Effetto domino

Gli USA, vecchio gendarme mondiale, devono fare i conti con una grave crisi interna, politica ed economica. Passato il periodo acuto della pandemia da Covid-19, molte aziende americane hanno tenuto i propri dipendenti in smart working e ciò ha portato ad una crisi del mercato immobiliare dovuta alla chiusura di molti uffici. La crisi si è poi riversata a cascata nei settori della ristorazione e della vendita al dettaglio.

Il surriscaldamento del mercato immobiliare è dunque una delle cause del crollo recente di una grande banca, la First Republic Bank di San Francisco. Si tratta del secondo maggior fallimento bancario nella storia degli USA dopo quello di Lehman Brothers nel 2008. Nonostante le rassicurazioni degli "esperti" dopo i casi Silicon Valley Bank e Signature Bank, la crisi degli istituti di credito americani non è per niente rientrata. I vari tentativi di salvataggio da parte di banche private sono andati a vuoto, e JPMorgan ha infine acquisito First Republic Bank con l'aiuto della Federal Deposit Insurance Corporation (assicurazione pubblica che garantisce i depositi bancari). Da sottolineare che la First Republic Bank era specializzata nel settore dei mutui residenziali per ricchi (prestiti Jumbo), e il rialzo dei tassi d'interesse da parte della FED ha comportato un deflusso di capitali altrove, cento miliardi di dollari, spostati dai correntisti nel primo trimestre dell'anno.

Il rischio è che si inneschi un effetto domino, come visto con la crisi dei mutui subprime. Quando diciamo che il capitalismo riesce a risolvere i problemi nell'immediato ma solo spostandoli nel futuro e ingigantendoli, intendiamo proprio questo: il fiume di droga monetaria iniettato in questi anni nel sistema bancario lo sta portando all'overdose.

Dall'ultimo "Chief Economists Outlook" del World Economic Forum è emersa la possibilità che nel 2023 si verifichi una recessione globale. Alcuni economisti lanciano l'allarme sul rischio stagflazione (stagnazione e inflazione) negli USA. La FED si trova in un vicolo cieco: deve alzare i tassi di interesse per frenare l'inflazione, che erode il potere di acquisto di famiglie e imprese, ma così facendo mette a repentaglio la stabilità finanziaria. Il paese ha rischiato di andare in default tecnico ma il Congresso alla fine è riuscito a mettersi d'accordo sull'aumento del tetto del debito pubblico, che ogni anno è sempre più alto.

La borghesia si rende conto che il suo sistema traballa ma, essendo a corto di programmi e teorie, brancola nel buio. Il PIL mondiale ammonta a circa 80mila miliardi di dollari, mentre il capitale fittizio impegnato in derivati si stima arrivi a circa 2,5 milioni di miliardi di dollari. Stime, perché la maggior parte di questi capitali sono gestiti da algoritmi e si muovono su circuiti finanziari che nessuno più controlla. A ciò si aggiungono i debiti, nazionali, federali e delle famiglie, che raggiungono cifre strabilianti: secondo i dati dell'Institute of International Finance, alla fine del 2021 il debito globale aveva raggiunto il 350% del PIL globale, e sta continuando a salire.

Rivista n. 53