Guerra in Europa
"È di moda la Geopolitica. Essa vuole studiare la geografia del pianeta nei suoi incessanti mutamenti per effetto del soggiorno e dell'opera dell'uomo. È un ramo della scienza che ha capito le leggi dei fatti storici, i quali non si scoprono nelle tracce che hanno lasciato nel cervello dell'individuo ma nella fisica reale degli oggetti ponderabili. Americani, russi, tedeschi, che se la cucinano secondo gli ordini dei superiori, fanno capo ad un geografo inglese, Mackinder. 'Oggi, egli scrisse, la carta della terra è completamente disegnata, i fattori fisici, economici, politici e militari costituiscono ormai un sistema coordinato'. I borghesi imparano dal marxismo, i pretesi esponenti proletari lo gettano!"
"Il pianeta è piccolo", Battaglia Comunista n. 23 del 1950
Il Grande Gioco
Questa espressione, attribuita a Kipling, divenne un celebre logo ma fu usata per la prima volta nel 1829 da un ufficiale inglese, Arthur Conolly per definire lo scontro fra Inghilterra e Russia in Asia. Conolly era militare, esploratore, diplomatico e agente segreto inglese. Fu accusato di spionaggio durante una missione, catturato e decapitato a Bukhara in Uzbekistan. L'imperialismo si stava avviando verso la sommità della sua curva storica, quella che significativamente registrava, come prodotto materiale, l'attività di personaggi un po' fuori dal comune. Come Marx ed Engels, ad esempio.
I quali erano decisamente e sinceramente russofobi. Il loro odio verso quella che chiamavano barbarie zarista non era per nulla mitigato da considerazioni di opportunità, visto che estendevano le loro considerazioni all'Inghilterra, colpevole di lassismo nei confronti di quello che avrebbe dovuto essere il suo nemico principale. Oltre tutto scrivevano per riviste inglesi. Auspicavano una guerra rivoluzionaria che portasse la Germania all'altezza di una nazione unita ma furono anticipati dall'inedita rivoluzione bismarckiana dall'alto. Più che l'autodeterminazione dei popoli Marx ed Engels auspicavano una storica demolizione degli imperi, a cominciare dalla necessità di far saltare ogni intesa con la Francia bonapartista, colpevole di importare in Europa occidentale i caratteri asiatici della Russia. La lotta di liberazione della Polonia, definita eroico baluardo contro il dispotismo asiatico, era importante per la demolizione della Russia; la lotta di liberazione dell'Irlanda per la demolizione dell'Inghilterra; le turbolenze dei "Popoli senza storia", una decina di etnie diverse, per la demolizione dell'Impero Austro-Ungarico cui erano sottomesse. In quest'ultimo caso, nemmeno il potenziale di sviluppo economico riusciva a mitigare l'esigenza di rompere la barriera controrivoluzionaria rappresentata dagli imperi (l'Austria-Ungheria aveva 52 milioni di abitanti, seconda solo alla Russia; la capitale Vienna stava passando dai 440.000 abitanti del 1810 ai 2.200.000 dell'inizio '900).
Marx ed Engels erano fieramente nemici della statolatria, e qualsiasi movimento contro gli stati, dalla Prussia alla Francia, dalla Russia all'Inghilterra, era auspicato, a meno che non si fosse in presenza di uno stato in formazione sotto spinte rivoluzionarie anche se borghesi (Polonia, Italia, Germania). Lo stato, prima di essere strumento di oppressione di un popolo sull'altro, è strumento di oppressione di una classe sopra ogni altra classe. Per valutare la portata storica di una guerra occorre avere una lucida visione di tutti gli aspetti riguardanti tutti i paesi coinvolti, avrebbe detto Lenin a proposito della Prima Guerra Mondiale. La Guerra di Crimea del tempo di Marx ed Engels vedeva coinvolti diversi paesi a vario titolo. Ogni belligerante era presente non solo per difendere i propri interessi diretti ma anche a causa di trattati sottoscritti o taciti. Per non parlare di materiali spinte economiche presenti anche se non esplicite.
La motivazione iniziale aveva addirittura aspetti religiosi; ma l'intreccio di interessi in un'area piena di storia come quella controllata dall'impero turco riguardava il controllo delle vie di comunicazione dal Mediterraneo all'Oriente passando per i Balcani, vie sulle quali insistevano due imperi, l'Ottomano e il Russo. Entrambi espressione massima della reazione imperialista, erano in conflitto "naturale" con il moderno imperialismo espansionista di Inghilterra e Francia, appoggiate da un Piemonte dichiaratamente opportunista che mirava a conquistarsi una poltrona nei consessi internazionali. La Russia ampliò l'area di guerra dal Danubio al Caucaso, obbligando Inghilterra, Francia e Piemonte a stringere maggiormente il rapporto politico-militare con il decadente Impero Ottomano. Una situazione che faceva infuriare Marx, il quale accusava l'Inghilterra nientemeno che di servilismo politico nei confronti della Russia attraverso uno statalismo simmetrico, una personalizzazione del potere incarnata da Palmerston, responsabile della politica estera inglese e poi primo ministro.
Il compromesso di fatto tra l'Inghilterra e la Russia rallentava l'avanzare della rivoluzione, non elevava la condizione russa a quella dell'Inghilterra ma abbassava quella inglese a livello di quella russa. Con l'imperialismo all'apice della potenza sotto la guida dell'Inghilterra, quindi con gli eventi programmati negli uffici delle cancellerie più che sui campi di battaglia, nasceva quel senso di potenza che giustificava il pensiero di chi auspicava di poter dominare il mondo conquistandone una parte. Nasceva il Grande Gioco per il controllo del mondo. L'Heartland che avrebbe potuto aprire le porte a chi fosse riuscito a vincere, notava il padre della geopolitica Halford Mackinder, era quasi al 100% in mani russe. Dunque, una buona parte del mondo era sotto l'influenza di un sistema statale arcaico, non più "asiatico" e non ancora feudale, un sistema a dominante capitalistica ma solo in isole che non riuscivano a dissolvere la vera natura dello zarismo. La mistica Russia era inattaccabile dalla pragmatica e imperialistica Inghilterra, le rispettive politiche estere non potevano neanche capirsi e quindi trescavano alle spalle del mondo e della rivoluzione. E l'impero ottomano, ormai in evidente decadenza, si scontrava con l'impero zarista, parimenti decadente ma senza le condizioni che gli permettessero di sviluppare una rivoluzione borghese.
Questa era una sventura, e ancora adesso se ne subiscono le conseguenze, dato che la sconfitta della rivoluzione ha radici anche in quest'arretratezza. L'espulsione degli scritti di Marx ed Engels dalle edizioni canoniche non è soltanto un atto di scorrettezza, è un programma politico: significa che qualcuno è idealisticamente convinto che nascondendo alcune pagine di cronaca commentata possa cambiare qualcosa nella storia, a dispetto del "materialismo dialettico" elevato, a parole, a nuova religione.
Le ragazze di Kabul
Ogni confronto su temi così vasti e impegnativi va ponderato, ma non si può insistere più di tanto sull'interpretazione esclusivamente europeistico-americana del conflitto attuale per l'Ucraina. È vero che i protagonisti di oggi non sono più quelli di ieri, ma può essere utile soffermarci sul fatto che nonostante cent'anni di Unione Sovietica, cioè di una controrivoluzione che hanno chiamato rivoluzione (la Russia è all'origine e alla fine dell'URSS), i protagonisti sono tutti ritornati alla ribalta della storia. Lo Heartland si è materializzato con qualche diramazione ma tutto sommato è sempre sé stesso. Le maledizioni di Marx contro l'Inghilterra sono state sostituite da quelle contro l'America, e non possiamo far finta di niente di fronte a un accostamento fra la complessa nazione afghana che sconfisse due volte l'Inghilterra al tempo di Marx e l'area martoriata e divisa fra tribù, signori della guerra e scuole coraniche inventate dagli Americani in funzione antisovietica.
L'invasione dell'Afghanistan ad opera dell'Armata Rossa (1979-1989) può essere considerata una mossa ritardata del Grande Gioco, ma un nuovo interlocutore si è presentato sulla scena, e questa volta in grado di scombussolare le carte in tavola con una potenza prima sconosciuta. E che, senza giungere alla guerra aperta, ha costretto i Russi a una ritirata poco onorevole.
Con il crollo dell'Unione Sovietica l'immenso spazio che aveva costituito lo Heartland, unificato di fatto dalle prospettive del Grande Gioco più che da una realtà tangibile, è stato suddiviso sulla base dei confini tracciati dopo la Rivoluzione d'Ottobre e non ha più svolto il ruolo strategico implicito nel concetto geopolitico. Oggi si pone come elemento disgregato, specie dopo l'insediamento di basi americane in Afghanistan seguito all'11 Settembre, vere forze aliene. Il Cuore del Mondo non è più in grado di far rivivere in zona sogni imperialistici. Mackinder aveva espresso una teoria geopolitica basata sullo sviluppo raggiunto dall'imperialismo a guida inglese: il controllo degli oceani tramite una flotta possente non poteva durare per sempre, e prima o poi sarebbe stato necessario far scendere i marinai dalle navi. Gli oceani sono una buona strada per collegare i continenti e riempirli di merci, ma sono di per sé deserti, mentre i continenti brulicano di vita. L'acqua è un mezzo, la terra è uno scopo:
"E se il Grande Continente, l'intera Isola del Mondo o gran parte di essa, diventasse in futuro una base unica e unita di potenza marittima? Le altre basi insulari non sarebbero forse superate per quanto riguarda le navi e superate per quanto riguarda i marinai? Le loro flotte avrebbero senza dubbio combattuto con tutto l'eroismo generato dalle loro storie, ma la fine sarebbe stata fatale." (Discorso del 25 gennaio 1904, presso la Royal Geographical Society).
Anche gli Americani, teorici di una concezione geopolitica oceanica estremizzata, se ne sono dovuti andare con i loro alleati al seguito. Dal confine turco a Ovest, al paese degli Uiguri a Est, il disastro sociale dovuto alla sconfitta della rivoluzione iniziata in Russia sembra irrecuperabile. Quella che era una idea guida, una forza entro un quadro di controllo che poteva aprire effettivamente un mondo, è diventato uno spazio sterile dove sembra non attecchire nulla.
Non solo: guardando oggi alla luce irrimediabilmente scarsa di questo disfacimento è anche difficile capire gli eventi che sembravano un tempo avere spiegazioni razionali. Adesso quelle spiegazioni non valgono più. Ironia della sorte, rimangono come ricordo le fotografie scattate durante l'occupazione russa, ambìti oggetti da collezione che mostrano scene normali di vita urbana, con negozi, automobili, gente vestita all'occidentale, persino sorridenti ragazze in minigonna. Minigonne a Kabul? I Russi portatori di estetica occidentale nella torpida Asia? Ma per piacere. I Russi avevano altro a cui pensare, per esempio all'avanzata del capitale americano. A partire dal massacro dei "comunisti" indonesiani, l'estetica occidentale non interessava più, servivano i Talebani. Con ripercussioni fino a Mosca. Con la teoria americana del contenimento, la Russia non riusciva a contrastare l'erosione del proprio controllo sul Heartland. Il quale è riuscito anche a sbarazzarsi degli invasori di Washington (giudizio sospeso: può darsi che dietro al ritiro delle truppe ci fosse qualche disegno strategico).
Si dirà che forse non è la cosa più importante, che era un effetto sovrastrutturale, che era propaganda di guerra. Figuriamoci se dobbiamo pensare alla lunghezza delle gonne a Kabul. Un momento: imprechiamo ancora oggi contro Marx perché non ha scritto il libro su Balzac che aveva intenzione di scrivere. Un libro che sarebbe stato un monumento sovrastrutturale alla struttura (sembra di vedere il titolo: La commedia umana rovesciata, effetti del pensiero sulla struttura economico-sociale). Si dirà che forse le mitiche minigonne e le osservazioni (perdute?) di Marx sulla letteratura non possono niente contro i missili terra-aria Stinger lunghi meno di un metro, sparabili da spalla ed evoluti quel tanto che basta in contenuto tecnologico da sconsigliare l'attività aerea del nemico. I Russi se ne sono dovuti andare a causa di motivi complessi, tuttavia quegli oggetti (PGM, Precision Guided Munitions) stavano introducendo nella guerra modalità nuove. Nella Prima Guerra del Golfo le PGM rappresentavano il 9% del totale, ma furono responsabili del 75% dei bersagli colpiti. Si dirà che forse non ha senso perdere tempo per cavare la massima informazione possibile dalla ridda di ipotesi e false notizie che ci propinano. Il rischio di fabbricare per la guerra in corso una teoria fai-da-te con il materiale da costruzione confezionato in qualche ufficio di intelligence e accompagnato da eventuali istruzioni, è una certezza.
Possibile istruzione numero uno. Ripetere con insistenza che Putin mente, che è malato, che se non ci fosse lui la guerra non ci sarebbe, che ha mandato dei ragazzi di leva a morire per niente, eccetera. Focalizzare Putin. Personalizzare. Scegliere accuratamente le fotografie, il testo della didascalia è opzionale.
Possibile istruzione numero due. Ripetere con insistenza che l'Ucraina combatte per la libertà, che per tutta risposta la Russia l'ha invasa occupandola militarmente. Che il popolo ucraino combatte infliggendo ingenti perdite all'invasore. Che questo infierisce per vendetta sulla popolazione civile.
Possibile istruzione numero tre. Una volta si diceva: "Datemi mezza paginetta scritta da qualcuno e ve lo farò impiccare." Figuriamoci quel che non si può fare con gli aggeggi elettronici di oggi. Il telefonino è il terminale di un corpo umano. Contiene la sua vita, i suoi pensieri, i suoi spostamenti, le merci che preferisce. Insomma, contiene il mondo, quello estremamente ricettivo dell'informazione che gli arriva dall'alto, che sia un influencer, un impiegato della CIA o una sintesi individuale dei due, un "agente d'influenza". L'informazione è una materia plastica, spiega quel che si vuole o, indifferentemente, il suo contrario.
La guerra vera non è quella che si vede
A quasi quattro mesi dall'attacco russo, dopo un'ondata oscena di opportunistiche grida di dolore e poco entusiasmo nell'aiutare sul serio l'aggredito, la guerra che si profila non si svilupperà con le modalità che possiamo al momento supporre. Se prendiamo nota dei fatti certi separandoli da quelli che possono essere inquinati, il primo fatto strano che balza agli occhi è la mancanza di attività per ottenere la supremazia aerea. Eppure, per l'invasione di un paese grande come l'Ucraina, qualunque piano strategico avrebbe dovuto prevederne la conquista, dal preciso momento dell'attacco. Questa sarebbe la condizione indispensabile per un'invasione. L'aviazione russa è nel complesso abbastanza moderna, quella ucraina è la stessa ma indietro di due o tre generazioni tecnologiche, mentre l'apporto occidentale in velivoli nuovi non può essere sostanzioso dato che non si possono distribuire sistemi come fossero pezzi d'artiglieria isolati. E per di più sistemi non convenzionali, quindi in parte segreti. L'unica motivazione plausibile è che la Russia possedesse già la supremazia sulla carta e che quindi l'Ucraina avesse rinunciato a battersi inutilmente, decidendo di risparmiare i vecchi velivoli per improbabili occasioni future. Nel frattempo, la Russia ha potuto eliminare ogni nodo della rete militare, dato che oltre tutto le installazioni sono quelle del tempo dell'URSS, progettate da Mosca e quindi ben conosciute. Questa guerra non risponde alle caratteristiche di un'invasione classica, sembra piuttosto un'operazione di eliminazione delle capacità offensive e difensive, senza riguardo a ciò che potrà succedere dopo.
Rispetto al futuro gli interrogativi si fanno pesanti. La Russia ha sfidato gli Stati Uniti sul piano militare attaccando, e sa bene che le conseguenze saranno pesantissime. Quindi c'è in gioco qualcosa che vale tali conseguenze. Ovviamente la pressione americana sul confine del sistema NATO è stata feroce e i militari che scrivono sui giornali ammettono più o meno chiaramente tale pressione. In genere la giustificano, in qualche caso la spiegano, ma tutte le guerre sono un misto di attacco e difesa per cui andare a cercare il colpevole è un esercizio propagandistico che va messo insieme alle armi di altro tipo.
L'episodio clamoroso della nave russa affondata da missili ucraini ci obbliga a fare qualche considerazione valida in ogni caso, sia che si vada verso una guerra generalizzata, sia che si trascini in qualche forma permanente di "guerra infinita" come si diceva ai tempi della transizione dalla Guerra Fredda a qualcosa che stiamo appena intravedendo.
Si trattava di un incrociatore pesante lanciamissili. Si chiamava Moskwa e sembra che navigasse senza scorta. In un contesto di guerra moderna una nave di quella classe che naviga da sola non serve a niente, per svolgere il suo compito deve far parte di una flotta, cioè di un sistema complesso in cui natanti assai diversificati fra loro si offrono sostegno reciproco. La Moskwa non era soltanto isolata in un mare chiuso, ma era in posizione tale da essere facile bersaglio di missili antinave non troppo sofisticati sparati da terra come quelli che l'hanno affondata. Non doveva essere lì, e chiedersi perché invece vi fosse significa aprire il discorso sulle PGM di cui abbiamo parlato più sopra. Perché buona parte del futuro di questa guerra dipende da come si svilupperà l'uso sistemico delle armi nuove (sviluppo che diventerà dottrina) e da quanto persisteranno sulla scena quelle vecchie.
Tutto l'armamento posseduto oggi da tutte le nazioni del mondo è obsoleto o troppo nuovo, cioè inservibile o non ancora collaudato in una guerra di grandi dimensioni. Le maggiori potenze stanno archiviando il carro armato, probabilmente faranno lo stesso con le grandi navi e con alcuni tipi di aerei. Emergono altri tipi di arma, come l'informazione e i mezzi per ottenerla, l'incursione informatica, la disinformazione, i missili e gli aerei ipersonici, il disturbo elettromagnetico, i grandi sistemi. La nuova guerra – è un classico – incomincerà da dove finirà l'ultima, quella che stiamo vivendo . Quindi non sta incominciando una guerra, sta terminando quella in corso dal 1945.
Per adesso i grandi strateghi delle contrapposte potenze ipotizzano scenari fantascientifici in caso di generalizzazione della guerra, qualcuno si spinge a balbettare qualcosa sull'uso di bombe atomiche tattiche. Ma non esistono atomiche tattiche. Esistono bombe di varia potenza e si chiamano tattiche quelle di potenza limitata. Usare una bomba atomica non significa innescare un processo, significa essere giunti alla fine di un processo durante il quale ogni altra arma si è dimostrata inadatta alla vittoria: l'uso di quel tipo di arma non è l'inizio di un'escalation, come si dice, ma l'atto finale di un'escalation in corso. Le bombe di Hiroshima e Nagasaki erano state usate sul percorso che portava alla fine della guerra. Di questa erano l'ultimo atto. Lo scenario non è più quello: il Giappone non possedeva armi atomiche. Se le avesse avute le avrebbe usate. Nessuno le possedeva tranne gli Americani. Oggi chi fosse destinatario di una bomba atomica sarebbe sicuramente in possesso di bombe analoghe e ripagherebbe con la stessa moneta… con gli interessi. Comunque, non c'è bisogno di un intervento umano per scatenare la fine del mondo: per far capire all'avversario che è meglio per lui stare alla larga dal fatidico bottone rosso, oggi esistono sistemi automatizzati per la rappresaglia termonucleare che entrano in funzione non appena sia rilevata un'attività di attacco. Ogni belligerante è avvertito: non appena attaccasse sarebbe attaccato senza il bisogno di aspettare la decisione di un qualche presidente o Stato Maggiore.
Dunque, la guerra è appena iniziata che già si parla del suo ipotetico finale, cioè del secondo piano dell'escalation atomica.
Merce vendibile
Non sembra che le operazioni previste dall'attacco siano terminate, né si sa se vi sarà una fase di consolidamento provvisoria per dar luogo a trattative. Se gli Americani si comportano come si sono sempre comportati, non ci saranno trattative di sorta. A Mosca devono esserne ben consci, e quindi devono averlo messo in conto. Vuol dire che l'Ucraina è solo una parte dell'insieme strategico e che le strategie conosciute o ipotizzate sono plausibili solo immaginando vera la leggenda di un Putin pazzo tuttofare o cose del genere.
Proviamo con uno scenario geostorico, cioè a partire dalle determinanti dovute alla strada percorsa fin qui, soppesando lo sviluppo economico e sociale, la capacità di indirizzare i flussi dei capitali, cerchiamo di ragionare in modo globale, di tener conto della realtà in modo sistemico. Questo scenario vede una contrapposizione artificiosa, senza basi conclamate, con una confusione di ruoli che pochi riescono ad avvertire e che riserva soprese, perché il determinismo esiste, il libero arbitrio no. Di conseguenza, il mondo fa la sua strada autonomamente e gli uomini si stupiscono se essa non collima con quella che avevano immaginato.
Lo scenario ufficiale ci mostra l'Ucraina che, sobillata da Washington, vuole entrare nella NATO, mettendo in discussione l'equilibrio vigente. Maturano condizioni da guerra civile tra fazioni interne all'Ucraina e Mosca appoggia ovviamente quella filo-russa, annette la Crimea e offre "protezione" a una vasta area nel Sud-Est del Paese dove nel Donbass (2014) nascono due Repubbliche, Donetsk e Lugansk, che si autoproclamano indipendenti in seguito a un referendum non riconosciuto dall'Ucraina. Durante alcune settimane, Mosca accumula truppe e mezzi sul confine senza nascondere le sue intenzioni finché, il 24 febbraio, inizia le operazioni militari classificandole come intervento di bassa intensità per obiettivi limitati. Le poche notizie che giungono dall'Ucraina non permettono all'inizio di capire che cosa succeda effettivamente sul terreno, ma dopo qualche settimana diventa chiaro che l'intero mondo dell'informazione, dai giornali a Internet, dalle televisioni ai servizi segreti è sincronizzato per demonizzare l'invasore. E, senza che nessuno abbia il bisogno di emettere bollettini o far circolare notiziari ufficiali, l'informazione diventa un tripudio di servizievole fanatismo, in cui si mescolano "effetti speciali" alimentati dall'ignoranza e dall'interesse.
La guerra in Ucraina ha degli aspetti decisamente geopolitici o, meglio, geostorici, come disse la nostra corrente commentando lo scivolone della borghesia di fronte a un determinismo dei fatti sempre più evidente. Lo scenario su cui si muove il capitalismo è ormai da tempo il mondo intero; e le due forze che nessuno riuscirà a modificare finché durerà questo modo di produzione sono, appunto, la natura della politica attuale e la geografia fisica. La prima è lo specchio delle relazioni fra uomini, gruppi e paesi, la seconda è il risultato delle ere geologiche. C'è un problema: se inseriamo in uno schema geostorico le due linee temporali che sono determinanti per la società attuale, abbiamo l'immediato confronto fra ordini di grandezza incompatibili. Qualche generazione del mammifero Homo per lo sviluppo del capitalismo moderno, miliardi di anni per lo sviluppo della base sulla quale poggia il sistema di macchine biologiche, meccaniche, elettroniche, oggi parte integrante del corpo sociale della nostra specie, meraviglie della nostra evoluzione. Con qualche limite, ad esempio la guerra. Anche per la guerra l'evoluzione a tempi differenziati fra il nostro corpo e quello delle nostre realizzazioni tecniche è un problema.
Si fa la guerra per la conquista di un qualcosa che è scarso oppure manca del tutto. La conquista, diretta o indiretta, effettuata con le armi o con la propaganda, verte perciò sul valore d'uso dell'obiettivo, verso il quale si guarda come verso qualsiasi merce. Non c'è valore di scambio senza valore d'uso. In quest'epoca contrassegnata da un materialismo edonistico volgare, la funzione dell'influencer, individuo o ufficio marketing, imbonitore che fa vendere milioni di oggetti o di situazioni fruibili, è essenziale. È intorno al brand, al marchio, che si realizza la presunta garanzia di bontà del prodotto.
Questa società è permeata dal capitale, è impossibile che i rapporti fra gli stati non siano analoghi a quelli fra i mercati, a qualsiasi scala. È impossibile che la guerra non sia che un altro volto della pace (sempre che una condizione del genere sia mai esistita nel mondo).
Sotto l'etichetta "libertà, democrazia, benessere" la NATO ha in vetrina merce vendibile, un qualcosa che molti paesi non posseggono ancora e che molti altri posseggono ma hanno paura di perdere. Marx su questo è categorico: la merce moderna è quel prodotto del lavoro umano che ha un valore d'uso trasformabile in valore di scambio. Questa trasformazione si verifica solo se quel prodotto è in grado di soddisfare un bisogno; che questo bisogno sia prodotto da una condizione materiale o da una condizione che si configura arbitrariamente nel cervello non ha importanza. La vetrina della NATO è sfavillante di merci e non ne esiste un'altra simile, nemmeno quella del Giappone che per una breve stagione sembrava lanciato verso orizzonti senza limiti. Vedremo quale percorso sarà permesso alla Cina (forse) nel prossimo futuro. Nel mercato dell'ideologia vendibile che si appiccica feticisticamente al prodotto, la Cina rappresenta una situazione di "concorrenza sleale", una specie di dumping permanente, una vendita aggressiva sottocosto che umilia i concorrenti. L'analogia è forzata: in effetti niente si contrappone alla vetrina scintillante, la Russia non ha niente da offrire in alternativa.
La Cortina di Ferro si è spostata a Est di un migliaio di chilometri e dicono che sia stato questo fatto a provocare la guerra. Non è così: la nostra corrente aveva ipotizzato settant'anni fa che l'Unione Sovietica sarebbe stata forse prima comprata che combattuta con le armi. Quando è crollato il muro di Berlino i mezzi d'informazione occidentali non hanno pubblicato sofisticate ricerche sul futuro della nuova situazione, hanno soltanto annusato l'affare. La rivista Fortune era uscita con un titolo emblematico che suonava così: capitalisti di tutto il mondo unitevi, non avete da perdere che le catene che si oppongono al libero mercato, avete un continente da guadagnare.
Storie. Il mercato c'era e non era meno libero che in Occidente. Era solo più arretrato, primitivo, povero. Non c'era invece la vetrina sfavillante. Così i paesi della NATO continuavano ad essere attrattori di merci e capitali. Le quindici repubbliche sovietiche, invece di unirsi maggiormente in un immenso polo capitalistico che andava dall'Adriatico al Pacifico, si disgregarono senza che le singole entità nazionali riuscissero a rappresentare un mercato moderno.
Chi governa la Russia, politici, oligarchi o trafficanti di ogni genere, ha attaccato l'Ucraina perché essa stava per entrare nella NATO. Ci entrerà comunque e allora si vedrà quale fosse la strategia che ha suggerito una mossa così grave. Se la Russia perde la guerra (e non si capisce come possa vincerla) tutti i paesi che non fanno ancora parte della NATO e sono su questa cerniera geopolitica vi entreranno. La Russia sarà penalizzata ma non distrutta, serve da cuscinetto contro la Cina. Sarà costretta a chiudere sul versante Ovest e a rivolgersi alle ex repubbliche sovietiche. Come suggerisce da secoli la sua natura e la sua posizione, ma senza l'ombra di una qualche vetrina, senza merce da vendere, materiale o ideologica che sia.
La rivista di geopolitica Limes ha pubblicato un numero intitolato La Russia cambia il mondo. Quell'immenso paese non ha né la vocazione, né le physique du rôle per dar vita a un processo del genere. Marx lo auspicava ma storicamente non sarebbe successo, la Russia avrebbe continuato a portare controrivoluzione antiproletaria in Europa invece di portare rivoluzione borghese in Asia. Può darsi che stavolta un movimento rivoluzionario in Occidente la obblighi a scuotersi, ma in tal caso il problema sarebbe superato, il mondo cambierebbe in ben altro modo.
L'informazione come arma
La guerra non è un buon affare per la nostra specie. Costa, dissipa, distrugge, uccide. Per qualcuno, ente sociale o individuo, è invece quel che si dice una buona occasione di investimento. Ma oggi il capitale si è reso autonomo, sempre più spesso salta gli individui e si investe da sé, contando su funzionari stipendiati. Gli eserciti costano, ma le armi sembrano sfuggire alla dinamica prezzo di costo/prezzo di produzione, nessuna merce si consuma così velocemente. Ci sono guerre a bassa intensità, quelle che in genere si fanno combattere agli altri. Le chiamano proxi war, guerre per procura, assomigliano a guerre civili e sono le più spietate. La dottrina insegna che la guerra non si combatte se non c'è una parvenza di simmetria, non ha senso affrontare il nemico se c'è la certezza di una disfatta. Però si può essere costretti, e allora bisogna trovare una simmetria per forza.
Intorno a quel che stava succedendo in Ucraina c'era tanta aspettativa, perché questo conflitto era nello stesso tempo annunciato e creduto impossibile: carri armati sguinzagliati ai confini di un paese-chiave del sistema militare terrestre russo si accompagnavano al più grande silenzio mai verificatosi in una guerra Europea. C'erano molte probabilità che non si giungesse allo scontro, che le trattative di corridoio nelle ambasciate rimanessero limitate a reciproche concessioni. La linea di condotta tenuta da Mosca rafforzava l'impressione della sbruffonata: una Russia fotografata nell'atto di mostrare gli artigli al di fuori del tavolo della diplomazia segreta era piuttosto insolita e tutti si aspettavano di giostrare come di consueto al wargame tra le grandi potenze. La sua abilità di giocatore al tavolo da gioco e le esercitazioni ai confini sarebbero dunque rientrate in una logica di negoziato che, per quanto intransigente, avrebbe assunto i movimenti delle forze al confine dell'Ucraina come si assumono le regole degli scacchi. Le esercitazioni militari come continuazione della politica con altri mezzi, parafrasando la celebre frase di von Clausewitz sulla guerra.
Questa recita interventista del Cremlino ricordava il can che abbaia e non morde, nessuno si aspettava che le truppe corazzate invadessero davvero l'Ucraina. Sfidare gli Stati Uniti sfilando sotto le finestre NATO con migliaia di carri armati sembrava un atto suicida. Queste certezze scaturivano non solo dalla strana prassi seguita dai russi con le manovre, ma anche dalle richieste che essi avevano inviato all'Alleanza Atlantica e a Washington. Insomma, da molti anni il confitto era latente, e sembrava ancora possibile un negoziato. Dopo la Guerra Fredda, che gli Americani avevano senza dubbio vinto ma non certo con una serena passeggiata, il confine orientale della NATO si era spostato mediamente di un migliaio di chilometri. Sebbene rispetto alle modalità della guerra moderna di per sé non fossero significativi, l'intervento armato della Russia avrebbe cambiato radicalmente il disegno dell'Europa impedendo all'Ucraina di penetrare come un cuneo nello spazio conteso orientale. Il governo russo aveva chiesto garanzie di sicurezza, più che altro affermazioni di principio sul fatto che Russia ed Europa avrebbero dovuto cooperare per un restauro della sicurezza nel Vecchio Continente. Nell'Alleanza Atlantica da una parte, e nella Federazione Russa dall'altra, il rifiuto opposto alle richieste di Mosca, già depotenziate dalla situazione sul terreno, diventava puramente simbolico rendendo inevitabile l' escalation militare. La quale, dato il senso unico del messaggio che sarebbe stato percepito, aiutato dalla propaganda, non poteva che essere un fenomeno dimezzato. E invece di un crescendo a gradini, la Russia ha preferito la tecnica dell'invasione militare, una guerra lampo "tutto e subito", senza conquista del territorio occidentale. Tutti sanno, da Clausewitz in poi, che il combattimento in difesa è diverse volte più forte di quello in attacco. Scriviamo a quattro mesi dall'inizio e i dati affidabili sono ancora quasi inesistenti, se non facciamo caso al ronzio insopportabile dei partigiani della democrazia ligi ai suggerimenti che passa il convento. Quindi annessione del territorio già precedentemente presidiato a Est (difesa e permanenza) e distruzione delle infrastrutture militari a Ovest (attacco e ritirata).
A causa del rifiuto da parte della NATO di spostare i missili, di ritirare i soldati, di rivedere l'intervento degli Usa in Europa, non era più possibile una timida presa di posizione. Tant'è vero che è stata scelta la via dell'attacco (come abbiamo detto, si può essere obbligati a scegliere).
Dal punto di vista della nostra classe la cosa peggiore è scegliere per quale fazione borghese combattere. Rifiutare la guerra, bloccarla al suo avvicinarsi sarebbe la sola soluzione, perché se la guerra passa si è poi costretti a combatterla. Di qui la posizione obbligata per il proletariato: disfattismo. Non c'è santo che tenga, ogni altra soluzione è una concessione all'avversario: siccome la guerra è l'ultima ratio regis, l'ultimo argomento del re per risolvere un contenzioso o per salvare l'economia, se passa la guerra vuol dire che la borghesia è convinta che passi la soluzione ai problemi del capitalismo. Non è vero, soluzioni non ve ne sono, ma se la borghesia crede che ve ne siano, è perché il proletariato non sta dimostrando la falsità di quell'assunto. Ergo, sta già obbedendo agli interessi della classe dominante. Dominante. Se le parole hanno un significato, dominante vuol dire che domina, cioè che impone la propria volontà a discapito della volontà di altri. Senza un partito preparato a dominare, senza la clausola disfattista, ogni parola d'ordine sul potere è del tutto vana.
La Federazione russa, anche dopo la separazione delle repubbliche sovietiche, è un paese dall'immensa estensione territoriale: ben 17 milioni di chilometri quadrati, popolati da 150 milioni di abitanti. Ma con un'economia asfittica dovuta principalmente alla sconfitta della rivoluzione e al sopravvento dello stato non come motore di sviluppo razionale bensì come statalismo proprietario, con tutte le categorie capitalistiche intatte, anzi, rafforzate da una socializzazione rozza e dissipativa. La natura capitalistica arretrata dello stato russo è evidente se si guarda alla composizione del Prodotto Interno Lordo, 26.500 dollari pro capite, 70° posto nel mondo (l'Italia è a 39.000, 45° posto). E queste cifre sono ancora poco significative se non si tiene conto che la ricchezza della Russia è in buona parte costituita da materie prime come il petrolio, il gas, i minerali di ferro, l'oro.
Gradini verso la generalizzazione della guerra
La Russia è dunque militarmente debole in un confronto diretto con i suoi avversari occidentali, non può permettersi prestazioni industriali alla pari; perciò, non può rischiare una guerra di stampo classico. Deve escogitare una dottrina specifica che tenda a correggere l'evidente asimmetria. La dottrina Gerasimov, dal nome dell'ex Capo di Stato Maggiore generale delle Forze armate russe che l'ha resa esplicita, recita che con gli apparati industriali, militari, tecnologici, insomma moderni, la guerra diventa un'attività che non si distingue più dal resto delle attività umane. Tutta l'attività umana si trasforma in attività bellica. Non è più possibile separare i campi di ricerca, sperimentazione, applicazione, evoluzione: la guerra diventa ibrida. Il modo di essere della società diventa quello militare. Lo scenario generale diventa un wargame planetario e nessuno può sottrarsi alla sua pressione economica, politica, finanziaria (vedere il n. 50 della nostra rivista).
D'altra parte, oggi, un completo sistema di sanzioni come quello ventilato dagli Stati Uniti penalizzerebbe l'economia mondiale, tanto da rappresentare un atto di guerra più grave della dislocazione dei missili, dell'espansione territoriale della NATO o dell'appoggio alla proliferazione del nazismo ucraino. Sembra dunque che l'intervento armato in territorio ucraino sia un atto obbligato, un'escalation rispetto alle annessioni e occupazioni precedenti. Anche per avvertire l'Europa.
Se è così, quella che abbiamo sotto agli occhi, nonostante la mancanza quasi totale di notizie dal campo, non è un'invasione vera e propria e tantomeno un'occupazione, ma un qualcosa di intermedio, più grave di ciò che è già successo, meno grave di ciò che potrebbe succedere.
Ma non è già grave abbastanza l'invasione di un paese la cui posizione geostorica è tale da influire sulla storia contemporanea? Quale ulteriore azione potrebbe avere la caratteristica di influire ancora di più sulla storia?
L'escalation è evidente. Ciò che non si vede di primo acchito è il tipo di aumento dell'impegno militare. Gli Stati Uniti avevano avvisato che ci sarebbe stato l'attacco e adesso che è in corso non hanno cambiato né linguaggio né atteggiamento pratico. Vuol dire che non sono interessati a una guerra tradizionale. Lo straordinario successo delle politiche americane di compellence (parola che non ha un equivalente in italiano e che significa obbligare l'avversario a compiere azioni che lo danneggiano) non contempla certo una contro-invasione, è piuttosto probabile un pacchetto di mega-sanzioni fatte rispettare, cosa che di solito non avviene. Mosca ha risposto con l'annuncio pubblico della modifica al livello di guardia nell'iter che precede l'uso dell'armamentario atomico. Ciò non significa che domani cadranno bombe atomiche su New York, ma che l' escalation incomincia ad andare fuori controllo.
Le operazioni sul campo
Se stiamo alle informazioni che arrivano, notiamo subito un effetto di déja vu, come se leggessimo il manuale di un gioco di guerra. Accanto alla mancanza di notizie sulle operazioni abbiamo un eccesso di notizie su cosa sarebbe successo se la Russia avesse invaso l'Ucraina con le modalità di un piano prestabilito. Da questo punto di vista è certo successo ciò che è riportato, chiunque avesse avuto l'intenzione di lanciare una guerra lampo nel contesto di cui stiamo parlando avrebbe dovuto agire esattamente così: i movimenti di soldati e mezzi da guerra terrestre sono stati annunciati da una serie di bombardamenti con armi a guida precisa effettuati dall'aria per neutralizzare le difese nemiche. Una frase del genere potremmo leggerla sulla scatola dell'ipotetico gioco di guerra di cui sopra, sapendo che all'interno, sul foglio illustrativo e sulle regole del gioco, troveremmo il seguito per introdurre i giocatori allo scenario entro il quale si daranno battaglia. L'attacco delle truppe è stato davvero preparato con bombardamenti selettivi, effettuati con aerei, droni, missili da crociera e balistici. Munizioni a Guida Precisa (PGM) hanno davvero colpito a macchia di leopardo aeroporti, porti, basi militari, postazioni radar fisse e mobili, postazioni di sistemi da difesa aerea, con un'evidente maggiore attenzione al settore geografico ad est del fiume Dnepr, a cui si aggiunge l'area di Kiev e l'importante porto e base navale di Odessa. Gli attacchi hanno risparmiato la maggioranza delle infrastrutture ucraine; centrali elettriche, acquedotti, snodi ferroviari e autostradali, ponti, non sono quasi mai stati colpiti in questa prima fase delle operazioni aeree. Anche gli aeroporti militari e civili non sono stati presi di mira in modo sistematico, e quelli colpiti, spesso, hanno visto risparmiata la pista di decollo. A un processo realistico si accompagna uno scenario realistico.
Un comportamento del genere produce ipotesi che dopo qualche passaggio da agenzia ad agenzia diventa notizia. Ipotesi siffatte, cioè avanzate sulla base di fatti reali, possono anche essere utili a capire gli sviluppi della guerra, risultando dettate da un piano abbastanza preciso, che non è quello sbandierato all'inizio dagli invasori, cioè quello di limitare al massimo i danni alla popolazione del paese attaccato ma di paralizzarla con minacce e bombardamenti terroristici. Anche questo effetto è scontato. Mosca non ha alcun interesse a minimizzare unilateralmente i danni abbassando di conseguenza l'efficacia dell'azione. Nei piani espliciti di Mosca prima dell'attacco, i bombardamenti erano contemplati come strategia di riserva se fosse fallito il tentativo di rovesciare il governo e di accordarsi con i successori, individuati possibilmente fra i militari cui si chiedeva un colpo di stato. D'altra parte, lo studio della guerra moderna in ambiente urbano va avanti da diversi anni, e in un caso come quello ucraino l'ipotesi di creare due o tre nuove Stalingrado è giustamente reputato un incubo per l'attaccante.
Le operazioni aeree sono state, a detta di tutti gli osservatori, piuttosto blande. Sembra che i Russi, nonostante le massicce operazioni di terra, non abbiano sentito la necessità di ottenere la supremazia aerea o almeno la superiorità. Questo fatto sarebbe in contraddizione con l'ipotesi di una guerra di aggressione classica e può anche mettere in dubbio le "massicce" operazioni di terra perché delle due l'una: o la copertura aerea russa era superflua perché l'aviazione ucraina è stata distrutta (o era talmente obsoleta da essere inutilizzabile contro velivoli russi aggiornati), o l'aviazione ucraina è riuscita, sfruttando la propria obsolescenza, a "nascondersi" di fronte alle nuove tecnologie dei velivoli russi, incapaci di scambiare segnali con i vecchi modelli.
Il controllo del territorio in profondità
Dopo le prime giornate servite a neutralizzare l'aviazione ucraina e a posizionarsi per l'avanzata, le truppe russe hanno iniziato a muoversi molto lentamente, anche in questo caso senza rispettare la dottrina che vorrebbe avanzate veloci con copertura aerea totale e occupazione o costruzione fulminea di avamposti trasformabili in teste di ponte. Si tratta di gruppi tattici formati in parte da coscritti con limitata esperienza e capacità di affrontare compiti nuovi, gruppi che, analizzati dall'esterno, hanno già offerto l'occasione per valutare quanto nel complesso scontro sia dovuto a fattori casuali e quanto a pianificazione.
Secondo la (vecchia) dottrina questa prima fase della guerra è problematica per definizione: il futuro delle operazioni dipende dalla comprensione dei fattori umani, dalle scelte personali dei comandanti, dallo stato dei rifornimenti, dall'uso nuovo di armi obsolete e dall'uso vecchio di armi nuove, tutti parametri che influiscono sull'assetto delle forze in campo, le quali, infatti, tendono a ripetere comportamenti risultati utili in passato che però, rapportati al presente, non comportano necessariamente le stesse conseguenze. Sarebbe troppo lungo descrivere lo schema completo delle analogie e delle differenze, ma, trattandosi di un'azione distruttiva con presidio leggero del territorio, l'esercito russo deve per forza diluire le sue forze su vaste aree; e questo è un elemento negativo anche se, raggiunto lo scopo dell'attacco, si passa alla difesa, quindi teoricamente a una posizione più forte. Con gli armamenti moderni, tuttavia, non è come al tempo di von Clausewitz, e inoltre occorrerebbe almeno sapere quanto l'esercito invasore ha dovuto diluire le proprie forze. Per dare un'idea dell'impegno militare russo cui dovrebbe contrapporsi l'equivalente ucraino per la realizzazione di una simmetria, l'organico delle forze armate di Mosca ammonta a 1.013.000 uomini in servizio attivo, che raggiungono i 2.485.000 con le riserve. L'avanzata parziale ha impegnato, secondo le cifre di provenienza ucraina, circa 130.000 soldati. La Russia, teniamolo ben presente, è una potenza continentale e la sua struttura militare è il riflesso automatico di questa realtà; perciò, assisteremo al tentativo di usare al meglio ogni possibilità geopolitica a partire da macchine terrestri. Il guaio è che per le più o meno efficaci armi terrestri moderne le dottrine ibride di Gerasimov sono vecchie di quarant'anni. Nessuno ha mai partecipato a una guerra moderna integrale dopo il 1945, e le PGM sono state introdotte nei primi anni '80 del secolo scorso. Il mondo si stupì per l'effetto della fornitura di missili spallabili ai guerriglieri antisovietici. E quelli erano piccole macchine ad uso individuale o quasi. Nessuno sa quale possa essere il comportamento di sistemi integrati a grande e grandissima scala.
Naturalmente sono stati occupati gli aeroporti, immediatamente utilizzati per le operazioni di trasporto mediante i giganteschi Antonov, in grado di decollare e atterrare anche su piste scarsamente preparate. L'avanzata degli invasori deve aver trovato difficoltà impreviste perché alcune cifre non sono chiare, al di là delle falsificazioni dovute alla propaganda di guerra. Ad esempio, una colonna di veicoli corazzati che da Prybirsk si snodava su strada fino all'aeroporto nordoccidentale di Kiev, lunga 65 chilometri e apparentemente abbandonata, aveva incuriosito gli osservatori. I quali si erano chiesti perché mantenesse quella posizione facilmente attaccabile, perché non si dislocasse in unità minori a presidio delle aree controllate, come mai fosse stata "scoperta" da satelliti civili prima che da quelli militari per poi sparire improvvisamente, eccetera.
Si stima che la Russia abbia gettato nell'invasione almeno un terzo della sua potenza militare, e questo collima con la citata formula di von Clausewitz che vuole la difesa più forte dell'attacco. L'esercito russo ha una forte componente professionale, cioè di soldati di mestiere ma, come abbiamo detto, ha anche una buona parte di coscritti, circa il 30%. Molti sono stati inviati nelle zone operative a fiancheggiare i reparti d'élite, meglio addestrati ed equipaggiati. Di sicuro l'avanzata è condotta con cautela, probabilmente nella speranza di un rovesciamento del governo ucraino da parte dei militari o della popolazione. Infine, l'invasore ha cercato di evitare i grossi centri urbani, dove lo scatenamento della guerra in ambiente densamente abitato potrebbe rappresentare quella trappola mortale che alcuni esperti hanno cercato di descrivere.
Di più non è possibile dire, né è utile, dato che questa guerra, come tutte quelle scoppiate dal 1945 in poi, non è tanto fra coloro che la stanno combattendo quanto fra i grandi paesi imperialisti, in primo luogo la triade cino-russo-americana. Siccome l'occupazione permanente dell'Ucraina per tenerla fuori dalla NATO non è impossibile ma è certamente poco probabile, si aprirà una stagione di negoziati fra i paesi atlantici e i candidati più o meno soggetti a veto o sponsorizzazione. E il solo compilarne un elenco ordinato dovrebbe far capire quanto poco pesi l'Ucraina in quanto tale sul complesso intreccio mondiale.
Quelli che sembrano rapporti secondari della geopolitica globale sono fortemente determinati dalle aree di frizione locale e continentale. Contando sempre meno l'influenza dei vecchi paesi imperialistici d'Europa, la carta strategica del mondo che fu disegnata da Mackinder e dai suoi eredi è cambiata assai. Mentre le frizioni che possono sorgere fra i vecchi paesi imperialistici europei non producono più effetti eclatanti, quelle che nascono o sopravvivono da altre epoche fra questi paesi e i nuovi arrivati che non hanno mai conosciuto il consumismo all'occidentale sono gravide di conseguenze: se prendiamo i dati fin qui elencati sinteticamente e li precisiamo in un modello capitalistico generale, vediamo che le relazioni fra le diverse aree del mondo non fanno capo che a tre grandi paesi, ognuno con le proprie peculiarità e soprattutto con i propri interessi che in clima di concorrenza finiscono per produrre non solo frizioni ma guerra.
Vediamo che l'intreccio si fa abbastanza complicato, specialmente considerando il fatto che non sarebbe corretto trattare due di questi paesi, Cina e Russia, come amici o nemici soltanto in base a dati statistici, politici o militari. Essi sono e saranno ciò che, volenti o nolenti, dovranno manifestare sulla scena a seconda della conformazione variabile dell'assetto internazionale. Eppure, è proprio quello che succede e succederà fra tutti i paesi che partecipano alla variabile politica quando sono in ballo interessi vitali. Cina e Russia risultano amici o nemici solo nella finzione diplomatica che non può prescindere dallo spazio che dovrebbero concedere agli Stati Uniti.
I tre paesi in lizza per la supremazia mondiale provocano e subiscono determinazioni potenti che non possono evitare o neutralizzare. Se facciamo con essi il gioco dell'algebra (al posto di amici e nemici scrivere i segni più e meno):
- - gli amici dei miei nemici sono miei nemici;
- - gli amici dei miei amici sono miei amici;
- - i nemici dei miei nemici sono miei amici;
vediamo che il mondo della guerra ibrida si amplia enormemente superando i confini di quella che oggi è ipotizzata dai militari di professione.
Il cosiddetto controllo del territorio in profondità è dunque relativo rispetto agli interessi dei giocatori al tavolo del poker, dove non vi è una vincita distribuita ma un solo risultato: chi vince prende tutto.
Oceani o continenti?
Mackinder, più volte citato, era un rappresentante della borghesia imperialista inglese. Esperto in diversi campi, dalla biologia alla storia, dal diritto alla strategia, dall'economia politica all'alpinismo (fu il primo a salire sulla vetta del Monte Kenya nel 1899), fu uno dei fondatori della geopolitica.
Fino al momento in cui scrisse l'articolo che lo rese famoso (1904), lo sviluppo del mondo sembrava seguire una legge materiale indipendente dalla volontà degli uomini. Il mondo era giunto a una svolta: il capitalismo aveva raggiunto il culmine con l'Inghilterra e con il suo dominio sugli oceani. Le grandi flotte onnipresenti sarebbero di lì in poi diventate storia come le caravelle di Colombo. L'Isola inglese non avrebbe potuto competere con chi avesse capito che il futuro era scritto sulla terraferma, sui continenti. Anzi, sul continente più grande, l'Asia.
Stati Uniti | Americanizzazione dell'Ucraina e sua consegna alla NATO, appoggio ai gruppi reazionari, contenimento della Cina e della Russia tramite la loro necessità di appoggiarsi a vicenda pur non essendo alleate, mantenere americanizzata la NATO nonostante l'allargamento a troppi paesi. Per gli Stati Uniti è una necessità geopolitica considerare Cina e Russia come coppia indivisa nelle relazioni continentali, dato che la inimicizia fra loro ne fa il moderatore l'uno dell'altro. Nelle relazioni planetarie degli USA come rappresentanti globali dell'imperialismo, invece, vale l'assetto spontaneo delle relazioni bilaterali. |
Russia | Evitare l'americanizzazione dell'Ucraina, contenere la Cina in funzione antiamericana, rassegnarsi a perdere il controllo della nuova Cortina di Ferro (nella guerra moderna la contiguità conta sempre meno), oppure assumere decisamente il controllo dell'Ucraina come passo per evitare di perdere anche il legame con la Bielorussia. |
Ucraina | Chiede di far parte della NATO senza essere americanizzata e senza concedere alla Russia i territori già persi e irrecuperabili senza una guerra, che però sarebbe fortemente asimmetrica e perciò di esito incerto a meno che… (le opzioni sono diverse, ma tutte legate a una guerra generalizzata). |
Ungheria, Bulgaria, Romania, Polonia | Paesi NATO molto influenti. Imperfettamente americanizzati. |
Slovacchia, Estonia, Lettonia, Lituania | Paesi NATO poco influenti. |
Bielorussia | In pericolo di ucrainizzazione. |
Turchia | Paese NATO non americanizzato. Bomba a orologeria a causa del rapporto etnico con le aree turcofone dell'Asia ex URSS e della tendenza a un atteggiamento imperialistico locale. |
Cina | Americanizzandosi senza somigliare all'America è costretta a una parvenza di alleanza con la Russia per contrastare la supremazia di Washington. La paziente costruzione di una presenza para-coloniale in Africa la rende un partner prezioso per chiunque viva in un mondo che ha bisogno di crescere e non cresce più. |
Siria | In tutto il Medio Oriente il paese che ha sofferto di più a causa delle guerre in corso. Con l'Iraq e l'Egitto avrebbe potuto, quando fu progettato il nuovo stato federativo arabo nel 1958 (RAU), rappresentare il cemento iniziale di una nazione araba con l'Egitto e lo Yemen del Nord. L'URSS sponsorizzava quei paesi e un legame abbastanza consistente sopravvive anche oggi. Alcune basi militari russe sono presenti. |
Georgia | Ucrainizzazione ante litteram fallita, esempio negativo. |
Balcani | Ri-balcanizzazione latente, da parte di USA o Russia. |
Mackinder annotava che si potevano rintracciare nella storia alcuni elementi che persistono anche in seguito a grandi variazioni del contesto. Per esempio, la geografia, la storia, la tradizione. La Russia era un paradigma: i confini politici coprivano un continente ed era vasta come un oceano sul quale i treni correvano più veloci delle navi e i telegrafi informavano quasi in tempo reale. Bisognava ridisegnare i mappamondi eliminando quelli eurocentrici, cinocentrici o americanocentrici, adottando la proiezione polare, dove si vedevano solo la Russia (lo spazio maggiore), la Groenlandia, il Canada e l'Alaska. La Russia diventava la pietra di paragone, individuato lo Heartland era impossibile trascurare il fatto che era quasi tutto Russia e in seguito URSS. Questa gigantesca estensione non gravitava intorno al proprio baricentro ma aveva il suo fulcro sull'Europa. Chi avesse controllato quello snodo cruciale avrebbe controllato anche tutto ciò che vi faceva riferimento. Il rapporto Russia-Inghilterra si sarebbe adeguato a queste spinte enormi, dato che oltre tutto contro il declino inglese avanzava incontrastata la potenza dell'America.
È chiaro che c'è una grande differenza tra la geopolitica della tradizione, che si basa su idee (e quindi teorie), e quella moderna, che si basa su simulazioni al computer e quindi su strategie euristiche di "gioco", dato che operatore e macchina co-apprendono non solo per vincere ma per ulteriormente apprendere. Questo dell'apprendere ad apprendere è un problema di logica che sfiora il metalinguaggio.
Fortunatamente l'uomo vi è predisposto: ha la possibilità di utilizzare conoscenza memorizzata in un qualche sistema che la registra (da registro, non hard disk o chiavetta o CD). Così ci piace constatare che forse esiste una memoria collettiva che entra in funzione quando nei cervelli si formano determinate configurazioni resistenti nel tempo, che rimangono solo assopite per balzare d'un colpo al grido: ben scavato vecchia talpa! E la Rivoluzione prenderà la Russia per un orecchio dicendo: "A Oriente avevo detto, a Oriente! A Occidente combini solo guai. Lascia stare missili e NATO, nella guerra moderna la contiguità non conta più niente. Bada al sodo, lo Heartland è oltre il pivot del mondo. Si dice che tu abbia 200.000 veicoli corazzati. Più della metà sono pezzi da museo messi in riserva (servono come bersagli per le armi nuove). A Ovest sono spaventapasseri, ma a Est (tolta la Cina e forse l'India) fanno ancora un figurone. A Ovest non riesci a trovare il tuo lebensraum, spazio vitale, l'ha occupato tutto la Germania. A Est hai un oceano di steppa".
Si sta leggendo di tutto sulla guerra in corso e saltano fuori dai cassetti "posizioni" che sembravano estinte, come quella dell'autodeterminazione dei popoli, quella della trasformazione della guerra imperialista in guerra civile o quella del processo rivoluzionario come fotocopia dell'Ottobre russo.
Sul fronte borghese, un generale della CIA in pensione sostiene che i Russi hanno vinto la guerra in Ucraina. Un altro generale in pensione, stavolta del Pentagono, sostiene che la guerra l'hanno vinta gli occidentali. Un generale in pensione italiano sostiene che i Russi sono caduti in un trappolone e che questa guerra è troppo strana per essere vera. La propaganda delle due parti, intanto, si fa virulenta e diventa impossibile avere informazioni non contaminate.
Siccome i tre generali non possono avere contemporaneamente ragione e torto, occorre affrontare la guerra in corso con metodo geo-storico, l'unico che si basa su dati certi. Infatti, ciò che si conosce con sicurezza di questa situazione è che:
- - dal tempo di Marx i continenti sono sempre gli stessi e sono ancora lì;
- - la struttura economico-sociale delle nazioni è sempre la stessa (cioè capitalismo a diversi gradi di sviluppo);
- - i rapporti fra le nazioni sono cambiati, ma i problemi che le nazioni debbono affrontare sono sempre gli stessi;
- - l'imperialismo è sempre il sistema dello sfruttamento mondiale e della socializzazione internazionale della produzione;
- - più tale sistema matura, più la produzione è socialista in campo capitalista (Lenin);
- - per valutare la situazione geo-storica occorre valutare qual è il modo di produzione dominante nel mondo (Lenin).
Nella stessa area geo-storica della Guerra di Crimea del tempo di Marx, si ripete ciò che è determinato secondo le linee del materialismo storico. A parte le formulette, non c'entrano i ricorsi storici, le analogie o le differenze a livello di struttura degli eserciti o delle sovrastrutture politiche. Anche il fatto che gli Stati Uniti abbiano preso il posto dell'Inghilterra non cambia molto rispetto alle grandi trasformazioni che maturano in tempi e luoghi non ristretti.
Oggi come ieri la Russia si trova schierata sola contro tutti in quanto rappresentante del passato. Questo solo fatto ha un'importanza enorme, come già notava Marx, imprecando poco elegantemente contro l'Inghilterra che trescava con Mosca, invece di condurre una guerra seria contro di essa.
Mehring ricordava che Marx vedeva la Russia come un elemento ambiguo pericolosissimo per la rivoluzione, cioè come un elemento che, se pur seminava futuro quando si rivolgeva all'Eurasia, seminava invece passato quando si rivolgeva all'Europa. Bordiga riprende queste osservazioni in Russia e rivoluzione.
Nell'epoca dei missili ipersonici a guida precisa e armamentari che fanno il giro del pianeta e dello spazio che l'avvolge, mille chilometri in più o in meno nei confini della NATO non contano quasi niente. Contano invece i grandi blocchi geo-storici, determinati dalla geografia e dall'economia (la politica viene dopo). Quegli stessi blocchi che alimentano infinite proxi war. La guerra per procura è infatti quella della nostra epoca, far combattere gli altri per sé.
Secondo la geopolitica degli Alleati, l'URSS era funzionale agli USA, riempiva un vuoto che questi non potevano riempire. Senza la Russia, sovietica o meno, non avrebbe ormai senso occupare un territorio che non farebbe più "sistema" in un mondo diviso in due blocchi aventi entrambi una geopolitica di "contenimento". Fin da dopo la guerra, senza l'URSS si sarebbe aperto un baratro sul cui fondo ribollivano incognite ingestibili. Per gli Stati Uniti un ordine qualsiasi nel Heartland significava aumento dell'efficacia della propria politica di contenimento. E non c'era niente di meglio dell'autocontenimento cui l'URSS era costretta.
La Russia, oggi come allora, rappresenta la geo-politica complementare a quella degli Stati Uniti: il suo lebensraum storico è a Oriente. Se avesse invaso il Kazakistan nessuno avrebbe fiatato, a parte i difensori dell'autodeterminazione dei popoli (e ci sarebbero riflessioni da fare sull'occupazione russa dell'Afghanistan). Si formerebbero squadre mercenarie anche per difendere satrapie tribali? La fantasia del partigianesimo è inesauribile.
Infine: la Russia è autosufficiente per quasi tutte le materie prime. Chi è danneggiato dall'embargo, Mosca o Berlino?
"Il pianeta è grande", diceva un rappresentante del pacifismo governativo al tempo dell'URSS, ci stiamo tutti. E prospettava un melenso Coordinamento di misure atte al sostegno di programmi benedetti dal papa e sintetizzati nella archetipica colomba di Picasso. No, è piccolo, diceva la nostra corrente conteggiando le merci che spingevano alle frontiere, è troppo piccolo per voi che avete bisogno di enormi spazi abitati per sopravvivere.
La nave giusta nel posto sbagliato
Per introdurre alcuni elementi di riflessione sulla natura della guerra d'oggi forse è utile riprendere il discorso interrotto sull'incrociatore Moskwa. Era il natante da guerra più potente del Mar Nero, quello che secondo alcuni avrebbe dovuto dirigere la conquista di Odessa. L'incrociatore lanciamissili è stato invece colpito con razzi Neptun, probabilmente da forze ucraine appostate sulla costa. La Russia ha confermato le esplosioni a bordo, attribuendole però a un incendio nella santabarbara. Servita da un equipaggio di 510 marinai, ristrutturata di recente con un armamento di difesa-offesa di ultima generazione, parliamo della nave come di un esempio di che cosa sia diventata la guerra moderna. Secondo la dottrina, non avrebbe dovuto navigare da sola, ma dato l'armamento, la qualità della sorveglianza e la capacità di risposta a un attacco, avrebbe potuto muoversi con relativa sicurezza in deroga alla dottrina. Il ragionamento era sbagliato.
I missili antinave che hanno affondato il Moskva erano gli attuatori di un sistema di sensori che raccoglievano i dati necessari e li adoperavano per contrastare ogni attacco. Ciò significa che l'Ucraina aveva, entro il raggio d'azione dei suoi missili e nel punto adatto per assicurarne l'efficacia, il sistema completo, montato e collaudato in quanto macchina cibernetica. Vale a dire che aveva, a dispetto dello spionaggio militare, il modo di proiettare i propri sensi su una vasta area, elaborare i segnali e preparare la traiettoria per gli strumenti offensivi. Quando si parla di guerra non ha senso tirare in ballo argomenti come l'offesa e la difesa, l'aggressore e l'aggredito: se è vero che in linea di massima il rilevamento è difensivo, mentre il missile che viene sparato sul bersaglio rilevato è offensivo, la definizione cade non appena si analizzino i retroscena materiali di ogni guerra. I detector che cercano i dati necessari a impedire che il missile faccia ciò per cui è progettato e fabbricato sono difensivi? Von Clausewitz diceva che è illogico ragionare sulla base di un assunto morale quando si tratta una questione come la guerra che morale non è. Perché la guerra non ha limiti, mentre il concetto stesso di morale non potrebbe esistere senza quello di limite. Non esiste un'etica della guerra, e il paradosso logico è evidenziato dal fatto che proprio nell'epoca della massima indifferenza etica grandeggia la guerra combattuta con l'informazione e la disinformazione. La Quarta Guerra Mondiale potrà iniziare davvero quando finirà la Terza.
La Quarta Guerra Mondiale
Sul numero 11 di questa rivista, dedicato alla guerra nel mondo contemporaneo, abbiamo detto che la numerazione delle guerre mondiali si deve basare su di una periodizzazione plausibile, riferita a dati oggettivi, come la dislocazione dei capitali e della potenza produttiva, gli schieramenti variabili tra potenze imperialiste vecchie e nuove, la tecnologia disponibile. Più la ricerca è precisa, meno è arbitrario il confine tra un'epoca e l'altra per quanto riguarda la guerra. Se accettiamo di chiamare "Guerra Fredda" il periodo che va dal 1945 a oggi, la nostra cronologia deve individuare e rispettare un qualche salto di qualità. Non a caso una rivista militare on line descrive in un lungo articolo sulla guerra in Ucraina
"quello che si è rapidamente trasformato nel più grande conflitto convenzionale a livello mondiale dalla fine della Seconda Guerra Mondiale."
Prendiamo questa affermazione come una conferma di quanto scritto sul citato numero 11: all'epoca, il passaggio dalla terza alla quarta guerra mondiale poteva essere segnato dalle dottrine e teorie emerse in quella che chiamammo "politiguerra" per ricordare le condizioni di pace o di guerra che von Clausewitz teneva separate (la guerra come continuazione della politica con altri mezzi), mentre oggi si sovrappongono. Quindi, accettando un periodo di transizione tra le Guerre del Golfo e quella attuale, possiamo dire che siamo decisamente entrati nella Quarta Guerra Mondiale.
Nella guerra in corso, come in tutte le guerre, nuove tecnologie passeranno dallo stadio sperimentale a quello maturo, e non c'è bisogno di insistere sul fatto che il salto attuale è più grande di quello compiuto con il passaggio dai fucili ad avancarica a quelli a retrocarica o altri passaggi analoghi. Utilizzeremo questo salto qualitativo per trarre indicazioni sullo stato dello scontro e, quello che più ci interessa, sullo sviluppo futuro della guerra.
Dell'ambiente che si è creato con l'accettazione supina da parte degli organi di informazione di fare da cassa di risonanza alla politica atlantica dei governi occidentali abbiamo già parlato. Aggiungiamo soltanto che la propaganda di guerra assume di per sé una valenza nuova a causa dei mezzi a disposizione oggi per l'attività di intelligence attiva e passiva.
Alcuni affermano che la Russia ha conquistato la supremazia aerea. Non abbiamo modo di controllare, ma se gli episodi pubblicati in rete da ambienti specializzati sono veri, è plausibile che l'aviazione ucraina sia davvero costretta a terra. Ciò naturalmente non potrà durare se gli Stati Uniti faranno in tempo a saturare di tecnologia il teatro europeo (probabile) o se addirittura interverranno direttamente (poco probabile).
In quanto potenza continentale la Russia ha sviluppato un armamento assai differente rispetto a quello degli Stati Uniti. Perciò se, come sembra, l'aviazione ucraina è costretta a terra, è perché l'aviazione russa ha messo in atto una copertura aerea di tipo tattico, attuabile con missili terra-aria e velivoli polivalenti di cui possiede un gran numero. Questo modo di usare l'aviazione, pur coordinato da velivoli di sorveglianza nell'aria e da droni da ricognizione da alta quota, è compatibile con la distruzione sistematica delle infrastrutture militari locali, ma non può reggere il confronto con i sistemi universali sviluppati dagli Stati Uniti. Se mai questi ultimi avranno l'intenzione di usarli sarà molto probabile che la tecnologia russa non regga il confronto con quella dei paesi NATO. I tecnici militari occidentali che annotano le prestazioni e studiano le caratteristiche dell'armamento con cui le grandi potenze scendono in campo dicono che "l'aviazione russa è artiglieria volante". Il fatto che la Russia mantenga in volo permanente una ventina di velivoli armati di tutto punto su ciascuna delle maggiori città ucraine dimostra che teme di perdere la supremazia/superiorità se allenta la guardia permettendo all'avversario di pareggiare le forze in quantità, qualità e posizione. Il tipo di velivolo usato in queste missioni conferma che l'obiettivo è prevalentemente terrestre, sia per quanto riguarda il sostegno dall'alto delle proprie truppe, sia per quanto riguarda l'attacco di quelle nemiche. L'uso massiccio degli elicotteri rafforza questa osservazione. L'interdizione dello spazio aereo è ottenuta con il vantaggio del volo permanente.
È notevole come si riesca a ottenere molta informazione indiretta sulla conduzione della guerra soltanto dal tipo di aereo e dall'armamento di cui è vettore. Questo vale anche per la lista della spesa che gli stati maggiori sottopongono ai governi. È chiaro, infatti, che ogni paese si arma in tempo di "pace" secondo piani derivati da ipotesi. Sarà compito della guerra sul campo indirizzare l'industria a una produzione coerente con il consumo.
Gli analisti anglo-americani che studiarono gli effetti dell'industria sulla Seconda Guerra Mondiale videro chiaramente che la superiorità industriale degli Stati Uniti era stata decisiva per l'esito della guerra e che in ogni guerra futura quella sarebbe stata la caratteristica saliente degli eserciti. Ma il dato principale grezzo della produzione industriale doveva essere integrato da un dato più fine, che riguardava la qualità del prodotto. Non bastava la produzione di massa, occorreva una produzione di massa qualitativamente confrontabile con quella di tutti gli attori presenti sulla scena storica.
Germania e Giappone avevano un'industria di prim'ordine, paragonabile a quella degli Stati Uniti, e anche l'URSS era riuscita a stupire per la tenuta della sua produzione; ma uno studio su basi storico-scientifiche sull'argomento dimostrava che le guerre future sarebbero state caratterizzate da altri parametri rispetto a quelli sottoposti ad analisi. Ovviamente l'analista borghese sottolinea il dato quantitativo, specie quello legato ai costi, per cui introduce il concetto di "obiettivo pagante": vale la pena di mirare a uno scopo non appena si dimostri che il valore speso per ottenerlo sarà inferiore a quello speso per mantenere la situazione così com'è. Il valore espresso in dollari non è l'unico che il capitalista conosca, ma è quello che gli è più famigliare. Noi, per non essere influenzati dal denaro, che non è una proprietà fisica delle cose, dobbiamo sostituire i dollari con unità fisiche, numero di "pezzi", tonnellaggio, energia. Così facendo, i numeri della Seconda Guerra Mondiale avrebbero mostrato l'andamento storico, anticipando ciò che sarebbe successo nella Terza, Quarta, ecc.
Nonostante l'accanimento americano e britannico con i bombardamenti a tappeto sulle città nemiche, nella parte finale della guerra i sovietici sganciarono un tonnellaggio di bombe doppio rispetto a quello sganciato dagli Stati Uniti e dal Regno Unito durante tutta la guerra. Ciò significa che si era verificato un buon funzionamento della catena produttiva sovietica, ma con un rendimento basso. Perciò, storicamente parlando, le guerre del futuro avrebbero preso la strada americana, alzando il valore in denaro e diminuendo quello in altri parametri. Guerra più costosa ma con meno mezzi pesanti, più tecnologica ma meno visibile.
Questo fatto, dovuto alle materiali condizioni in cui agiva l'Unione Sovietica, si è riverberato nel dopoguerra influenzando le dottrine militari di vari paesi, per cui la guerra è effettivamente diventata più leggera rispetto al rendimento. L'URSS dovette mantenere molto acciaio nelle sue divisioni a causa della conformazione geografica, un immenso oceano di terra. Ma con il tempo anche questa condizione fu superata; e l'URSS, pur mantenendo la tradizione terrestre, integrò ad essa un nuovo rapporto terra-aria-terra, entrato in dottrina dovunque a causa dell'evoluzione delle PGM, le munizioni a guida precisa, un fattore tecnologico che è utile per dedurre ciò che è diventato teoria. Dagli anni '80 del secolo scorso, gli americani hanno modificato i rapporti fra le varie componenti della difesa, mitigando la vocazione oceanica e precisando degli schemi airland battle, dove il rapporto terra-aria era diventato essenziale. E lo è ancora, stando alle considerazioni dei consulenti dei media cui è richiesto il parere.
Siamo dunque in presenza di strutture difensive/offensive nate durante la Seconda Guerra Mondiale, oggi però modificate e soggette a ulteriore aggiornamento sotto la pressione di una guerra che minaccia di essere mondiale in senso stretto, cioè minaccia di rivoluzionare sé stessa gettando nella mischia, mentre si svolge, le proprie caratteristiche tecniche e operative. In nemmeno quattro mesi della "operazione limitata di bassa intensità" il laboratorio militare generalizzato ha fatto più esperienza che negli ottant'anni precedenti. La grandissima massa di informazioni che deriva dal monitoraggio dell'ambiente dev'essere elaborata, e ciò avviene in centri lontani. Più le munizioni, i vettori, i lanciatori, le apparecchiature, ecc. sono sofisticati, più incidono sulla condotta di guerra. La storia delle modalità di inganno messe in atto all'inizio della Guerra d'Ucraina e quella della battaglia dei droni sono paradigmatiche: rendono chiaro anche al non esperto quanto in breve tempo è stato utilizzato e sperimentato, aprendo la strada a nuove possibilità dottrinarie.
Una cosa è chiara: è finita per sempre quell'attività militare che consiste nel puntare un'arma contro un bersaglio e tirare il grilletto (o premere un pulsante). La guerra futura sarà quella di oggi elevata a potenza. Macchine troveranno altre macchine e le collocheranno in uno scenario sul quale saranno tracciate le loro coordinate. Macchine bombarderanno le coordinate e macchine rileveranno i dati sulle distruzioni per ottimizzare il tiro la volta successiva. Naturalmente in tutta questa parata di macchine ci sono i cosiddetti danni collaterali, cioè ospedali, mercati, bambini che giocano, condomini abitati. La guerra non si è mai fermata di fronte a niente, nemmeno di fronte alla "pulizia etnica", come conferma proprio la guerra attuale. Del resto, fu Churchill a chiedere bombardamenti a tappeto sui civili "per fiaccare la resistenza psicologica del nemico", perché la Guerra Totale non è solo un concetto, è una realtà prodotta da eventi reali.
Sembra dunque che i risultati della guerra d'Ucraina da parte russa siano quelli che ci si aspettava, e in alcuni casi anche superiori. Da parte ucraina la risposta è stata coerente con lo stato delle forze armate, ancora influenzata dai criteri della Seconda Guerra Mondiale. Usando con parsimonia le armi più moderne, sono stati raggiunti risultati in linea con le tendenze alla transizione. All'inizio potevano esserci dei dubbi, adesso è più chiara la strategia di Mosca: 1) chiudere i conti a occidente prima che la NATO e gli Stati Uniti possano concentrare una potenza sufficiente per contrastare l'invasione; 2) lasciare l'Ucraina, paese senza più infrastrutture, in mano alle organizzazioni internazionali che dovranno occuparsi di vari milioni di profughi; 3) ritirarsi verso oriente e preparare una difesa coerente con la geostoria, sfruttando il retroterra come nel passato.
Non stupisce che gli invasori abbiano conquistato per prima cosa, con successo, la sbandierata supremazia aerea: dato che nei loro piani non potevano mancare le conseguenze dell'invasione, cioè una risposta durissima della NATO, c'erano i presupposti per mettere al primo posto l'aviazione e, alle spalle, la più fantasmagorica rassegna di divisioni corazzate mai vista. Diversa è la situazione per quanto riguarda il munizionamento "intelligente" di ogni tipo. All'inizio si calcolava che da parte russa il numero di aerei tattici, quelli che utilizzano il maggior numero e varietà di munizioni intelligenti, fosse intorno ai 230 esemplari, ma sembra che una stima più realistica porti il numero a 500. Numeri piccoli, insignificanti in confronto a quelli che dovrebbe muovere una guerra generalizzata: la rivista Flight Global in una ricerca ripresa anche dall'agenzia TASS pubblica la cifra di 4.173 velivoli militari. Durante la Seconda Guerra mondiale il Giappone produsse 11.000 esemplari di un solo caccia, il temibile Zero.
Queste poche cifre a confronto fanno capire che il campo di battaglia della guerra attuale è troppo vasto e complesso, per forza di cose non conosciuto nei suoi possibili sviluppi. I paesi che non possono partecipare alla guerra sono tagliati fuori dall'esperienza diretta, perciò l'Ucraina è diventato il centro universale di raccolta dati verso il quale sono protese tutte le orecchie e gli occhi elettronici del mondo. Anche perché, essendo sprovvista di sistemi di controllo dello spazio aereo ricorre a quelli che la NATO mette a disposizione a distanza. E comunque, anche se li avesse, la loro possibilità di sopravvivenza sarebbe pari a zero in uno spazio così densamente saturato di tecnologia.
Preparazione militare esplicita
Queste osservazioni tecniche sarebbero inutili se non fosse che ogni guerra inizia con le dottrine, le armi e la mentalità con cui la guerra precedente è finita. La guerra attuale, quindi, essendo "a bassa intensità e per scopi limitati", vede in catalogo un insieme non coerente di armi vecchie e nuove, per cui quelle vecchie sono inservibili e quelle nuove non fanno ancora parte di un sistema integrato. I due missili che avrebbero affondato il Moskva sono di progettazione russa e fabbricazione ucraina. Viaggiano a velocità subsonica e in linea di principio non avrebbero potuto affondare una nave dotata di aggiornate difese. Dopo aver valutato le conclusioni cui sono giunti gli specialisti che hanno analizzato lo strano caso, si può ipotizzare che i Russi, nel corso della distruzione sistematica delle difese ucraine, abbiano portato la nave al limite della gittata dei missili (300 Km) appositamente per allertare le difese costiere, individuarle e distruggerle insieme con i missili in arrivo. Questi ultimi sono sparati da rampe semoventi, quindi non rappresentavano un bersaglio pagante. Il vero obiettivo della nave doveva essere quello di distruggere l'ambiente che permette a un missile di arrivare al bersaglio. Questo è il paradigma: in un sistema d'armi, colpire una parte non significa neutralizzare il tutto. Nel caso specifico, naturalmente, si scontravano due sistemi, ed evidentemente quello ucraino ha avuto qualche possibilità in più. Sembra che sia stato un drone turco a "illuminare" da alta quota l'incrociatore guidandovi i missili e nello stesso tempo ingannando in qualche modo le sue difese.
La situazione descritta si capovolgerà. Se dobbiamo ipotizzare un intervento americano, difficilmente vedremo uno scontro diretto con i soldati russi. Ma vedremo certamente arrivare in Ucraina, dalle due parti, una quantità di tecnologia mai vista. Ucraini e Russi forniranno la manodopera, gli Americani i sistemi. Tutte le volte che le tecnologie dei due paesi imperialisti hanno avuto modo di sfiorarsi (perché finora non c'è mai stato un impegno diretto) è stato un disastro per i Russi.
Può darsi che la guerra si attenui e sia riportata a tavoli di trattativa. Ci sembra però una svolta difficile, la strada imboccata non è quella. Il mondo intorno si è già pronunciato politicamente. La Germania ha preparato a tempi da record la lista per la spesa militare, insomma, per il riarmo. Si tratta di una sintetica esposizione della dottrina militare prossima ventura, una vera dichiarazione d'intenti: la spesa militare sarà aumentata al 2% del PIL; 68 miliardi di euro saranno spesi per sistemi nazionali; 34 miliardi per progetti multinazionali (droni, avionica); perciò un totale, fin qui, di 102 miliardi, di cui 20 miliardi per munizionamento (PGM); 15 miliardi per cacciabombardieri; 3 miliardi per elicotteri; cifra sconosciuta per super missili israeliani ipersonici tipo Arrow.
Come si vede, mancano i carri armati. In compenso ci sono le munizioni, quelle che hanno affondato l'incrociatore modello. Questi pochi numeri sono significativi: la proporzione del munizionamento sul totale è data da due fattori, il costo della tecnologia e la quantità necessaria per sostenere il consumo bellico. Per quanto riguarda quest'ultimo punto, è dal 1973, cioè dalla guerra dello Yom Kippur fra Egitto, Siria e Israele, che gli esperti militari cercano di capire, dopo aver studiato i numeri, come sarà veramente il campo di battaglia. I dati del consumo di proiettili, missili, razzi, bombe e apparecchiature per centrare l'obiettivo non sono in accordo con quelli della possibile produzione.
Infine, una breve nota. Il sud della Russia confina con i paesi turcofoni che la Turchia cerca da tempo di inserire in una sua zona d'influenza. Russia e Turchia non sono in rapporti amichevoli, c'è il rischio che Mosca sia presa tra due fronti, se evita la padella a Ovest, altrove c'è solo brace. Ipotizzando che l'America abbia un po' di pazienza e tenga a bada i suoi macellai ultradestri, non ci sarà altra scelta, per la Russia, che guardare a Est. Finché regge la finzione dell'amicizia con la Cina.
Che cos'è realmente un missile ipersonico, che cosa fa e quali cambiamenti impone
Stati Uniti, Cina e Russia stanno investendo miliardi di dollari nei nuovi armamenti. L’investimento è a rischio perché nessuno sa come queste nuove armi reagiscono in un vero campo di battaglia. Nei collaudi i missili ipersonici hanno dato risultati positivi, ma hanno anche evidenziato che le prove di laboratorio e le simulazioni sono realizzate in condizioni lontane dalla realtà.
missili ipersonici sono in grado di mantenere velocità superiori a cinque volte la velocità del suono. A quella velocità, le armi ipersoniche accumulano abbastanza energia cinetica per distruggere molti obiettivi senza la necessità di una testata esplosiva. Date le condizioni (ad esempio i missili Avangard russi potrebbero raggiungere la velocità di 27 volte quella del suono), è quasi impossibile difendersi.
Sebbene gli Stati Uniti fossero una volta all'avanguardia nelle tecnologie ipersoniche, l'apparato di difesa americano è stato talmente concentrato sugli sforzi antiterrorismo e anti-insurrezione durante quasi due decenni di operazioni di combattimento che gli sforzi ipersonici dell'America sono stati lasciati stagnare. Oggi l'America ne ha solo un prototipo.