La grande scommessa

"Se si sostenesse la tesi del crollo del capitalismo di stato a favore del libero mercato, crollerebbe la tesi della società più sviluppata che contiene gli elementi di quelle meno sviluppate. Il capitalismo di stato è più avanti, nella storia, del libero mercato"

(Dottrina dei modi di produzione, 1958).

The Economist è un settimanale inglese di economia liberista che dal 1843 sponsorizza un idilliaco capitalismo in grado di autoregolarsi e di superare le proprie crisi, anzi di utilizzarle a proprio vantaggio. Il suo economista di riferimento è Adamo Smith, ricordato per la famigerata mano nascosta e il laissez faire. Nel numero del 19 marzo 2021, sul periodico è stato pubblicato un articolo intitolato La grande scommessa di Biden, nel quale si descrive e quantifica l'intervento del governo di Washington per stimolare l'economia americana, il che vuol dire, viste le cifre, mondiale. Riconoscendo che somministrare pesanti dosi di droga al capitale non è propriamente una politica liberista, il settimanale quasi si scusa con i lettori per la scivolata ideologica:

"Questo periodico avrebbe preferito un minore stimolo all'economia. Purtroppo, la travagliata politica americana non consente un processo decisionale perfetto e i democratici volevano ottenere tutto ciò che potevano. La scommessa dell'onorevole Biden è meglio della mancanza di azione, ma nessuno dovrebbe fare finta di niente di fronte alla sua portata."

Può darsi che l'allusione al film intitolato, appunto, La grande scommessa non sia accidentale, tuttavia in ogni caso la posta è così alta che tutto sparisce in confronto a quel semplice aggettivo. Quanto grande? Bisogna ritornare al 2008, quando il Tesoro americano, di fronte al disastro provocato dalle banche fu tentato di dare una lezione esemplare lasciandole fallire. Ma erano troppe, e soprattutto troppo grandi per lasciarle al loro destino, per cui se ne lasciò fallire una sola, la Lehman Brothers, praticamente nazionalizzando le più esposte, come la Bank of America che aveva appena acquisito la Merrill Lynch, all'epoca la terzamerchant bank americana. Too big to fail (Troppo grande per fallire) è un altro film della serie di buona didattica prodotta da Hollywood sulla droga finanziaria internazionale. Tornando alle banche, indagini successive al disastro del 2008 dimostrarono ciò che tutti sapevano: il sistema bancario mondiale era una macchina per rastrellare quattrini nella totale indifferenza rispetto alle regole che gli stessi capitalisti si danno per smorzare la ferocia del capitale.

Dicevamo "buona didattica" dei film americani: in effetti sono più efficaci e veritieri di tanta saggistica tesa a dimostrare che se gli uomini sbagliano il sistema ne corregge gli errori. Nel cinema americano questo tipo di ipocrisia non è di casa: è il sistema che è marcio, e alcuni sudditi devono essere all'altezza del marciume. Ma gli eroi emergono dallo sfondo, anonimi rappresentanti del popolo, protagonisti castigatori che, sfigati o miliardari, lottano contro la prevaricazione di stato e vincono. Sono individui così smaccatamente soli da essere per forza un simbolo dell'anonima moltitudine prevista dalla sceneggiatura. Qualche volta è protagonista un gruppo, che però riproduce al suo interno un microcosmo frattale dell'esterno e vince riscattandosi da un qualche peccato originale. Bank of America ha truffato migliaia di persone per miliardi di dollari, ha ricevuto dal programma di risanamento decine di miliardi e ha pagato una multa di qualche milione.

Oggi lo stato americano conferma la tesi comunista secondo la quale nella fase suprema, imperialista, il capitale, sfuggito al controllo dei suoi possessori, non è più controllabile nemmeno dallo stato.

Quando un anno fa lo scoppio della pandemia fece temere per la situazione economica già compromessa da una crisi che non accennava a rientrare, fu chiaro che non era possibile evitare di rispondere sul piano monetario, ma non era neppure pensabile chiudere le fabbriche; perciò in tutto il mondo, più o meno consapevolmente dal punto di vista dei modelli di sviluppo della pandemia, sono stati presi provvedimenti tra di loro simili. Due paesi si sono distinti in parte rispetto a tutti gli altri: gli Stati Uniti e la Cina. Entrambi hanno sfruttato il minore impatto del virus sull'economia interna, entrambi hanno affrontato la pandemia con metodi non paragonabili a quelli di quasi tutti gli altri paesi: la Cina con uno strettissimo controllo della popolazione, gli Stati Uniti con un evidentissimo, voluto lassismo (anche il Brasile ha avuto un comportamento apparentemente analogo, ma perché non aveva mezzi adeguati e ha finito per definire intenzionale ciò che invece era dovuto a sostanziale impotenza).

La Cina svilupperà i consumi interni che dovranno bilanciare il calo delle esportazioni. Gli Stati Uniti hanno pronto un intervento di 1.900 miliardi di dollari, che aggiunti a quelli già stanziati assommeranno a 3.000 miliardi. Se consideriamo anche i preventivi di intervento per una politica anti-Covid, arriviamo a 6.000 miliardi. Inoltre, la Federal Reserve ha previsto una iniezione di liquidità nel sistema bancario per 2.500 miliardi. Di fronte a una monetarizzazione così spinta dell'economia, ben 8.500 miliardi, la FED non prevede un cambiamento sostanziale dell'inflazione, che rimarrà attorno allo zero. Questo fenomeno, tipico di una crisi che facciamo risalire non al 2008 ma ai primi anni '70 del secolo scorso (cfr. il nostro quaderno La crisi storica del capitalismo senile, 1983, si accompagna a quella che è la "vera" crisi di questo sistema: il venir meno della legge del valore-lavoro. Come previsto da Marx, è andato in crisi il rapporto fra la quantità di merci prodotte e il valore della forza lavoro erogata per produrle. Nella giornata lavorativa, non è più espandibile la parte di pluslavoro in confronto a quella del lavoro necessario per mantenere in vita l'operaio. La giornata non può avere più di 24 ore e se il salario scende al di sotto del suo valore il sistema va automaticamente in sovrapproduzione.

Questo limite provoca delle aberrazioni che, da quando esiste il capitalismo, sono completamente inedite. Siccome all'inizio della pandemia gli americani avevano ricevuto dal governo 600 dollari a testa, a gennaio si stimava che i consumi americani sarebbero aumentati del 7,4% rispetto al 2020. Previsione sbagliata: essendo bloccati in casa e non fidandosi di un futuro che si annunciava assai incerto, i consumatori hanno tagliato le spese voluttuarie risparmiando 1.600 miliardi di dollari. È fresca la notizia di un ulteriore stimolo con la distribuzione di 1.400 dollari a tutti gli americani che sono al di sotto di un reddito di 75.000 dollari. È quindi già certo che vi sarà un aumento del risparmio, dato che i consumatori, temendo un peggioramento della situazione, accantoneranno come già hanno fatto, contraddicendo ciò che prevede in questi casi la dottrina economica corrente: in un paese a reddito mediamente alto è alta la propensione marginale al consumo, cioè i più poveri, in ambiente di alto consumo, dovrebbero spendere tutti i dollari acquisiti con un reddito maggiorato.

Il risparmio che rimane in banca è capitale da investimento, e infatti la pandemia, anziché deprimere la speculazione finanziaria l'ha stimolata. Gli indici di borsa crescono e nuovi strumenti monetari fanno impazzire il mercato, come il Bitcoin, venduto a più di 60.000 dollari. L'OCSE prevede che entro il 2022 gli Stati Uniti saranno l'unico paese a crescere tanto da azzerare le perdite subite a causa della pandemia. Ma con una disoccupazione al 15% dovranno essere creati 9,5 milioni di posti di lavoro per un recupero effettivo. E se anche fosse raggiunto l'obiettivo, potrebbe non essere comunque una buona notizia: un futuro aumento dei consumi interni americani creerebbe tensione con la Cina, che prenderebbe misure difensive sul piano della concorrenza, ad esempio abbassando il valore dello yuan. Un'avvisaglia è la caduta alla borsa di Pechino, che ha perso il 9% in un mese.

Secondo The Economist

"l'America sta conducendo un imprevedibile esperimento economico su tre fronti: uno stimolo fiscale al massimo livello storico; un atteggiamento più tollerante della Fed nei confronti di superamenti temporanei dell'inflazione; enormi risparmi che nessuno sa se saranno accumulati o spesi. Questo esperimento non ha confronti dalla Seconda guerra mondiale. Il pericolo per l'America e il mondo è che l'economia si surriscaldi. È un rischio che gli investitori stanno valutando".

Cosa possono mai valutare se questo, come ci ha appena detto la rivista, è un imprevedibile esperimento, se nessuno è in grado di capire cosa faranno i risparmiatori e se c'è il pericolo di surriscaldamento incontrollabile?

I rendimenti delle obbligazioni americane sono aumentati di circa un punto percentuale dalla scorsa estate, in previsione dell'inflazione e di tassi più elevati. Il ruolo centrale dell'America nel sistema finanziario globale, fa sì che le sue decisioni abbiano effetti globali. Nelle ultime settimane la BCE e altre banche centrali hanno annunciato che avrebbero acquistato obbligazioni proprie per evitare l'aumento eccessivo dei rendimenti. I paesi con grandi deficit, come il Brasile, o con grandi debiti denominati in dollari, come l'Argentina, temono gli imprevisti dovuti alla politica monetaria americana. Di fatto, la FED ignorerà le conseguenze del proprio operato sugli altri paesi, che per loro natura rispondono in maniera diversa agli stimoli americani.

Si rimastica un vecchio tema che fu ed è la fissazione di Draghi: se non puoi far crescere l'economia, cosa che produrrebbe inflazione, fai crescere l'inflazione, così crescerà l'economia. Sembra una sciocchezza, ma è una realtà operativa: dietro alla parola d'ordine di "obiettivo: inflazione media", adottato lo scorso anno, la FED tenta di portare l'inflazione oltre il 2%. Ciò è ritenuto auspicabile: per un decennio, il problema dell'economia mondiale è stato un'inflazione troppo bassa. Secondo Jerome Powell, presidente della Fed, l'inflazione alta sarà temporanea.

E nel frattempo? Possono interventi in gigadollari scalfire un capitale fittizio che si muove con la potenza dei teradollari? L'ordine di grandezza dei due livelli che si confrontano minacciosamente è mille a uno. La conclusione di The Economist è: né la FED, né i mercati possono prevedere un andamento con i dati a disposizione; potrebbe succedere che l'economia stimolata producesse troppa inflazione. In tal caso starebbe maturando un disastro cui saprebbe rispondere solo con un rialzo dei tassi. Come dire: torniamo al punto di partenza. Ancora la rivista: è come se qualcuno che avesse un estremo bisogno di soldi si mettesse alla roulette puntando sul rosso tutto ciò che ha.

Scientifico.

Rivista n. 49