La cosiddetta analisi di fase
È indubbio che in Europa e altrove (pensiamo alla Cina) lungo tutti gli anni '20 del secolo scorso vi sono state grandi lotte politiche e teoriche nonostante si fosse ormai in periodo post-rivoluzionario. Ora, queste lotte politiche e teoriche si inserivano in un clima di aspettativa aperta dalla Rivoluzione d'Ottobre, clima giustificato dalla fine della guerra e dalla successiva maturazione del movimento politico organizzatosi nella Terza Internazionale. Ma si inserivano anche in una fase controrivoluzionaria caratterizzata da un assetto ben preciso dell'imperialismo fra le due guerre mondiali. In questo periodo quello che io osservo è che non sono state fatte analisi sulla fase, cioè sul ciclo economico in cui si trovava il capitalismo. Può darsi che sia una mia impressione, ma è una carenza oggettiva, un limite della Terza Internazionale che s'è riflessa sicuramente sui movimenti successivi. Per trovare qualcosa di simile a una analisi di fase abbiamo ad esempio la relazione Trotskij al III Congresso dell'Internazionale. Abbiamo la malaugurata tesi di Bucharin. C'è qualche cosa su Bilan. Poi quasi nulla fino agli anni cinquanta, con l'analisi di fase intorno alla famigerata previsione del 1975 portata avanti da Programma Comunista con il lavoro sul "Corso del capitalismo". La domanda che pongo è: possiamo effettivamente riscontrare questa carenza teorica? E questo limite della Terza Internazionale non si è per caso riflesso su coloro che ne avevano fatto parte, pur criticandola energicamente? In fondo ancora oggi non esiste, che io sappia, un lavoro teorico su questa fase del capitalismo ultramaturo.
Questo ricorrente ripresentarsi degli interrogativi sulla "fase" in cui si è trovato o si trova il movimento rivoluzionario in relazione – pensiamo – alle determinazioni oggettive, economiche, in cui via via ci troviamo, sta diventando una specie di "teoria della fase". Bisogna subito dire che non è possibile, e sarebbe sbagliato, ricavare la tattica del partito rivoluzionario dalle specifiche condizioni politiche di un dato paese in un dato momento, mentre è fondamentale riconoscere che la tattica è derivata dalle condizioni generali di sviluppo riguardanti grandi aree geostoriche. Chiuso il ciclo coloniale, per la rivoluzione comunista non vi sono più fasi che possano differenziare la sua tattica. Detto questo, non è vero che non esistono lavori sulla dinamica del capitalismo e, in questo senso e solo in questo, della sua corsa verso la catastrofe rivoluzionaria. Il citato "Corso del capitalismo", serie di lavori che coprono il decennio degli anni '50, e molti altri lavori, come Proprietà e Capitale, Scienza economica marxista come programma rivoluzionario, Vulcano della produzione o palude del mercato, ecc. ecc. sono dedicati allo studio del livello di maturazione dei rapporti capitalistici, che possiamo chiamare tranquillamente "fase" senile. Crisi storica del Capitale senile è anche il titolo di un nostro volume in cui è pubblicato un lavoro del 1983 teso a dimostrare a che punto di irreversibilità è giunta la forma sociale presente.
Noi non crediamo che l'Internazionale comunista abbia "sbagliato" tattica o altro rispetto alla fase in cui si trovava il capitalismo. Nel 1920 le tesi sulla questione nazionale e coloniale erano corrette, quindi corretta l'interpretazione delle situazioni nelle diverse aree geostoriche. E per quanto riguardava la situazione economica in relazione alla fase imperialistica non c'erano dubbi. I disastri tattici non sono avvenuti a causa di mancanza di analisi sulla fase ma direttamente dal lavoro sul campo, dai rapporti reali fra il partito mondiale del proletariato in via di formazione e la battaglia quotidiana con gli avversari dichiarati o infiltrati. Ora, è vero che "la realtà non perdona alcun errore teorico", come dice Trotskij, ma non è vero che con la teoria a posto non possano darsi sconfitte.
L'Internazionale non era esente da qualche "difetto già nel manico": ad esempio la sua costituzione all'insegna del frontismo, che permise l'aggregazione con alieni politici deleteri, o la tendenza agli intrallazzi nella preparazione dei congressi o nelle relazioni internazionali, per cui lo Stato russo si sovrapponeva spesso al partito bolscevico e alla stessa IC. Ma ciò non ha a che fare con la mancanza di "analisi sulla fase", era nella natura degli attori presenti sulla scena recitare la propria parte e questa natura dipendeva non da un qualche "errore" ma dal grado di maturità dei rapporti sociali. Non a caso si ebbe una maggiore coerenza proprio nell'espressione organica del partito in Italia, il paese capitalisticamente più antico. Solo un'avanzata rivoluzionaria avrebbe potuto sostituire i copioni.
Se questo bisogno di una teoria della fase dovesse derivare dalla sensazione di un mancato insegnamento della rivoluzione d'Ottobre con ciò che ne seguì, ci sarebbe da preoccuparsi. Gli "insegnamenti dell'Ottobre" non sono modificabili, sono lì a disposizione di chiunque, in positivo o in negativo. Non mancava un'analisi, e quella che c'era non era né "giusta" né "sbagliata", era quella permessa dallo stato della rivoluzione in corso. Le fasi sono dunque di carattere storico: c'è quella in cui il capitalismo mercantile rampante si impone al mondo, c'è quella in cui lo stesso capitalismo si globalizza (imperialismo), e c'è quella in cui esso è ormai "un involucro che non corrisponde più al suo contenuto". All'interno delle grandi fasi ovviamente non è vietato trovare alcune sottofasi, ma esse non influiscono sui grandi corsi storici, e tantomeno ci permettono di dire che, se fossero state capite meglio, le cose sarebbero andate diversamente. L'insegnamento che dobbiamo trarre dalla vita della III Internazionale non consiste nel prenderla ad esempio per l'oggi senza però ricadere negli errori commessi; si impara qualcosa dalla storia attingendo a tutto il patrimonio storico della rivoluzione, compresa l'Internazionale e i suoi "errori", ma ponendosi a un livello superiore, più vicino alla società futura. Solo così il partito del proletariato potrà staccarsi definitivamente da ogni categoria di questa società, parlamento, fronti, democrazia, politica politicante, ecc.