'Abc il programma è la sintesi politica delle "aspirazioni degli operai e dei contadini", una soggettivizzazione del problema che non ha nulla di scientifico.

Rivista n. 18