Rivoluzione e cibernetica

"La società può essere compresa soltanto attraverso lo studio dei messaggi e dei mezzi di comunicazione relativi ad essi; nello sviluppo futuro di questi messaggi e mezzi di comunicazione, i messaggi fra l'uomo e le macchine, fra le macchine e l'uomo e fra macchine e macchine sono destinati ad avere una parte sempre più importante" (Norbert Wiener, Introduzione alla cibernetica, 1950).

Controllo e comunicazione

Potrebbe essere molto interessante uno studio particolare sulle affinità fra la dottrina rivoluzionaria di Marx ed Engels e le scoperte recenti nel campo delle scienze della complessità, del caos deterministico, dell'informazione, delle catastrofi, delle reti e in generale di una "fisica della storia" come la chiama ad esempio Mark Buchanan, il divulgatore scientifico americano che ha tentato una sintesi. Il determinismo opera in natura e, quindi, opera sul pensiero degli uomini che ne fanno parte: i risultati della scienza contemporanea devono essere analoghi a quelli della scienza ottocentesca, non essendo ancora avvenuto un cambio di paradigma di entità pari a quello che si presentò all'alba della rivoluzione borghese.

Marx ed Engels, ma anche altri scienziati, potevano soltanto anticipare alcuni dei risultati che saranno poi raggiunti in epoca più recente, ma nel loro lavoro non può non essere riflessa la dinamica del conoscere. Dinamica, e quindi tensione continua verso il futuro. Così, ad esempio, Marx anticipa quello che sarà il fondamento delle moderne ricerche sulla complessità: sviluppando il metodo galileiano sulla necessità di modelli astratti, la scienza tende a unificare fenomeni che prima erano considerati di natura diversa. Tant'è vero che si fa strada non soltanto l'interdisciplina ma anche il tentativo di abbracciare la natura con una scienza unica che possiamo definire provvisoriamente "della complessità". È noto che Marx, contro la filosofia, definita come onanismo della conoscenza, auspica, anzi prevede, il confluire di tutto il sapere in una sola scienza. Non sappiamo se o quando sarà possibile questo risultato, ma è certo che per il momento sembra che gli ostacoli siano insormontabili a causa soprattutto dell'ideologia dominante. La quale non è un'astrazione ma una necessità reale di ogni classe dominante. Engels rifiutava il secondo principio della termodinamica criticando Clausius che ne era lo scopritore e divulgatore. Nell'universo, questi diceva, l'energia non si crea e non si distrugge, ma passa da uno stato all'altro in modo irreversibile: dal caldo al freddo, dall'ordine al disordine, dall'informazione al disturbo, dal meno probabile al più probabile. Clausius aveva ragione, ma Engels non aveva torto: il mondo esisteva in due modalità: quella entropica e quella neg-entropica. Il freddo, il disordine e il più probabile avevano la possibilità di spezzare i vincoli alle proprie condizioni di esistenza attraverso l'apertura dei sistemi. In tal modo, il disordine poteva ridiventare ordine con l'immissione di energia dall'esterno. Quindi c'era una differenza sostanziale fra sistemi chiusi o aperti: quelli chiusi non avevano alcuna possibilità di evitare lo spegnersi dell'energia, quelli aperti potevano assumere energia, oppure informazione, la quale non è una forma di energia ma un presupposto per l'ordine. Del resto, anche l'energia immessa dall'esterno doveva pur arrivare da qualche parte. Perciò non possiamo fare altro che ipotizzare una capacità intrinseca della materia ad auto-organizzarsi, ad assumere conformazioni ordinate a partire da quelle disordinate.

Vogliamo qui soffermarci sulla cibernetica, una disciplina che riguarda tutto ciò che permette di trasmettere informazione e di utilizzarla per qualche scopo. E che, per quanto ci interessa, rappresenta la differenza principale tra il mondo minerale e quello vivente.

Ovviamente Marx ed Engels non la conoscevano in quanto disciplina dato che, come tale, è stata sistematizzata solo da una settantina d'anni. Ma ne parlavano diffusamente pur senza definirla con il nome moderno.

Non potevano farne a meno, perché la dinamica del modo di produzione capitalistico abbraccia tutti i fenomeni basati su di un'informazione che, rilevata in un dato contesto, ritorna come feedback da dove era partita, modificando l'intera dinamica del sistema. Il capitalismo non è altro che un grande sistema in grado di raccogliere informazione dai suoi cicli di produzione e di utilizzarla come retroazione per modificare il ciclo successivo. Cibernetica vuol dire "arte del timoniere". Se non fosse per il pericolo di creare confusione, si potrebbe anche dire "arte del governo", ma è meglio fermarci al timoniere. Questi guarda la bussola e con il timone corregge tutti gli scostamenti dalla rotta prefissata. Tutti gli organismi viventi, senza eccezione, possono esistere solo perché al loro interno esiste un qualcosa che funziona secondo i principi della cibernetica. I nostri cinque sensi sono dei detector cibernetici, tutte le società che si sono succedute dalla preistoria a oggi hanno funzionato secondo principi cibernetici. Ricordiamo che il padre della cibernetica, Norbert Wiener, intitolò il suo libro più famoso Cybernetics or Control and Communication in the Animal and the Machine.

Escursione nell'impossibile

Controllo e comunicazione: se l'informazione contenuta in una determinata configurazione della materia può produrre per autocatalisi un'altra forma di materia (Kauffman), è evidente che si invalida il principio "nulla si crea e nulla si distrugge". In realtà, posto che la premessa sia corretta, la varietà di informazione prelevata da una parte e destinata all'altra fa cambiare, senza il bisogno di energia supplementare, la natura della materia. Questo lo possiamo ipotizzare con tranquillità, perché l'informazione non è energia né materia. I processi autocatalitici stanno alla base della teoria dei rendimenti crescenti (Brian Arthur). Localmente, il secondo principio può essere contraddetto dalla teoria dell'informazione. Ma se si riesce a constatare che i sistemi ordinati sono a rendimento crescente, perché il capitalismo, che è un sistema "informato", matura con rendimenti decrescenti?

Nicholas Negroponte, del MIT è autore di un libro che ebbe successo negli anni '90, Essere digitali. In una intervista rilasciata all'epoca, per sottolineare il fatto che esistono sistemi organizzati senza "governi", e perciò senza "politiche", fece l'esempio di uno stormo di anatre migranti che si dispone per istinto dei singoli volatili a formare una "V". La prima anatra non è il "presidente" dello stormo, bensì quella che si è trovata più vicina al posto dove la punta della "V" si stava formando. Se un cacciatore la abbatte, il suo posto non è preso dal "vice-presidente" che fa carriera, ma da quella più vicina al posto vacante. Non esiste una "politica" dello stormo, esiste un istinto basato su pochi parametri elementari, ognuno all'apparenza insignificante ma capace di sviluppare una forma di intelligenza se considerato nell'insieme. La cibernetica è anche questo tipo di comunicazione: se manca l'anatra di testa, "qualcosa" (in questo caso un istinto) lo rileva e pone rimedio.

Stormi più numerosi, composti da migliaia di individui sono in grado, con gli stessi parametri, di comporre stupefacenti figure cangianti. La dimostrazione si può fare al computer: assegnando tali parametri a punti disposti casualmente sullo schermo, si riescono a riprodurre figure in movimento non meno suggestive di quelle reali. All'Istituto di Santa Fe, dove si studiano i fenomeni complessi, li hanno chiamati "stormi di uccelloidi".

Oggi possiamo riprendere gli scritti di Marx sull'alienazione e sulla comunità umana trattando come devianza l'individualismo, che, al contrario, viene generalmente preso in considerazione come normalità. Nessuna società potrebbe funzionare senza quei pochi parametri che permettono agli individui di interagire tra loro secondo principi cibernetici. In fondo c'è cibernetica ovunque si ponga la sequenza: "Se succede questo, allora faccio succedere quest'altro". Se ho fame, mangio. Per competenze elementari, oggi sistemi artificiali sono in grado di sostituire l'intelligenza umana. Si dice al termostato: se la temperatura arriva a 23° C allora spegni la caldaia e ripeti fino a nuovo ordine memorizzando questa prescrizione. Quando si preme il pulsante di un ascensore, si attiva un meccanismo che attende un segnale predisposto per fermare la cabina al piano voluto. Se con i vari pulsanti si attivano più meccanismi corrispondenti ai piani, si realizza una memoria elementare in grado di fermare la cabina senza che vi sia il bisogno di premere pulsanti tutte le volte. In una fabbrica il meccanismo cibernetico è molto più complesso, ma se riduciamo all'osso è analogo a quello dell'ascensore: si preme il bottone di una certa attività produttiva e questa si avvia procedendo fino a quando non interviene un segnale che indica la fine di quel percorso parziale. Le merci prendono forma convergendo infine verso "l'ultimo piano", finite, collaudate e imballate, a volte direttamente sul piano di carico dei camion. Di qui un conducente, captando con i suoi sensi le condizioni del percorso, imprime al mezzo i comandi necessari per arrivare a destinazione. Ad esempio, quando si ferma a un semaforo rosso, non fa altro che unire il piano cibernetico individuale con quello delle infrastrutture collettive. Se lo fa il camionista non ci facciamo caso, se lo fa un camion computerizzato senza conducente parliamo di cibernetica. Quando uscì il filmRoboCop nel 1987, divenne di uso comune il neologismo cyborg, coniato negli anni '60 del secolo scorso a indicare l'unione di cybernetics e organism. In effetti nell'uso del nuovo termine c'è un errore: non c'è bisogno di un robot per avere un organismo cibernetico, basta un essere umano. O meglio, un qualsiasi essere vivente. Un batterio, per esempio. Il comportamento di un'ameba microscopica è perfettamente cibernetico: essa possiede i sensori necessari a interagire con l'ambiente e gli attuatori per trarre vantaggio da questa interazione: avverte chimicamente la presenza o l'assenza di cibo, ha organi del moto per avvicinarsi o allontanarsi e organi della "digestione" per trasformare il cibo in energia utile.

Ma c'entra davvero la cibernetica con il capitalismo e la rivoluzione? E una volta che abbiamo appurato che c'entra, a che cosa serve saperlo? Che c'entri lo vediamo nella vita di tutti i giorni: siamo letteralmente immersi in un universo cibernetico. Al perché serve saperlo ci arriviamo, magari incominciando a chiederci: a che cosa è servita l'intera esistenza di Marx dedicata allo studio delle classi, del capitale e della società futura?

"Natura, funzione e tattica del partito rivoluzionario"

È il titolo di un testo importante della nostra corrente (1945). Corrente che, lottando contro l'individualismo, mise in relazione il partito con l'antica comunità umana, quella che Marx definì Gemeinwesen, Essere sociale. Antica non nel senso di ritorno alle origini, bensì nel senso di una comunità che, nell'epoca della massima socializzazione del lavoro, risponde ai criteri di "doppia direzione", quello che oggi si chiamerebbe feedback. Attraverso l'avvenuta evoluzione di una società che ormai, da ben prima del tempo di Marx, ha innescato milioni di sensori che dicono di continuo: "Se… allora…". E ben prima che sorgesse la necessità di simulare sistemi organici, la nostra corrente rivendicò, per la nostra organizzazione, l'aggettivo "organica" (Tesi di Roma, 1922). Lo dichiarò apertamente affinché tutti gli affiliati capissero bene: organica nel senso biologico del termine; organica perché altrimenti le nostre azioni risponderebbero non al deterministico "se… allora…" ma al libero arbitrio di ognuno. Le citate Tesi di Roma iniziano appunto con un capitolo intitolato "Natura organica del partito comunista".

Il problema annoso della comunità, cioè della natura del partito rivoluzionario, assume una importanza particolare alla luce del fatto che il ciclo storico di crescita del capitalismo va verso la sua conclusione. Ciò porta al riproporsi di tutta quella serie di "questioni" legate alla fase di transizione: il rapporto tra l'individuo e la comunità, tra il partito e la classe, in relazione agli invarianti e alle trasformazioni sociali prodotte dalla tecnologia e più in generale dall'industria.

L'uomo è un essere sociale. Non può esistere dicotomia tra l'individuo e la società che esso contribuisce a formare (se non quella storicamente determinata dal valore di scambio), perché l'individuo, specialmente in una società sviluppata come questa, è per forza immerso in una serie ricchissima di relazioni, le quali non sono più semplici come nelle epoche precedenti, anche se sembrano omologate a pochi modelli adatti alla produzione di plusvalore. L'individuo è un sottosistema e, in quanto tale, è parte di sistemi sempre più ampi e globali, che non tarderà a percepire come suoi prolungamenti. La realtà stessa del capitalismo si incarica di rendere obsolete le pretese dell'individuo che si sente al centro della storia. Nessuna merce può più scaturire dal lavoro individuale: sin dalla fine del mercantilismo in essa è condensato il ciclo sociale della produzione e del consumo. Il fatto che sopravviva un'appropriazione privata è una contraddizione che dimostra come il capitalismo sia una società transitoria, al pari di tutte quelle che l'hanno preceduto.

Schema cibernetico del capitalismo

L'oggettiva unità fra globale e locale è uno dei caratteri fondamentali della nostra epoca. La velocità nella propagazione e nella ricezione di informazione, e insieme la possibilità di contatti e di rapporti, fanno il giro del globo riducendo spazi e tempi. Ciò influenza direttamente non solo la produzione e chi vi è legato, ma anche il linguaggio, la ricerca scientifica, l'arte, più in generale la comunicazione. Detta integrazione, cui è stato affibbiato l'attributo "glocale", non può non essere oggetto di attenzione da parte di chi si sente in sintonia con la rivoluzione in corso. Questa unità di "cose" ed "eventi" interconnessi ha che fare con la cibernetica.

Marx gettò i suoi sensori nel cuore della società capitalistica della propria epoca e ne ricavò indicazioni che infiammarono il mondo. Vuol dire che il mondo era maturo per recepire il segnale. Purtroppo, non era altrettanto maturo per disciplinarsi ad esso e portare a termine ciò che aveva incominciato. Eppure, se si fosse trattato solo di comprendere il modello proposto da Marx per abbattere il capitalismo, esso era di una semplicità disarmante. La complessità non si può eliminare da un sistema complesso, ma è proprio per questo che l'uomo ha inventato i modelli astratti, "senza i quali non vi sarebbe alcuna scienza".

La rivoluzione non fu sconfitta per colpa di "qualcuno", ma da circostanze che ricordano molto da vicino il funzionamento del capitalismo: un sistema che per non esplodere mortifica sé stesso autolimitandosi. Solo che per il capitalismo l'autolimitazione rappresenta la salvezza, seppure mutilata nelle performance, imbrigliata in regole che il capitale, contraddittoriamente, non può soffrire; per la rivoluzione autolimitarsi significa morire, trasformarsi in controrivoluzione. Abbiamo pubblicato lavori dettagliati sull'inadeguatezza degli organismi che dirigevano la rivoluzione, così come ne aveva pubblicati la nostra corrente negli anni '20, mentre la tragedia si consumava. Uno schema cibernetico della società capitalistica ci può aiutare a capire come funziona il capitalismo e come non deve funzionare il partito della rivoluzione.

Lo schema è utile per isolare da una situazione caotica e confusa gli elementi essenziali che ci aiutano a non ripetere gli errori. Esso prevede una semplificazione estrema della società: un'area per la produzione, una per il consumo (mercato) e una per i movimenti in ingresso e in uscita tra il mercato e la produzione. Nel VI Capitolo inedito del capitale, lo schema è appena abbozzato ma funziona: c'è un operaio globale che produce una merce globale per un capitalista globale. Del resto, anche per un discorso sulla rendita Marx prende un proprietario terriero, un capitalista agrario e un salariato agricolo e li fonde in un solo contadino (vale anche dividere un contadino in tre). Attenzione: è necessario che l'operaio sia un salariato e non un artigiano che vende i propri prodotti al capitalista, com'era per i tessitori slesiani cantati da Gerhardt Hauptmann. Quindi lo schema è tanto più valido quanto più il modello capitalistico è storicamente maturo.

Lo schema raffigurato qui sopra, posto che il suo scopo sia quello di permettere la riproduzione allargata del capitale, è un tipico esempio di modello input-output a retroazione positiva. Per sua natura, porta ad avere in uscita una crescita esponenziale. Se il suo scopo fosse quello di ottenere una stabilizzazione del sistema, invece di "accendere" un allargamento della produzione, "spegnerebbe" il segnale di ritorno realizzando un modello a retroazione negativa. Il capitalismo è un sistema che riunisce in sé, contemporaneamente e contraddittoriamente, i due modelli.

Il modello è universale, si presta a rappresentare una grande varietà di situazioni. Se invece dell'area "mercato" poniamo un'area "società", e invece dell'area "produzione" poniamo un'area "partito" e interpretiamo i flussi in entrata e in uscita come "influenza" della società sul partito o viceversa (come nel nostro schema di rovesciamento della prassi), possiamo fare un esperimento. Abbiamo visto che nel modello funzionale del capitalismo, nell'area "produzione" l'operaio parziale non produce alcuna merce. Esiste quindi per Marx, nella società così com'è, una potente anticipazione di comunismo. Nella versione "società" il modello presenta, al posto dell'area "produzione", un'area "partito" che, nel campo della teoria sociale, avrà la stessa potenza anticipatrice. Se nel modello produttivo il mercato entrasse nell'area produzione, per cui l'operaio parziale scambiasse i semilavorati mediante denaro, non avremmo alcuna anticipazione di società futura. Così, se nel modello sociale l'area "partito" fosse invasa dalla società che la circonda non avremmo alcuna anticipazione di rapporti comunistici. È da ribadire l'atteggiamento della nostra corrente fin dalla sua nascita: nel programma del partito dev'esserci una adesione non formale, non semplicemente statutaria, al principio di organicità: il partito è l'ambiente che anticipa i rapporti umani futuri. Se esso si apre a una retroazione negativa (influenza borghese) la rivoluzione è sconfitta.

Riduzione all'osso

Abbiamo ridotto all'osso i nostri schemi. In realtà, più i modelli sono astratti, più sono potenti. Ma devono conservare un'invarianza rispetto all'originale. Come dice Wiener, il miglior modello di un gatto è un altro gatto, ma a che cosa mi serve se un gatto ce l'ho già?

Il sistema funziona, non sta maturando da una condizione inferiore, quindi non è che si debba attendere la maturazione di qualche frutto. Non ha nessuna importanza sapere chi ha incominciato a fare cosa, la storia dell'uovo e della gallina qui non vale. La dinamica del modello astratto è semplice anche perché è semplice quella del modello materiale. Non ce lo stiamo inventando, l'osservazione: l'operaio parziale non produce merci, è in Marx, Il Capitale, libro I, capitolo XII.

Tutto il sistema funziona con una serie di sensori e di attuatori che nei punti nevralgici fanno scattare un'azione: se un magazzino si svuota, parte l'ordine ai fornitori per riempirlo. Un po' come la vaschetta del bagno: scende il livello dell'acqua, il galleggiante apre la valvola che ne permette il flusso; uscita l'acqua, un altro galleggiante tappa l'uscita e la vaschetta può riempirsi di nuovo fino a che non si eserciti una pressione sul pulsante che comanda il primo galleggiante… ecc. Non c'è bisogno del robottino Alexa per avere un po' di cibernetica domestica quotidiana.

Quello schematizzato sembra un sistema perfetto come il meccanismo di un orologio, un moto quasi perpetuo che ha bisogno di poca energia per funzionare. Ma non è per niente perfetto. Il primo intoppo lo troviamo nel confronto fra produzione e mercato: la prima è regolata dall'esperienza acquisita, dalla scienza, dal metodo, dal progetto. Il secondo è anarchico, imprevedibile, dipendente dal comportamento di consumatori che seguono una volta le mode, l'altra i bisogni, l'altra ancora le oscillazioni dei valori. Il mercato risulta prevedibile in misura molto limitata e solo attraverso l'osservazione di serie pregresse sulle quali applicare il criterio statistico.

La produzione "ordinata" alimenta il mercato "caotico". La prima non riesce a prevedere con precisione che cosa richiederà il secondo, il secondo non riesce ad assecondare la prima. È come se qualcuno appendesse la giacca non sull'attaccapanni ma sul sensore del termostato: i dati vengono rilevati con troppi errori e il sistema va in crisi. In realtà è ancora peggio: mentre il sistema/termostato funziona ma è indotto in errore da un cattivo uso del sensore, il sistema/mercato non funziona affatto né può funzionare.

Un sistema che agisce su sé stesso con un feedback di tale natura (da "out mercato" a "in produzione", dal disordine all'ordine) ha molte probabilità di essere un sistema non lineare, cioè difficile, se non impossibile, da trattare con il calcolo. Ora, in natura la maggior parte dei sistemi fisici è del tipo non lineare, che di solito però si riesce a trasformare in lineare, cioè approssimato entro margini accettabili. Marx rileva che nel capitalismo convivono contraddizioni tali da rendere impossibile ogni armonizzazione (esso non può essere linearizzato), perciò deve cadere in crisi periodiche, le quali richiedono interventi per normalizzare la situazione: interventi che ricordano molto la giacca appesa sul sensore del termostato. Questa volta appesa di proposito, per cercare di influire su di un sistema in overdose di droga, che non reagisce più agli stimoli sensoriali.

Cibernetica del XVIII secolo

È presente nello schema un particolare cibernetico: una quantità di merci in uscita viene indirizzata in entrata per aumentare le merci in uscita; abbiamo perciò una parte del sistema che funziona secondo uno schema di retroazione positiva. È come se in una locomotiva a vapore il macchinista aumentasse il carbone in caldaia per aumentare la velocità: è chiaro che ad un certo punto bisogna smettere. In un sistema quasi lineare come il riscaldamento di casa, basta il termostato, ma una macchina primitiva come la motrice a vapore con tutti i suoi vagoni è una cosa assai più complessa e assomiglia molto a un sistema non lineare di quelli tosti. Infatti, una stufa a carbone può essere caricata e dimenticata per qualche ora, ma una locomotiva no, dev'essere alimentata costantemente per avere una regolarità di temperatura e pressione. Inoltre, deve autoregolarsi per affrontare pendenze o variazioni di carico dei vagoni. Sembrava impossibile risolvere il problema con la meccanica di allora, finché Watt, nel 1787, inventò il meccanismo che porta ancora il suo nome. Lo chiamò governor, termine che ha qualche analogia con cibernetico.

L'apparecchio permetteva di regolare la quantità di vapore a seconda delle condizioni del viaggio. Se la velocità variava per una salita, una discesa, un carico più o meno pesante o più o meno carbone in caldaia, l'apparecchio mandava più o meno vapore nei cilindri. Il regolatore di Watt è forse il primo apparecchio cibernetico automatico della storia. È il predecessore di tutti i regolatori fino ai giorni nostri, compresi quelli montati sulle automobili senza guidatore.

Esso stabilizza il sistema treno/ambiente permettendo un miglioramento enorme delle prestazioni. In quanto microsistema locale funziona benissimo perché i parametri da controllare sono pochi. Il sistema capitalistico funziona allo stesso modo, solo in grande, ma nessun governor riuscirebbe a stabilizzarlo evitando le crisi e infine la sua morte. Non perché i parametri siano molto più numerosi (ci sono computer potentissimi e programmi che potrebbero governare non solo un treno ma il pianeta), ma perché non è possibile normalizzare un sistema che si fonda sulla produzione sociale e l'appropriazione privata, sul valore e non su quantità fisiche, sul feticismo delle merci e non su scambi di energia in un corpo organico con il suo metabolismo e l'armonizzazione di tutti gli organi. Milioni di possessori di micro-capitali, pur disciplinati da grossi capitalisti (o enti anonimi come i fondi pensione, ecc.) non sono governabili più di quanto non siano controllabili gli spifferi che in meteorologia producono uragani. I capitalisti si ripartiscono il capitale in un insieme anarchico, e oltre tutto fanno anche parte di borghesie nazionali, per cui un regolatore di Watt che abbia un potere planetario sul caotico brulicare di piccoli capitalisti che marciano alla musica suonata dai grandi proprio non lo immaginiamo, sarebbe un super-fascismo da fantascienza. La borghesia ci ha provato, ma è rimasta rigorosamente nell'ambito nazionale.

Per sistemi limitati e locali, la meccanica del XVIII secolo funziona meglio dell'elettronica del XXI; ma non appena si allontana dalla semplicità newtoniana non è più in grado di armonizzare gli attuatori con le sollecitazioni rilevate dai sensori. Quando lo stato controllava il capitale, come ai tempi delle repubbliche marinare, bastava un'oligarchia non troppo ottusa per assumere decisioni coerenti con i fini della società mercantile.

Con la rivoluzione industriale ciò non fu più possibile: la ricchezza incominciò a liberarsi dalle decisioni dei singoli, sia pure ricchissimi e/o potenti, per cui il sistema incominciò ad essere sussunto a quello che si avviava ad essere il vero capitale. In questa fase, addio al controllo. Con Adamo Smith la funzione di governor fu attribuita dagli uomini non più ad altri uomini ma ad una misteriosa "mano nascosta". Si trattava di una constatazione piuttosto che di una teoria: il modo di essere del capitale autoproduceva delle correzioni che gli permettevano di neutralizzare le spinte catastrofiche dovute alla retroazione positiva. Una specie di ecologia dell'accumulazione. Invece di rammaricarsi di questo ritorno alla feroce giungla darwiniana che vanificava la grande capacità di progetto raggiunta, Homo Economicus ne andava fiero e trattava questo lato selvaggio del capitale come se l'economia fosse un qualcosa di diverso dal substrato di scienza, di progetto, di macchine che ne costituiva la base. Un qualcosa di diverso e inseribile in una pseudo-teoria cui fu dato il nome assai significativo di laissez faire. Fu il trionfo di una cattiva cibernetica: gli aggiustamenti darwiniani producono un'evoluzione delle specie, ma a scapito dei meno adatti, che vengono spietatamente eliminati. Più tardi, il capitale, autonomizzatosi sfacciatamente, portò la società intera, tramite lo stato, ad essere sua schiava.

Lo stato cibernetico

Marx nelle sue opere giovanili affronta il passaggio rivoluzionario dalla società feudale alla società borghese, analizzando la formazione dei primi mercati e poi la loro unificazione all'interno degli Stati. È lo Stato il centro unificatore dei movimenti della concorrenza (il regolatore dell'anarchia del mercato), e il parallelo è evidente con il movimento della circolazione: come il valore di scambio oggettivato nel denaro è l'equivalente generale di tutte le merci particolari, così lo Stato si presenta come l'unità sociale dei rapporti accidentali tra i cittadini, come il regolatore dei molteplici scambi tra possessori e acquirenti di merci e denaro. Ma con l'aumento della produzione e con l'estendersi di una circolazione adeguata alla formazione su larga scala del valore di scambio, sarà il capitale a porsi come l'unica comunità a cui gli uomini dovranno riferirsi, riducendo lo Stato a sua semplice appendice.

Il processo di formazione dello Stato moderno è comprensibile solo attraverso l'analisi del movimento del valore verso l'organizzazione totale della produzione e della società ai fini della sua valorizzazione. L'accumulazione originaria descritta nel primo libro del Capitale è la descrizione della violenza a cui fu sottoposta la società al fine di far saltare le barriere che impedivano al capitale di costituirsi in comunità materiale. Oggi siamo di fronte alla fine del suo movimento propulsivo ed è quindi sempre più evidente e a portata di mano la realizzazione del programma immediato della rivoluzione. Esauriti tutti i fenomeni intermedi di cui il proletariato doveva farsi carico al fine di accelerarne il processo (questione nazionale, questione contadina, ecc.), rimane la riappropriazione ultima e definitiva dell'essere umano, la riappropriazione di tutto ciò che la specie ha esteriorizzato come industria e come scienza, cioè come corpo oggettivo inorganico.

Il valore complessivo generato dalla società è prodotto da sempre più persone, ma sempre meno operai produttivi. È manifesta la contraddizione che attraversa la società: la miseria generale non è dovuta ad una carenza di mezzi di produzione, bensì ad una sovrapproduzione di merci e di capitali. La miseria è direttamente proporzionale alla ricchezza prodotta dalla società. Quindi, per il capitale, è necessario, oltre che l'inasprimento del controllo dell'economia, un controllo sempre più perfezionato, diffuso e capillare, di tutti gli aspetti del sistema: tanto è vero che una interruzione anche temporanea nei flussi di informazione può disorganizzare gli apparati produttivi e mettere in moto una catena di reazioni caotiche.

Man mano che l'economia assume aspetti monopolistici, la struttura produttiva, economica e politica degli Stati e delle relazioni tra Stati, assume carattere imperialistico (Lenin). Con ciò l'organizzazione capitalistica invade totalmente il tessuto sociale: sindacati, partiti, mass media, operano come dispositivi per la sua regolazione omeostatica. La vecchia separazione di funzioni che vedeva i singoli capitalisti occuparsi dei processi produttivi e lo stato governare il funzionamento di tutta la società, tende a sfumare per lasciar posto a strutture ramificate che intrecciano l'aspetto affaristico con quello politico e repressivo.

Nel discorso che andiamo facendo si innesta benissimo lo studio delle reti e dei sistemi complessi. La nostra società infatti assomiglia sempre più ad un immane piano di produzione uscito dalle singole aziende. La cibernetica è una disciplina che analizza la comunicazione e la natura delle informazioni tra le parti che compongono i sistemi complessi e tra sistemi complessi. Risulta così molto utile per analizzare i caratteri del sistema capitalistico avanzato, giunto alla vigilia di una transizione di fase.

Tale disciplina nasce dalla osservazione degli esseri viventi e delle apparecchiature che li simulano. Nella misura in cui gli organismi biologici si confondono con quelli inanimati, interagiscono producendo risultati inediti. La cibernetica permette di ricondurre i fenomeni a modelli ad altissima astrazione, quindi estremamente potenti. Una volta che si è capita la modalità di questa interazione, diventa relativamente semplice capire il funzionamento di entità complesse come lo stato, il capitale, l'intera società: attraverso lo studio dei messaggi – e dei mezzi di comunicazione ad essi relativi – lo sviluppo della comunicazione tra uomo e macchine, fra macchine e uomo e fra macchine e macchine, è destinato ad avere una parte sempre più importante nell'evolversi della società. Naturalmente gli scienziati che affrontano questa materia non utilizzano il nostro linguaggio, ma arrivano a conclusioni di notevole interesse. E capitolano inequivocabilmente di fronte alla teoria marxista quando anch'essi arrivano a sostenere che l'uomo non può arrivare a comprendere la complessa natura di cui fa parte se prima non sa che cosa sia egli stesso, che cosa sia la propria società, come funzioni, che cosa sia il proprio modo di produrre e di comunicare, se insomma non sa quali siano i processi reali che lo hanno portato e lo porteranno a conoscere.

Dominio formale e reale del capitale sul lavoro

Il processo di accumulazione capitalistico si innesta sulla circolazione semplice, propria della fase mercantilista, come base per il suo accrescimento. In effetti si innesta su una base non pienamente adeguata ai suoi fini: il processo lavorativo non è ancora modellato sul suo bisogno di valorizzazione, e i bisogni dell'essere umano sono ancora l'aspetto centrale della produzione. La borghesia, pur operando su tale base ristretta, ha cura che si prolunghi il più possibile il processo lavorativo, di modo che il plusvalore prodotto aumenti, con ciò aumenti il proprio potere sulla società. Un elemento d'accelerazione nella subordinazione del processo lavorativo alle esigenze del capitale è la continuità del lavoro: la raccolta di molti operai nello stesso locale, l'introduzione delle fasi lavorative che elimina per sempre la figura dell'operaio-artigiano, la suddivisione dei movimenti secondo una regolare successione e infine il pagamento a ore di lavoro indifferenziato trasformano l'intera società, non solo la fabbrica.

Estendendosi i mercati, si intensificano i bisogni e la necessità di merci e capitali, da ciò la continuità e la stabilizzazione della produzione e la crescente organizzazione del processo lavorativo. Tutti questi cambiamenti non portano subito ad un assetto definitivo del modo d'essere del processo lavorativo generale: la sua sottomissione è imposta dalla forza e dal controllo del capitalista e non ancora dall'organizzazione scientifica della produzione. Il fatto fondamentale che caratterizza il primo momento di dominazione del capitale sul lavoro è da un lato la quantità dei mezzi di produzione messi in moto, dall'altro l'aumento del numero di operai sottoposti al suo comando. Il passo successivo è il pieno capitalismo moderno.

Dominazione reale del capitale sul lavoro

La sottomissione formale del lavoro al capitale, cioè l'espansione della produzione attraverso l'aumento del numero di operai, era l'eredità del precedente modo di produzione. La dominazione reale, cioè l'espansione della produzione attraverso l'aumento della produttività, è un movimento di maturazione interna al capitalismo. Via via che prende forma un modo di produzione tecnologicamente specifico, avviene una modificazione strutturale del processo lavorativo, reso sempre più adeguato al processo di valorizzazione. Nella fabbrica moderna il carattere sociale delle condizioni di lavoro appare come assolutamente autonomo dall'operaio; il modo d'essere del capitale si presenta come organizzato dai capitalisti indipendentemente dai lavoratori. Le conoscenze e le capacità dei singoli operai vengono via via trasferite nel macchinario e l'operaio si riduce ad essere una semplice appendice del processo. Il carattere sociale assunto dalle condizioni della produzione, in quanto lavoro collettivo, appare come capitalistico, cioè come una produzione indipendente dagli operai e dai loro bisogni. E siamo arrivati al capitalismo maturo. È qui che avviene il cambiamento che anticipa la società futura.

Gli operai non possono più produrre se non in simbiosi con il sistema delle macchine, con l'automa generale, e tale produzione combinata non fa che accrescere la potenza dell'automa su di loro:

"Il processo di produzione ha cessato di essere processo di lavoro nel senso che il lavoro lo soverchi come l'unità che lo domina. Il lavoro si presenta piuttosto soltanto come organo cosciente, in vari punti del sistema delle macchine, nella forma di singoli operai vivi; frantumato, sussunto sotto il processo complessivo delle macchine, esso stesso solo un membro del sistema, la cui unità non esiste negli operai vivi, ma nel macchinario vivente (attivo), che di fronte all'operaio si presenta come un possente organismo contrapposto alla sua attività singola e insignificante." (Marx, Grundrisse, Frammento sulle macchine)

È il trionfo della cibernetica già in Marx. L'automa (il termine è suo) si avvale ancora di utensili viventi ma sta acquistando autonomia: nella seconda parte della citazione l'unità del sistema è realizzata attraverso il "macchinario vivente". Sviluppo di un sistema di macchine vuol dire sviluppo di un sistema informativo. La macchina non si informa da sola (per adesso), ha bisogno di essere informata sulle operazioni da svolgere. Una volta che è informata e alimentata, però, può lavorare teoricamente all'infinito, lanciando i suoi segnali all'operaio solo per chiedere manutenzione o per essere ricaricata di materie prime. A questo punto macchina e operaio si parlano, l'uno segnala all'altro, interagiscono. Nasce un linguaggio e tutto sembra il frutto di una evoluzione naturale. Il dialogato fra uomini e macchine è cibernetica. Il dialogato fra sistemi di uomini e sistemi di macchine è cibernetica. Il linguaggio parlato da uomini e macchine è cibernetica. In un sistema sociale cibernetico l'interazione fra partito e classe è cibernetica.

La sottomissione reale del lavoro vivo al lavoro morto aumenta di pari passo con lo sviluppo delle forze produttive, che, grazie al lavoro su larga scala e all'applicazione della scienza alla produzione, determina un potenziamento della produttività. Il capitalista, a causa della concorrenza, deve mettere in moto una produzione sempre più vasta, aumentando da una parte il numero degli operai e dall'altra il loro sfruttamento. Questa è una contraddizione mortale: non si può generalizzare l'aumento del numero di operai nello stesso tempo in cui si generalizza il loro sfruttamento. È vero che è successo all'inizio della rivoluzione industriale, ma è un fenomeno irripetibile, sarebbe come ritornare alle macchine manuali, alle fabbriche brulicanti di operai, all'aumento della produzione tramite il prolungamento della giornata lavorativa. Storicamente non è possibile una tale marcia indietro dell'industria: comporterebbe un tale intervento dello stato che il capitalismo non sarebbe più sé stesso: noi siamo già oltre il capitalismo di stato. Anche se spontaneamente un tentativo in tal senso viene fatto, come con il ricorso alla delocalizzazione in paesi arretrati, il risultato ultimo è sempre un'avanzata della macchinizzazione scientifica del processo produttivo. In dieci anni la Cina si è automatizzata proprio grazie alle delocalizzazioni sul suo territorio dei paesi troppo industrializzati.

Questo processo produce in qualsiasi settore, dalle fabbriche alle case private, dalle infrastrutture ai giochi, dagli eserciti alle attività di intelligence, dalla speculazione alla ricerca scientifica, un immane ricorso alle tecnologie e alla scienza dell'informazione.

La contraddizione fra produzione sociale e appropriazione privata (più si produce, meno si consuma in proporzione) porta a una crescita del lavoro morto non più in grado di vampirizzare il lavoro vivo, fenomeno la cui punta dell'iceberg è la concentrazione della ricchezza mondiale nelle mani di poche migliaia di individui. La crescita, in segni di valore, ha assunto dimensioni planetarie, perdendo paradossalmente ogni connotazione individuale. Il capitale fittizio così accumulato ha raggiunto cifre che la mente umana non può razionalmente assimilare (centinaia di milioni di miliardi di dollari) e che nessuno sa quale impatto potrebbero avere se si muovessero dai loro attuali impieghi. Ma si muoveranno, e ciò succederà quando le macchine che attualmente ne gestiscono una minima parte in movimento, riceveranno dagli uomini un comando, peraltro già memorizzato nel software in attesa della chiamata.

Contraddizione tra individuo e società

Nella società cibernetica (ricordiamo che è come dire "pagnotta di pane") l'individuo è schiacciato tra il suo (illusorio) essere persona privata e nello stesso tempo agente o utente di enti impersonali ma con forte impatto sociale. Questi enti impersonali, come lo stato, le grandi aziende multinazionali, la scuola, i partiti, le ferrovie, i sindacati, sono totalizzanti per natura, ma quando si rivolgono all'individuo lo costringono con tono suadente o minaccioso a rapportarsi come persona. Che questo individuo sia un operaio o un dirigente, quando si rapporta con l'Ente deve smettere di essere un individuo e limitarsi al comportamento confacente a detto rapporto. Così, oltre a una società cibernetica regolata dai suoi termostati e ammennicoli regolatori, abbiamo un'umanità aliena a sé stessa, asservita ad un sistema automatico, non solo consumatrice che risponde ai vari influencer ma usata come sensore che regala senza accorgersene miliardi di informazioni ogni anno. In una società come è ormai questa, il rapporto con gli enti si autonomizza e, siccome il sistema è dinamico ma non può uscire dal rapporto di immedesimazione, tutti devono rispettare le regole del gioco, se vogliono giocare. Il fatto è che giocare è obbligatorio. Divagazione: se si obbliga un bambino a giocare, è molto probabile che questi diventi schizofrenico, poiché l'obbligo a fare una cosa che dovrebbe essere gioiosamente scelta è un loop logico che produce patologia.

Dunque, regole del gioco. Un partito d'opposizione che vincesse le elezioni dopo aver promesso certi cambiamenti, si accorgerebbe che le regole del gioco non si possono cambiare, e si comporterà esattamente come si erano comportati i precedenti governanti. Un sindacalista che avesse nel suo programma propositi "rivoluzionari", una volta riconosciuto dalla "controparte" e portato al tavolo delle trattative farà esattamente come i politici e ovviamente come coloro che fino a un momento prima aveva chiamato "bonzi". Le regole del gioco non si possono cambiare giocando. Si cambiano quando si impone un altro gioco. Ma questa è un'altra storia.

Ogni movimento che riguardi il proletariato e non sia l'attuazione integrale del programma rivoluzionario non otterrà la rottura delle regole del gioco, perché la modalità dello scontro è già stata sancita dai giocatori. Otterrà invece l'effetto di rinsaldare i lacci che immobilizzano il movimento operaio. Le politiche non classiste permettono di nascondere la dimensione totalitaria raggiunta dal capitale, illudendo gli uomini sulla possibilità di modificare il sistema operando all'interno delle sue categorie. Il risultato, invece, è un sistema in cui le regole dell'interazione tra le classi e tra le nazioni divengono sempre più rigide e in cui l'iniziativa degli stati è sempre più dominata dagli automatismi prodotti da un mercato mondiale interdipendente. Per battere gli automatismi occorre distruggerli e imporne degli altri favorevoli al giocatore di riferimento (la classe).

Una quarantina di anni fa uscì un grosso libro sulla Terza Guerra Mondiale che si diceva scritto secondo gli scenari di un wargame computerizzato degli angloamericani. Può darsi. Comunque, il wargame del Patto di Varsavia avrebbe risposto alle mosse del Patto Atlantico e viceversa con le stesse regole, perché non esiste un gioco in cui i giocatori seguono regole diverse; d'altra parte, continenti, oceani, montagne e fiumi sono uno scenario dato, la geopolitica è una scienza deterministica (il mondo è piccolo…?). E anche gli armamenti rispecchiano lo stato della tecnologia, la posizione sul pianeta, la storia, fattori che richiederanno più o meno uomini, più o meno macchine… Ebbene, un wargame tra due computer che usano le stesse regole sarà giocato da operatori umani prima di tutto obbedendo alle regole, cioè confermandole. Questa, nelle guerre, è proprio ciò che non si deve fare: il nemico si batte soprattutto rendendo le proprie mosse imprevedibili.

Il capitale, anonimo, impersonale, globale, sta spazzando via le vecchie categorie di nazione e persino di borghesia nazionale. Se il motore della politiguerra americana non sta più a Washington ma nel disperato bisogno del capitale di usare ogni mezzo per salvarsi, allora l'operaio diventa operaio globale che produce una sola merce come sommatoria di tutte le merci. Allora il capitale ci obbligherà sempre più a considerare ogni problema non tanto dal punto di vista dell'economia e della politica, per quanto "rivoluzionaria", ma immediatamente dal punto di vista della comunità umana futura: antitesi totale all'attuale società. In fondo è quanto affermato nel nostro Tracciato d'impostazione, che non lascia più spazio a ri-formismo e con-formismo. È quanto si afferma in Origine e funzione della forma partito, dove all'organizzazione si sovrappone la comunità umana come prefigurazione della società futura. E in mille passi è ricordato il carattere organico della nostra concezione organizzativa. Ma citiamo direttamente Marx:

"Una rivoluzione sociale si trova dal punto di vista della totalità perché – se pure ha luogo unicamente in un distretto industriale – essa è una protesta dell'uomo contro la vita disumanizzata, perché muove dal punto di vista del singolo individuo reale, perché la comunità, contro la cui separazione da sé l'individuo reagisce, è la vera comunità dell'uomo, la natura umana. L'anima politica di una rivoluzione consiste al contrario nella tendenza delle classi politicamente prive di influenza a eliminare il proprio isolamento dallo Stato e dal potere. Il suo punto di vista è quello dello Stato, di una totalità astratta, che sussiste soltanto attraverso la separazione dalla vita reale, che è impensabile senza l'antagonismo organizzato tra l'idea generale e l'esistenza individuale dell'uomo. Una rivoluzione dell'anima politica perciò, organizza anche, conformemente alla natura limitata e discorde di quest'anima, una cerchia dirigente nella società a spese della società." (Marx, Glosse marginali, 1844).

Oggi non è più possibile parlare di rivoluzione dall'anima politica. Il processo storico è completato, l'anima politica è propria delle mezze classi rovinate e della borghesia. Nel passato le rivoluzioni dall'anima politica sono state condotte da una parte della società a spese dell'intera società. Ora il proletariato dovrà realizzare una rivoluzione a titolo umano, non più appellandosi ad una parte della società contro la restante parte. Quella del proletariato non sarà più una rivoluzione politica perché il suo obiettivo sarà direttamente l'essere sociale (Gemeinwesen) ritrovato. Sarà insomma una lotta contro la separazione dell'individuo da sé attraverso la ricomposizione dell'insieme individuo-società.

Tutto è stato espropriato per essere colonizzato dal capitale, perciò la "rivendicazione" ultima è la riappropriazione completa e definitiva della comunità umana attraverso il potere dell'umanità proletaria e la dialettica abolizione dell'umanità proletaria e, conseguentemente, dello stato e delle classi.

Il passo citato, da solo, fa strage di ogni concezione politicantesca dell'organizzazione. Essendo l'industria la vera essenza dell'uomo, è nella realtà dei fatti e non nella politica che si realizza l'antagonismo ultimo. E la realtà dei fatti impone che la società futura prefigurata non sia più, nell'ordine storico, un branco, una tribù, un popolo, un'assemblea rappresentativa e neppure un partito politico nell'accezione corrente del termine. La chiarezza sulle questioni di organizzazione è la condizione affinché sia liberata l'anima universale della lotta di classe e sia fatto scomparire il colossale imbroglio della rivolta politica da spirito angusto, quella che serve solo a rafforzare le regole del gioco.

Finalità lineare o azione globale?

Abbiamo tentato di analizzare la società come un sistema complesso, e abbiamo constatato che la scienza della cibernetica induce nei borghesi importanti capitolazioni di fronte alla nostra teoria. Tutti i sistemi biologici ed evolutivi consistono in reti complesse di relazioni con caratteristiche comuni, possiamo quindi esaminare la società umana con gli stessi metodi e programmi di ricerca con cui esaminiamo un organismo biologico individuale e viceversa. Abbiamo visto che qualsiasi organizzazione umana è un sistema auto-correttivo, che la società capitalistica è la società più complessa e quindi quella che richiederebbe più organizzazione fra tutte quelle che si sono susseguite nella storia. Ma è appunto l'esasperata finalità dovuta al suo processo di auto-valorizzazione, che tutto ha subordinato e plasmato, che è il fattore disarticolante del sistema. Le controtendenze messe in atto dai capitalisti per contrastare la caduta del saggio di profitto risolvono il problema localmente e provvisoriamente, ma solo per spostarlo ad un livello più alto e più grave. L'adozione di macchine automatiche per aumentare la produttività fa aumentare la produzione pro capite degli operai, ma alla produzione aumentata bisogna trovare un compratore, mentre vi sono spese passive per il ricorso al credito che ha permesso di adottare le macchine, bisogna abbassare i prezzi a causa della concorrenza e così via.

La natura non è una struttura lineare ma una complessa struttura a rete i cui componenti entrano in relazione con sé stessi, basti pensare alla legge del valore negata dal sistema stesso di formazione del valore. Interpretandola forzatamente come struttura lineare ci impediamo di scorgere le sue particolarità cibernetiche: nel suo processo di accumulazione il capitalismo mina costantemente le basi dei futuri cicli di valorizzazione, aumentando la parte di lavoro morto in rapporto a quella di lavoro vivo. Ma il capitalismo si regge sul lavoro vivo, non su quello morto. Nonostante ciò, il sistema ha acquisito notevole adattabilità alle proprie crisi proprio secondo i principi della cibernetica: la mano invisibile e il lassez faire funzionano, brutalmente ma funzionano, proprio perché l'intero sistema è come un insieme ecologico in cui ogni componente dipende da tutti gli altri, in cui tutti lanciano segnali in grado di essere captati e trasformati.

L'uomo interagisce con la natura con cinque sensori principali e una serie di attuatori (mani, piedi, bocca, stomaco, ecc.) comandati da una unità centrale che è il cervello. Aggiungendo artificialmente alla natura una gran quantità di sensori e attuatori l'uomo ha assecondato la natura stessa, ma l'ha costretta a funzionare in modo automatico. Abbiamo trasferito al Pianeta le nostre facoltà, solo che il Pianeta non ha una unità centrale per dirigere la massa di informazioni che produciamo. Invece di un metabolismo organico regolato centralmente abbiamo duecento stati-nazione; invece di un rapporto armonico fra le parti abbiamo polizie ed eserciti; invece del perseguimento dell'equilibrio attraverso un processo biologico (bio = vita) siamo compiaciuti della nostra efficienza repressiva antibiotica.

La rete di oggi non è "intelligente", non è in grado di esprimere una "coscienza" (nel senso di azione cosciente), simula semplicemente una competenza elementare, quella di una lavatrice, un computer, un frigorifero, un ascensore, un'automobile senza guidatore, ecc. È però evidente che una società basata su di una cibernetica "intelligente", cioè che non teorizzi mani nascoste e lassismo economico, potrà sviluppare al massimo quel cervello globale che oggi è così inutilizzato. Un'automobile senza guidatore è dotata certamente di una competenza tecnica non elementare, ma il problema reale è: ci serve davvero un'automobile che ci porti al lavoro mentre leggiamo il giornale invece di guidare? In questa notevole performance vi sono almeno tre cose che si possono eliminare: l'intelligenza tecnologica qui del tutto sprecata, l'automobile e il lavoro.

La società attuale ha veramente troppo di tutto e non sa che farsene dell'intelligenza, non fa che sprecare pur di mantenere valida la legge del valore. Ma nonostante ciò, si sta trasformando in un'enorme società dell'accesso, in cui l'automobile, la luce, il gas, la casa, il telefono, la televisione, tutto sta diventando un servizio a canone (il pagamento rateale di un bene durevole diventa come un canone perenne). Ragioniamo: l'operaio riceve il salario del mese e poco per volta lo trasferisce per intero agli enti di cui sopra. Potrebbero trattenergli un canone pari al salario e non cambierebbe niente. Stiamo tratteggiando un modello e quindi non ci interessano le differenze, se uno fuma, l'altro beve e l'altro ancora si intrattiene con allegre signore. Se il ricco borghese che riceve il salario dell'operaio in cambio di merce si immettesse nel circuito e pagasse con la forma "canone" il suo lusso, l'intera società avrebbe ciò di cui abbisogna in cambio di un canone. Il capitalismo è sempre lo stesso, anche se abbiamo eliminato il denaro fisico sostituendolo con quello contabile. Si può. Nel Nord Europa è molto usato l'accesso ai beni tramite canone. Nel mondo della produzione il leasing è comune. Dappertutto il denaro fisico è quasi eliminato da quello elettronico.

Con i potentissimi sistemi cibernetici di cui possiamo disporre sarebbe uno scherzo controllare i flussi di beni e servizi in un modello sociale come quello appena visto. Rispettando l'equità. Ma non si può, fino a che comanda la legge del valore. E naturalmente finché non è risolta la questione del potere. Nessun riformismo potrebbe scalfire il duo valore-potere. L'ostacolo verso il socialismo dispiegato, a parte le forme, è dunque il valore che, come il capitale, non è una "cosa", ma un "rapporto". Precisamente un rapporto di classe (un rapporto di potere).

Quando parliamo di partecipazione al capitale e di società dell'accesso parliamo del nostro far parte del processo complessivo di produzione del capitale. Il proletariato o è rivoluzionario oppure è capitale, quindi abbiamo detto che la lotta che ha come obbiettivi gli effetti prodotti dal capitalismo senza metterne in luce le cause produce un rafforzamento del sistema stesso, perché posticipa la dimensione globale dell'attacco alle fondamenta del capitalismo. Le stesse teorie della complessità dicono che non si può comprendere un sistema globale senza una visione chiara degli strumenti che permettono a questa globalità di riprodurre sé stessa. Non si tratta quindi di organizzarci per rivendicare diritti "particolari", perché contro il proletariato non viene esercitata nessuna ingiustizia "particolare", bensì l'ingiustizia senz'altro. In un articolo del 1° giugno 1913 dal titolo significativo "Un programma: l'ambiente", i giovani socialisti raccolti attorno al giornale L'avanguardia, così si esprimevano:

"La nostra lotta socialista, anti-borghese, la nostra preparazione rivoluzionaria deve essere diretta nel senso di gettare le basi del nuovo ambiente."

Bisogna sforzarsi di vivere, dicevano, come se la rivoluzione fosse un fatto già avvenuto. Oggi abbiamo appreso che questa importante affermazione è attinente alle conferme che ci danno le teorie della complessità rispetto al rapporto tra mezzi e fini nel raggiungere un qualsiasi obbiettivo. Tali teorie ci dicono che la presenza della retroazione in un sistema aperto rende il sistema sempre più stabile e adatto allo scopo da raggiungere, e questa è d'altra parte la posizione della nostra corrente rispetto al funzionamento organico del partito: le condizioni materiali spingono il proletariato alla lotta; il partito centralizzando tale spinta getta le basi del nuovo ambiente, e queste basi agiscono sul partito rendendolo sempre più adatto ai suoi compiti futuri; in questa doppia direzione il partito apprende ad apprendere. Norbert Wiener nel suo libro sulla cibernetica dice la stessa cosa spiegandoci il principio della retroazione:

"Nella sua forma più semplice, il principio della retroazione significa che il comportamento viene periodicamente confrontato con il risultato da conseguire, e che il successo o il fallimento di questo risultato modifica il comportamento futuro." (Norbert Wiener, Introduzione alla cibernetica, pag. 84).

Collegamenti in doppia direzione

La società futura è oramai sempre meno lontana e la morte del capitalismo è un fatto che prendiamo come assodato. Lo studio delle fasi di transizione succedutesi nella storia ci insegna che i mezzi e i modi per portare a compimento la rivoluzione non possono che essere gli elementi che più coincidono con la futura forma sociale. Si parla infatti del partito descrivendo la società futura, la quale descrive sé stessa attraverso le sue realizzazioni in quella presente.

La cibernetica interessa al movimento rivoluzionario in quanto modifica il suo atteggiamento verso il mondo, cambiando l'idea stessa di che cosa sia un atteggiamento: mette in luce la catena infinita di determinazioni che legano cause ed effetti apparentemente slegati tra di loro, delineandone le strutture e mostrandone le relazioni. Quindi, se si sostiene, provandolo, che il capitalismo è morto, si deve comprendere la relazione corrente tra questa affermazione e l'atteggiamento rispetto ai compiti immediati. Se questa è veramente la terra di confine tra due modi di produzione, è anche la terra di confine tra vecchi e nuovi atteggiamenti rispetto al lavoro politico. L'atteggiamento di un movimento rivoluzionario non può che essere modificato dalla tecnologia. Ad esempio, dal rapporto interattivo con la rete. Internet è una sorta di potenziamento del cervello di specie, una sorta di sistema nervoso che connette una nuova unità bio-tecnologica. In futuro, il lavoro del partito storico, nel suo cammino per darsi uno strumento formale, sarà sempre più legato a questa dimensione di interattività, superando via via il confine tra quello che è globale e quello che è locale. A dimostrazione di quanto la borghesia assorba dal mondo materiale capitolando di fronte alla dottrina rivoluzionaria, Marshall Mc Luhan così si esprime rispetto alle potenzialità sociali dei nuovi mezzi di comunicazione:

"Noi viviamo oggi nell’era dell’informazione e della comunicazione perché i media elettrici creano istantaneamente un campo totale di eventi interdipendenti ai quali partecipano tutti gli uomini. Ora questo mondo di azioni reciproche pubbliche ha la stessa interdipendenza onnicomprensiva e integrale che aveva sinora caratterizzato soltanto i nostri sistemi nervosi individuali. Questo perché l’elettricità ha carattere organico e rafforza il legame sociale organico mediante il suo impiego tecnologico nel telegrafo, nel telefono, nella radio e in altre forme."

La nostra corrente sintetizzava: la macchina a vapore era una fonte locale, proudhoniana, di energia; la rete elettrica è una fonte comunista. Questa progressiva integrazione spazio-temporale dei singoli cervelli nella rete mondiale è il terreno di coltura in cui si sviluppano nuovi legami sociali. È la struttura stessa che predispone l'individuo ad un atteggiamento diverso rispetto alla comunicazione e rispetto all'altro:

"Si ricava dunque un quadro della mente come sinonimo di sistema cibernetico: il sistema totale che elabora l'informazione e che completa il procedimento per tentativi ed errori. E sappiamo che all'interno della mente nell'accezione più ampia ci sarà una gerarchia di sottosistemi, ciascuno dei quali possiamo chiamare mente individuale." (Bateson, Forma, sostanza e differenza).

Sappiamo che il conformismo terzinternazionalista critica il fatto che si ricorra alle capitolazioni borghesi per dimostrare l'avanzata della rivoluzione anche quando sia evidente il permanere della controrivoluzione (se c'è una contro-rivoluzione vuol dire che la rivoluzione lavora). Detta critica avrà un senso unicamente quando un movimento rivoluzionario riuscirà a dire qualcosa di più importante, ai fini della maturazione rivoluzionaria, di quanto riescano a dire i borghesi. È un assioma deterministico: è impossibile che una rivoluzione rinunci a diffondere i suoi risultati teorici solo perché la controrivoluzione tenta di impedirglielo.

LETTURE CONSIGLIATE

  • - Bateson Gregory, Per una ecologia della mente, Adelphi.
  • - Buchanan Mark, Nexus, Mondadori.
  • - Buchanan Mark, Ubiquità, Mondadori.
  • - Buchanan Mark, L'Atomo sociale, Mondadori.
  • - Demozzi Silvia, Forma Sostanza Differenza Brevi cenni di epistemologia batesoniana https://rpd.unibo.it/article/viewFile/3448/2814.
  • - Engels Friedrich, Dialettica della natura, Editori Riuniti.
  • - Gleick James, Caos, Rizzoli.
  • - Hackett John, La Terza Guerra Mondiale, Garzanti.
  • - Marx Karl, Il capitale, libro I, Editori Riuniti.
  • - Marx Karl, Grundrisse, Einaudi.
  • - McLuhan Marshall, Understanding media, https://www.yumpu.com/it
  • - Waldrop Mitchell, Complessità, Instar Libri.
  • - Wiener Norbert, Introduzione alla cibernetica, Bollati Boringhieri.

Rivista n. 46