China reloading

C'è fermento a Pechino. La preparazione di un terzo mandato quinquennale di Xi Jinping come leader del Partito Comunista porterà a una serie di riforme che saranno approvate al Congresso del PCC dell'anno prossimo. La documentazione prodotta dal partito e riverberata sia dal Quotidiano del popolo che dall'Agenzia Xinhua, mostra in modo ufficiale che il grande progetto di ristrutturazione dell'economia cinese è qualcosa di più che un programma riformista teso a migliorare la condizione sociale dei cittadini. Se è corretta la nostra lettura di ciò che sta succedendo in Cina, l'interpretazione che se ne dà correntemente è falsa: se il piano verrà applicato, saranno messe in moto le famose "cause antagoniste" della caduta tendenziale del saggio di profitto. Vorrebbe dire che la Cina sta progettando il blocco del passaggio storico dal controllo dello Stato sul capitale al controllo del capitale sullo stato. Il che vuol dire conservare la produzione di plusvalore assoluto evitando quella di plusvalore relativo.

Sarebbe la prima volta che succede. Se anche altri paesi importanti adottassero una misura del genere le conseguenze sarebbero incalcolabili. Pensiamo all'India, che porterebbe la massa demografica interessata a quasi tre miliardi.

Non è detto che il piano riesca, le contraddizioni sono pesanti e l'ambiente politico destinato a provvedimenti così ambiziosi potrebbe non essere all'altezza del compito. Una contraddizione tecnica è senz'altro l'avanzato sistema di produzione robotizzata in Cina. Un'altra è la dura lotta politica che vede l'attuale leader preparare la strada a sé stesso come presidente a vita. Il CC del PCC sta preparando più del colpo di stato legale di una corrente contro un'altra come si dice in Occidente invocando la democrazia. Normalmente eventi come questi, sostenuti dalle armi o dalle discussioni democratiche in parlamento, "scoppiano" improvvisamente dopo una fase di preparazione nell'ombra, mentre in Cina è in corso un ampio dibattito popolare che non finge neppure di essere democratico perché si sa già che il prossimo Congresso voterà a favore di Xi. Tecnicamente non sarà un colpo di Stato, tutte le democrazie funzionano così: le azioni che il potere esecutivo dovrà sovrintendere vengono ratificate in parlamento dopo che il potere legislativo le ha decise nei corridoi dei palazzi o nelle sedi dei partiti.

Ma se si rimane sul terreno della democrazia, anche alla cinese, perché parlare di colpo di stato, anzi qualcosa di più? La risposta la formuliamo provvisoriamente e un po' provocatoriamente in questo modo: perché una parte della società cinese vuole abbassare il coefficiente di Gini. Non ha importanza se è esattamente quello l'obiettivo e se qualcuno agisce appositamente per una sua variazione. Nella società cinese, mesi e mesi di dibattito servono a formare e consolidare correnti politiche. Ma che cos'è il coefficiente di Gini?

È un indice economico che misura il divario tra i redditi individuali in un dato paese e dal nostro punto di vista è legato alla caduta del saggio di profitto.

Se si stesse davvero parlando di un abbassamento d'imperio di questo divario, che bisogno ci sarebbe di mobilitare gli apparati di propaganda e tutto ciò che serve al dibattito, dalle agenzie alle reti? Tutti sono d'accordo sulla necessità di un'equa distribuzione dei redditi.

In uno dei documenti pubblicati da Xinhua, cioè dal governo, si sostiene: "Non si tratta di rubare a ricchi per dare ai poveri, come dice qualcuno."

È quel "qualcuno" che impensierisce la corrente borghese rappresentata da Xi Jinping, proposto per il terzo mandato e sostenuto da una campagna senza precedenti, anche all'estero. È del tutto evidente che quel "qualcuno" non può che essere un'altra corrente borghese. Quella, per esempio, che possiede o manovra capitali.

Del tutto evidente ma con qualche osservazione aggiuntiva che ci faccia capire che non si tratta della rinascita di Robin Hood, ma di inderogabili necessità. Che mettono addirittura a repentaglio la stabilità non solo della Cina ma anche di chi con la Cina ha legami strettissimi dal punto di vista economico, come ad esempio gli Stati Uniti. Ma andiamo con ordine.

Tra gli argomenti ufficialmente in discussione dopo il plenum del partito a inizio novembre, vi è quello della storia del PCC. Tutti gli osservatori sono concordi nel dire che è un indice dell'importanza di ciò che sta succedendo, perché un ritocco storico fino a oggi l'aveva fatto solo Deng Xiaoping nel 1981 sul testo di Mao Zedong del 1945. Imporsi come continuatore dei precedenti giganti politici è senz'altro una mossa abile, ma in Cina il partito dev'essere d'accordo. Non è dunque Xi che manovra il partito per il potere personale ma il partito che adopera Xi affidandogli la rappresentanza per un'operazione importante. Certo, potrebbe essere il personaggio a controllare il partito, ma a parte il fatto che il risultato è lo stesso, sappiamo che neanche un Mao era riuscito a mantenere compatto quel partito. La Cina è troppo grande per essere controllata, figuriamoci da un uomo solo. Comunque, la base di cemento per fondare il piedestallo è gettata. Mao, si dice sullo sfondo del dibattito, ha fondato la nuova Cina, Deng l'ha resa ricca e operosa, Xi l'ha resa forte. È sempre la forza a impensierire i protagonisti di una competizione. Va da sé che di qui al Congresso il mito sarà confezionato. Nel frattempo, ha già detto che Deng non può essere utilizzato per negare Mao né Xi per negare Deng. Sottinteso: Xi per negare Mao e Deng. La continuità, se serve, è cucinata. L'obiettivo è a lungo termine: Cina potenza globale entro il 2035. Fossimo dei borghesi in Cina saremmo ottimisti.

Dal primo novembre il Quotidiano del Popolo, portavoce del partito, ha iniziato a pubblicare una serie di editoriali, con il titolo "Decisioni cruciali nella nuova era", che salutano i risultati del partito da quando è stato fondato nel 1921 e lodano i contributi dell'attuale leadership. Il quadro si fa sempre più preciso: si parte con l'inizio difficile, anzi, terribile e si finisce con l'obiettivo raggiunto. Secondo la versione ufficiale della storia,

"la Cina rimane la più grande nazione in via di sviluppo del mondo. Con una popolazione di oltre 1,4 miliardi, a causa di fattori che includono la dotazione di risorse disomogenee, il suo sviluppo è squilibrato e inadeguato: vi è ancora un divario di reddito relativamente elevato e un divario di sviluppo tra aree urbane e rurali. Ora, con una piena vittoria nella lotta contro la povertà e con il completamento della costruzione di una società moderatamente prospera sotto tutti gli aspetti, primo obiettivo del centenario, la Cina ha creato condizioni favorevoli per promuovere la prosperità comune."

Questo sarà il ritornello per i prossimi anni: prosperità comune.

Fossimo di fronte agli appunti di un politico per il suo comizio elettorale non batteremmo ciglio, ma se sternuta la Cina bisogna fare il giro del mondo per vedere chi s'è preso il raffreddore.

Leggiamo su Xinhua:

"Una risoluzione storica adottata nella sessione plenaria del Comitato Centrale del PCC recentemente conclusa ha invitato tutti i membri del Partito a lavorare per promuovere la prosperità per tutti. La prosperità comune ha guadagnato particolare attenzione nel 2021 sia in patria che all'estero, poiché la leadership l'ha messa in una posizione prominente. Requisito essenziale del socialismo e caratteristica chiave della modernizzazione peculiare della Cina, la prosperità comune si riferisce alla ricchezza condivisa da tutti sia in termini materiali che culturali. In una prospettiva esterna, la disuguaglianza di reddito mondiale è diventata un problema urgente. In alcuni paesi, i ricchi e i poveri sono polarizzati, la classe sociale a reddito medio è crollata e il populismo è dilagante. In una prospettiva interna, il Paese deve affrontare nuove sfide nonostante i notevoli risultati economici degli ultimi decenni."

Stiamo citando un documento ufficiale, l'agenzia governativa, che cita a sua volta un altro documento ufficiale, questo del partito. La Cina si sta modernizzando, viene detto, ma non facciamo come hanno fatto quelli che si sono modernizzati prima di noi, pianifichiamo il superamento della polarizzazione sociale dovuta alla disparità dei redditi, la scomparsa delle classi medie di reddito, il populismo dilagante. Segue un elenco dei problemi di altri che si vorrebbero evitare per sé. E si conclude:

"Si può dire che un processo di sviluppo ad alta qualità è quello di risolvere il problema della crescita squilibrata e inadeguata. Inoltre, la Cina promette di varare un sistema di politiche pubbliche scientifiche e un sistema di distribuzione ragionevole a beneficio di tutti. Sottolineando l'importanza di affrontare adeguatamente il rapporto tra efficienza ed equità, il paese prevede di prendere accordi istituzionali di base sulla distribuzione del reddito, con una distribuzione primaria, secondaria e terziaria coordinata. Nella ricerca della prosperità per tutti, espanderà anche le dimensioni del gruppo a reddito medio e adeguerà i redditi eccessivi."

Siamo sul tipo di terreno riformistico che gli operai europei guardavano con sospetto e critica negli anni '60, quando la CGIL aveva accettato di "entrare nel merito" con responsabilità sui temi della "programmazione". Xi è però un po' più vicino all'epoca successiva, quella del dominio del capitale anonimo sugli stati. Ha dichiarato che la finanza è al centro dell'economia moderna ed è legata allo sviluppo e alla sicurezza. Per tali ragioni è necessario seguire i principi della commercializzazione e dello stato di diritto, coordinando la prevenzione e la risoluzione dei principali rischi finanziari. È necessario regolamentare e adeguare i redditi elevati, proteggere i redditi legali in conformità con la legge, regolare razionalmente quelli eccessivamente alti e incoraggiare i gruppi e le imprese ad alto reddito a restituire di più alla società. Bisognerà ripulire e standardizzare il reddito irragionevole, rettificare il suo ordine di distribuzione e vietare risolutamente il reddito illegale.

Xi ha sottolineato l'importanza dell'ampliamento del gruppo della popolazione a reddito medio, così come le forme di assistenza sociale, quali servizi pubblici, pensioni, alloggi. Ha ribadito l'importanza di aderire al sistema economico di base con la proprietà pubblica come pilastro e lo sviluppo concomitante di più tipi di sistemi di proprietà dell'economia, consentendo ad alcuni di arricchirsi prima in modo che questi aiutino altri a fare lo stesso, incoraggiando coloro che lavorano sodo, legalmente, e hanno il coraggio di avviare un'impresa. E qui il discorso è inevitabilmente affare di Stato.

Volendo approfondire dal punto di vista della nostra dottrina si potrebbe osservare che, volontariamente o meno, con Xi si è formato in Cina un blocco sociale contrario alla autonomizzazione del capitale e in cerca del modo per tenere basso l'impatto della legge della caduta tendenziale del saggio di profitto. Una specie di downgrading, un passo indietro rispetto allo storico aumento della produttività, una richiesta al capitale di non essere più sé stesso.

Ovviamente i personaggi che recitano la tragedia cinese sono ben lontani dal contenuto dirompente in senso rivoluzionario della politica che stanno varando. L'esubero di merci è sempre esubero di capitali e quindi la Cina, leggendaria "fabbrica del mondo", sarà costretta a fare quel che suggerisce il capitale. È vero: un miliardo e quattrocento milioni di cinesi sono un "bacino immenso di potenziali consumatori". Ma il capitale segue la legge naturale (darwiniana), non quella riformista, nemmeno se chiamata socialista. E la giungla sentenzierà senza fallo: produttività, competizione, plusvalore relativo, sovrappopolazione relativa, "esercito industriale di riserva", e infine sovrappopolazione assoluta (e non è un dato demografico ma il rapporto fra plusvalore e pluslavoro).

Rivista n. 50