Il missil prodigo
Hanno collaudato il supermissile. Si chiama Falcon Heavy, è alto 70 metri, pesa 1.400 tonnellate, ha 27 motori, può immettere 64 tonnellate di carico in orbita ed è il più potente vettore attualmente in produzione. Contrariamente agli altri vettori presenti sul mercato, è in grado di permettere il recupero dei suoi razzi di spinta facendo risparmiare milioni di dollari, mentre i concorrenti li lasciano cadere in mare. Un sistema giroscopico orienta i razzi in caduta con i motori rivolti in basso: in tal modo la loro riaccensione frena la discesa consentendo un atterraggio a bassa velocità su piattaforme apposite. Questo figliol prodigo di missile è talmente benvenuto che per lui si scanna il vitello grasso, cioè si celebrano rituali esoterici per ringraziare gli dei dello Spazio che permetteranno di rivitalizzare il settore. Nella fabbrica, tutto il personale mostra il suo tripudio ad ogni lancio riuscito. Nel tempio della concorrenza ci sono già i cinesi che minacciano di aprire una succursale di Pechino sulla non più vergine Luna. Marte è il minimo che ci si può aspettare dalla superpotenza, ma il viaggio è caro, tremendamente caro.
L'azienda americana che produce Falcon Heavy fa parte di una holding che si propone di rilanciare la corsa allo spazio per sostenere l'economia americana con un programma che ha come scopo finale addirittura l'avvio dell'umanità verso un destino interplanetario (cfr. n. 41 di questa rivista). Primo obbiettivo, la realizzazione di una colonia umana su Marte. Falcon Heavy è il fulcro del rilancio, il missile con il quale avrà inizio la conquista. Nel volo di collaudo è riuscito ad abbandonare l'orbita terrestre e a immettersi in un'orbita solare seguendo la quale andrà verso Marte. Sembra che non sia programmato per entrare nell'orbita marziana, ma siccome va da quelle parti, è possibile che sia catturato per caso dalla gravità del pianeta. La simbologia della cerimonia è in linea con l'essenza del capitalismo: la capsula che si immetterà nell'orbita solare ha nella stiva come vittima sacrificale non il vitello grasso ma un'automobile elettrica fabbricata in un'azienda dello stesso gruppo. La réclame di un'automobile nella corsa evolutiva dell'Uomo!
Dal 1957, da quando cioè fu lanciato il primo satellite artificiale, abbiamo abbondantemente criticato l'insipienza della cosiddetta conquista dello spazio (cfr. il nostro doppio Quaderno Scienza e Rivoluzione). L'episodio odierno non fa che confermare ciò che dicemmo sull'indole della borghesia decadente, da una parte impegnata a far sì che l'accumulazione di capitale non si interrompa, a costo di portare schiavi salariati su Marte, un ghiacciato inferno quasi senza atmosfera, invivibile; dall'altra tuffata in un bagno di quello che abbiamo definito "triviale rigurgito di illuminismo". Questa volta si è inventata nientemeno che un salto evolutivo di specie. Senonché, dal 1957, la cosiddetta conquista spaziale non ha fatto progressi qualitativi. Il vettore è sempre un missile balistico, cioè un proiettile sparato in una certa direzione con una certa velocità, secondo parametri obbligati, per rimanere nel rispetto delle leggi di Newton ed entrare in orbita. Per quanto riguarda il percorso, l'equipaggio è inerte quanto il missile-proiettile, anzi, dà solo fastidio. Le macchine automatiche funzionano meglio. Giulio Verne nel suo libro Dalla Terra alla Luna, non essendoci ancora, al suo tempo, i missili, descrive un enorme cannone che spara sulla Luna un proiettile con equipaggio. Scientificamente nullo, il racconto è spassoso. Fregandosene della verosimiglianza, lo scrittore, con fine intuito anticipatore, coglie l'occasione per una critica feroce della società americana, impregnata di mistica scientifica e grande consumatrice di meraviglie "sparate" come la pubblicità di un detersivo.