Virtualizzazione
Non ci sarebbe capitale fittizio, quindi finanziarizzazione dell'economia, se alle radici del capitalismo non ci fosse la separazione fra valore d'uso e valore di scambio. Se non ci fosse cioè la separazione fra il reale e il virtuale, entrambi contenuti nelle merci, il famigerato "carattere feticcio della merce".
Il processo di virtualizzazione del capitale che Marx intravedeva già al suo tempo nella forma di capitale fittizio è un chiaro sintomo di negazione del capitale per mezzo del capitale. Infatti, Marx giunge ad affermare che a questo stadio di sviluppo il capitale dimostra la sua potenziale non esistenza. La vera base su cui si fonda il modo di produzione attuale è la proprietà, la quale è un rapporto fra elementi fisici ma non è a sua volta un elemento fisico: se togliessimo la proprietà dall'oggi al domani, il mondo fisico non cambierebbe di una virgola, toglieremmo soltanto la parte virtuale, che in natura non esisteva. "Capitale virtuale o fittizio" è in fondo una tautologia, non esiste un capitale diverso, dato che esso "non è una cosa ma un rapporto". Il contrario di tautologia è contraddizione: quando Proudhon diceva che "la proprietà è un furto" diceva una cosa senza senso: il furto non è la proprietà, è una delle condizioni formali per il cambiamento di proprietà.
Le carte di credito, le cambiali, i derivati esistevano già agli albori dello scambio mercantile. Negli archivi mesopotamici di tavolette cuneiformi si registravano scambi, compensazioni, crediti-debiti. Si potevano acquistare a credito 10 sacchi di orzo restituendone 11 a un tempo definito. Oppure restituendo 2 anfore di olio "valutate" secondo criteri derivanti dalla consuetudine o dal bisogno, perciò variabili nel tempo e nel luogo. Se il raccolto delle olive era più abbondante dell'anno precedente, oppure se era scarso quello dell'orzo, variavano i risultati rispetto alle aspettative dei contraenti che le avevano derivate da ciò che sarebbe avvenuto in futuro. Non c'era ancora il denaro, quindi per gli scambi differiti nel tempo si scriveva una tavoletta di terracotta che qualcuno garantiva riferendola a pesi standard (il talento corrispondeva a 36 Kg, pari a sessanta mine a loro volta pari a sessanta sicli).
Argento | 44.000.000.000 |
Denaro | 6.662.000.000.000 |
Oro | 10.891.000.000.000 |
Aziende | 22.600.000.000.000 |
Azioni | 89.475.000.000.000 |
Immobili | 280.600.000.000.000 |
Derivati | 2.200.000.000.000.000 |
In dollari. Fonti: Finaria, Banca Mondiale |
La tabella qui di fianco mostra la sproporzione fra le modalità del capitale e ci descrive fedelmente che cosa è successo da quando il capitale è nato nella sua forma embrionale: la forma è più o meno la stessa, ma la sostanza cambia assai. Il denaro si è autonomizzato dai metalli e l'attuale ammontare di questi ultimi è insignificante rispetto al totale dei "valori" esistenti. Scomparse le prime civiltà mercantili del mondo, nessun'altra aveva sviluppato un "valore scritturale", tranne quella cinese. Bisogna aspettare la civiltà di Roma, che aveva ereditato il talento d'argento, per vedere tutte le categorie del capitalismo (produzione in serie, banche, credito, interesse, plusvalore, statalismo, mercato estero, ecc.) senza il capitalismo (perché non fondata sullo sfruttamento generalizzato di forza lavoro salariata).
Sulle tavolette sumeriche non era riportato un calcolo in denaro: "X prende a credito da Y 10 talenti di orzo all'interesse per un anno del 10 per cento del loro valore," bensì una promessa in quantità fisiche: "X prende in prestito da Y 10 sacchi di orzo e ne restituirà 11 fra un anno."
Gli antichissimi mesopotamici sapevano calcolare e forse informarci sulle frazioni sessagesimali (il loro sistema di calcolo era in base sessanta), tuttavia non potevano fare calcoli in base al valore. Si poteva comprare una balla di lana per due giare di miele calcolando il "prezzo" con riferimento a un lingotto di bronzo di grandezza definita, ma non in valore, concetto che sarebbe venuto a galla tardi, quando si sarebbero fatti i primi vaghi riferimenti alle ore di lavoro necessarie per ottenere una data merce, specie se non presente in un dato territorio statale.
Prima ancora non c'era neppure un riferimento a un equivalente parziale, non c'era scambio di merci, esistevano solo dono e baratto di oggetti. Il membro di una società portava il suo prodotto al magazzino comune e ritirava il prodotto di altri semplicemente rilasciando un attestato di avvenuta operazione con un sigillo su una cretula (argilla cruda). In questo modo venivano gestiti molti movimenti con un metodo semplicissimo, e la società, mettendo da parte le cretule usate, era in grado di conoscere sé stessa, di sapere con accurata precisione quanto produceva e consumava, quante risorse doveva attivare. E questo attraverso lo spostamento di pezzi, quantità misurabili indipendenti dal lavoro contenuto.
Il capitalismo è invece la società che nella storia più di ogni altra si è basata sul tempo di lavoro per svilupparsi e sopravvivere. Ma ciò rappresenta un pericolo mortale, per sé e per i suoi membri possessori di capitale: cercando di sfruttare gli operai per la maggiore quantità di tempo di lavoro possibile, mina le sue stesse basi. Se il valore di una merce è dato dal lavoro in essa contenuto, oltre a un certo grado di sfruttamento non si può andare, non ci sono le giornate di 48 ore. Ed ecco quindi una tabella che mostra ciò che succede quando il capitale non ne vuol sapere di togliersi dai piedi e cerca di valorizzarsi attraverso la compravendita di sé stesso, producendo movimenti che si rappresentano con cifre dietro alle quali c'è soltanto l'ammontare del nulla: capitali che vagano e crescono virtualmente raggiungendo quantità che sono migliaia di volte quelle del capitale ancora produttivo.
Nelle società antiche, non ancora giunte allo scambio fra equivalenti tramite la misura del valore (denaro), si scambiavano valori d'uso diversi. Dato che non aveva senso scambiare orzo con orzo nella stessa quantità, doveva intervenire un qualche fattore esterno, una carestia, un incendio, una stagione con raccolto abbondante in grado di modificare l'equilibrio esistente e creare una carenza o un surplus. Solo uno squilibrio può infatti rappresentare una condizione in cui vengono scambiati prodotti uguali e sempre con l'intervento di intervalli di tempo.
Quando invece si sviluppa il mercato, il problema non si pone più: attraverso un equivalente generale, il denaro, lo scambio tra equivalenti diventa possibile e sensato in rapporto al fine da raggiungere. Il valore d'uso rimane il movente dello scambio, ma lo scambio da mezzo diventa scopo, e quando la produzione per il mercato estero si aggiunge alla produzione per la produzione, allora abbiamo l'espandersi della virtualizzazione. Nella tabella l'unico capitale produttivo sarebbe quello delle aziende, cioè 22.000 miliardi di dollari per i beni materiali più il credito azionario di 89.000 miliardi. Ma le cifre in questo caso non rispondono ad alcun criterio di plausibilità: il capitale costante è di difficile individuazione in una società virtualizzata, e il capitale azionario dovrebbe essere quello calcolato all'emissione di azioni, non alle oscillazioni successive. Nonostante ciò, le cifre sono chiare: la tabella è irreversibile.