Dalla casa dell'uomo al condominio e oltre

Gli Yanomami dell'Alto Orinoco (tra Brasile e Venezuela) non hanno "casa". Ogni tribù è composta al massimo di 300-400 unità e vive in una struttura comune chiamata shapuno, una grande tettoia circolare con lo spiovente verso l'esterno disposta attorno a uno spiazzo. In comune è svolto ogni lavoro, e comune è il prodotto degli orti, della caccia, della pesca e della raccolta nella foresta (per una legge rituale nessuno può mangiare il cibo che produce o che caccia, deve darlo agli altri, che faranno altrettanto). Nello shapuno lo spazio è suddiviso per nuclei famigliari, ma la maggior parte di esso è minuziosamente organizzato per la vita sociale: verso l'esterno, cioè verso la parte più bassa del tetto, chiusa verso la foresta da una parete, vi è lo spazio famigliare; verso l'area centrale, piatta e libera da ogni struttura, lo spazio è comune, aperto a tutti, compresi gli elementi di altre tribù in viaggio o a caccia. Anche nelle parti dedicate alla famiglia non vi sono pareti divisorie. Gli antropologi hanno calcolato che in media gli Yanomami lavorano per il proprio sostentamento circa 2 giorni la settimana. Le decisioni vengono prese collettivamente sulla base dell'esperienza di un consiglio di anziani.

Fin dalla preistoria sono stati molti i tipi di organizzazione sociale delle comunità elementari, in genere basati sulla famiglia allargata. Quest'ultima ha avuto diversissime forme, e gli antropologi non hanno trovato una spiegazione al fatto che esistessero strutture parentali così diverse tra loro e spesso così complicate. Una cosa però è certa: prima che si sviluppasse la proprietà, l'unico invariante era la vita comune, e anche alcune civiltà proto-urbane per niente "primitive" erano ancora organizzate sulla base del comunismo originario.

Potrà la società di domani re-impossessarsi delle forme abitative del comunismo primordiale e trasformarle in forme adatte al futuro? Mediante una tecnologia che si è liberata dal capitalismo? Le società di classe estinguono le forme sociali precedenti e l'unico invariante è ormai la proprietà, grande o piccola, privata o pubblica. Man mano che la struttura produttiva e la forma sociale che ne scaturisce si complicano, la forma famiglia si semplifica. Oggi ovunque si è imposta la forma-famiglia nucleare, monogamica, proprietaria, e questo fa sì che ben pochi riescano ad immaginare la casa come qualcosa di diverso da un contenitore per l'attuale specifica forma sociale, una scatola chiusa utile solo ad essere riempita di merci.

Ma oggi il mondo è caratterizzato dal massimo di socialità produttiva, di relazioni, di comunicazioni, un mondo aperto nel quale il modello nucleare chiuso e privato diventa inconciliabile con il suo stesso ambiente, fino a produrre insensate tragedie, come gli omicidi plurimi in famiglia e in condominio ("di prossimità", dicono i sociologi). Era dunque inevitabile che si sviluppassero forme alternative che sono nel medesimo tempo fughe dalla sempre più insopportabile realtà e anticipazioni di un futuro movimento di emancipazione dalle vecchie forme. Con tutte le contraddizioni che derivano dal fatto di essere "in mezzo al guado" o, se si vuole, "né carne né pesce".

In un grande edificio scolastico abbandonato, costruito un secolo fa in mattoni a vaga somiglianza di un castello, s'è insediata una delle tante comunità di co-housing che stanno sorgendo in tutto l'Occidente e che coinvolgono ormai milioni di persone. Siamo in Olanda, in una zona quasi centrale dell'Aja. L'edificio si chiama Grote Pyr. I membri della comunità abitano come in un qualsiasi condominio, con la differenza che hanno deciso di condividere alcuni aspetti dell'esistenza quotidiana. Le famiglie o gli individui vivono nel "proprio" appartamento, ma hanno in comune la cucina, i servizi, il bar, l'asilo, la sala riunioni, la vecchia palestra della scuola, il pollaio, l'orto, un piccolo museo per i bambini e altri spazi.

A differenza delle "comuni" degli anni '60, che avevano vita assolutamente effimera, il modello co-housing è meno ideologico e perciò meno conflittuale (meno anche del condominio tradizionale), quindi più duraturo. Tra l'altro costa meno, perché evita la moltiplicazione individualistica e dispersiva di oggetti, ambienti e attività. Nel nostro caso − e abbiamo scelto apposta un ibrido fra il condominio tradizionale e la comune − di ideologia ve n'è poca, e anche quella poca risulta del tutto conforme a quella dominante.

Gli abitanti di Grote Pyr erano in origine squatter in procinto di essere sloggiati da uno dei più grossi e celebri edifici occupati d'Olanda, il Blauwe Aanslag, un ex palazzo governativo trasformato parte in abitazioni, parte in centro sociale. Il Comune voleva abbattere l'edificio e aveva iniziato una trattativa proponendone uno alternativo (l'ex scuola) che però doveva essere pagato, anche se a "prezzo politico" (comunque erano 500.000 euro, non molto per quei volumi in una zona centrale, ma non proprio un regalo). Cinquanta accettarono, chiesero un mutuo in banca, formarono una cooperativa ed ebbero persino dei finanziamenti pubblici. All'interno della nuova sede, al posto del centro sociale vecchia maniera, ci sono adesso spazi per mostre, conferenze, lezioni su attività non tradizionali e anche alcune attività commerciali, una piccola officina meccanica, un laboratorio per la riparazione delle biciclette, uno studio di architettura, una società di catering, ecc. Alcuni locali non agibili saranno ristrutturati e affittati. Il bar serve cibo vegetariano e tutto si svolge secondo criteri ecologici. Ovviamente.

Per entrare nella comunità si paga. Alla fine il costo mensile per viverci è circa la metà di quello sostenuto in un condominio tradizionale (o forse sarebbe meglio dire più tradizionale). L'ingresso nella comunità non è automatico, bisogna superare un periodo di prova e dimostrare di saper fare lavori manuali, come per esempio costruire una stufa ecologica prefabbricata, che poi si utilizzerà realmente. Ed è obbligatorio lavorare alle parti comuni per almeno otto ore al mese. Le ex aule scolastiche sono molto alte e quindi quasi tutti soppalcano con tavole di legno e personalizzano in vario modo gli spazi privati. Il bricolage è una pratica generale.

Nessuno è mai riuscito né riuscirà mai a realizzare un'isola non capitalistica nella società capitalistica. Gli abitanti di Grote Pyr almeno non lo teorizzano, abitano in un certo modo e basta. In alcuni paesi del Nord Europa, specie in Germania, vi sono migliaia di esempi simili e ancora di più ve ne sono in America. Il fenomeno si allarga, tanto che vi sono già agenzie e imprese con un ramo specializzato nella compravendita, ristrutturazione o costruzione di edifici per co-housing. Come faceva notare Engels per le comunità comunistiche del suo tempo (Opere Complete, vol. IV, pag. 531), non interessa tanto l'ideologia soggiacente a questi progetti, ma il fatto che rendono evidente la possibilità di una minore dissipazione di energia sociale. In un mondo che si basa su di una crescente e dissennata dissipazione questa è già una controtendenza anticipatrice.

Rivista n. 21