"Pericolose tempeste"
I punti salienti del discorso del presidente Xi Jinping all'apertura del XX Congresso nazionale del Partito Comunista Cinese sono stati la conferma della "guerra popolare" a tutto campo contro la Covid-19, e cioè la politica "zero contagi"; e la manifestazione della preoccupazione per l'arrivo di "pericolose tempeste", a cui il paese dovrà prepararsi investendo sulla "sicurezza", termine ricorrente, insieme a quello di "nazione", lungo tutto l'intervento teso a ribadire con forza la necessità di mantenere unito il popolo al suo partito ("unità ideologica").
L'economia cinese sta rallentando, a causa degli esordi della recessione globale ma anche per la linea zero Covid che ha imposto blocchi e limitazioni agli scambi e agli spostamenti. A ciò si sono aggiunti, negli ultimi tempi, i problemi del mercato immobiliare (caso Evergrande), settore verso cui sono confluiti i risparmi di molti cinesi, abbienti e meno abbienti.
Nel suo discorso, Xi ha dato una valutazione positiva dell'operato cinese ad Hong Kong che ha portato "dal caos all'ordine". E riguardo a Taiwan, ne ha riaffermato l'appartenenza alla Cina: la vicenda legata all'isola è da considerarsi come una questione interna da cui l'Occidente deve stare alla larga, ancor di più nell'ottica di una Cina la cui immagine dev'essere quella di un polo autonomo rispetto alle altre potenze mondiali, slegato da qualunque forma di subalternità. Infine, non sono mancati i riferimenti alla lotta alla corruzione, alla transizione energetica e alla "prosperità comune" attraverso cui si fermerà l'"espansione disordinata del capitale". La Cina d'oggi è il secondo paese dopo gli USA per numero di miliardari, e tra i primi in termini di disuguaglianza di reddito (indice di Gini); sconta, inoltre, la crescita della disoccupazione giovanile, arrivata per la prima volta a sfiorare il 20%.
Insomma, in Cina tutto si gioca su questo binomio: controllo capillare e centralizzato del partito-stato sulla società in cambio dell'assicurazione che la crescita e la prosperità avute negli ultimi anni non si fermeranno. È invece chiaro che l'economia del Dragone non correrà più allo stesso ritmo e che la miseria sociale aumenterà; se il reddito di ampie fasce di popolazione verrà intaccato, questo controllo diffuso e asfissiante sarà sempre meno tollerato, come dimostrano le recenti manifestazioni nello Xinjiang, a Shanghai, Pechino, Chengdu, Wuhan e Guangzhou, solo apparentemente contro i lockdown. Lo spettro di piazza Tienanmen (e non solo quello) si aggira per la Cina.