La bicicletta di Leonardo
Quest'anno c'è stata un'esplosione di ricorrenze a cifra tonda, che riguardano fatti da noi varie volte trattati, anche indipendentemente dai compleanni ufficiali: lo sbarco sulla Luna in un volume specifico, l'operaismo del '68-'69 in un articolo sul n. 14 della rivista, Internet sui nn. 21 e 25, il Muro di Berlino nel Quaderno Il crollo del falso comunismo è incominciato all'Ovest.
Manca un lavoro sulla figura di Leonardo. Dovremo affrontarlo, anche indipendentemente dal 500° dalla morte, perché non è soltanto un grande "artista" o un geniale progettista di macchine, ma una di quelle figure prodotte da una rivoluzione, perciò di grande interesse per la nostra serie di studi sulle transizioni di fase. È vero che il gotico in pittura in Italia muore prima, con figure come Beato Angelico e soprattutto Masaccio, nati rispettivamente nel 1395 e 1401, ma Leonardo, che è del 1452, fa parte di quella schiera che rivoluziona l'intero modo di vedere il mondo. Quei cinquant'anni di differenza sono un condensato di scienza dell'epoca di transizione, in cui scompare la scienza antica, e si impongono metodologie che sfoceranno in quella moderna con Galileo. Senza i disegni realistici di Leonardo – un gigantesco tentativo di leggere il grande libro della natura accompagnato da un mondo di macchine per modificarla – non ci poteva essere la modellazione astratta di Galileo e l'inizio della scienza come la intendiamo oggi. Ovviamente Leonardo non poteva essere solo: Brunelleschi, Dürer, Leon Battista Alberti, tanto per fare dei nomi, erano scienziati, progettisti, teorici delle leggi di natura e interpreti della stessa, come dimostrano gli studi sulla prospettiva.
Osservando la natura (piante, anatomia, dinamica dei fluidi) Leonardo giunge a una capacità progettuale ricca di invenzione. Le ingegnose soluzioni empiriche risolte con la meccanica non sono più fantasie del cervello ma proposte di soluzione per problemi reali. Leonardo getta le fondamenta della scienza come ricerca sulla realtà che diventa strumentazione teorica come base della produzione. Leonardo affascina perché rappresenta la visibile dissoluzione di una società che lascia il posto a un'altra. Come lo sfumato della Gioconda fa lavorare più il cervello che non i sensi, così l'immane apparato grafico rimasto praticamente senza realizzazioni fa lavorare l'immaginazione intorno alle possibilità tecniche. Lo dice Leonardo stesso: non esiste separazione fra arte e scienza, il mondo del conoscere non ha fratture. Fra i suoi disegni ve n'è uno, del 1478, che raffigura un differenziale: ora, l'apparecchio, brevettato nel 1827, è di difficile interpretazione anche oggi che è costruito in milioni di esemplari. Se tutto è scienza, non c'è separazione fra un'erba, una Madonna e un differenziale. Può sembrare un'eresia, ma non lo è: la natura per un artista rinascimentale è Il Creato. E anche viceversa.
Con la scienza di quest'epoca l'umanità trova difficile comprendere come sia stato possibile acquisire e perdere la potenza figurativa e l'estetica classica o come sia stato possibile acquisire e perdere la pienezza rinascimentale. Forse ci interrogheremmo di più sulle bellissime raffigurazioni paleolitiche se ne sapessimo qualcosa. Tanto per incominciare a operare collegamenti, potremmo anche in quel caso verificare l'invarianza nelle transizioni. Il fatto è che siamo troppo influenzati da questa società e non riusciamo a staccarci dalle sue categorie. Come dimostra, ad esempio, la storia della falsa bicicletta di Leonardo.
Fra i fogli del Codice Atlantico se n'è trovato uno sul cui verso, incollato alla carta di supporto, è disegnata una bicicletta. È un falso, dicono gli esperti, quella macchina assomiglia troppo a una bicicletta dei nostri giorni. Sarà così, però in questa conclusione c'è qualcosa che non convince. È Leonardo che ha inventato la trasmissione tramite corona, catena e pignone. Solo più tardi, nel 1832, essa è stata reinventata e brevettata. Allora, è la bicicletta di Leonardo che assomiglia alla nostra o è la nostra che assomiglia a quella di Leonardo? Vedere la somiglianza non è casuale, l'evoluzione delle forme soggiace a un determinismo robusto. E infatti, dalla fine dell'800 a oggi la bicicletta non si è più evoluta. Siamo talmente presi dall'egocentrismo di classe che non ce la facciamo ad ammettere l'esistenza di qualcosa che non abbia confronto con il capitalismo. Sì, i nostri antenati erano bravi ma… Così la bicicletta di Leonardo dev'essere per forza una delle due cose: 1) un'anticipazione geniale della nostra; oppure, 2) l'opera di un falsario che non ce la fa a togliersi di testa il velocipede d'oggi.
È un fatto che le credenze di classe soffocano l'orizzonte, per cui si è convinti che le piramidi le abbiano fatte gli schiavi, che i sumeri usassero la moneta, che popoli antichissimi avessero re, principi e altre figure feudali, che i barbari fossero selvaggi, i feudali religiosi ignoranti, e via credendo, fino alla favola del capitalismo come migliore società possibile, depositaria della scienza per delega dell'umanità. Quando una civiltà antica mostra di aver fatto qualcosa di notevole, ecco che scatta lo sminuire storico e il furto di identità: com'è moderno, come assomiglia al nostro… alle nostre… Fessaggine imperante: non sono gli antichi che assomigliano a voi, siete voi che marciate nelle retrovie, indietro di millenni.
Non tesseremo troppe lodi all'Uomo rinascimentale, pensatore e inventore gagliardo grazie alla rivoluzione in corso nel suo tempo, ma noteremo senz'altro che la rivoluzione prossima, invece di produrre eccellenze individuali, trasferirà nell'individuo il sapere della specie. È già così, ma a potenza infinitesima rispetto a ciò che potrebbe essere.
Fissiamo un punto: la bicicletta era stata inventata e dimenticata; il falsario ha disegnato una bicicletta facendola più leonardesca di quanto l'avrebbe fatta Leonardo stesso, perché nel frattempo sono maturate le forme; nasce la bicicletta moderna e nasce anche l'individuo che dice: "Guarda com'è moderna la struttura, avanzato il design, anticipatore il concetto. Sembra proprio alla nostra."
Nel '400 non c'era ancora disputa sul confronto fra i sistemi tolemaico e copernicano. Leonardo prende posizione a favore del sistema eliocentrico descritto da Niccolò Cusano (nato nel 1401), considera le stelle come Soli e i pianeti simili alla Terra o alla Luna. A proposito di quest'ultima consiglia: "Fa ochiali da vedere la Luna grande." E a proposito del Sole: "non vide mai nessuna ombra." E: "Il Sole non si move." Per guardare il Sole consiglia: "Tolli una carta e falle busi co' n'agucchia", cioè: costruisci un diaframma in modo da diminuire l'intensità della luce!
È vero che la scienza di Leonardo è pratica, meccanica, e che bisogna arrivare a Galileo per avere una rivoluzione scientifica globale, ma negli aforismi sparsi in tutta la sua opera si rintraccia agevolmente quella necessità di mettere in sequenza prassi e teoria, sequenza che abbiamo più volte studiato (ad es. in "Einstein e alcuni schemi di rovesciamento della prassi" in questa rivista n. 4). Dapprima occorre comprendere l'oggetto della nostra osservazione, perché "Tutte le scienze che finiscono in parole hanno sì presto morte." Una volta inquadrato il problema che ci proponiamo di risolvere, occorre trattarlo con la teoria acquisita in modo da ottenere un salto di qualità nella teoria stessa: "Quelli che s'innamoran di pratica senza scienza, son come l'nocchiere ch'entra in navilio senza timone o bussola, che mai ha certezza di dove si vada. Sempre la pratica dev'essere edificata sopra la bona teoria."