Vajont
Cinquant'anni fa il disastro con duemila morti. Poi gli assurdi processi con il palleggio delle responsabilità tecniche e morali. Il capitalismo obbedisce a una sola pressione tecnico-morale, l'obbligo di passare da D a D', da denaro a più denaro. Questa è la formula che spiega tutto quello che succede in questa società e che detta legge: minimizzare i costi e massimizzare i guadagni. Le società che hanno preceduto il capitalismo non ne erano schiave. Essa valeva solo per le tasche dei privati e solo molto tempo dopo l'invenzione del denaro. Quando si risparmiava, era per aumentare il rendimento, non il guadagno. Un acquedotto con archi faceva risparmiare tempo e fatica rispetto a uno con muro pieno, una cattedrale gotica richiedeva meno pietra di una romanica e così via. Anche quando il capitalismo era già alle porte, il problema dei costi era relativo, si lavorava poco per sé e molto per il bene pubblico e per la gloria di Dio.
La diga del Vajont è ancora in piedi. Quando il Monte Toc franò nel lago provocando l'immensa onda, il cemento armato resse. Spesso alla base 27 metri, al vertice 3 e alto 264, aveva reso possibile una struttura leggera in confronto alle dimensioni, robusta, tecnicamente perfetta. Anche il luogo era tecnicamente perfetto: un orrido profondo, facile da sbarrare, aveva permesso un invaso notevole. Gli ingegneri, i geologi, i sismologi, i geometri, i minatori, tutti conoscevano il fatto loro. Si sapeva che c'era una paleofrana, che c'erano infiltrazioni pericolose, che il progetto iniziale era stato modificato alzando la diga e quindi il livello del lago che lambiva le montagne. Tutti sapevano, ma i lavori andavano avanti lo stesso, con l'aggravante delle modifiche. Non si erano fermati nemmeno quando la paleofrana aveva incominciato a muoversi verso il lago, rivelando il famoso attacco (o distacco) a "M". Perché? I lavori per un cantiere così imponente sono appaltati, subappaltati e frazionati secondo una esasperata divisione tecnica del lavoro. Progettisti, direttori operativi, capi squadra e operai al massimo sono coordinati da tabelle di marcia, non formano un tutto organico. Un cantiere moderno è dunque più tecnico ma disorganico, meno funzionale rispetto a quelli che molti millenni addietro permisero di innalzare la prima piramide o progettare la prima città di fondazione. La specializzazione esasperata suddivide ogni opera umana in compartimenti stagni, le varianti in corso d'opera fanno lievitare i guadagni delle imprese, le responsabilità sfumano, gli uni le attribuiscono agli altri. Se poi capita un disastro e c'è un processo per omicidio di massa, insigni specialisti vengono arruolati dalla magistratura per produrre perizie sull'operato di altri insigni specialisti.
Già, la magistratura. Spauracchio per ladruncoli ma strumento di potere per la classe dominante, cosa può fare contro il determinismo ferreo del Capitale? C'era chi denunciava da anni i pericoli tecnici evocando anche conoscenze antiche, ma le sue erano parole al vento. E intanto i tecnici facevano salire il livello dell'acqua. Infine, beffa mostruosa, l'inchiesta parlamentare, a chiudere la stalla quando i buoi non ci sono più, a far muovere l'aria con chiacchiere di politicanti, specialisti anche loro, ma nell'arrivismo politico, bravissimi a parlare per ore su cose di cui non sanno nulla per poi votare provvedimenti che a nulla provvedono.
L'arco alpino ha migliaia di cadute d'acqua, naturali e perenni, utilizzabili a scopo energetico mediante piccole centrali e invasi innocui. Sorvoliamo per un momento sulla folle dissipazione energetica di questa società insana e chiediamo perché, in tutto il mondo, si cerca il gigantismo idroelettrico invece di raccogliere energia distribuita. Di primo acchito ci risponderanno che una produzione diffusa costa più di una concentrata. Ciò non è affatto dimostrato. Forse qualcuno ci farà notare che concentrare le forze su un unico cantiere, diga, lago, centrale, non solo costa meno, ma aumenta il rendimento del sistema. Ma anche questo non è dimostrato. È invece sicuro che la concentrazione dei capitali in un unico punto aumenta il rendimento del denaro. Il capitalismo si è auto accresciuto così: le società per azioni e con esse l'intero sistema finanziario sono nati per raccogliere capitali troppo esigui, e quindi resi "liberi" entro la società, e concentrarli in una massa da investimento da destinare soprattutto alle grandi opere, ferrovie, strade, flotte, reti elettriche e centrali, infrastrutture varie. Il complesso del Vajont, come tutto ciò che risponde alla legge della concentrazione, era lo specchio del Capitale. Si legge in un articolo dell'epoca: "Il progetto sfrutta completamente le caratteristiche della valle che sembra fatta apposta per costruirvi uno sbarramento di dimensioni eccezionali". Sfruttare, ecco il verbo illuminante. Si sfrutta la natura come si sfruttano le classi, e in questo meccanismo diabolico gli sfruttati vengono resi solidali con gli sfruttatori: il gran cantiere rappresentava posti di lavoro per gli abitanti della zona, e li faceva diventare a loro volta sfruttatori della natura.
La diga artificiale è, come giustamente anche si dice, sbarramento. Il lago che si forma a monte è un serbatoio non paragonabile a quelli naturali, residui di antichi ghiacciai ritirati da migliaia di anni. L'assetto idro-geologico del lago alpino naturale non è stato collaudato da specialisti che hanno vinto una gara d'appalto ma dalla natura, senza nessuna fretta, quando il tempo non era denaro. L'uomo vorrebbe piegare la natura alla propria volontà, ma in effetti per adesso si piega alla natura del Capitale e basta.