Il motore della rivoluzione

È classica l'immagine marxiana della rivoluzione borghese come base necessaria per quella comunista: la Francia aveva pensato la rivoluzione prima di farla, l'Inghilterra l'aveva fatta prima di pensarla, la Germania l'aveva pensata senza farla. L'Italia nello schema non compare, ed è chiaro il motivo: nella stessa epoca dell'ascesa borghese fra '600 e '800, era già capitalista da troppi secoli.

C'è sempre una base economica che determina il cambiamento sociale. Ad essa si adeguano i rappresentanti delle varie classi. La Rivoluzione Francese è un esempio eclatante. La classe per il cui interesse stava crollando il mondo feudale non partecipò in quanto tale alla rivoluzione. Scesero in campo, spinti da un regime ormai asfittico, i nobili rovinati, i sanculotti, i garzoni delle botteghe minacciate dall'industria, i pochi operai salariati, gli studenti, la piccola borghesia intellettuale. Tutti appartenenti a classi o gruppi sociali senza proprietà e senza la prospettiva di acquisirla a danno dei feudatari. Quasi tutti erano dunque transfughi, disertori di classe che si mettevano al servizio di una rivoluzione che li trascinava.

Lo schema delle rivoluzioni come scontro fra classi rimase intatto: quando si sviluppò la teoria della rivoluzione successiva, si trattò di individuare la forma sociale emergente, quella morente e le classi decisive che rappresentano l'una e l'altra. Verificato questo schema, lo si trovò invariante per tutte le rivoluzioni. In ognuna di esse, storicamente, mentre si schierano sul campo le forze che rappresentano le classi in lotta per il potere, alcuni esponenti della vecchia forma sociale incominciano ad abbracciare la causa rivoluzionaria, aderendo al suo programma teorico. Detto in modo diretto, quando la nave affonda, i topi l'abbandonano:

"Il progresso dell'industria precipita intere sezioni della classe dominante nel proletariato… In tempi nei quali la lotta delle classi si avvicina al momento decisivo, il processo di disgregazione all'interno della classe dominante, di tutta la vecchia società, assume un carattere così violento, così aspro, che una piccola parte della borghesia si distacca dalla propria classe e si unisce a quella rivoluzionaria" (Marx, Manifesto).

Questo numero della rivista è dedicato al fenomeno della maturazione, all'interno di classi o di gruppi non proletari, di intuizioni e tesi che normalmente non fanno parte del loro bagaglio teorico tradizionale. In un articolo abbiamo scelto e commentato tre casi specifici che a nostro avviso si mostrano come chiari sintomi di abbandono della nave che affonda. Anche se si tratta di materiale che "illustra situazioni" più che esporre una qualche teoria sociale, la sua forza evocativa di una società comunista è notevole. Ciò perché emerge direttamente dalla struttura materiale della società in via di trasformazione e non tanto da schemi più o meno utopistici, prodotti dal "pensiero", come in passato. In un secondo articolo analizziamo una "corrente di pensiero" che si configura in realtà come movimento sociale con aspetti politici, come se si trattasse di un partito che si contrappone ad altri partiti con un suo programma teorico. Tale movimento si pone nientemeno che il compito di unificare la conoscenza umana in una sola scienza, in contrapposizione al dualismo fra mondo scientifico e mondo umanistico, dualismo che in Italia è particolarmente radicato. Se ripercorrendo la storia constatiamo che dall'antica unità della conoscenza si è via via approdati alla moderna parcellizzazione specialistica che la frantuma, il sorgere di una controtendenza ci appare come un segno importante di capitolazione di fronte alla teoria rivoluzionaria.

Rivista n. 34