Dissoluzioni ovunque
Questo numero, che esce con 112 pagine, è composto quasi interamente con materiali registrati dal vivo ed elaborati in sede redazionale. Ci sembra utile sottolinearlo in modo che il lettore possa meglio sintonizzarsi sul nostro metodo di lavoro.
Necessarie dissoluzioni è una registrazione del 15 giugno 2013. Si tratta di un dialogo con i giovani compagni sulla piccola storia di "n+1": più di trent'anni in parallelo tra un micro mondo di continuatori di una "tradizione" storica e grandi eventi che hanno cambiato il vecchio mondo del capitalismo in ascesa, dei blocchi imperialistici, della Guerra fredda e del numeroso e combattivo proletariato di fabbrica. È anche una piccola storia dell'emergere di potenzialità nuove e soprattutto della semplificazione della prospettiva rivoluzionaria con la morte di quasi tutte le storiche "quistioni". Abbiamo definito terzinternazionalismo, non tanto le espressioni organizzate che si rifanno al movimento comunista degli anni '20 del secolo scorso, quanto l'intero processo di erosione controrivoluzionaria che va dalla grande vittoria dell'Ottobre alla catastrofe dei fronti unici, dalle partigianerie filo-imperialiste alla simbiosi totale con la democrazia borghese. Per dare risalto al processo di estinzione che ha coinvolto e coinvolge le sopravvivenze della Terza Internazionale degenerata, abbiamo eliminato le parti strettamente legate agli episodi organizzativi o politici di interesse esclusivamente interno. Un giorno, se potrà essere utile, metteremo mano agli archivi e scriveremo la nostra storia completa sullo sfondo tragico della dissoluzione, purtroppo lentissima, del mondo cosiddetto stalinista (come se avesse un senso dare un nome di persona a un cataclisma controrivoluzionario del genere).
Storia di una discontinuità è una registrazione del 14 giugno 2014. È in fondo la cronaca di un'altra dissoluzione: la morte della filosofia e l'emergere di una teoria unificata della conoscenza di cui è portavoce il partito della rivoluzione. Si tratta di una lunga relazione sul significato reale del cosiddetto "rovesciamento della dialettica hegeliana" da parte di Marx. Era da molto tempo che volevamo contrastare la leggenda, fatta circolare dalla socialdemocrazia tedesca, di un Hegel maestro e di un Marx discepolo, di un sommo vecchio filosofo che passa il testimone – la dialettica – al giovane filosofo che se ne impossessa, l'assimila e la poggia sui piedi invece che sulla testa, superando con ciò il maestro. In realtà non ci fu alcun giovane filosofo a raccogliere testimoni, bensì una drastica rottura, una storica soluzione di continuità, una rivoluzione che trovò il suo portavoce. Da decenni si dice che la filosofia è morta, ma, come dice il filosofo Hilary Putnam, ha comunque un bel futuro davanti a sé. È vero solo in parte: la filosofia è morta sul serio, sostituita dalla scienza che si è messa a filosofeggiare; solo che è una morte poco avvertita, perché i filosofi sono vivi e vegeti. Vivono di rendita o sul passato o parassitando la scienza. Citando Kant uno di loro ha detto: "Senza la filosofia la scienza è cieca". Un matematico ha risposto, continuando con Kant: "Senza la scienza la filosofia è vuota". Al tempo di Kant, forse il botta e risposta poteva avere un senso, oggi non l'ha più. Se la grande dicotomia filosofica era fra Cielo e Terra, per prima cosa si svuotò il Cielo e gli dei furono sfrattati. Poi la Terra da Centro dell'Universo diventò un puntino qualsiasi nell'immensità di una galassia fra le galassie. Intanto si imparò a far di calcolo e tracciare geometrie e schemi, per cui fare a meno della Ragione diventava sempre più difficile (semmai adesso vi rinunciavano gli scienziati). Infine macchine di tutti i tipi, ferrovie, telegrafi, miniere, piantagioni, fabbriche, resero incompatibili le ineffabili speculazioni sull'anima, sul pensiero e sulla mente.
Le forme sociali si succedono e così le forme del pensiero, che sono legate alla società materiale. Era inevitabile, "necessario", che il mondo hegeliano fosse rovesciato, negato. Chiediamoci anche noi, come fece Marx, che fine può fare Hermes, il messaggero, di fronte a uno smartphone, Marte il guerriero di fronte alla bomba atomica, Athena la sapiente di fronte a Wikipedia, Efesto il fabbro di fronte a un'acciaieria e Giove di fronte al parafulmine. Nella sua critica alla filosofia del diritto, arma puntata su Hegel, Marx sottolinea il fallimento della riconciliazione hegeliana dell'universale con il particolare, dello stato con la famiglia e la società civile. È una truffa, perché lo stato non è affatto "l'Idea ridotta a soggetto" ma una entità operante per niente "riconciliata" con la società civile ma in opposizione. Svelata la truffa con la critica alla filosofia del diritto, l'intero sistema non rimane in piedi. Adesso infatti è possibile risalire ai presupposti, perché lì si nasconde la grande mistificazione, in quanto si chiariscono le serie di scambi soggetto predicato. Con il suo sistema Hegel "Non può commisurare l'idea all'esistente ma deve commisurare l'esistente all'idea". Negare questo, significa non "rovesciare", ma distruggere. È implicita la demolizione della dialettica hegeliana: giocare con gli assoluti è pericoloso, potrebbero rivelarsi relativi: se quando piove si apre l'ombrello, non basterà aprire l'ombrello per far piovere, dice Marx. Con le astrazioni puramente linguistiche si può dimostrare quel che si vuole, con gli ombrelli no.
Caduto il rispetto per i paroloni e le frasi, il giovane Marx abbatte con la dinamite il piedistallo del presunto maestro: l'idealismo esasperato di Hegel è il vero prodotto della sua politica, non viceversa; e la politica del filosofo non è altro che l'accettazione, la giustificazione filtrata dal pensiero, dello stato e della sua burocrazia, anzi, specificamente dello stato prussiano. "L’Idea ha la pretesa di generare la realtà, in quanto Assoluto che si scinde e si contempla per poter essere... Assoluto, nella sua follia mistica".
L’articolo Verso il collasso epocale, altra registrazione dal vivo, (18 ottobre 2014), altra dissoluzione, questa in corso. Qui affrontiamo la cosiddetta crisi iniziata nel 2007, che mostra sempre più la correttezza del nostro modello "auxologico" (ciclo irreversibile nascita-crescita-morte) del capitalismo. La natura transitoria di questa forma sociale è assolutamente evidenziata dalle economie in camera di rianimazione, dall'inefficacia di ogni provvedimento e dagli stati al collasso.
Infine, dopo le consuete rubriche (Rassegna, Terra di confine, Spaccio al bestione trionfante, Recensione), continua il dialogato con i lettori in Doppia direzione: questa volta con una nutritissima documentazione su argomenti vari scaturiti dalle riunioni o ricevuti via e-mail, quasi tutti sulle "categorie" in estinzione nella transizione di fase in atto.