Cinquant'anni dal lancio dello Sputnik
Il primo satellite artificiale fu lanciato dai russi il 4 ottobre del 1957, più o meno in coincidenza con l'anniversario di un Ottobre più grande. Dalla sua orbita ellittica molto pronunciata (947 chilometri per 228), che percorreva in 96 minuti, inviò una serie di segnali passivi, cioè senza altro contenuto informativo al di fuori di quello della sua presenza nello spazio. La forma molto allungata dell'orbita dimostrava che il tentativo non era stato molto preciso e che quindi il tanto sbandierato risultato tecnico era dovuto a una buona dose di aleatorietà. Comunque in orbita c'era entrato, ed aveva scatenato tra americani e russi un putiferio militar-politico-mediatico che chiamammo "triviale rigurgito di illuminismo".
Il satellite era infatti portatore di un messaggio ideologico, appropriato alla propaganda, non tanto della superiorità scientifica di USA o URSS quanto della difesa del mondo capitalistico capace di realizzare imprese così meravigliose da far piangere i giornalisti in diretta Tv e mandarli in estasiata confusione.
In realtà l'inerte satellite non era andato troppo lontano nello spazio, strofinava ancora la sottile atmosfera terrestre e sarebbe presto caduto per l'attrito. Ma soprattutto era figlio della vecchia buona meccanica newtoniana e non di avveniristiche conquiste dell'Uomo. Quella maiuscola l'umanità l'aveva perduta con il persistere di una società disumana e nessuna impresa di meccanica militare avrebbe mai potuto farla ritrovare alla nostra specie. Non c'era alcuna rivoluzione in vista, a parte quella descritta dal manufatto spaziale nella sua orbita.
Esso non si era discostato dai canoni antichi, non si comportava come il fuoco aristotelico la cui essenza, più leggera dell'aria, era di tendere alla propria sede, di ascendere fino al limite della sfera celeste. Il Cielo non era violato; il manufatto non aveva lasciato i confini del mondo corruttibile e quindi il Vaticano non era tenuto a scomunicarlo, benché la propaganda lo dipingesse come ateo e comunista. L'anima del satellite non era dunque figlia dell'Idea ma della materia, esso non era spinto dalle forze dello spirito ma, secondo i parametri di Newton, non differiva da un volgare sasso che cade. Era solo il suo modo di cadere che lo teneva in orbita.
Naturalmente dopo qualche anno, prova e riprova, il gigantesco sforzo industrial-militare riuscì a far andare più lontano i suoi manufatti spaziali, fino a portare un bipede capitalistico sulla Luna… a raccogliere sassi. La febbre spaziale finì abbastanza presto e tutti si accorsero che un robottino da quattro soldi avrebbe fatto di meglio, come infatti fu. Adesso sonde spaziali automatiche viaggiano già oltre i limiti del sistema solare senza che abbiano bisogno di ingombranti e dissipativi animali a bordo, utili solo a far spettacolo per la Tv.
Oggi I manufatti spaziali sono oggi migliaia e non stupiscono più nessuno, integrati come sono nella generale sfera produttiva e militare, come le linee di montaggio, Internet, le aviazioni, le marine, le ferrovie, i telefoni. Molta tecnologia, poca scienza: la ricerca copre un infinitesimo dell'attività spaziale. Tutto il grande orbitare non è quindi altro che un effetto di verità e leggi scoperte quattro secoli addietro, agli albori della rivoluzione borghese, e il merito storico va ascritto a quella rivoluzione, non a una sovrastruttura politica di conservazione che le si è sovrapposta storicamente nell'epoca della sua decadenza.