Rivoluzione anti-entropica

Tema trattato nelle sue linee generali nell'incontro redazionale del 10-11 dicembre 2022

"Siamo più solidi nella scienza del futuro che in quella del passato e del presente, difficili tutte, e tutte esposte alla probabilità dell'errore, che nessuno potrà dire se più tremenda verso l'infinitamente grande o verso l'infinitamente piccolo, verso l'abisso spaziale o verso quello temporale, che alle massime distanze, cui osiamo oggi spingere l'indagine, di sorpresa salta da avanti gli sguardi a dietro le spalle." ("Esploratori nel domani", 1952)

"L'istanza borghese che la scienza non sia possibile che entro le pastoie di una limitatezza costituzionale, il borghese atteggiamento di concederle (e pur questo con sempre maggiore scetticismo) la descrizione sola del passato, rispondono alla pretesa che non sia raggiungibile una costruzione del futuro storico della società, esprimono il terrore del marxismo e della profezia rivoluzionaria." ("Relatività e determinismo", 1955)

Introduzione

Il titolo del presente lavoro è tratto da quanto scritto in un capitolo di Scienza e rivoluzione, nostra pubblicazione dedicata allo sviluppo rivoluzionario della forza produttiva capitalistica e alla teoria marxista della conoscenza. Nel capitolo in questione, intitolato "Entropia e neg-entropia", viene descritto il comunismo come "il culmine della rivoluzione anti-entropica incominciata un tre o quattro miliardi di anni fa con l'auto-organizzazione delle prime molecole proteiche e sfociata nel complesso sistema vitale odierno (che non contempla solo la specie umana)".

Un'affermazione scandalosa per chi intende il comunismo come un'ideologia politica o come un qualcosa che bisogna costruire con tanta forza di volontà. Normalmente il comunismo lo si fa iniziare con la pubblicazione del Manifesto del partito comunistanel 1848, c'è chi lo retrodata alle utopie socialiste, chi si spinge a ricercare assetti comunistici nelle abbazie cistercensi o nelle eresie interne alla Chiesa, chi fa partire tutto dalle società pre-classiste, dove non esisteva né Stato né proprietà. Ma partire dall'origine della vita per la maggior parte dei "comunisti" è davvero troppo.

La visione della rivoluzione come un fatto "totale", fisico, chimico, biologico e, infine, sociale, è uno dei tratti caratteristici della corrente cui facciamo riferimento, la Sinistra Comunista "italiana" (SCi), sul cui lavoro abbiamo basato il nostro. Corrente politicamente sconfitta, ma vittoriosa nella teoria del divenire sociale date le innumerevoli conferme scientifiche, e quindi una fonte da cui trarre insegnamenti per l'oggi e, soprattutto, per il domani.

Come non ricordare, a tal proposito, quanto disse il rappresentante della SCi, Amadeo Bordiga, al Congresso di Lione del PCd'I nel 1926: "si è sotto la stessa bandiera politica solo quando si crede in una stessa concezione dell'Universo, della Storia e del compito dell'Uomo in essa." Ora con la teoria della complessità anche la borghesia sta arrivando a comprendere che la dicotomia tra mondo naturale e mondo umano non sta in piedi, e che l'organizzazione della materia ha degli aspetti invarianti a diversità di scala.

La storia non è un lento procedere graduale ma, come giunge a dimostrare il paleontologo Stephen Jay Gould con la "teoria degli equilibri punteggiati", lunghi periodi di stabilità sono seguiti da fasi di cambiamento repentino. Questo vale anche per la rivoluzione: vi sono lunghi periodi storici in cui regna materialmente e ideologicamente la controrivoluzione seguiti da repentini periodi di trasformazione sociale.

Nei testi che fanno parte del nostro bagaglio politico vi sono riferimenti al grande "arco storico" che tiene insieme l'uomo lottatore con le belve e l'uomo emancipato e gioioso della comunità futura. Sentirsi parte di questo divenire, di questo "andare verso", significa avere consapevolezza che l'esistenza individuale acquisisce un senso solo se si mette in relazione con altre esistenze che ci hanno preceduto e che ci succederanno. Adottare una concezione filotempista (ieri-oggi-domani) della rivoluzione è fondamentale per non essere risucchiati dal vortice dell'immediatismo, che misura tutto con il metro del successo giornaliero. Altro lascito della SCi è il concetto di "semilavorato": grazie al procedere organico nel lavoro, all'approfondimento collettivo, si può addivenire ad un risultato sempre più sicuro. Per sviluppare il tema abbiamo ripreso semilavorati e corrispondenze prodotti intorno al 2002, pubblicati sul sito QuinternaLab con il titolo provvisorio Del finalismo materialista.

Siamo partiti da questi materiali come base per una serie di riunioni, basandoci sui classici della SCi e del comunismo, nonché su una serie di studi prodotti nel corso del XX secolo da quella che in ambito marxista è chiamata "scienza borghese" tout court, ma che altro non è se non lo stato della conoscenza cui è giunta complessivamente la specie.

Per quanto la presente forma sociale cerchi in tutti i modi di conservarsi, nulla può rispetto alla forza della comunità umana futura (gemeinwesen), che è una forza reale che agisce sul presente. Ne consideriamo un esempio significativo un movimento come Occupy Wall Street, nato nel 2011 a New York, che in uno degli scritti pubblicati sul suo sito aveva dichiarato di essere una voce aliena che dal futuro chiama all'appello contro il capitalismo. Se negli Stati Uniti è nato un movimento anticapitalista con caratteristiche finora inedite: leaderless, organizzato a rete, anonimo, ecc., vuol dire che la rivoluzione è in marcia e fornisce dei potenti saggi della sua esistenza. Riconoscerli equivale a riconoscere il comunismo.

Il modo di produzione capitalistico, dopo aver conquistato l'intero pianeta, impiantando fabbriche e reti logistiche ovunque, si va disgregando, e gli effetti sono sempre più visibili, tanto che anche economisti non in odore di marxismo avvertono che la catastrofe è vicina. Essendo soggetto al secondo principio della termodinamica (un aumento continuo del disordine), ha una direzione, la cosiddetta "freccia del tempo".

Ma se il capitalismo tende alla morte termica, all'equilibrio termodinamico, al livellamento, com'è possibile l'emergere dalle sue ceneri di una "araba fenice", una nuova forma sociale a più alto rendimento energetico? Facendo uno zoom, passando a un livello superiore di analisi, possiamo ampliare la domanda: se lo stato più probabile nell'universo è l'entropia (disordine), com'è stato possibile l'affermarsi di uno stato meno probabile (ordine), la vita?

Il lavoro che presentiamo cerca di dare una risposta a tali quesiti, i quali, naturalmente, hanno dei risvolti anche per quanto riguarda la concezione della lotta di classe e del ruolo svolto dal partito della rivoluzione che, come vedremo, nella concezione della SCi è considerato un "potenziale anticipato" (una proiezione del futuro sul presente).

La causa finale

La filosofia e la religione, con l'avanzamento della conoscenza divenute branche sterili e reazionarie, per centinaia d'anni hanno rappresentato degli strumenti per orientare l'attività degli uomini. Sono state un prodotto utile, positivo, nell'avanzamento della conoscenza. Non va quindi trattato con sufficienza il sapere degli antichi, ma va studiato alla luce delle conquiste scientifiche successive. Partiamo dunque da lontano, da quanto scritto dal filosofo di Stagira, Aristotele, nella Fisica, trattato di otto volumi, assemblato dopo la sua morte, e databile all'incirca al IV secolo a.C.

Summa del sapere del tempo, ricerca dei principii e delle cause che muovono l'universo, è un esempio delle fatiche e degli sforzi dell'umanità per comprendere il funzionamento del mondo. Nel Libro Secondo della Fisica vengono individuate quattro cause alla base del mutamento:

- causa formale: consiste nella forma di un oggetto;

- causa materiale: consiste nella materia con cui è fatto un oggetto;

- causa efficiente: è l'agente che determina il mutamento;

- causa finale: la più importante, lo scopo per cui un qualcosa è stato realizzato.

Ma le quattro cause potevano essere ridotte a due: la causa efficiente e la causa finale. La prima non bastava da sola a spiegare l'evoluzione dei fenomeni naturali, per cui necessitava di un'integrazione fondamentale, rappresentata dalla seconda, il fine. Si chiede Aristotele nella Fisica:

"Ma quale è, pertanto, la cosa che nasce? Non certo quella da cui essa nasce, bensì quella alla quale, nascendo, essa tende."

L'insetto che diventa larva, quindi crisalide, verrà condizionato nel processo del suo divenire dalla sua forma perfetta che è quella della farfalla. Dunque, è la forma finale, ciò che viene realizzato, in circostanze favorevoli, alla fine del processo di sviluppo, ad influenzare il corso del processo medesimo, a dirigerlo e guidarlo. Per Aristotele l'ultima fase del processo agisce come se attirasse l'organismo verso di sé. La causa finale del mondo è, così come in un organismo vivente o in uno strumento, la sua forma. Questa forma finale, ovvero il potenziale e reale futuro che guida il passato, quello stesso futuro che a sua volta è inscritto nelle cause efficienti del passato, per Aristotele coincide con "Dio".

Nonostante il concetto di causa finale sia visto con sospetto dalla scienza moderna, e alcuni biologi sostengano che la rivoluzione evoluzionistica rappresentata da Charles Darwin sia da intendersi come abbandono della tradizione biologica aristotelica, la tesi del biologo Ernst Mayr è invece che il pensiero di Aristotele fosse in larga misura corretto, e il concetto di causa finale andasse ripreso e filtrato dalla teoria dell'auto-organizzazione, mettendo da parte ogni mistica e religione (quindi compresa quella del "disegno intelligente").

Esempi aristotelici di futuro che agisce sul presente sono: 1) tutte le costruzioni erette dall'uomo per abitarvi, edificate al fine della massima stabilità, su fondamenta di pietra e con tetto di travi e terriccio; 2) la sega, strumento destinato alla recisione e perciò costituito da lama di ferro dentata. E allora: se è il fine che orienta la scelta stessa dei mezzi atti alla propria realizzazione, non possiamo dire che Aristotele è il primo enunciatore di ciò che la SCi chiama "rovesciamento della prassi"?

A prescindere dal nome "Dio" attribuito dal filosofo alla causa finale, è evidente che il suo Dio non ha niente a che vedere con la figura di un'entità "propulsore", ma è visto come il fine di un tendere. I risultati aristotelici furono in seguito immobilizzati dalla scolastica medievale e interpretati in una chiave religiosa e spiritualista, e il finalismo divenne antropocentrico.

La società futura agisce su quella presente

Dopo qualche millennio, la questione del fine che determina i mezzi per giungervi, è ancora motivo di studio e confronto in ambito scientifico e, come vedremo, ha orientato le ricerche di varie discipline nel secolo scorso, dalla cibernetica ai sistemi complessi.

Il tema del futuro che guida l'azione nel presente è sempre stato di primaria importanza, e non a caso l'organo di stampa del Partito Comunista Internazionale, nel secondo dopoguerra, era intitolato il programma comunista.

Programma significa scritto prima, disposizione scritta di un piano operativo. Programma è sinonimo di progetto, che vuol dire realizzazione su carta o su altro supporto di un'opera di futura realizzazione. Se è vero che l'opera sarà costruita secondo progetto, allora è l'opera futura a muovere la mano del progettista. Pensiamo a un ponte: l'ingegnere che lo progetta deve immaginare l'opera come se fosse già costruita; infatti, si producono dei plastici o si fanno delle simulazioni al computer della struttura di futura realizzazione.

Sempre secondo il biologo Ernst Mayr (Biologia ed evoluzione), possiamo dire che in biologia un programma è un'"informazione codificata o preordinata che controlla un processo o un comportamento conducendolo verso un fine dato." Per la natura l'esistenza del futuro è un dato di fatto, per il semplice motivo che la riproduzione (asessuata o sessuata) rende possibile la formazione di nuovi organismi ovvero la continuazione della vita sulla Terra. Come spiega il biologo François Jacob nel libro La logica del vivente: "In un essere vivente tutto è organizzato in vista della riproduzione".

L'informazione è allora ciò che determina la forma, che è come dire che la forma futura trasmette l'informazione necessaria per la sua realizzazione. Sostenere questo vuol dire essere dei finalisti? Innanzitutto, chiariamo il significato delle espressioni "teleologia" e "finalismo", che derivano rispettivamente dalla parola greca télose da quella latina finis che corrispondono all'italiano "scopo", "fine". Vediamo adesso se i classici del comunismo possono aiutarci nell'inquadrare un argomento così complesso.

Per il Marx dei Manoscritti economico-filosofici del 1844 è il futuro comunista possibile a guidare "la storia della preparazione a che l'uomo diventi oggetto della coscienza sensibile e il bisogno dell'uomo in quanto uomo diventi bisogno. La storia stessa è una parte reale della storia naturale, della natura che diventa uomo. La scienza naturale sussumerà in un secondo tempo sotto di sé la scienza dell'uomo, allo stesso modo che la scienza dell'uomo sussumerà la scienza della natura: allora ci sarà una sola scienza".

Sulla base di queste affermazioni in vari ambienti si sostiene che il giovane Marx pecca di finalismo perché ancora troppo influenzato dalla filosofia hegeliana. Rimandiamo il lettore al nostro articolo "Marx: 1818-2018" (n+1, n. 44, dicembre 2018), in cui smontiamo tali teorie, facendo notare che nei Manoscritti del 1844 Marx scrive un lungo capitolo nel quale rifiuta proprio la dialettica di Hegel. La storia dell'uomo è parte integrante della storia naturale, e devono perciò esservi delle leggi unitarie che spiegano il divenire dell'insieme uomo-natura-industria.

Nel pensiero di Marx è certamente possibile ravvisare una sorta di finalismo, bisogna però, come detto prima, intendersi sul significato del termine, conosciuto per il suo utilizzo in ambito filosofico e religioso. Il fatto che alcuni termini identifichino cose diverse secondo l'uso che se ne fa riguarda anche la parola "comunismo", che ad alcuni ricorda lo stalinismo, il maoismo oppure il PCI. Non è facile far comprendere a chi ci ascolta che per comunismo si intende una dinamica distruttiva dell'esistente e non una forma di governo, una ideologia oppure il pensiero di qualche leader particolarmente intelligente.

Il determinismo non è estraneo al concetto di fine, sebbene il senso del nostro finalismo stia agli antipodi rispetto a quanto intendono i borghesi e piccolo-borghesi i quali vorrebbero Marx e la sua scuola costretti in un abbraccio mortale con l'idealismo.

Anni fa ci scrisse un lettore che, presentandosi come parroco, affermava di aver scorto nel nostro lavoro una sorta di finalismo, e chiedeva: "Si può affermare che nella vostra visione della storia sia in opera una certa teleologia?". Abbiamo risposto che avremmo preferito un altro termine, ad esempio teleodinamica (da télos = scopo + dýnamis = forza in potenza, movimento dei corpi in relazione alle cause che lo determinano) per definire quello che la "nostra" corrente, da Marx a Bordiga, ha espresso e che va inteso non in senso mistico bensì materialista. Ci riferiamo al passo dell'Ideologia tedesca in cui è chiamato "comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente" . Il movimento storico è orientato verso un fine, la società comunista, e lo dimostra l'incessante sviluppo delle forze produttive, che nega gli attuali rapporti di produzione. Esiste ancora l'appropriazione privata del prodotto del lavoro altrui, ma anche questa, al pari del lavoro, si sta socializzando, dato che al posto dei singoli capitalisti, diventati funzionari stipendiati, i grandi capitali sono concentrati in strutture anonime e impersonali. La contraddizione tra produzione sociale e appropriazione privata si fa sempre più esplosiva. D'altronde, come afferma Marx nei Grundrisse, "se noi non potessimo già scorgere nascoste in questa società - così com'è - le condizioni materiali di produzione e di relazioni fra gli uomini, corrispondenti ad una società senza classi, ogni sforzo per farla saltare sarebbe donchisciottesco."

Scovare e mettere in luce quelli che sono i sintomi di società futura è uno dei compiti del lavoro di n+1, che, come qualsiasi altro lavoro politico, ha degli obiettivi, è finalizzato. Il termine finalismo è denso di ambiguità e confusione, ha una storia che pesa come un macigno, non la si può ignorare, ma questo non ci deve impedire di prendere ciò che ci interessa da un autore o da una teoria anche se non l'accettiamo in toto. Il partito storico (programma) è il prodotto del patrimonio conoscitivo che si è formato in millenni di storia e perciò ingloba il sapere di chi ci ha preceduto e lo porta ad una sintesi superiore. All'accusa di aristotelismo che potrebbe venirci mossa, rispondiamo che non abbiamo simpatia per gli "ismi", per le dottrine che prendono il nome da un individuo, per quanto importanti possano essere il suo pensiero e le sue azioni.

La Chiesa cattolica ha usato il pensiero di Aristotele tramite Tommaso d'Aquino per dimostrare che fede e ragione non sono in conflitto ma si completano a vicenda. È stata una grandiosa operazione di sincretismo.

Naturalmente per gli scolastici l'espressione "causa finale" (qualche volta usata al plurale, "cause finali"), assumeva un significato generale ed era utilizzata per dimostrare più che altro l'esistenza di Dio come architetto dell'universo. Quegli studiosi, comunque, non erano ottenebrati da una presunzione "scientifica", diversamente quello che è l'approccio "moderno": essi riconoscevano la necessità di non osservare i fenomeni come dovuti aprioristicamente a un disegno divino, e si guardavano dal mettere volontaristicamente Dio nel meccanismo della natura; ma una volta osservata scrupolosamente quest'ultima con gli strumenti al tempo a disposizione, come non riconoscere che tutto è mirabilmente disposto con ordine e con intelligenza? Come non credere a una causa intelligente al di sopra di tutto? Se interroghiamo il mondo su sé stesso, è giocoforza credere che il mondo si autoproclami "perfetto".

Il finalismo, nel corso dei secoli, è diventato antropocentrico, come dimostra ad esempio il pensiero "filosofico" di John D. Barrow (astrofisico) e di Frank J. Tipler (fisico), autori del volume Il principio antropico, che ha fatto molto discutere. I due scienziati sostengono l'esistenza di un principio cosmologico per cui l'universo è stato "fatto" perché ci sia qualcuno ad osservarlo e a dargli consapevolezza. Il finalismo antropocentrico sostiene che il mondo è opera intenzionale di una qualche entità capace di pensare, di volere e di realizzare la propria volontà e quindi è da essa costruito per un determinato fine. Secondo questa scuola tutti gli elementi presenti in natura esistono perché altrimenti non avrebbe potuto esserci l'uomo, fine ultimo di un progetto di un qualche creatore. Un argomento a sostegno della tesi, per loro decisivo, è che in natura non è possibile trovare ovunque le condizioni che rendono possibile la vita organica, condizioni che invece troviamo sulla Terra.

Il termine "teleodinamica" usato in modo appropriato al posto di "finalismo", potrebbe essere utile ad evitare la generazione di ambiguità, ma i filosofi hanno escogitato una formula magica: accompagnare il termine "finalismo" con un aggettivo: finalismo cattolico? asiatico? proletario? caldo? o, come dice Marx sfottendo, "giallo come un logaritmo"? Per carità, chiarire i processi di maturazione della conoscenza tramite operazioni sul linguaggio è lecito, ma ci sono confini che non si possono superare.

In alcuni casi, per esempio in qualche conferenza, l'abbiamo fatto anche noi e abbiamo parlato di finalismo alla ricerca più che altro di una definizione appropriata, un espediente, come se tramite l'aggettivo si potesse giungere a un'informazione non opinabile e interpretabile.

I biologi, per non incorrere in accuse di finalismo religioso, in luogo di teleologia, intesa come dottrina delle cause finali, usano il termine teleonomia per indicare il finalismo interno alle strutture degli organismi viventi modellato dalla darwiniana selezione naturale. Analizzando la cellula ci si è resi conto che la sua formazione è già contenuta nel programma genetico, il quale è appunto finalizzato allo sviluppo dell'organismo. Sostiene Ernst Mayr in Biologia ed evoluzione:

"Che possa esistere un programma alla base di un certo fenomeno svariati gruppi di fatti lo lasciano supporre. Se, per esempio, tra due specie di uccelli che abitano assieme nella stessa regione, una è migratrice mentre l'altra non lo è, si è obbligati a concludere che queste specie differiscono per le loro predisposizioni genetiche, cioè per i loro programmi genetici."

Molti biologi non sono però d'accordo con tale conclusione, che considerano "genetico-centrica", e pongono l'attenzione sull'epigenetica, ovvero sulla branca della scienza che studia i cambiamenti ereditabili nel fenotipo.

Il finalismo e le sue sfaccettature

In filosofia della biologia, branca della filosofia della scienza, troviamo da una parte correnti che adottano un finalismo di tipo religioso e idealistico, dall'altra correnti che adottano una concezione meccanicistica; secondo queste ultime tutti i fenomeni del mondo sono riassumibili in meccanismi che non sono diretti da alcun fine, ed è il caso all'origine di ogni novità. Uno dei rappresentanti di questo meccanicismo idealistico è il premio Nobel per la medicina nel 1965, Jacques Monod, teorico del "caso creatore", e autore del celebre saggio Il caso e la necessità, in cui sostiene il caso nelle mutazioni e la necessità delle leggi della selezione naturale come spiegazione ultima dell'evoluzione naturale. Un evidente ossimoro: "Come può mai un qualcosa esistere per casoe al tempo stesso necessariamente?"

Per Monod la selezione naturale agisce sulle mutazioni genetiche eliminando quelle inadatte e favorendo quelle adatte, le quali vengono replicate di generazione in generazione secondo inesorabili determinazioni; sarebbe quindi sbagliata ogni interpretazione dei fenomeni biologici in termini di cause finali. Il destino dell'uomo non è già scritto, spetta all'individuo (borghese) costruire il proprio futuro in base alle capacità e alle conoscenze accumulate nel corso della vita. Siamo al puro esistenzialismo, non esiste una dinamica storica, non è valido il determinismo e adottandolo si ritorna a visioni "trascendenti" della storia e della natura. In realtà, il "caso" di Monod non è altro che una "causa incausata", un postulato, un nuovo Dio di fronte a cui inchinarsi. Ecco allora che la trascendenza fatta uscire dalla porta rientra dalla finestra. Naturalmente, tali posizioni, maturate in ambito accademico, hanno dei riflessi anche in ambito politico. Se la scienza non è immune dagli influssi ideologici della borghesia, non lo è nemmeno dagli influssi ideologici generati da un imbastardimento pseudoproletario.

I comunisti non si collocano né da una parte (finalismo idealistico) né dall'altra (meccanicismo casualistico), sono altra cosa. Sono propugnatori del determinismo, cioè dell'assunto della bidirezionalità degli eventi, cioè la reversibilità dei processi: quello che precede è causa di quello che segue, viceversa quello che segue è causa di quello passato. Non essendo creazionisti, credono nella capacità della materia di auto-organizzarsi. Per quanto riguarda i processi caotici, quando i fattori in gioco sono troppi e complessi per permettere una previsione esatta, usano la statistica e il calcolo delle probabilità, ma non certo per mettere in discussione il determinismo (se è possibile fare delle statistiche vuol dire che c'è un ordine soggiacente, una serie di elementi invarianti tali da rendere possibili gruppi coerenti).

Il lavoro dei comunisti è determinato dalla linea continua della storia, anche se essi ne vedono individualmente solo un segmento, quello della loro esistenza. Chi invece adotta come unità di misura non il programma millenario di specie, ma la propria limitata esistenza, diventa con ciò un esistenzialista, e si colloca ideologicamente e politicamente al di fuori della dinamica rivoluzionaria.

Il "grande ponte" fra l'australopiteco e il sapiens che nelle Considerazioni sull'organica attività del partito del 1965 non era soltanto auspicabile ma presto realizzabile, funzionale, unificatore, didattico, in una possente immagine anticipatrice, doveva essere il risultato non soltanto dell'organizzazione della materia ma anche del partito. Questa entità avrebbe sviluppato e fornito il programma che la lotta fra le classi avrebbe dotato di forza motrice.

Una volta innescato il processo di polarizzazione che unifica le forze tese alla distruzione di questa società, l'azione collettiva dei comunisti è determinata dal fine che "vogliono" raggiungere, che è la nuova società senza classi e senza Stato, organizzata razionalmente secondo un piano di specie. Per giungervi il percorso è già tracciato, altrimenti avremmo creazione di nuove categorie dal nulla, e la concezione materialistica della storia non lo ammette. L'avvenire determina il passato e fa piazza pulita di coloro che "sbagliano" percorso, intraprendendo vie, di solito illusorie scorciatoie, che portano da altre parti.

Ciò che agisce nella prassi è lo scopo rappresentato (Marx, Manifesto: i comunisti rappresentano in ogni momento l'avvenire del movimento…) e per l'individuo la rappresentazione o la determinazione si confondono nel suo cervello con il desiderio. Alla storia non importa, anche il desiderio, singolo, generalizzato e orientato è una determinazione verso il fine.

Un po' di storia del determinismo

Il fato degli antichi fu un aspetto di determinismo estremo, sia nella forma di astrologia, probabilmente la più antica, sia nella forma religiosa. In ogni caso si tratta di una credenza secondo la quale ogni evento è strettamente predeterminato da una entità "esterna" (astri, dei, ecc.) più potente di qualsiasi volontà.

Nella filosofia greca antica nel pensiero di Leucippo e Democrito prende forma un determinismo di tipo meccanicistico. Per Democrito, "da tempo infinito tutte assolutamente le cose passate presenti e future sono governate dalla necessità." Con l'avvento delle religioni monoteiste tutto viene ricondotto a un Dio, è questa entità a determinare gli eventi. È con il Rinascimento che si afferma, sulla spinta della forza produttiva sociale, una vera e propria rivoluzione tecnico-scientifica, che tende a negare il ricorso a forze soprannaturali per spiegare il funzionamento della natura, anche se tra gli scienziati hanno ancora presa la magia, l'alchimia e l'astrologia.

Ma è con Galileo Galilei che la scienza fa un balzo in avanti. Il determinismo in Galileo (o meglio la determinazione) non lo è ancora in senso pieno ma è riconoscimento che ogni fatto ha cause determinate: la distanza fra due punti si "determina" tracciando una retta; l'opposizione di corpi celesti determina una eclisse, l'aumento di una massa meccanica determina una crescente debolezza delle sue strutture.

Il determinismo dopo i Greci e prima di Laplace ha un significato concreto che con Galileo raggiunge il suo massimo livello di espressività: l'uomo di scienza sarà in grado di ottenere la massima conoscenza sui fenomeni naturali nella misura in cui egli saprà riconoscere sperimentalmente ciò che li produce per poi trattarli matematicamente.

Con l'avvicinarsi della rivoluzione borghese la rilevazione dei fatti e la derivata teoria si arricchiscono di potenti astrazioni: il determinismo diventa un ordine universale per cui ogni frammento di realtà dipende da frammenti che precedono in una concatenazione data e prevedibile in linea di principio.

Questa nuova visione del mondo emerge dall'Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers di Diderot e D'Alembert, summa delle conoscenze del tempo, manifesto della borghesia rivoluzionaria, interessata più ad un sapere pratico che non ad uno trascendente, più ai risultati dell'industria che non al vuoto filosofare.

Se è possibile una statistica di fatti apparentemente incongrui è perché opera un determinismo che ne permette la trattazione a grandi gruppi. L'interpretazione "forte" di questa posizione teorica è quella di Laplace: ogni evento dell'Universo è strettamente interconnesso, per cui ad ogni stato di un sistema osservato ad un dato tempo corrisponde uno stato e uno solo ad un tempo precedente o successivo.

Il termine "determinismo" viene introdotto ai primi dell'800, e nel linguaggio filosofico e scientifico scalza in toto quello che verrà chiamato "fatalismo", ora con significato spregiativo (la stessa sorte capiterà più tardi, con assai meno ragioni, alla meccanica di Newton che diventerà "meccanicismo"). I nemici del determinismo alluderanno alla sua presunta mancanza di elasticità paragonandolo al fatalismo, ma tale versione non reggerà a lungo, se non altro perché Leibniz aveva già demolito sul nascere ogni tentativo di sminuire il determinismo: la scoperta dell'esistenza del nesso tra le cause e gli effetti, dovrebbe distruggere ogni ipotesi fatalista.

Stabilito che vi è determinazione chiara e dimostrabile dal passato al presente, si deduce che la stessa determinazione agisce dal presente al futuro, anche se spesso non siamo in grado di prevedere cosa realmente accadrà, soprattutto nei sistemi complessi. La logica del determinismo non è invalidata dalla nostra incapacità di adoperarla per le nostre previsioni.

Ultima fase della preistoria

Affermare l'esistenza del futuro è la linea di confine che separa i deterministi dagli indeterministi. Sostenitori dell'indeterminismo ce ne sono stati e ce ne sono molti, soprattutto tra i filosofi, come in passato Popper e Bergson. Quest'ultimo, ad esempio, sosteneva che alla base della vita c'è uno slancio vitale (élan vital), un qualcosa di creativo. Se possiamo comprendere le ragioni alla base delle sue teorizzazioni di fronte alle conoscenze dell'epoca (l'Ottocento) relativamente all'evoluzione e alla crescita dell'ordine in natura, non se ne può giustificare la ripresa, nel corso del Novecento, da parte di alcune correnti, tra le quali quelle anarchiche, in particolare dai sindacalisti rivoluzionari e dalla componente che approderà al fascismo. Sostenere che dal punto di vista teoretico un futuro può non essere il prodotto di un passato equivale a sostenere che tra un punto del passato e un punto del futuro vi sia una creazione.

La rivoluzione non è un complesso di azioni che dipende da qualche organizzazione o gruppo né, tantomeno, da qualche condottiero geniale, essa è da intendersi come un processo materiale che si manifesta quando nella società viene superata una determinata soglia. Essa dà i compiti agli uomini, non li riceve. La crisi ecologica, la generalizzazione della guerra, la miseria crescente, i problemi economici che sconquassano la presente forma sociale generano in tutte le classi un disagio crescente, che però non si traduce automaticamente in spinta rivoluzionaria. Non c'è collegamento meccanico tra collasso del capitalismo e rivoluzione, come spiegato nell'articolo "Attivismo":

"Può accadere, come succede odiernamente, che il mondo economico e sociale borghese sia sconvolto da formidabili scosse, che danno luogo a violenti contrasti, senza per questo che il partito rivoluzionario abbia la possibilità di ingigantire la sua attività, senza che le masse gettate nello sfruttamento più atroce e nella strage fratricida riescano a smascherare gli agenti opportunisti che ne legano le sorti alle contese dell'imperialismo, senza che la controrivoluzione allenti la sua presa di ferro sulla classe dominata, sulle masse dei nullatenenti."

Non si può sfuggire alle determinazioni materiali, non è il partito di classe che deve rincorrere le masse, ma sono queste che saranno spinte da potenti fatti materiali a sintonizzarsi al programma rivoluzionario. Allentare la presa su questo assunto può provocare danni immani, come la storia delle tre Internazionali sta a dimostrare. In una situazione come quella attuale la consegna è pertanto quella di difendere la continuità del programma comunista. Che vuol dire, conservare, studiare ed elaborare il patrimonio storico lasciatoci in eredità dalla SCi per trasmetterlo alle nuove generazioni.

Se un insieme di fenomeni è prevedibile significa che è finalizzato. Se diciamo che è prevedibile la dinamica del capitalismo è perché abbiamo individuato delle leggi interne che ne decretano la fine. Se dimostriamo che obiettivo del capitalismo non è il godimento del capitalista ma l'accumulazione di sempre più capitale, dimostriamo anche la non necessità dei capitalisti e del loro modo di produzione. Con la rivoluzione borghese, il conseguente affermarsi del nuovo modo di produzione ha rappresentato un grande balzo storico avendo sviluppato lavoro associato a scala planetaria; una volta concluso questo compito la sua funzione diventa esclusivamente reazionaria.

La bella immagine di Marx ed Engels del capitalismo come ultima fase della preistoria, e del comunismo come inizio della storia, si fonda sulla separazione netta dei sistemi economico-sociali e nello stesso tempo sulla continuità della specie. La vera conoscenza verrà dopo la rivoluzione, ma sarà anticipata nel partito. Per Marx, "il comunismo è la soluzione dell'enigma della storia, ed è consapevole di essere questa soluzione". I comunisti non si limitano a descrivere il presente ma tratteggiano le caratteristiche del futuro, e da questo traggono insegnamenti per l'azione nell'oggi.

Partendo da queste premesse teoriche sul principio teleologico analizzeremo nei prossimi capitoli alcuni lavori scientifici elaborati nel corso del XX secolo intorno al concetto di negentropia (o entropia negativa). Se è comunemente accettato e compreso il concetto di entropia, meno lo è il suo contrario; eppure non c'è solo caos in natura ma è visibile tutto intorno a noi una sovrabbondanza di ordine.

Potenziali anticipati

Il Novecento è stato un secolo denso di avvenimenti fondamentali sotto tutti i punti di vista. È il secolo in cui per la prima volta il proletariato conquista il potere e l'evento assume una dimensione globale. Nascono e si sviluppano teorie scientifiche prodotto di una rivoluzione che matura tumultuosamente nel profondo della società.

Lo sviluppo delle forze produttive dà una spinta propulsiva alla ricerca scientifica, la quale retroagisce sulle stesse, facendo fare balzi in avanti all'industria. Esplode quella duplice rivoluzione meglio rappresentata dalla relatività einsteiniana e dalla teoria dei quanti (le quali non riusciranno ad integrarsi). Einstein con la sua teoria della relatività ristretta scombussola i concetti astratti di tempo e di spazio, li fonde in un'unica realtà (spazio-tempo) stabilendo un nuovo paradigma scientifico. Secondo Einstein l'universo spiega sé stesso con i mezzi che ha: energia = massa x velocità della luce. Non esiste più un tempo assoluto, lo stesso in ogni luogo, dato che il tempo scorre più lentamente vicino a una massa. Pertanto, non si ha nessuna garanzia che in un dato sistema di riferimento la causa non venga dopo l'effetto.

La nozione di tempo tradizionale, assoluto, è utile per organizzare la vita di tutti i giorni; ma quando prendiamo in considerazione le distanze tra il Sole e gli altri pianeti del nostro sistema solare, o tra la nostra galassia e le altre galassie, non funziona più (lo spazio modifica il tempo e viceversa), tanto che salta l'idea stessa di un presente unico per tutti.

Uno scienziato affascinato dal lavoro di Einstein è Luigi Fantappiè (1901-1956), importante matematico della scuola italiana (Istituto Nazionale di Alta Matematica dell'Università di Roma). Con i suoi lavori fu propugnatore di tesi controcorrente, come quella che la memoria funziona per mezzo di processi non-locali nello spazio-tempo (la mente umana può collegarsi ad eventi passati e futuri presenti nel continuum spazio-temporale).

A noi Fantappiè interessa per la teoria dei "potenziali anticipati", che descrive le onde convergenti verso una sorgente posta nel futuro. La tesi del matematico italiano è stata considerata errata da alcuni matematici a lui contemporanei, come ad esempio Francesco Severi, secondo i quali il finalismo è un atto di fede, non un atto di scienza. Fantappié è un cattolico, non lo nasconde, e orienta i suoi lavori alla dimostrazione dell'esistenza di Dio: gli preme dimostrare che le stesse leggi di natura corrispondono con quelle di amore riportate nei testi sacri delle principali religioni. Ma a noi interessano i risultati scientifici cui giunge. Avendo ben presente che vi sono dei materialisti in grado di dire sciocchezze metafisiche e dei metafisici in grado di dire cose materialistiche interessanti.

Nei suoi lavori, che non affronteremo da un punto di vista matematico, sostiene che, così come esistono sistemi entropici, si manifestano fenomeni negentropici, che chiama sintropici, in cui l'effetto si mostra prima della causa.

Per Fantappié i fenomeni biologici non possono essere riprodotti in laboratorio essendo la loro causa posta nel futuro, ma egli sostiene che anche senza poter formulare una legge, risulta chiaro che esiste una serie di fenomeni in cui è evidente un principio basato su cause finali (e ciò di per sé rende razionale l'ipotesi di un determinismo inverso nel tempo).

Se vogliamo fare un esempio facilmente comprensibile dei due fenomeni, entropico e negentropico, possiamo immaginare un sasso che viene gettato in uno stagno. La causa siamo noi che gettiamo l'oggetto nello specchio d'acqua, ed esso quando tocca il liquido genera una serie di onde divergenti, che sono gli effetti. Questo è un fenomeno entropico. Se pensiamo invece ad un fenomeno sintropico dobbiamo immaginarci uno stagno calmo, una increspatura dell'acqua, la formazione di onde convergenti verso un punto e infine una pietra che sbuca fuori dallo stagno e ci viene incontro. Questo è un fenomeno non teoricamente impossibile ma altamente improbabile, come se un palazzo fatto crollare a colpi di dinamite si ricostituisse tale e quale com'era prima dell'esplosione.

Volendo fare un altro esempio pensiamo a un mazzo di carte da gioco ordinato che viene mescolato. Ora, la possibilità di ritrovare l'ordine iniziale continuando a mescolare le carte è veramente piccola, ma non impossibile:

"L'improbabilità che il calore passi da un corpo più freddo a uno più caldo (senza un aiuto proveniente da qualche altra parte) è identica all'improbabilità che l'ordine si crei da sé dal disordine (senza un aiuto proveniente da qualche altra parte). Entrambe, fondamentalmente, sono dovute soltanto alla statistica. Contando tutti i modi possibili in cui si può disporre un sistema, quelli disordinati superano in numero, e di gran lunga, quelli ordinati." (James Gleick, L'informazione)

Il secondo principio della termodinamica è di tipo statistico, non meccanico. Pur essendo la morte termica lo stato più probabile dell'universo, in natura vi sono dei fenomeni che la negano, a cominciare dallo sviluppo di un embrione e dalla sintesi clorofilliana. La vita è un fenomeno che nega l'entropia, procede verso livelli superiori di organizzazione, sfidando il disordine circostante. E siccome la materia organica e la materia inorganica sono composte dalle stesse particelle, deve esistere una qualche legge che spieghi l'auto-organizzazione, ovvero l'"ordine gratuito", come lo chiama il biologo Stuart Kauffman. La materia è un insieme di energia organizzata in qualche modo all'interno di configurazioni dinamiche che prendono il nome di particelle, atomi, molecole, e poi cellule e organismi.

I fenomeni fisici, al pari di quelli biologici, manifestano dei caratteri negentropici, ovvero di riduzione locale dell'entropia (ordine) e aumento da qualche altra parte dell'entropia (disordine). Uno degli esempi più stupefacenti di fenomeni negentropici sono le Giant's Causeway in Irlanda del Nord, conosciute in Italia come il Selciato del Gigante, un affioramento roccioso di origine vulcanica composto da alcune decine di migliaia di colonne di basalto a base esagonale. Le generazioni passate non riuscendo a spiegarsi razionalmente l'origine di queste particolari forme geometriche pensarono che si trattasse dell'opera di un gigante che, armato di piccone, aveva costruito un selciato per raggiungere a piedi la Scozia.

Il fisico Mark Buchanan con i suoi importanti lavori intorno alla scienza della complessità ha individuato nell'autorganizzazione un principio che spiega l'esistenza di invarianze in diversi fenomeni, fisici, biologici e sociali. Abbiamo recensito quasi tutte le sue opere, a cominciare da quella per noi più interessante, L'atomo sociale, in cui scrive:

"Negli ultimi decenni scienziati e ingegneri hanno scoperto processi di 'autorganizzazione' simili in migliaia di ambiti: nella biochimica, dove creano strisce sul dorso delle tigri o sulle ali delle farfalle; nelle onde del mare; nelle dune di sabbia del deserto; nelle grandi strutture dei venti ciclonici negli uragani. L'essenza dell'autorganizzazione sta nel fatto che una struttura, un anello di sassi o la precisa distribuzione degli atomi in un cristallo, emerge da sé e in un modo che ha poco o nulla a che vedere con le specifiche proprietà delle parti che la compongono. Nessuno studio della terra o delle pietre di Spitsbergen potrebbe mai spiegare quelle strutture perfettamente circolari, come nessuno studio delle molecole di aria potrebbe di per sé aiutare a capire gli uragani. Per giungere a una spiegazione occorre pensare in termini di struttura, organizzazione e forma, non di atomi o particelle microscopiche di qualsivoglia genere. E per quanto riguarda gli esseri umani? È evidente, o dovrebbe esserlo, che noi siamo probabilmente soggetti agli stessi tipi di processi di organizzazione collettiva."

Lavorando in questa direzione, alla ricerca di una legge unitaria che spieghi il funzionamento della natura nelle sue varie manifestazioni (uomo compreso), ricercatori come Buchanan si fanno strumenti della società futura, nella quale fisica, biologia e sociologia, saranno sussunte in un'unica scienza.

Partito come anticipazione del futuro

Ritornando ai lavori della SCi, essa faceva delle considerazioni simili a quelle di Fantappiè in merito all'esistenza di "potenziali anticipati" (non è da escludere una conoscenza delle opere del matematico italiano).

All'interno del presente modo di produzione vi è una tendenza verso il disordine (capitalismo) e un'altra verso l'ordine (comunismo). Abbiamo visto che l'appropriazione privata del prodotto del lavoro convive con la socializzazione del lavoro. Tale dinamica, contradditoria, non può però reggere a lungo e una di esse prenderà il sopravvento, sta già accadendo.

Ma perché "l'ordine" si possa imporre è indispensabile che maturi un organismo rivoluzionario che fornisca una direzione. Nelle Tesi di Napoli è detto che se oggi il partito è un organo politico in lotta con altri partiti un domani, superato il capitalismo, sarà un organismo che"svolge la difesa della specie umana contro i pericoli della natura fisica e dei suoi processi evolutivi e probabilmente anche catastrofici". Un domani quindi perderà l'involucro politico, necessario in una società di classe come quella capitalistica, e non sarà nemmeno più inteso come partito, parola che deriva da "parte". Morirà in quanto organismo di una classe con compiti politici, ma persisterà come strumento al servizio dell'organica attività di specie.

A dimostrazione che questa visione del partito-comunità umana è caratteristica della corrente cui facciamo riferimento, riportiamo una serie di citazioni dalla stampa di partito:

- Nell'ultimo capitolo di Proprietà e Capitale, "Utopia, scienza, azione": "Ognuno che forma e possiede piani lavora su dati del futuro."

- In Dottrina dei modi di produzione: "Definiamo il partito: proiezione nell'oggi dell'Uomo − Società di domani."

- In Origine e funzione della forma partito: "Il partito realizza l'anticipazione del cervello sociale."

- In Partito e azione di classe: "Per dare un'idea precisa, e diremo quasi tangibile, della necessità 'tecnica' del partito, converrebbe forse, se pure l'esposizione prendesse un aspetto illogico, considerare prima il lavoro che deve compiere il proletariato dopo essere giunto al potere, dopo aver strappata alla borghesia la direzione della macchina sociale."

Per intendere i compiti del partito nell'oggi bisogna proiettarsi nella società futura. Tale operazione può apparire illogica ai più, ma per i comunisti – "esploratori nel domani" - è perfettamente sensata: adottando le categorie politiche della società presente (leaderismo, carrierismo, individualismo, ecc.) si riprodurrebbe quello che si vuole negare. La logica della rivoluzione è circolare: i mezzi devono essere adeguati al fine che si vuole raggiungere.

Nelle Tesi sulla tattica del PCd'I riferendosi alla funzione del partito comunista gli estensori parlano di "attività unitaria e ispirata alle massime finalità rivoluzionarie" e del conseguimento di "obiettivi che superano gli interessi dei singoli gruppi e i postulati immediati e contingenti che la classe lavoratrice si può porre." È come se si volesse dire che il futuro disegna nel presente gli elementi materiali della sua propria realizzazione. Strategia e tattica sono quindi subordinate allo scopo da raggiungere, non si possono modificare a piacimento. Per afferrare questi concetti controcorrente non basta una preparazione culturale e nemmeno la dimostrazione scientifica, serve la fede, la lotta, la passione per il comunismo, e questa non la si crea, è un riflesso delle forze produttive che premono per liberarsi dalle catene capitalistiche.

In una corrispondenza con alcuni compagni, Bordiga faceva notare che gli operai non sono "fregati" dalla poca cultura ma dalla troppa che assorbono alla scuola della borghesia:

"Voi non avete pratica degli intellettuali e non sapete abbastanza quanto sono vuoti fessi vili e difficili a spostarsi un millimetro dai pregiudizi dominanti. Da quarant'anni ho imparato a fondo quanto più facilmente un uditorio operaio afferra tesi audaci radicali e in controsenso alle idee tradizionali, laddove i benpensanti magari con diverse lauree rispondono enunciando fesserie giganti e pietose." (Bordiga a Salvador, Napoli, 23 novembre 1952)

La scoperta della negentropia

Le forze produttive si sviluppano e determinano la formazione di nuovi rapporti di produzione, nuovi rapporti sociali, e nuove visioni del mondo. Il Novecento, tra le altre cose, è stato il secolo dell'invenzione del computer. I primi calcolatori elettronici erano enormi e consumavano uno sproposito di energia, oggi stanno nella tasca dei pantaloni, consumano molto meno e sono più potenti. La miniaturizzazione dei dispositivi tecnologici comporta, come direbbe lo scrittore Italo Calvino, il passaggio dalla pesantezza alla leggerezza (Lezioni americane). Questo processo di "rimpicciolimento tecnologico" è un esempio di informazione che riduce l'entropia.

Possiamo definire come informazione tutto ciò che è in grado di ridurre l'entropia di un sistema. Ludwig von Bertalanffy, che introdusse in biologia la teoria dei sistemi, definisce l'informazione presente nel progetto come un fattore anti-entropico.

Anche il fisico Léon Brillouin, colui che ha scoperto un particolare tipo di effetto scattering (diffusione che sta alla base del funzionamento dei sistemi in fibra ottica), si interessò di negentropia, sostenendo che ad ogni unità di informazione presente in un sistema corrisponde una diminuzione di entropia: più grande è l'informazione, più piccola è l'entropia. Spostando la sua analisi dal campo fisico a quello biologico, Brillouin nota che gli organismi hanno la capacità di autoripararsi, di ricostituire un ordine che è andato perso:

"L'organismo vivente rimargina le sue ferite, cura le sue malattie, e può ricostruire grandi porzioni della sua struttura quando sono state distrutte da qualche incidente. Questo è il comportamento più imprevisto e che più colpisce." (Life, Thermodynamics, and Cybernetics, Harvard University)

I processi del vivente non sono governati unicamente dal secondo principio della termodinamica, non manifestano esclusivamente una tendenza al disordine, anzi, evolvono nel tempo, acquisendo ordine e informazione, e perciò sono orientati verso un fine, lo si chiami come si vuole. Olivier Costa de Beauregard, fisico francese, allievo del grande fisico Louis de Broglie, osserva anch'egli l'esistenza di "retrocausalità" in natura, ovvero di informazione che proviene dal futuro. L'astronomo Fred Hoyle (L'universo intelligente) si domanda da dove provengano le informazioni codificate dal DNA e si risponde che possono arrivare solo dal futuro: crescendo, gli esseri viventi, acquisiscono informazione invece che perderla.

Se da più parti del mondo scientifico si giunge a conclusioni univoche sull'interpretazione delle leggi di natura non significa che la borghesia sia giunta ad assimilarle in quanto espressione di una rivoluzione in corso, ma che vi è giunta l'intera umanità. Nel corso di pochi decenni, tra l'Ottocento e il Novecento la nostra conoscenza del mondo è stata più volte sconquassata dall'introduzione di nuovi metodi, concetti e teorie. Ad esempio, la teoria dell'informazione (Shannon) e la cibernetica (Wiener) sono intimamente connesse tra loro e con altre teorie che le presuppongono o ne sono la conseguenza.

Nel saggio Energia e civiltà. Una storia, l'autore Vaclav Smil descrive la convergenza di studi e ricerche nel corso del secolo scorso a proposito di negentropia, notando che mentre in tutti i sistemi chiusi vi è una crescita dell'entropia, gli organismi viventi, che sono sistemi aperti, rallentano la morte termica mantenendo un flusso costante di energia e informazione con l'ambiente:

"Finché restano in vita, questi sistemi non possono trovarsi in uno stato di equilibrio chimico e termodinamico (Prigogine 1947, 1961; von Bertalanffy 1968; Haynie 2001). La loro neghentropia (il processo di crescita, rinnovamento ed evoluzione) si associa a una maggiore eterogeneità e a una complessità strutturale e sistemica crescente. Come per tante altre innovazioni scientifiche, una comprensione esauriente di queste realtà si è avuta soltanto nel corso del XIX secolo, quando le discipline della fisica, della chimica e della biologia, che si andavano trasformando rapidamente, individuarono un terreno comune nello studio delle trasformazioni di energia (Atwater e Langworthy 1897; Cardwell 1971; Lindsay 1975; Muller 2007; Oliveira 2014; Varvoglis 2014)."

In natura situazioni ed eventi si susseguono secondo una dinamica indagabile con criteri del continuo: non vi è alcun vuoto tra gli oggetti che possono essere osservati; ma ogni singolo stato od evento può essere studiato come elemento discreto, cioè numerabile . In tal modo è possibile utilizzare strumenti che ci danno ulteriore possibilità di conoscenza. Ad esempio, è possibile conoscere un sistema dinamico tenendo conto della sua frequenza nel tempo. Perciò, secondo la percezione di un osservatore umano, è possibile stabilire la probabilità che un evento si verifichi o meno in presenza di determinate condizioni. Globalmente i sistemi ordinati e i loro sottosistemi sono tra i meno probabili, quelli disordinati sono tra i più probabili. Un sistema progettato permette di stabilire le sequenze imposte alla natura per ottenere un risultato voluto.

Nel campo sociale noi siamo i sostenitori della teoria del "meno probabile" realizzato con "certezza" tramite l'organo partito. La contraddizione è solo apparente, dipende solo da un certo uso del linguaggio.

Anche noi della specie homo siamo il prodotto certo di eventi poco probabili. Gli esseri viventi organizzano la loro vita e l'ambiente circostante, e per fare ciò sviluppano delle competenze e delle abilità. Ormai è chiaro che più informazione = meno dissipazione. I dati del passato servono al presente per progettare il futuro, ma sono altrettanto importanti quelli che arrivano dal futuro.

Nell'ambito delle scienze della vita nel corso del Novecento sono state compiute grandi rivoluzioni epistemologiche.

Gli uomini si domandano come la vita abbia origine, come si sia evoluta, e arrivano ad individuare, all'inizio degli anni Cinquanta, il DNA, il programma di replicazione della vita, la famosa doppia elica, e questa scoperta va di pari passo con lo sviluppo della teoria dell'informazione. Ma si capisce anche che prima della comparsa del codice genetico devono esserci state delle strutture ordinate. Il secondo principio della termodinamica, da questo punto di vista, non aiuta. Bisogna allora pensare non all'entropia ma, al contrario, all'informazione.

Afferma il biologo Richard Dawkins nel saggio L'orologiaio cieco:

"Al cuore di ogni cosa vivente non c'è fuoco, non alito caldo, non una 'scintilla di vita', bensì informazione, parole, istruzioni. Se si vuole una metafora, non si deve pensare a fuochi e scintille e respiro. Si pensi, invece, a un miliardo di caratteri discreti, digitali, incisi in tavolette di cristallo."

È corretto porre l'attenzione sull'informazione contro ogni ipotesi vitalistica e metafisica della vita, ma per non cadere in un riduzionismo genetico che, partendo dal DNA vuole spiegare tutta la complessità del vivente, è utile riprendere quanto dice il chimico Pier Luigi Luisi, propugnatore di un pensiero sistemico per cui "la vita non può essere ascritta a nessun singolo componente molecolare (neppure al DNA o all'RNA!) ma soltanto alle rete metabolica considerata nella sua totalità."

Il fisico Erwin Schrödinger, conosciuto soprattutto per i suoi studi sulla meccanica quantistica (in particolare per l'equazione che porta il suo nome), si è interessato anche di biologia, e ha scritto un fondamentale saggio intitolato Che cos'è la vita?(1944). La risposta che vi si dà è la seguente: anche se non l'abbiamo ancora individuato, ci dev'essere un principio anti-entropico che spiega quello strano fenomeno che è la vita, la quale si nutre di negentropia, ovvero di materiale ordinato. Per prodursi e riprodursi un organismo deve ricevere energia dall'esterno. Nel caso degli animali essa viene estratta dal cibo attraverso il processo metabolico, nel caso delle piante viene estratta per mezzo della fotosintesi. Il Pianeta è in grado di catturare entropia negativa dall'universo generando dei sistemi ordinati. Citandolo:

"Come possiamo esprimere in termini di teoria statistica la meravigliosa facoltà di un organismo vivente, mediante la quale esso ritarda il raggiungimento dell'equilibrio termodinamico (morte)? Abbiamo detto [...]: l'organismo si alimenta di entropia negativa, attraendo su di sé un flusso di entropia negativa per compensare l'aumento di entropia che esso produce vivendo, con il che riesce a mantenersi a un livello di entropia stazionario notevolmente basso."

L'organismo incamera ordine da ciò che lo circonda ed espelle il disordine che produce, con fuoriuscita degli scarti, ovvero di materia "degradata; non interamente degradata, tuttavia, poiché le piante possono ancora farne uso".

E allora come definire un sistema vivente? Per Schrödinger:

"Quando esso va 'facendo qualcosa', si muove, scambia materiale con l'ambiente e così via, e ciò per un periodo di tempo molto più lungo di quanto ci aspetteremmo in circostanze analoghe da un pezzo di materia inanimata."

Lo studio sui sistemi chiusi e aperti è dunque nell'aria, come testimoniano i lavori di Hermann Haken, professore di fisica teorica all'università di Stoccarda che, occupandosi di ottica non lineare e fisica del laser, fondò negli anni Settanta una nuova disciplina, la sinergetica, che si basa sui concetti di "ordinatore" e "asservito": in un sistema qualunque, che sia un laser o una società, le varie parti si ordinano per mezzo del movimento sincrono dei singoli elementi asserviti. Grazie a una fonte costante di energia un sistema può darsi sempre più ordine.

Ritornando ai nostri maestri, anche Engels non era del tutto convinto che bastassero il primo e il secondo principio della termodinamica per spiegare il funzionamento della natura (cfr. Dialettica della natura). Sarebbe stato probabilmente molto soddisfatto nel constatare che vi furono in seguito sviluppi a conferma dell'esattezza delle sue critiche: l'universo è in grado non solo di mantenere energia e informazione, come egli affermava contro la teoria della dissipazione irreversibile, ma è in grado di produrre informazione e quindi di rendere reversibile la dissipazione. In contrasto con parte degli scienziati del suo tempo e in sincronia con i filosofi antichi, per Engels l'energia totale dell'universo rimane costante. Questa affermazione che non è di per sé sbagliata, va però integrata con le conoscenze oggi disponibili sui sistemi chiusi o aperti.

Se l'universo è stato generato da una singolarità, dal Big Bang (come recita la teoria cosmologica standard), e uno stato iniziale estremamente ordinato, ha perso ordine successivamente, come si è originato l'ordine iniziale? Era forse operativa prima del Grande Scoppio, una freccia del tempo inversa, negentropica? L'orologio dell'universo, per funzionare, deve prima essere stato caricato?

A questa serie di quesiti cerca di rispondere il fisico Roger Penrose. Ripercorrendo gli studi sul Big Bang propone una "cosmologia ciclica conforme", che consiste nell'idea che ad una fase di espansione (alta entropia) dell'universo seguirà una nuova fase di concentrazione (bassa entropia). Vi sarebbe quindi un universo ciclico, composto da una successione di fasi, che Penrose chiama "eoni". Questa teoria è stata messa in discussione nel libro Materia. La magnifica illusione dal fisico Guido Tonelli, che afferma che da quando si è scoperta l'esistenza della misteriosa energia oscura, nel nostro futuro non ci sarebbe alcuna grande contrazione, e l'universo procederebbe verso la rarefazione: dal vuoto siamo venuti e al vuoto torneremo.

Le teorie cosmologiche di oggi hanno effettivamente qualche problema. Non tanto per la questione della loro validità teoretica quanto per il fatto che al momento convivono senza dimostrare la loro falsificabilità le une nei confronti delle altre. Cosa accadde realmente in "T con zero?" Gli scienziati non ci hanno ancora detto quale fosse la natura dell'oggetto Universo nei suoi primi 3,5 minuti di esistenza.

Elementi di una teoria unitaria del mondo fisico e biologico

Luigi Fantappiè, che abbiamo già citato, agli inizi degli anni Quaranta sviluppò una "teoria unitaria del mondo fisico e biologico", introducendo il concetto di sintropia ovvero di ordine che si contrappone all'entropia, basandosi sugli studi di Einstein sulla relatività e sull'equazione di d'Alembert che descrive la propagazione delle onde da una sorgente.

Tale equazione può essere risolta andando avanti o indietro nel tempo, dato che si riscontra una totale simmetria. Abbiamo quindi la soluzione dei "potenziali ritardati" che descrive le onde divergenti da una sorgente (noi che lanciamo il sasso nello stagno), e la soluzione dei "potenziali anticipati", che descrive le onde convergenti (il sasso che esce dallo stagno e si dirige verso di noi). Nel primo caso, il ritardo nel potenziale è dovuto al tempo che la velocità di propagazione ha richiesto per percorrere il tratto di distanza dalla posizione in cui c'era la sorgente. Nel secondo caso, il fenomeno si presenta con un certo anticipo rispetto alla sorgente.

Di entropia negativa si era occupato anche Paul Dirac, premio Nobel per la fisica, che nel 1928 aveva scoperto il positrone, cioè l'antiparticella dell'elettrone, iniziando le ricerche sull'inversione della freccia del tempo a livello subatomico. Nel 1940 i fisici Richard Feynman e John Archibald Wheeler svilupparono una teoria quantistica della radiazione elettromagnetica (teoria assorbitore-emettitore) nella quale viene stabilita una simmetria rispetto all'inversione temporale. Fantappiè fonda la sua ricerca su questo insieme di lavori con l'obiettivo di dimostrare l'esistenza di sorgenti collocate nel futuro che agiscono sul presente. Sintropia è per lui sinonimo di finalità, differenziazione, ordine e organizzazione, le parole più adatte a descrivere quel fenomeno complesso che chiamiamo vita.

Per Fantappiè, quindi, l'essenza della vita è il principio di finalità, e siccome la vita nasce dalla non-vita, egli cerca di formulare una teoria unitaria comprensiva degli oggetti inanimati e di quelli animati. Lo strumento per arrivare a tale risultato è la fisica, ed egli ricorre, per rappresentare i potenziali anticipati e ritardati, allo spazio-tempo del matematico Hermann Minkowski, una struttura a quattro dimensioni (le tre coordinate spaziali più il tempo), conosciuta anche come cronotopo.

In tale modello, che riportiamo di seguito, la parte inferiore del cono di luce, il passato, contiene tutte le configurazioni degli eventi che hanno preparato la parte superiore, così come il futuro contiene il passato che l'ha determinato. Se per ogni punto-evento della linea d'universo percorsa da un corpo nello spazio-tempo immaginiamo un cono di luce, abbiamo la traiettoria del corpo. Naturalmente, l'evento è una nostra astrazione, una discretizzazione di un qualcosa che è continuo.

Figura 1. Linea di universoFigura 1. La linea di universo percorsa da un corpo nello spaziotempo di Minkowski (Autore: Wikimedia Commons contributors).

Se per Minkowski lo stato presente è l'effetto degli stati precedenti e la causa di quelli seguenti, Fantappiè aggiunge a tale modello geometrico l'"inversione del tempo", per cui i due coni rappresentano nello spazio-tempo rispettivamente onde divergenti da una causa ed onde convergenti da un fine.

Si tratta di una visione "bloccata" dello spazio-tempo, in cui tutti gli eventi sono già accaduti, e in cui passato, presente e futuro coesistono. En passant: anche Einstein sosteneva che la distinzione tra passato, presente e futuro è solo un'illusione.

Un'onda convergente genera simmetricamente un'onda divergente, ma i due fenomeni restano indipendenti e separati; abbiamo visto che per Fantappiè quelli sintropici sono irriproducibili sperimentalmente perché le loro sorgenti sono poste nel futuro. Ciò non toglie, afferma il matematico, che i fenomeni sintropici siano osservabili nei sistemi viventi dove è chiara una tendenza alla realizzazione di strutture complesse e cooperanti tendenti ad un fine.

In Princìpi di una teoria unitaria del mondo fisico e biologico (cap. II, "Il mondo dei fenomeni sintropici e la vita"), scrive:

"Tutti gli esseri viventi presentano una tendenza spiccatissima a concentrare nel loro corpo sempre nuove quantità di materia (e di energia), tendenza che si esplica con le cosiddette funzioni della nutrizione, e ancor più, per gli elementi fondamentali che compongono l'essere vivente (cellule), della assimilazione. Tale tendenza alla concentrazione è visibile soprattutto nelle piante, con l'accrescimento continuo sia di materia che di energia (chimica, potenziale), dovuto al processo clorofilliano, con cui vengono elaborate tanto le sostanze assimilate (anidride carbonica, acqua, ecc.) che l'energia raggiante (solare)
assorbita."

Per Fantappiè l'insieme di tutti i fenomeni vitali che si svolgono sulla superficie terrestre sono più della semplice somma delle parti e generano un immenso organismo, che si può chiamare "biosfera". Le diverse specie che popolano il Pianeta sono da considerarsi come cellule e organi di un unico grande corpo. Nella sua teoria, che è presentata come unitaria, vi è però una riproposizione di un dualismo, che i suoi allievi Giuseppe (fisico) e Salvatore (chimico) Arcidiacono, intendono perfezionare.

Nel 1957 i fratelli Arcidiacono elaborano una loro teoria unitaria, sostenendo che non bisogna più intendere separatamente i fenomeni entropici da quelli sintropici, perché ogni fenomeno, sia fisico che biologico, ha al suo interno due componenti connesse e indissolubili, e scrivono:

"Secondo Fantappiè lo sviluppo di un embrione, la sintesi delle proteine e la fotosintesi clorofilliana, sono altrettanti fenomeni 'sintropici'. Ma questi soddisfano solo in parte le caratteristiche dei fenomeni sintropici: infatti nello sviluppo di un embrione osserviamo il processo di differenziazione, ma si ha pure una degradazione dell'energia; inoltre è stato possibile realizzare la sintesi artificiale di molte proteine e la fotosintesi in laboratorio, in netto contrasto con il principio di irriproducibilità, valido per i fenomeni sintropici."

In alcuni fenomeni prevale la componente entropica, in altri quella sintropica. Ma vi sono fenomeni di equilibrio in cui le due componenti si neutralizzano a vicenda. In un organismo vivente, nella giovinezza, la fase sintropica è predominante, nella maturità c'è una fase di equilibrio tra le due polarità, nella vecchiaia vi è una prevalenza della componente entropica, che alla fine avrà la meglio. Nello studio dei fenomeni entropici è la fase di sperimentazione a prevalere su quella di osservazione, il contrario avviene per i fenomeni sintropici. Il vivente è un sistema circolare, che si produce da sé, il che implica l'esistenza sia della causalità che della finalità. Per gli Arcidiacono il fenomeno che chiamiamo vita è una interazione tra cause poste nel passato e cause poste nel futuro, fenomeni entropici e sintropici si fondono insieme. Gli esempi in natura sono innumerevoli: soluzione e cristallizzazione, respirazione e fotosintesi, fasi anabolica e catabolica del metabolismo, ecc.

Anche il modo di produzione capitalistico, osserviamo noi, può essere analizzato ricorrendo a questa chiave di lettura. In un tratto qualsiasi della storia di un sistema complesso, specie se biologico, i grafici delle fasi dello sviluppo globale appaiono come cuspidi (da zero a max). Con riferimento a dottrine consolidate: teoria dei sistemi, delle catastrofi, auxologia (leggi della crescita degli organismi) possiamo tracciare all'interno del detto sistema globale tre sottofasi: 1 – nascita e sviluppo (massimo di sintropia); 2 – maturità (equilibrio, omeostasi); 3 – senescenza (massimo di entropia). Per giungere infine alla morte termica del sistema.

È come se all'interno di sé stesso, il capitalismo combattesse una lotta tra le spinte che provengono dal passato e quelle che arrivano dal futuro. Una lotta tra la necessità anarchica di accumulare sempre più plusvalore ( feedback positivo, crescita) e quella razionale di darsi equilibrio distribuendo valore nella società ( feedback negativo, omeostasi). Questa lotta sarà vinta dalla componente anarchica del capitalismo perché questo modo di produzione non è in grado di formare un governo unico mondiale che possa "mettere ordine", pur avendo realizzato delle strutture preposte formalmente allo scopo. Ciò non è dovuto all'inettitudine dei capitalisti o dei governanti di turno, ma al suo modo di essere, che risponde ai meccanismi del profitto, vale a dire alla dinamica unilaterale D-M-D'. Le cause antagonistiche alla caduta del saggio di profitto, che rallentano la crisi storica del capitalismo senile, ad un certo punto si tramutano nel loro contrario.

Marx osserva che nessuna società scompare prima di aver dato luogo a tutto il potenziale di cui è capace. Essendo consapevole della dissipazione insita nel modo di produzione capitalistico, ne ha ben chiari la traiettoria e lo scenario della sua perdita di potenza. La nostra corrente ha portato avanti un lungo e complesso lavoro sull'intero secondo volume del Capitale, (nel quale Marx parla già di "potenziale non esistenza del capitalismo"), per giungere ad illustrare il livello finale dello sciupio di un modo di produzione ultra-dissipativo. Bordiga annota che Engels nel curare per la stampa il secondo volume non si era accorto che Marx non voleva tanto mettere in luce le magagne amministrative del capitale quanto l'immenso sciupio che avveniva proprio nel settore del cambio storico della destinazione del plusvalore relativo, che in parte sempre maggiore veniva devoluto alla rendita, come scriverà poi nel terzo volume, dove descrive la legge della caduta tendenziale del saggio di profitto con i criteri di una ricerca sul grado di dissipazione in un mondo di macchine.

Il capitalismo per riprodursi deve sviluppare lavoro associato, aumentare il lavoro morto, oggettivato, "cristallizzato" nel capitale, ma così facendo nega sé stesso sviluppando implicitamente le basi della società futura. La grande industria ha generato forze produttive per le quali la proprietà privata è diventata un ostacolo simile a quello che era la corporazione per la manifattura. Il processo si è invertito rispetto alla fase giovanile della società borghese: e oggi, con un apparente paradosso, possiamo constatare che dall'esistenza di isole di comunismo in un mare di capitalismo, siamo arrivati a isole di capitalismo in un mare di comunismo. La Rete collega tutto e tutti in tempo reale. Il vecchio involucro non corrisponde più al contenuto che preme per liberarsi, questo contenuto non è altro che una forma sociale meno dissipativa, a più bassa entropia.

Senza una teoria delle transizioni sociali non si può capire come si sta evolvendo l'attuale forma, e dove sta andando. Tale teoria non è da inventare, esiste già ed è condensata nelle pagine del Capitale, nel Manifesto, in Stato e rivoluzione e negli altri testi cardine del comunismo. Nelle epoche di rivoluzione, in cui sembra regnare il caos, c'è sempre un ordine soggiacente, c'è un attrattore posto nel futuro, e a questo è necessario prestare attenzione. Nell'ambito della teoria della complessità oltre a parlare di caos deterministico, si introducono i concetti di ordine emergente e di attrattori strani (Edward Lorenz). Se si possono individuare delle regolarità anche in sistemi perturbati, vuol dire che è possibile fare scienza.

Nel testo "Dottrina dei modi di produzione", da cui abbiamo tratto il titolo di questa rivista, n+1 ("Se le forme o modi sociali col capitalismo sono state n, in tutto esse sono n+ 1. La nostra rivoluzione non è una delle tante, ma è quella di domani; la nostra forma è la prossima forma."), si dimostra che seppure le singole formazioni economiche e sociali abbiano delle proprie leggi di sviluppo interno, la successione da una forma a un'altra è possibile perché in ogni forma sono presenti contraddizioni che la mettono in conflitto con lo sviluppo ulteriore delle forze produttive. Ogni modo di produzione produce al suo interno le basi per lo sviluppo di quello successivo.

La teleologia al tempo della cibernetica

In natura esistono svariati esempi di azione diretta al perseguimento di uno scopo (le piante che si protendono verso la luce), e non solo in campo biologico, pensiamo ad esempio ai missili che devono colpire un obiettivo che si muove, e per fare questo devono autocorreggere il loro movimento in volo.

È in campo militare, nel corso della Seconda guerra mondiale, che prendono avvio gli studi del matematico Norbert Wiener sulla cibernetica, che letteralmente vuol dire "arte del controllo". Insieme all'ingegnere Julian Bigelow, Wiener è impegnato durante il conflitto bellico in un progetto volto all'automazione dell'artiglieria antiaerea americana.

Fu ad un convegno multidisciplinare a Princeton nel 1945, organizzato da Wiener e von Neumann, che nacque l'idea di fondare un gruppo di studio, denominato "Società teleologica", che si occupasse dei sistemi a retroazione negativa (cioè di quei sistemi in cui il segnale di uscita agisce all'indietro stabilizzandoli). Il progetto non ebbe vita lunga, ma in compenso tra gli anni Quaranta e Cinquanta si tennero a New York le "Macy Conferences on Cybernetics", decine di incontri sponsorizzati dalla Macy Foundation, un'organizzazione filantropica privata, che avevano lo scopo di promuovere approcci interdisciplinari tra le scienze sociali e quelle fisiche nel tentativo di arrivare all'unità della scienza. Trattare il comportamento intenzionale di organismi e macchine attraverso i medesimi strumenti di analisi era del tutto naturale in quell'ambiente che vide la partecipazione di scienziati illustri come Warren McCulloch, Walter Pitts, Claude Shannon, Heinz von Foerster e Gregory Bateson. Tra i temi trattati vi erano: meccanismi di autoregolamentazione e teleologici, reti neurali simulate, computer che imparano ad apprendere, approcci analogici e digitali ai modelli psicologici, linguaggio e teoria dell'informazione, omeostasi e apprendimento.

Ritornando al lavoro di Wiener e Bigelow sulla contraerea, il sistema che essi realizzarono era, ed è, composto da un radar ("radiorilevamento e misurazione di distanza") che esamina la rotta dell'aereo da abbattere. Il radar invia un segnale ad un calcolatore, e questo, elaborata una previsione sulla posizione futura del velivolo, la invia al cannone che spara. Dopo il primo colpo, il radar verifica la nuova posizione dell'aereo e rimanda l'informazione al cannone che si appresta a spararne un secondo, e così via. Questo meccanismo di reinserimento del dato di uscita (output) in ingresso (input) non è altro che un processo a retroazione negativa.

Ricerche su modelli matematici legati al rilevamento e al puntamento delle batterie contraeree in quel periodo le stava portando avanti anche l'Unione Sovietica, con la scuola del matematico Andrej N. Kolmogorov, il quale si occupò anche dell'entropia, o perdita delle informazioni, sulle traiettorie.

Il tema della retroazione viene approfondito nell'articolo di Wiener, Rosenblueth e Bigelow, "Comportamento, intento e teleologia" (1943), che getta le basi di un metodo unificato di analisi del funzionamento di macchine e organismi, per mezzo della scienza del controllo e della comunicazione. Studio che verrà continuato e approfondito da Wiener nel libro Introduzione alla cibernetica (1948) che ha il sottotitolo Controllo e comunicazione nell'animale e nella macchina.

Per Wiener, Rosenblueth e Bigelow, come già per Aristotele, "la fine viene per prima", e lo dimostrano con il ricorso ai principi della cibernetica: secondo von Neumann non si può pensare a concetti come funzione e forma senza pensare ad un fine che li orienta. Comunque, a loro avviso ogni processo diretto verso un fine può dirsi teleologico, e non danno a questo termine un'accezione religiosa o filosofica.

L'obiettivo del loro articolo è mettere in luce l'importanza dei concetti di comportamento e di scopo (sinonimo di finalità, obiettivo, meta, mira) nei sistemi cibernetici.

Per comportamento i tre scienziati intendono "ogni cambiamento di un'entità rispetto al suo ambiente"; esso può essere rivolto ad uno scopo oppure casuale. Il comportamento attivo è quello in cui l'oggetto può immagazzinare l'energia che arriva dall'esterno. Nel comportamento passivo invece, come nel caso di una pietra scagliata verso un obiettivo, tutta l'energia dell'uscita può essere attribuita all'ingresso. Non c'è nessun filtro interno all'oggetto.

Il comportamento attivo può essere suddiviso in due classi: comportamento causale o finalizzato. Il comportamento rivolto a uno scopo, cioè ad un fine, può essere suddiviso in due insiemi: "con retroazione" (o "teleologico") e "senza retroazione" (o "non teleologico").

Ogni comportamento, di un essere vivente oppure di una macchina, che sia rivolto a un télos è un processo che richiede una retroazione negativa. Infatti, se si deve raggiungere un obiettivo, è necessario che da questo partano con una certa frequenza dei segnali per regolare il comportamento. Pensiamo, come dicevamo all'inizio del capitolo, ad un missile intelligente che modifica la sua traiettoria in relazione al cambiamento di posizione del bersaglio: si tratta di un meccanismo omeostatico artificiale.

Il comportamento diretto a uno scopo e con retroazione può essere di tipo estrapolativo (predittivo) o non estrapolativo (non predittivo).

Il comportamento predittivo può essere suddiviso in vari ordini:

"Il gatto che dà la caccia al topo è un esempio di previsione del primo ordine; il gatto prevede semplicemente il cammino del topo. Tirare un sasso contro un bersaglio mobile richiede una previsione del secondo ordine: devono essere previste sia la traiettoria del sasso che quella del bersaglio. Esempi di previsione di ordine più elevato sono la caccia con la fionda, o l'arco."

Comportamento

Per Wiener, Rosenblueth e Bigelow, il comportamento teleologico è dunque un comportamento diretto da una retroazione negativa, la quale rende possibile all'oggetto, vivente o non vivente (un gatto oppure un missile), di raggiungere il suo obiettivo, anche quando questo è in movimento. La parola "teleologia" utilizzata nell'ambito della cibernetica, come abbiamo già notato, non ha nulla di religioso o filosofico:

"La teleologia è stata screditata principalmente perché per definizione richiedeva una causa cronologicamente successiva a un effetto dato. Quando quest'aspetto della teleologia fu abbandonato, sfortunatamente lo fu anche il relativo riconoscimento dell'importanza del concetto di scopo."

Secondo la definizione data dai tre scienziati, la teleologia non è dunque contrapposta al determinismo, ma alla non-teleologia. Analizzare le macchine e gli uomini con lo stesso criterio (ovvero trattandoli come sistemi organizzati composti da ingresso, trasformazione e uscita) a molti può sembrare una forzatura, ma alla luce del fatto che le macchine stanno imparando ad apprendere autonomamente lo risulta sempre meno.

Per sgombrare il campo da fraintendimenti intorno ai concetti di finalismo e cibernetica, possiamo fare un esempio molto semplice, quello del climatizzatore. Qualcuno lo chiama "pompa di calore" o anche "Inverter".

Se gli si fornisce energia, esso raffredda il caldo o scalda il freddo. Meglio dire che sposta ognuna di queste due condizioni invertendo il flusso di calore (che spontaneamente in natura va sempre verso il freddo). A seconda della precisione dei componenti, è uno dei migliori attrezzi utilizzabili per dare una mano al nostro equivalente biologico quando variano le condizioni medie.

La sua omeostasi si raggiunge tramite un componente semplice, il "termostato". Esso contribuisce al fine per il quale è stato inventato, applicato e tarato. Un prodotto meccanico che ci dice come siamo messi in relazione tra di noi entro l'ambiente in cui operiamo. Da qualunque punto di vista si osservi il sistema che scaturisce dall'assemblaggio, il criterio di valutazione fisica è uno solo e si chiama "rendimento". Tale rendimento è sempre inferiore a 1 ed è la chiave del secondo principio della termodinamica.

C'è una teleologia/teleodinamica del termostato o è nella testa dell'uomo che l'ha inventato dopo averne sentito la necessità per far funzionare qualche congegno?

Il ragionamento sul termostato ha carattere frattale per tutti i modelli realizzabili nell'universo oggi conosciuto, comprese alcune delle sue leggi al momento ambigue. D'altronde, la cibernetica è la disciplina che riguarda tutto ciò che trasmette informazione e studia i modi per utilizzarla per raggiungere un qualche scopo.

L'energia che viene dal Sole

Facciamo un breve ripasso in merito al primo e al secondo principio della termodinamica: 1°) l'energia si conserva, non scompare nel nulla, passa da una forma a un'altra; 2°) in un sistema isolato il disordine aumenta.

Se è vero che l'energia si conserva, allora perché quando il legno è bruciato non si può più riutilizzare per scaldarci o per cucinare? A questa domanda risponde il secondo principio: il grado di disordine di un sistema chiuso tende spontaneamente ad aumentare. Per riportare ordine serve dell'energia dall'esterno, e l'unica fonte di energia che rende possibile la vita sulla Terra è quella che arriva dal Sole, la stella più vicina al pianeta Terra.

Chiediamoci allora come ha fatto la vita a nascere e differenziarsi, e come farà dalla disgregazione del capitalismo ad affermarsi una forma sociale superiore. Le due domande sono strettamente collegate e lo sono le risposte. Tutti i sistemi biologici e sociali sono mantenuti ordinati attraverso l'energia che proviene dal Sole, pensiamo alla fotosintesi, cioè alla capacità delle piante di catturare l'energia contenuta nei raggi solari e di usare materiali come l'anidride carbonica sparsa nell'atmosfera e l'acqua presente nel terreno, per generare nuovo ordine. All'interno della pianta vi è un processo di produzione (come in una fabbrica) da cui escono materiali ordinati, come zuccheri, cellulosa, lignina, foglie e frutti, che servono da alimento agli animali, i quali sono a loro volta dei complessi processi di produzione.

Il sistema che tiene insieme Terra e Sole lo possiamo considerare per semplicità di analisi come un sistema chiuso: se si spegne la lampadina, il Sole, addio ordine sul nostro pianeta (se vogliamo trarne un paragone: la fonte di energia da cui il capitalismo trae nutrimento è la forza lavoro, se questa per determinati motivi smette di produrre plusvalore esso si spegne).

Insomma, è solo grazie alle reazioni nucleari che avvengono nella stella madre del sistema solare che è possibile l'organizzazione biologica. Le società preclassiste, che non avevano ancora tagliato il cordone ombelicale che le teneva unite organicamente al resto della natura, avevano elaborato dei culti del Sole (Antico Egitto, Maya, Inca, ecc.), intuendo che da quel posto in alto nel cielo si irradiava l'energia necessaria alla vita sulla Terra:

"Se sotto le spoglie degli squallidi santi cattolici vive ancora la forma antichissima delle divinità non inumane, come il Sole, ciò ricorda le notizie - quanto giunte a noi travisate! - della civiltà Inca, che Marx ammirava. Non erano primitivi e feroci tanto da immolare i più begli esemplari della specie giovane al Sole che chiedeva sangue umano, ma splendide di un intuito possente, quelle comunità che riconoscevano il fluire della vita nella energia, che è la stessa quando il Sole la irradia sul pianeta e quando fluisce nelle arterie dell'uomo vivo e diventa unità ed amore nella specie una, che fino a quando non cade nella superstizione dell'anima personale col suo bilancio bigotto di dare ed avere, soprastruttura della venalità monetaria, non teme la morte e non ignora che la morte della persona può essere inno di gioia, e contributo fecondo alla vita dell'umanità." ("A Janitzio la morte non fa paura")

Al pari di quei saperi antichi che, seppur ingenui, erano la manifestazione di una raggiunta armonia sociale con l'ambiente, la teoria comunista spiega il rapporto termodinamico tra l'uomo e il Sole, e lo fa con gli strumenti e i metodi della scienza-conoscenza di domani, critica verso l'economia in partita doppia di questa società in declino:

"Per la scienza marxista, anche se non esiste rendita fondiaria che non sia sfruttamento dell'uomo, appropriazione di valore, pagamento della società al contadino, il prodotto agricolo è frutto della natura, dato che lo sono anche l'uomo e il suo lavoro. Essi, infatti, sono il prodotto di una infinitesima parte dell'energia che il Sole diffonde nello spazio e che, incontrando la Terra, dà luogo al chimismo della vita. Nella società senza classi nessuno 'si approprierà', nessuno 'pagherà'; in essa, risolto razionalmente il rapporto uomo-natura, la specie non avrà bisogno di scindere il lavoro dell'uomo da quello del Sole." (cfr. Prospetto introduttivo alla questione agraria, 1953).

I fotoni che arrivano dal Sole trasportano un'energia molto più ordinata (fotoni "gialli" ad alta frequenza) di quella che la Terra restituisce al cosmo (infrarossi a bassa frequenza). La Terra riconsegna la medesima quantità di energia che riceve dalla stella madre, ma quella che riceve è a bassa entropia. Se volessimo descrivere il funzionamento energetico del nostro pianeta con la teoria dei sistemi, potremmo rappresentarlo con il modello della scatola nera: un input, energia più ordinata che arriva sulla Terra, e un output, energia più disordinata in uscita.

Il chimico James Lovelock, che lavorò negli anni Sessanta per la NASA ad una ricerca sulle caratteristiche che un pianeta deve avere perché si manifesti la vita, considera la nostra biosfera come un organismo unico in grado di autoregolarsi, e lo dimostra con lo "schema delle margherite" (modello Daisy-World), che poi è un'equazione di Lotka-Volterra, meglio nota come modello preda-predatore. Con questo modello si giunge alla conclusione che più sulla Terra aumentano le margherite bianche, che assorbono la radiazione solare, più la temperatura si abbassa, e quindi aumentano quelle nere, che respingono la radiazione. La simulazione al computer di tale dinamica può essere resa molto più complessa introducendo delle variabili. Ad ogni modo dal modello si deduce come il Pianeta sia in grado di regolare la sua temperatura per rendere possibile la continuità della vita. Per Lovelock (Gaia. Nuove idee sull'ecologia):

"Una delle proprietà salienti di tutti gli organismi viventi, dal più piccolo al più grande, è la loro capacità di sviluppare, far funzionare e mantenere sistemi che stabiliscono un obiettivo e quindi lottano per raggiungerlo attraverso il processo cibernetico del tentativo e dell'errore. La scoperta di tale sistema, funzionante su scala globale e avente come obiettivo di stabilire e mantenere condizioni fisiche e chimiche ottimali per la vita, ci fornirebbe sicuramente una prova convincente dell'esistenza di Gaia."

Gaia è l'insieme delle componenti organiche e inorganiche che formano il pianeta Terra. Se, come specie umana, non ci rimettiamo in armonia con il resto della biosfera corriamo il rischio di estinguerci, come ormai numerosi studi stanno a dimostrare. Anche perché, come nota il filosofo della scienza Telmo Pievani: "La biosfera è necessaria per la sopravvivenza dell'uomo, ma l'uomo non è necessario per la biosfera".

Marx, in tempi non sospetti, quando non si parlava ancora di ecologia e di limiti dello sviluppo (Club di Roma, modello Mondo3), aveva posto con approccio scientifico il problema della rottura del "metabolismo sociale" dovuta allo sviluppo capitalistico con relativo aumento dello sciupio:

"La grande proprietà fondiaria riduce la popolazione agricola a un minimo continuamente decrescente, contrapponendole una popolazione industriale stipata in grandi città e continuamente crescente; genera perciò condizioni che provocano un'insanabile frattura nel tessuto del metabolismo sociale prescritto dalle leggi naturali della vita, in seguito alla quale le risorse della terra vengono dissipate, e il commercio estende questo sperpero ben oltre i confini del rispettivo paese."

L'unico modo per mettersi in continuità con la biosfera è passare ad un'altra forma sociale, progettata, non anarchica. Le critiche ecologiste alla società dei consumi, come quelle avanzate ad esempio da John Bellamy Foster (Monthly Review), teorico della "frattura metabolica" e sostenitore di una prassi eco-socialista volta alla perpetuazione delle categorie politiche borghesi come eguaglianza, democrazia e libertà, restano nell'ambito di quel sistema che si vorrebbe "correggere".

Non bastano le prese di posizione per fermare un modo di produzione che si è completamente autonomizzato rispetto ai bisogni della specie. L'urbanizzazione capitalistica cresce come un cancro interrompendo il ricambio organico tra uomo e natura e provocando disastri a scala sempre più vasta. Chi si occupa di previsione tecnologica e ingegneria dei sistemi, come ad esempio il matematico Roberto Vacca, nota che ci sono dei limiti il cui superamento provoca necessariamente delle catastrofi. Nel saggio Medioevo prossimo venturo, Vacca incentra la sua analisi sulla degradazione dei grandi sistemi, nel romanzo La morte di megalopoli un incidente qualsiasi scatena un effetto domino che si ripercuote da una città alle infrastrutture e alla logistica di un intero paese. Oggi tali scenari non sono poi così fantascientifici: le supply chain ("catene di distribuzione") muovono merci, e quindi valori d'uso, da una parte all'altra del mondo, e se per qualche motivo si interrompono, metropoli di dieci o venti milioni di persone restano senza cibo, acqua, medicine ed elettricità con conseguenze facilmente immaginabili.

Di fronte a questa situazione, non si tratta, come fanno gli eco-primitivisti, di invocare un ideale impossibile ritorno al passato, a comunità locali autosufficienti e decentrate, ma di fare leva sugli elementi di futuro presenti in questo modo di produzione per agevolarne la scomparsa:

"Gli elementi rivoluzionari che elimineranno la vecchia divisione del lavoro e la separazione fra città e campagna rivoluzionando tutta la produzione, sono già contenuti in germe nelle condizioni produttive della grande industria moderna (Friedrich Engels, Antidühring)."

Nel libro Metà della Terra. Salvare il futuro della vita, il biologo Edward O. Wilson propone, come soluzione per salvare la biodiversità del Pianeta e quindi la vita della nostra specie, che metà della superficie terrestre, o una parte maggiore, sia destinata ad essere un'inviolabile riserva naturale. È una proposta interessante, bisognerebbe però spiegare come attuarla in un mondo che è diviso in stati-nazione, e in cui ognuno di essi lotta contro l'altro per accaparrarsi fette di mercato rendendo del tutto utopica un'azione coordinata a livello globale. Le teorie della complessità ci dicono che non si può comprendere un sistema dinamico senza una visione chiara degli elementi e della vasta rete di interazioni che permettono a questo di auto-sostenersi.

Come afferma il fisico Léon Brillouin in Life, Thermodynamics, and Cybernetics:

"La Terra non è un sistema chiuso, e la vita si nutre dell'energia e dell'entropia negativa che filtrano nel sistema terrestre. [...] Il ciclo funziona così: primo, creazione di equilibri instabili (combustibili, cibo, precipitazioni ecc.); poi l'uso di queste riserve da parte di tutte le creature viventi."

Il sistema Gaia, produce le condizioni della sua stessa esistenza, è un sistema vivente, che lotta unito contro l'entropia, come nel famoso film Avatar di James Cameron,dove appare chiaramente la figura dell'uomo capitalistico che, a differenza delle altre specie, non compartecipa allo sviluppo della vita sul pianeta ma si pone come elemento esterno e antagonistico ad essa.

L'Ipotesi Gaia, sviluppata da Lovelock negli anni Settanta era stata anticipata da von Bertalanffy con la teoria generale dei sistemi, che considera il mondo come qualcosa che è più della somma delle parti: il sistema-mondo è composto da sottosistemi in relazione tra di loro, che sono strutturati secondo un principio gerarchico (le cellule che formano tessuti, questi che formano organi, e così via). Il motivo per cui sono nate queste teorie in un determinato periodo è da ricercare nella necessità della società industriale di arrivare ad una visione sistemica di sé stessa: lo richiede la "retificazione" del mondo.

Se è corretto considerare il pianeta Terra come un essere vivente, allora il comunismo non è solo un'esigenza della specie umana ma un'esigenza di tutta la biosfera, quindi è un fatto di natura universale. Siamo sicuri che tale definizione del comunismo farà inorridire chi lo intende come un fatto politico, dovuto alla capacità di manovra del partito-battilocchio di turno, ce ne dispiace, ma siamo arrivati a queste conclusioni per via deterministica partendo da quanto scritto da Marx nei Manoscritti del 1844.

Evoluzione contro entropia

Nel corso dell'Ottocento si scontrano due visioni del mondo: quella basata sull'evoluzione, e quindi sulla crescita dell'ordine in natura (Darwin) e quella basata sulla termodinamica, che vede il mondo come tendente al caos (Carnot). Ma ci rese conto che non vi possono essere due verità contrapposte per spiegare cosa succede in natura. E dunque?

Incominciamo col dire che nel secolo scorso emerse l'ipotesi, poi formalizzata e provata, che il secondo principio della termodinamica e la teoria dell'informazione fossero rappresentabili con formulazioni non solo simili ma identiche. In sintesi, ciò significa che i processi deterministici, se si prescinde dal tempo, sono perfettamente reversibili.

Il vivente assorbe energia e informazione assumendo ordine nuovo nelle sue strutture e così, in un universo aperto, nuovo ordine si forma con scambi di energia-materia. Bertalanffy affronta il problema sostenendo che gli organismi viventi sono sistemi aperti, in equilibrio dinamico, e quindi non rispondono solo al secondo principio della termodinamica, come invece nel caso dei sistemi chiusi. Gli organismi ritardano la morte termica perché scambiamo continuamente energia e informazione con l'esterno. Senza apertura verso l'esterno non è possibile la produzione e riproduzione della vita. Gli esseri viventi non sono sistemi statici, contenenti sempre gli stessi componenti, sono sistemi in "stato quasi stazionario".

Humberto Maturana e Francisco Varela, teorici dell'autopoiesi, ovvero della capacità dei sistemi viventi di riprodurre sé stessi, riprendono il discorso specificando che i sistemi viventi sono "organizzati in un processo circolare causale chiuso che permette il cambiamento evolutivo nel modo in cui è mantenuta la circolarità, ma non la perdita della circolarità stessa." (Autopoiesi e cognizione)

C'è bisogno dell'apertura per scambiare energia e informazione con l'ambiente esterno (Bertalanffy), ma è altrettanto necessaria una chiusura organizzazionale per preservare l'esistenza del sistema (Maturana, Varela).

Possiamo dire che, dialetticamente, i sistemi viventi sono chiusi e aperti allo stesso tempo. La cellula, ad esempio, è composta da una membrana che si apre e si chiude in continuazione. Se non c'è circolarità non è possibile l'esistenza di un essere vivente che, essendo un sistema, ha un'identità, viceversa se fosse totalmente chiuso non sarebbe vivo. Questa dinamica vale anche per quel particolare organismo che è il partito della rivoluzione, come abbiamo scritto nell'articolo "In senso lato e in senso stretto" (n+1 n. 39 aprile 2016): ogni volta che il lavoro politico si svolge con le modalità di rete è per definizione, nello stesso tempo, aperto e chiuso, quindi comune e collettivo.

Bertalanffy aggiunge alla termodinamica classica la termodinamica dei sistemi aperti, su cui anche altri scienziati lavoreranno, come Ilya Prigogine e Isabelle Stengers, con i loro studi sulle strutture dissipative (o sistemi dissipativi) che immettono nell'ambiente una quantità maggiore di entropia rispetto a quella che assorbono. Per Prigogine e Stengers i sistemi dissipativi assorbono energia ad alto valore termodinamico ed esportano energia degradata a basso valore. Nel loro schema è rispettato il secondo principio della termodinamica: i sistemi dissipativi, che siano organismi viventi, cicloni o laser, mantengono il loro ordine e lo accrescono a spese del resto dell'universo (ne deduciamo che ci dev'essere una qualche coordinazione anche nei processi atomici).

Fino a qui la teoria di Prigogine e Stengers funziona bene, sorge qualche problema quando il mondo dei sistemi aperti viene descritto come indeterministico. Per loro il determinismo e la reversibilità dei processi si applicano solo a limitati casi in fisica e in biologia: è la fluttuazione scatenante, di natura casuale e microscopica, quella che può generare un cambiamento macroscopico in grado di invadere l'intero sistema. Essa per incidere sul sistema deve stabilizzarsi in una regione spaziale limitata:

"Possiamo considerare le strutture dissipative come fluttuazioni giganti conservate da un flusso di energia e di materia. Esse sono infatti il risultato di fluttuazioni, ma, una volta formate, possono essere stabili rispetto a una vasta classe di perturbazioni." (Prigogine e Stengers, La nuova alleanza)

La vita, secondo gli autori, nascerebbe dal caso. Ma il matematico Renè Thom (Basta con il caso, taccia il rumore) smonta tale tesi, dimostrando che la vita non è un elemento irriducibilmente casuale, perché ogni "storia" dei singoli percorsi possibili della materia è in relazione con l'universo delle storie adiacenti.

Figura 2. Iperciclo di Manfred EigenFigura 2. Rappresentazione schematica di un "iperciclo" di Manfred Eigen.

Manfred Eigen, premio Nobel per la chimica nel 1967, arriva alla conclusione che l'origine della vita sulla Terra non è il frutto del caso, ma è il risultato di un processo di organizzazione di sistemi non in equilibrio. L'iperciclo di Eigen è un anello di cicli di reazione fra entità auto-organizzate formate da feedback positivi. La vita è un concatenamento di cicli di reazioni che promuovono la loro stessa sintesi. Tema ripreso successivamente da Stuart Kauffman con la teoria dei sistemi auto-catalitici, capaci cioè di catalizzare la loro stessa formazione.

La vita si origina per Kauffman per mezzo di meccanismi di replicazione di varie dimensioni che hanno svolto un ruolo fondamentale nella formazione dei primi organismi viventi. È ancora materia di studio lo stabilire in quale punto esatto del processo evolutivo, il mondo prebiotico ha prodotto quello biotico. Quando si studiano le transizioni di fase in biologia, come nella società, si arriva inevitabilmente a concludere che c'è sempre una continuità morfologica da una forma all'altra, ma allo stesso tempo vi sono delle rotture, come nella "teoria degli equilibri punteggiati" di Gould.

Alla base dell'apparizione della vita vi è una fase prebiologica, che Eingen definisce auto-organizzazione molecolare. Il vivente nasce dal non-vivente, come già sosteneva il biochimico russo Aleksandr Oparin (L'origine della vita, 1929), che individuava nell'auto-organizzazione chimica l'origine della vita. La dimostrazione verrà poi negli anni Cinquanta, in America, con l'esperimento di Miller-Urey (dal cognome dei due chimici), in cui sostanze inorganiche vengono sollecitate in laboratorio da scariche elettriche, che simulano i fulmini, producendo la formazione di molecole organiche come gli amminoacidi.

Lo studio della transizione dalla non-vita alla vita è aperto, e riguarda anche la nuova forma di intelligenza che impropriamente viene chiamata "artificiale", e che sta repentinamente trasformando tutta la società.

La scienza dell'organizzazione

Il rivoluzionario russo Aleksandr Aleksandrovič Bogdanov, al quale Lenin si contrappose duramente, era anche un medico, e molto prima degli scienziati che abbiamo menzionato, aveva affrontato la questione dell'organizzazione nel testo Tectologia, che vuol dire appunto scienza dell'organizzazione, intesa come metodo di studio della continua evoluzione delle forme materiali. Bogdanov per spiegare che cosa intende per organizzazione fa l'esempio della costruzione di una casa: per iniziare serve una serie di materiali e di strumenti, e servono varie figure professionali. Mettendo insieme tutte queste strutture, operai compresi, connettendole e organizzandole "scaturisce" una casa, la quale è più della semplice somma delle parti. Se prima ci sono degli elementi slegati tra di loro, quando la costruzione è portata a termine vi è un qualcosa di più, vi è un sistema "organizzato". Si è verificata una concentrazione di materia ed energia tramite l'organizzazione, cioè tramite un ordine.

Alla base della Tectologia vi è l'idea che tutte le attività umane, dalle più elementari alle più complesse, sono dei processi organizzativi. L'universo, per Bogdanov, è una totalità che si auto-organizza. Il rivoluzionario russo notava che l'applicazione di concetti organizzativi nella vita pratica e nella scienza stava diventando sempre più ampia, e si sarebbe arrivati un domani a formulare metodi universali per la soluzione dei problemi. Il futuro porterà all'organizzazione unificata delle cose, delle persone e delle idee, alla connessione di tutti e tre gli elementi in modo dinamico e armonioso. Tutti gli interessi e i compiti dell'umanità sono per Bogdanov riconducibili a fattori di tipo organizzativo.

Il fisico Fritjof Capra, da sempre interessato al pensiero sistemico ed olistico, ma anche al mondo new age ed ecologista, nel saggio Vita e natura, scritto insieme al chimico Pier Luigi Luisi, affrontando i temi della simbiosi e della cooperazione in natura, ricorda l'importanza dell'opera di Bogdanov per lo sviluppo della scienza della complessità:

"Bogdanov dimostrò come la crisi organizzativa si manifesti come una rottura dell'equilibrio sistemico esistente e, allo stesso tempo, rappresenti una transizione verso un nuovo stato di equilibrio. Definendo delle categorie di crisi, Bogdanov anticipò persino il concetto di catastrofe sviluppato negli anni Sessanta dal matematico francese René Thom, che in seguito, con il nome di 'biforcazione', divenne un concetto chiave della teoria della complessità."

Capra mette quindi in discussione la nozione di "gene egoista" di Richard Dawkins. In effetti non è convincente la teoria del gene che lotta isolatamente per assicurarsi la propria sopravvivenza e trasmissione, come non lo è per Marx quella dell'astratto individuo robinsoniano, isolato dalla specie e autosufficiente. Bisogna passare da un approccio riduzionistico a uno olistico, il più adatto a spiegare la dinamica dello sviluppo biologico (Bordiga citando Bertalanffy in Fattori di razza e nazione: "un solo coniglio non è un coniglio, due conigli soltanto possono essere un coniglio"). Alla base della vita c'è la cooperazione piuttosto che la competizione, la collettività al posto dell'isolamento. La teoria dei giochi dimostra che ha più chance di sopravvivenza chi riesce a stabilire delle alleanze e non chi rimane isolato. La cooperazione è visibile sia a livello genetico che al livello degli organismi multicellulari dove è necessaria per la formazione di cellule e tessuti.

Capra si chiede come fa una cellula oppure un organo ad avere la cognizione di far parte di un qualcosa di più ampio. La risposta, egli dice, la si può trovare nell'ambito della biologia sistemica, che studia gli organismi viventi focalizzandosi più sulle loro interazioni che non sulle parti.

Ogni essere vivente è provvisto di una qualche forma di cognizione, (Maturana, Varela). La cognizione, ovvero il processo di acquisizione di dati relativi a un determinato sistema, è tutt'uno con il processo della vita. Gli esseri viventi sono esseri cognitivi, ad ogni livello, dal più piccolo al più grande. La cognizione è l'attività che sta alla base delle reti viventi. La mente è immanente alla materia, come diceva Giacomo Leopardi nello Zibaldone: se noi pensiamo, vuol dire che la materia sente e pensa. Non siamo fatti di una materia diversa da quella del resto dell'universo.

Il materialismo ha molti padri e andando indietro nel tempo ne possiamo ricordare più d'uno.

Per Giordano Bruno gli esseri umani non sono altra cosa rispetto al resto della natura, sono una delle tante forme di vita che popolano il Pianeta. Da buon materialista nota come la caratteristica principale della nostra specie è la mano, la quale permette di costruire utensili, di lavorare, attività che la differenzia dagli altri animali. L'universo è un organismo formato di un'unica materia e sostanza. Bruno si ispirava alle teorie di Lucrezio (De rerum natura), per cui "la natura non è sottomessa a padroni superbi. Fa tutto da sé e senza interventi divini." Lucrezio, a sua volta, si basava sulle teorie di Epicuro per cui la ragione non viene dal cielo (Iperuranio), come pensava Platone, ma dalla materia, che ha la capacità di darsi ordine da sé, di auto-organizzarsi.

Anche gli organismi più semplici hanno una cognizione, anche l'ameba che cerca cibo nell'ambiente circostante "decide" di andare dove è abbondante e non dove è scarso. I mixomiceti, detti anche funghi mucillaginosi, quando viene superata una soglia critica rappresentata dalla carenza di cibo nell'ambiente circostante, si fondono in un unico corpo per procacciarsi il poco nutrimento a disposizione e utilizzarlo razionalmente. Queste amebe emettono una sostanza (cAMP, adenosina monofosfato ciclico) che funge da aggregatore, e, pur non essendoci dei mixomiceti leader che organizzano gli altri, le singole unità si uniscono spontaneamente dando vita a una organizzazione biologica superiore. Esempi di auto-organizzazione simile si ritrovano negli insetti sociali, che comunicano tra di loro grazie alla "stigmergia", ossia con il rilascio di un marcatore, il feromone.

La simbiosi è alla base della formazione della vita. Ci sono moltissimi casi di associazione all'interno di una specie e tra specie diverse, vegetali e animali. Alcuni studi rilevano che nel nostro organismo addirittura il 90% circa delle cellule non sono umane. E il microbiota intestinale, meglio conosciuto come flora batterica, la somma dei microorganismi che vivono all'interno dell'intestino umano (batteri, virus ed eucarioti), è fondamentale per regolare le funzioni vitali. C'è chi sostiene che l'insieme di questi microorganismi può essere paragonato ad un organo supplementare, e che il microbiota intestinale comunichi direttamente con il cervello attraverso il sistema nervoso. In natura vi sono svariati casi di vita simbiotica: uccelli che si cibano dei parassiti dei pachidermi, pesciolini che lo fanno con pesci grandi, ecc.

Le specie che praticano la simbiosi e il mutualismo hanno un fine comune, che è la propria riproduzione. Tra l'uccello che si nutre dei parassiti e l'elefante che lo ospita si è stabilito un sistema, una forma di organizzazione tra specie diverse che si è dimostrata vincente per entrambe.

Edward O. Wilson nel libro La conquista sociale della Terra, narra la storia dell'eusocialità, la caratteristica di quelle specie "in cui vi sono generazioni multiple organizzate in gruppi grazie ad una divisione altruistica del lavoro". Le specie eusociali (formiche, api, vespe, termiti e uomo) sono quelle in cui gli individui nel loro operare formano dei superorganismi.

La visione dell'evoluzione come prodotto dell'interconnessione era stata anticipata dal botanico russo Konstantin Mereschkowski, che nel 1905 nel corso delle sue ricerche sui licheni formulò la teoria della simbiogenesi: le cellule più grandi e complesse si sono evolute dalla relazione simbiotica tra cellule meno complesse. L'evoluzione avviene per salti gerarchici, cioè per sussunzione. Nel libro Il mutuo appoggio, lo scienziato anarchico Pëtr Kropotkin sostiene che le specie viventi che si sono adattate meglio sono quelle che praticano il mutuo appoggio, e suggerisce all'umanità di fare altrettanto (salvo poi smentirsi diventando interventista durante la Prima guerra mondiale).

Altro scienziato russo che ha adottato una visione sistemica è Vladimir Vernadskij, anticipatore dell'Ipotesi Gaia di Lovelock. Si forma scientificamente nella San Pietroburgo di fine Ottocento, città ricca di fermenti politici e culturali. Si laurea in scienze naturali, visita molti paesi europei e partecipa a numerosi congressi scientifici. Partendo da ricerche sulla mineralogia ampliò l'orizzonte dei suoi studi fondando discipline quali la geochimica e la biogeochimica, e scrisse un libro pionieristico come Biosfera, in cui descrive la vita sulla Terra come se fosse un organismo unico:

"La biosfera è una creazione del Sole nella stessa misura, se non di più, di quanto è una manifestazione dei processi terrestri. [...] Essa, nella sua essenza, può essere considerata come una regione della crosta terrestre, occupata da trasformatori che cambiano le radiazioni cosmiche in energia terrestre attiva, elettrica, chimica, termica, ecc. Le radiazioni cosmiche provenienti da tutti i corpi celesti si estendono a tutta la biosfera, attraversano quest'ultima e tutto ciò che vi si trova. [...] Lo studio dell'influenza delle radiazioni solari sui processi terrestri ci permette di farci una prima idea precisa e profonda della biosfera dal punto di vista scientifico, come meccanismo a un tempo terrestre e cosmico. Il Sole ha trasformato radicalmente il volto della Terra, ha traversato e permeato la biosfera."

Nei primi anni del Novecento in Russia si verifica una vera e propria esplosione scientifica, che getta le basi della moderna teoria dei sistemi. Questo paese vivendo un'epoca di rivoluzione diventa un laboratorio di ricerca in tutti i campi. Il ribollire di studi e ricerche passa attraverso la curiosa corrente di pensiero che è il cosmismo, movimento per metà esoterico (Nikolaj Fёdorov) e per metà scientifico (Konstantin Ciolkovskij), che ha tra i suoi obiettivi la colonizzazione di altri mondi per mezzo dei viaggi spaziali. Si tratta di due anime che attraversano la stessa Rivoluzione d'ottobre, arretrata (mistica) e avanzata (scienza) allo stesso tempo.

Con la sconfitta della rivoluzione nei primi anni Venti, in Russia si determina un blocco, o comunque un rallentamento, nella conoscenza, e la controrivoluzione travolge tutto (scienza, arte, ecc.). Solo con la nascita della cibernetica e del pensiero sistemico a metà del secolo scorso, si riscoprono autori e teorie che erano state dimenticate, come ad esempio quelle di Bogdanov. La scuola cibernetica russa non ha comunque nulla da invidiare alle altre, basti pensare ai progetti "cybercomunisti" del matematico Victor Glushkov che, negli anni Sessanta, puntava alla pianificazione dell'economia per mezzo di un sistema informatico centralizzato (OGAS, "Sistema nazionale automatizzato di contabilità ed elaborazione delle informazioni").

Importante scienziato russo è Sergey Podolinsky (i cui scritti erano conosciuti e apprezzati da Vernadskij), che elaborò nella seconda metà dell'Ottocento una teoria energetica nel libro Il lavoro dell'uomo in relazione alla distribuzione dell'energia . Basandosi sugli studi di Marx ed Engels (aveva stabilito una breve corrispondenza con quest'ultimo) affermava che nella società futura non ci sarà più bisogno di distinguere il lavoro dell'uomo da quello del Sole. Per Podolinsky si può intendere il lavoro come una forza, un'energia, e quindi trattarla alla pari degli altri flussi ecosistemici. Quasi un secolo dopo, negli Stati Uniti, nasce il movimento tecnocratico (technocracy movement), composto da scienziati e ingegneri, che propone l'avvio nella società di uno scambio non monetario basato su unità energetiche, e il superamento di governi e partiti politici.

La vita intesa come sistema simbiotico

Concludiamo la lunga carrellata di autori che si occupano di auto-organizzazione, approfondendo la teoria endosimbiotica sviluppata dalla biologa Lynn Margulis, secondo la quale la vita è un sistema simbiotico che si auto-riproduce.

Margulis, collaboratrice di James Lovelock nella formulazione dell'Ipotesi Gaia, considera incompleta la nozione darwiniana di evoluzione guidata dalla competizione, e afferma che l'evoluzione è fortemente basata sulla cooperazione, l'interazione, e la dipendenza mutuale tra organismi. Secondo Margulis, "la Vita non colonizzò il mondo attraverso il combattimento, ma per mezzo dell'interconnessione".

Alla base dell'evoluzione naturale vi sarebbe una cellula che ne ha "mangiata" un'altra e invece di metabolizzarla l'ha mantenuta al suo interno sviluppando nuove capacità. Una cellula eucariota sarebbe nata dalla fusione di un procariota con un altro organismo. Secondo la scienziata la vita è nata da una cooperazione fisica preliminare, che ad uno stato più avanzato diventa mutua cooperazione tra specie diverse e tra le stesse (famiglie, branchi, armenti, stormi, tribù).

Ciò accade anche nella società umana, nella sua cellula fondamentale, la fabbrica, dove la cooperazione tra operai parziali individuali è un elemento essenziale. Nel Capitolo VI inedito del Capitale Marx la descrive come una macchina produttiva globale in cui gli operai parziali sono le singole cellule che cooperando ne rendono possibile il funzionamento. Oggi la produzione è divisa per aziende, ognuna in lotta contro le altre, ognuna focalizzata sulla massimizzazione del proprio profitto.

Margulis rompe con qualsiasi forma di antropocentrismo, affermando che non è vero che i microbi, e i microorganismi in genere, siano meno evoluti di noi, dato che vivono sulla Terra da qualche miliardo di anni prima della nostra apparizione, e se sono sopravvissuti fino ad oggi ciò significa che hanno trovato una loro nicchia ecologica. È bene ricordare che nella lunga catena evolutiva degli organismi viventi, la specie umana occupa un tratto brevissimo: intorno ai 4 miliardi di anni fa hanno fatto la loro apparizione i procarioti (mancanti di un nucleo strutturato), un paio di miliardi di anni fa sono apparsi gli eucarioti (con nucleo ben definito da una membrana nucleare), un miliardo di anni fa è nata la vita pluricellulare (un insieme di cellule che ha cominciato a cooperare per il funzionamento dell'insieme stesso), l'homo sapiens nasce solo 300.000 anni fa.

Gli esseri "superiori" sono fatti di microorganismi, e ciò dimostra che la vita si è originata per mezzo di interrelazioni. Riprende le teorie della Margulis, David Quammen nel libro L'albero intricato, dove scrive che quasi l'8% del genoma umano consiste di retrovirus endogeni. Noi siamo l'integrazione cooperativa di creature che vivono al nostro interno, e lo dimostra il fatto che in "ognuna delle nostre cellule umane risiedono batteri catturati, da lungo trasformati in mitocondri, senza i quali non potremmo esistere" . Fra batteri vi è uno scambio genetico orizzontale che fa ipotizzare che questi microorganismi non siano da suddividere in ceppi ma appartengano ad un'unica forma di vita. Questo fatto pone dei grossi interrogativi su che cosa sia una specie e che cosa sia un'individualità. Infatti, una delle domande che si pone Quammen nel libro è: un singolo batterio può essere definito un individuo?

Noi pensiamo di essere i creatori della tecnologia, invece, se abbandoniamo l'abituale visione antropocentrica, vediamo che la bioluminescenza esisteva due miliardi di anni prima che inventassimo la luce elettrica, il volo lo praticavano gli uccelli ben prima dell'invenzione degli aerei, l'apparato di localizzazione dei pipistrelli esisteva prima del radar, e via dicendo. È la biologia che ha prodotto la tecnologia. Come specie non abbiamo creato niente, semmai abbiamo organizzato diversamente delle funzioni che erano presenti in natura da tempo. Già Aristotele aveva compreso che l' arte (che deriva da "arto", braccio) è imitazione della natura. Oggi è nata la biomimetica, disciplina che prende a modello nella costruzione di robot e macchine, sistemi propri dei regni animale e vegetale. Partendo dal presupposto che in quattro miliardi di anni la vita ha risolto una lunga serie di problemi adattandosi a mutate condizioni ambientali, è vantaggioso ispirarsi ad essa per la costruzione di manufatti e strumenti tecnologici.

Noi siamo natura, come evidenziato da Marx nei Manoscritti economico-filosofici del 1844:

"Che l'uomo viva della natura vuol dire che la natura è il suo corpo, con cui deve stare in costante rapporto per non morire. Che la vita fisica e spirituale dell'uomo sia congiunta con la natura, non significa altro che la natura è congiunta con sé stessa, perché l'uomo è una parte della natura."

La caratteristica principale della nostra specie è quella di aver sussunto competenze e capacità presenti intorno a noi e di averle organizzate diversamente per mezzo del lavoro. Nella conclusione del libro Microcosmo, scritto da Margulis insieme al figlio Dorion Sagan, si afferma che gli uomini vantano impropriamente una superiorità rispetto alle altre specie che abitano il pianeta in nome di una presunta consapevolezza del funzionamento di questo, ma in realtà anche noi non siamo pienamente consapevoli di essere all'interno di un sistema che ci sta sussumendo, che ci sta trascinando in un organismo di natura superiore. Se vogliamo visualizzare questo superorganismo dobbiamo pensare all'interconnessione tra flussi di materia, energia e informazione che avvolgono il Pianeta.

Si sta formando una macro-vita e noi individui ne siamo le cellule.

"Forse già gruppi di esseri umani, sedentari e ammassati in comunità, città e reti di comunicazione elettromagnetiche, stanno cominciando a formare un circuito che va ben oltre il pensiero, proprio come il pensiero va ben oltre il nuoto concertato delle spirochete. Non abbiamo probabilità di essere consapevoli della totalità di una simile forma di organizzazione di gruppo più di quanto i singoli componenti delle cellule cerebrali, i microtubuli, ipotetiche vestigia delle spirochete, siano consapevoli della propria missione in seno all'umana coscienza." (Microcosmo)

Tutti gli organismi presenti sulla Terra sono parenti, hanno un antenato in comune. Come spiega il biologo François Jacob (premio Nobel per la medicina nel 1965) nel saggio La logica del vivente, la realtà che ci circonda è formata da strutture legate tra di loro da rapporti di causalità. Ogni sistema vivente, che egli chiama integrone, qualunque sia il suo livello di organizzazione, è composto da sottounità e, a sua volta, partecipa alla formazione di unità di livello superiore, che presentano delle caratteristiche che non erano presenti a livello inferiore. Nessun tipo di organismo avrebbe potuto costituirsi e riprodursi se avesse dovuto formarsi partendo da zero. Da questo schema a scatole cinesi si arriva alla conclusione "che gli esseri viventi si formano per associazione spontanea dei loro elementi costitutivi."

Le città vivono di vita propria, si auto-organizzano, ricevono materia e informazione dall'esterno, la metabolizzano ed espellono i rifiuti. Se le vediamo dall'alto, di notte, con le luci intermittenti delle abitazioni, delle strade e delle automobili, assomigliano ad un essere biologico. In effetti, come fa notare Telmo Pievani, adottando una visione frattale del vivente:

"La cellula è una città antichissima: rappresenta il primo momento in cui l'evoluzione ha assunto una sua forma. La cellula è una città frutto della simbiosi, cioè del mettersi insieme rinunciando a una parte di sé per prender parte a qualcosa di più grande."

Questo essere in formazione, e di cui la maggioranza degli individui non ha pienamente coscienza, è il cervello sociale, il General Intellect di cui si parla nei Grundrisse. In quegli appunti di lavoro Marx descrive una fase dello sviluppo dell'uomo-industria in cui il tempo di lavoro (valore) non sarà più l'unità di misura della ricchezza sociale, ma lo sarà la quantità di tempo libero, in cui il macchinario non sarà più in opposizione all'operaio.

Il biochimico e informatico Joël de Rosnay nel libro L'uomo, gaia e il cibionte, chiama questo organismo in formazione il cibionte (parola che assembla "cibernetica" e "vita"), un essere ibrido, biologico e artificiale, che ha la capacità di auto-sostenersi ed evolvere al pari delle altre forme di vita. Altri autori hanno affrontato l'argomento, come l'informatico Daniel Hillis che, nell'articolo "Vicini alla singolarità", scrive:

"Stiamo cominciando a utilizzare calcolatori che sono in grado di generare programmi molto complessi con metodi diversi. Poiché non capiamo bene come fanno a girare, possiamo affermare che questo tipo di intelligenza ci sta sopravanzando. A mano a mano che costruiamo computer sempre più veloci, il processo sta diventando autocatalitico. Ci troviamo nella stessa condizione degli organismi unicellulari quando si stavano convertendo in organismi multicellulari. Proprio così, siamo come amebe che non capiscono in cosa diavolo si stanno trasformando."

Non c'è dubbio che, come specie, ci stiamo muovendo in maniera caotica e senza un piano ma, come abbiamo visto, la teoria del caos deterministico ci informa che anche quando non lo si vede, c'è sempre un ordine soggiacente, come nel caso del capitalismo al cui interno sta maturando il comunismo. Kevin Kelly, che sullo studio della compenetrazione sempre più stretta tra il mondo del "nato" (biologico) e il mondo del "prodotto" (artificiale) ha costruito la sua fama, nel libro Out of Control nota:

"Anche le strutture che possono essere assimilate a organismi - società economiche, pensieri nel cervello, comunità ecologiche, stati composti da diverse nazioni - si differenziano naturalmente in aggregati persistenti. Le istituzioni di aggregazione umane - chiese, dipartimenti, aziende - tendono più facilmente a crescere che a evolversi. Se devono adattarsi a una situazione troppo diversa rispetto alle loro origini, la maggior parte di esse scompare."

Il capitalismo, che è una forma sociale essenzialmente socializzante anche per quanto riguarda la formazione del profitto privato, deve adattarsi ad una situazione troppo diversa rispetto alla sua natura, e quindi è destinato alla dissoluzione per lasciare il posto ad una forma sociale più evoluta.

Il cervello sociale

Nel libro Quello che vuole la tecnologia, Kevin Kelly afferma che buona parte delle specie dipende da altre specie per poter vivere; sulla Terra si verificano estesi fenomeni di vita condivisa, tra cui, la simbiosi: ne è un esempio famoso quello del connubio tra alga e fungo da cui nasce il lichene.

La coevoluzione in natura si può spiegare così: 1) ogni forma di vita dipende da altre forme di vita; 2) man mano che la natura evolve, le specie sono sempre più dipendenti le une dalle altre; 3) man mano che la vita evolve aumenta il grado di complessità degli aggregati sociali ovvero la cooperazione tra membri della stessa specie.

L'evoluzione biologica risponde a leggi fisiche e quindi soggiace a processi deterministici, proprio come lo sviluppo della tecnologia, intesa come estensione del corpo sociale. La nostra vita è interessata da tutti e tre i livelli sopra elencati, la simbiosi che ne deriva ha dato vita ad un vero e proprio cervello cibernetico, che Kelly chiama il technium, e che rappresenta l'integrazione tra il mondo del "nato" e quello del "prodotto".

Non c'è un settore della produzione che oggi non sia in stretta relazione con l'informatica e le reti, che sono per loro natura collaborative. Si stima che nella realizzazione del software Fedora Linux 9 siano stati utilizzati sessantamila anni lavorativi individuali. Kelly nota come mezzo milione di persone sparse in tutto il mondo stiano lavorando a più di quattrocentomila progetti open source (Wikipedia è uno di questi). Tutto ciò è reso possibile dalla cooperazione tecnologica che permette a persone anche molto distanti tra loro di lavorare allo stesso progetto: non essendoci mediazione di valore si libera energia sociale e si realizzano progetti altrimenti impossibili. Il capitalismo ha sviluppato la grande industria come base della società futura, adesso l'industria sta rompendo le mura aziendali per diffondersi nella società.

Il mutualismo tecnologico dimostra che tutte le volte che inventiamo/inventeremo qualcosa lo facciamo/faremo in modo sempre più mutualistico, più condiviso e cooperativo (vedi sviluppo delle reti peer-to-peer). La rete è la struttura fondamentale di questa evoluzione, essa è fondamentalmente comunistica. Un singolo cervello umano ha più connessioni di quelle che ci sono nel Web, però il cervello non raddoppia le proprie quantità di connessioni nel giro di pochi anni come sta succedendo per Internet. Il technium procede per assemblaggi come fa il nostro cervello, aumenta le connessioni, genera schemi, elabora dati velocemente. Il processo tecnologico è sul punto di cambiare più nei prossimi cinquant'anni che negli scorsi quattrocento, sostiene infine Kelly.

Jeremy Rifkin, un economista ben addentro all'establishment, scrive un libro sull'attualità del comunismo senza dichiararlo apertamente e senza rendersene pienamente conto: La società a costo marginale zero. L'Internet delle cose, l'ascesa del "commons" collaborativo e l'eclissi del capitalismo. Già il titolo è un programma, e la cosa interessante è che tali analisi non emergono da ambienti marxisti o anticapitalisti, ma da rappresentanti della borghesia, elementi dell'altra classe, che a fronte di vistosi cambiamenti dello sviluppo tecnologico, scientifico e sociale non riescono più a vedere un futuro capitalista e sono costretti, da potenti spinte materiali che agiscono nella società, a parlare della fine del capitalismo, magari in forma utopica, proudhoniana, ma, comunque, a prenderne atto riempiendo pagine e pagine lette da una vastissimo pubblico. Non è forse il futuro che muove la mano di autori come Rifkin? La risposta non può che essere affermativa: la rivoluzione trova gli strumenti che le servono in tutte le classi.

La struttura stessa della produzione nega ormai apertamente la legge del valore, nega le patrie e gli Stati, nega le vecchie sovrastrutture ideologiche e materiali. Il che non vuol dire che queste siano sparite, significa che sono soggette a un processo di dissoluzione: il lavoro massimamente socializzato sta travolgendo la struttura stessa della società borghese in un processo del tutto automatico. La rivoluzione, come dice Engels, è un puro fenomeno naturale (Lettera a Marx, 13 febbraio 1851).

Il cervello sociale agisce dal futuro sul presente e catalizza la sua stessa formazione. Come abbiamo scritto all'inizio del presente lavoro ricordando il pensiero di Aristotele, è la forma finale il potenziale che guida il passato. Più ci avviciniamo alla finedel capitalismo, ovvero all'avvento della società comunista dei cui elementi questa società è già gravida, più i saggi di futuro si fanno marcati, evidenti e diffusi. Di qui il fenomeno ricorrente delle capitolazioni ideologiche della borghesia di fronte alla teoria rivoluzionaria, che alcune volte diventano delle capitolazioni materiali.

Cyber-proletariato

La rivoluzione è come una reazione biologica, e i comunisti sono (o quantomeno dovrebbero essere) gli enzimi che la accelerano. Le collettività che nel loro operare politico danno vita ad un ambiente ferocemente antiborghese sono le più adatte ad affrontare il futuro, chi si attarda su parole d'ordine e forme organizzative logore non può che essere destinato all'estinzione.

Le lotte, le rivolte e le manifestazioni più significative degli ultimi anni sono quelle che hanno visto l'utilizzo delle nuove tecnologie per il proprio coordinamento. Lo abbiamo messo in luce su questa rivista in vari articoli, partendo dal formidabile sciopero del 1997 alla UPS, passando per le rivolte nelle banlieue, le Primavere arabe, le "acampadas" e Occupy Wall Street. In tutti questi episodi si è imposta un'organizzazione di tipo territoriale abbinata all'uso della Rete, una modalità che ha rotto con gli schemi del passato. I ricercatori più attenti si sono resi conto che qualcosa di profondo è cambiato nel rapporto capitale/lavoro, come Joël de Rosnay, autore del saggio La révolte du pronétariat. Des mass média aux média des masses.

"Pronetaire" è un neologismo inventato dall'autore, che si richiama al greco "pro", (favorevole a) e all'inglese "net" (rete), con un chiaro riferimento al "proletariato", termine preso a prestito dalla tradizione marxista. Non abbiamo particolari simpatie per gli innovatori, ma qui non si tratta di analisi che maturano all'interno del milieu comunista, bensì in ambienti accademici, spinte dal maturare dei fatti sociali. Il proletariato, in quanto classe che rappresenta l'avvenire, ha una determinata collocazione all'interno della società capitalistica (produce il plusvalore), ma siccome questa cambia, evolve, si modifica, anche il proletariato, pur continuando a produrre plusvalore, si modifica, e con esso le sue forme di organizzazione. Quello che non cambia è il fine storico della sua lotta, che è l'abolizione del sistema del lavoro salariato.

Per Joël de Rosnay, la produzione collaborativa del nuovo proletariato, basata sulle reti, rappresenta una rivoluzione pari a quella industriale, che ha sconvolto la vecchia società feudale. Oggi, grazie ai nuovi strumenti, Internet su tutti, i "pronetaires" stanno compiendo una rivoluzione molto più rapida e dirompente di quelle del passato, cogliendo di sorpresa la classe dominante. L'autore fa un po' di confusione, dice che l'oggetto del contendere tra le due classi principali della società, gli "infocapitalisti" e i "pronetaires", non è quello racchiuso nella formula del saggio di plusvalore, ma sono i prodotti e i servizi online: c'è chi li vuole mantenere privati e chi li vuole liberamente accessibili. Al di là dell'abbondante ricorso a sociologismi, nel libro c'è però un'intuizione interessante, ed è il ruolo dell'informazione nella lotta di classe. Perché oggi i proletari sono effettivamente in grado di utilizzare le reti per produrre e fare circolare contenuti antiformisti.

Come abbiamo scritto nell'articolo "Informazione e potere" (n+1 n. 37), con l'avvento di Internet si è stabilita una simmetria tra rivoltosi e Stato, e quest'ultimo non ha più il monopolio dell'informazione. Sono cambiate le regole del gioco, e quindi è cambiato il gioco.

Sovente in ambito marxista si sente dire che le rivolte degli ultimi anni, specie quelle dei banlieusard, sono disorganizzate, non hanno né capo né coda, e quindi non apportano dei contributi all'avanzamento della lotta di classe. In realtà, la maggior parte dei rivoltosi che sono scesi in piazza possiede uno smartphone e lo usa per coordinarsi, non rivendica nulla e si scaglia contro i simboli di questa forma sociale (macchine, supermercati, edifici pubblici). Tale processo di auto-organizzazione non ha nulla a che fare con la concezione di matrice anarchica del movimento che procede dall'idea, bensì si collega con la moderna teoria dei sistemi complessi, secondo la quale un sistema è in grado di elaborare informazione al proprio interno partendo da poche semplici regole: se succede questo allora fai quest'altro.

Questa è l'epoca in cui milioni di persone lavorano gratis per milioni di ore a qualche progetto di utilità collettiva, in cui milioni di robot stanno sostituendo gli esseri umani nei processi produttivi, in cui milioni di giovani sono disoccupati e resteranno senza pensione perché il lavoro non c'è più, in cui è morta per sempre la rivendicazione sindacalista del "diritto al lavoro".

C'è chi si diverte a "postare" sui social network dei "meme" sul "comunismo di lusso" e su tematiche analoghe. È un fenomeno interessante quello della circolazione di contenuti sul comunismo volti a ridicolizzare la visione tetra e bacchettona ereditata dalla Terza Internazionale degenerata. Le nuove generazioni, più avvezze a scorrere le storie su Instagram che a sfogliare polverosi volumi sulla storia della Russia socialista, più interessate ad una vita senza lavoro che alla costruzione dello stato comunista (un evidente ossimoro), si trovano a loro agio con questo tipo di comunicazione, concisa, istantanea, superficiale (non per forza da considerare in accezione negativa), come la descrive Alessandro Baricco nel libro I barbari. Saggio sulla mutazione.

Per i teorici del "comunismo di lusso", l'automazione ci libererà dalla schiavitù del lavoro salariato e ci permetterà di vivere senza costrizioni economiche. Aaron Bastani, autore del libro-manifesto Fully Automated Luxury Communism (2019) sostiene che la rivoluzione del 1917 è fallita degenerando in "socialismo reale" perché era tecnologicamente impossibile da attuare, perché le forze produttive non era sviluppate a sufficienza. Nell'individuare la tendenza all'automazione, cioè alla trasformazione di ciò che prima veniva svolto dagli umani in funzioni automatiche, sostiene che l'unica richiesta oggi possibile è la completa automatizzazione di tutto e la proprietà collettiva di ciò che è automatizzato. Noi aggiungiamo, per essere precisi, che non c'è nessuna particolare richiesta da fare e che più che la collettivizzazione della proprietà è all'ordine del giorno la sua abolizione.

Rovesciamento della prassi come processo unitario

Auto-organizzazioni. Il mistero dell'emergenza nei sistemi fisici, biologici e sociali è un libro ricco di spunti, l'abbiamo utilizzato come scaletta per una relazione svolta in un incontro redazionale. Gli autori, De Toni, Comello e Ioan, non riescono però ad andare fino in fondo, non sono conseguenti con le premesse, per farlo dovrebbero diventare comunisti e volgere le spalle al mondo delle università e delle aziende; invece, ciò a cui mirano è proprio dare strumenti alle imprese per restare al passo con le trasformazioni in corso, e infatti uno dei capitoli conclusivi del saggio è intitolato "Il futuro più affascinante per le imprese: le auto-organizzazioni".

L'invariante che unisce le varie parti del saggio è il principio di asservimento ovvero "il meccanismo che costringe gli elementi del livello microscopico ad avere un comportamento determinato dall'ordinatore, che a sua volta è creato dalle parti tramite il loro effetto coordinato".

Spinte dal basso verso l'alto (top-down) determinano la formazione di nuovo ordine, il quale retroagisce verso il basso (bottom-up). La doppia direzione (feedback) tra questi due livelli produce ridondanza che rende la struttura robusta e resiliente. Nel libro si descrivono le celle di Bénard, ovvero le forme generate dal moto di un fluido quando viene scaldato, trovando delle invarianze con il funzionamento del laser:

"Le celle asserviscono le molecole del fluido, costringendole a disegnare il profilo che le caratterizza. Si assiste a una riduzione dei gradi di libertà: da molecole che possono muoversi in tutte le direzioni a celle o destrogire o levogire. Prima, nuotatori anarchici, poi nuotatori ordinati in cerchio. Nel laser, dai 1016 gradi di libertà degli atomi nello stato disordinato, a un solo grado di libertà auto-organizzato."

Non ricordano forse questi fenomeni naturali quanto è rappresentato nello schema del rovesciamento della prassi della SCi? Teoria e azione anticipa le teorie dell'auto-organizzazione, nel testo si parla di "teoria delle catastrofi", "cuspidi" o "punti singolari", precorrendo il moderno linguaggio della complessità; e soprattutto si fa chiarezza in termini politici su democrazia, compiti della rivoluzione, opportunismo, cosa che non possiamo certo aspettarci dagli studi borghesi, che altrimenti non sarebbero più tali. La teoria rivoluzionaria non è un'ideologia che punta a consolidarsi nella presente società ma è già scienza di specie, dato che il proletariato lotta storicamente per l'abolizione di sé stesso e quindi di tutte le classi, lotta per una società di specie.

Di seguito riportiamo il commento alla tavola IX - Schema del centralismo marxista:

1. Gli individui che compongono la classe sono spinti ad agire in direzioni discordanti. Alcuni, se consultati e liberi di decidere, lo farebbero nel senso dell'interesse della classe opposta, dominante. 2. Gli organizzati sindacali tendono ad agire in direzione contraria all'interesse padronale, ma in senso immediato e senza capacità di convergere ad azione unica e scopo unico. 3. I militanti nel partito politico, risultando dal lavoro nel seno della classe e delle associazioni, sono preparati ad agire sulla risultante unica rivoluzionaria. 4. Gli organi di dirigenza del partito, emanati dalla base, agiscono nella direzione rivoluzionaria nella continuità della teoria, dell'organizzazione e dei metodi tattici." (Teoria e azione)

Mettendo alla base dello studio dei sistemi sociali la teoria dell'auto-organizzazione si supera il dualismo base/vertice, partito/classe, soggetto/oggetto; ma la formula "superamento dei dualismi" di cui parla Bordiga (vedi n+1 n. 15-16) non vuol dire sottovalutare il ruolo del partito. Significa intendere la formazione del partito come un processo di auto-organizzazione della materia. Un processo che passa attraverso vari stadi (soglie), secondo dinamiche di circolarità auto-rinforzanti.

Chi segue il nostro lavoro avrà acquisito una certa familiarità con il linguaggio che utilizziamo e quindi con il nostro approccio ai temi della rivoluzione, ma la maggior parte di quelli che si dichiarano comunisti pensa ad altro: a come costruire il sindacato di classe, a come suscitare la lotta di classe, il partito, ecc. In estrema sintesi, due sono gli approcci politici che si fronteggiano: quello analitico e quello sistemico. Nel primo, si isolano i singoli elementi concentrandosi su di essi in quanto tali, nascono così le eterne questioni su cui dibattere (nazionale, sindacale, ecc.), nel secondo caso si adotta un pensiero sistemico che collega i singoli elementi concentrandosi sulle interazioni fra di essi. La logica lineare è tipica di questa società, che non bada ad altro che all'accumulazione di capitale; nella futura forma sociale si adotterà invece una logica circolare, che è poi quella propria del vivente. La natura non è una struttura lineare ma una struttura a rete i cui componenti entrano in relazione con sé stessi.

Come detto, Kauffman chiama autocatalici quei sistemi capaci di catalizzare la loro stessa formazione. Declinando tale formula in ambito politico è come dire che il partito catalizza la sua stessa formazione. Il partito è insieme prodotto e fattore di storia (proposizione per noi ovvia, ma usata da alcuni a fini attivistici), e questo vuol dire che il principio ordinatore, prodotto dal movimento degli atomi sociali, retroagisce sugli stessi.

Ma da che cosa è determinata la polarizzazione che porta una parte del proletariato ad organizzarsi in partito (attrattore posto nel futuro)? Tale spinta è generata dalla dissoluzione del modo di produzione capitalistico, dalla profonda crisi della legge del valore, da un disagio sociale crescente.

Invece di parlare di "base e vertice" dando l'idea di un partito a forma piramidale, sarebbe meglio adottare il linguaggio della teoria delle reti, più confacente al funzionamento della natura, e parlare del partito come insieme di nodi e collegamenti. Siamo fatti della stessa materia dell'Universo, è bene tenerlo a mente, e a tal proposito tornano utili i concetti e la terminologia della sinergetica:

"L'ordinatore fa oscillare tutti gli elettroni a un'unica cadenza, quindi li asservisce. Allo stesso tempo, sono gli elettroni stessi che lo hanno originato dalle loro oscillazioni sincrone. Condizionamento reciproco, chi è causa e chi effetto, circolarità: affinché gli elettroni oscillino a ritmo uniforme, dev'essere presente un ordinatore, cioè l'onda luminosa; tuttavia, l'onda luminosa nasce solo grazie all'oscillazione sincrona degli elettroni." (Auto-organizzazioni)

La formazione di idee e teorie, che sono processi fisici, può essere affrontata con i principi della sinergetica in quanto idee e teorie rispondono anch'esse a dinamiche di circolarità auto-rinforzante. La teoria rivoluzionaria, il programma, il partito storico, si impongono nella società quando le spinte dal basso convergono verso di esso facendolo diventare una forza di massa.

Scienza della rivoluzione e scienza della natura si fondono in un'unica scienza ed è la stessa società borghese a fornirci gli strumenti utili per verificare questa tesi.

Un filosofo new age come Ervin László (fondatore del Club di Budapest, nato sull'onda di quello del Club di Roma di A. Peccei), studiando la teoria dei sistemi e quella generale dell'evoluzione, arriva alla conclusione che esiste una legge universale, quella dell'auto-organizzazione, valida per gli ambiti fisico, fisico-chimico, biologico ed ecologico. Nell'universo, d'altronde, tutte le cose sono collegate:

"Quasi 4 miliardi di anni fa, si verificarono reazioni fotochimiche nelle regioni superiori della giovane atmosfera terrestre; i prodotti delle reazioni furono trasferiti tramite convezione alla superficie del pianeta. Scariche elettriche vicino alla superficie depositarono i prodotti negli oceani primordiali, dove sorgenti vulcaniche calde fornirono ulteriore energia. La combinazione di energia dal Sole con l'energia conservata sotto la superficie catalizzò una serie di reazioni che infine produssero composti organici." (Risacralizzare il cosmo. Per una visione integrale della realtà)

La "lotta" fra elementi naturali produce nuove forme e strutture; durante questa lotta la natura conosce sé stessa e si auto-organizza, producendo organismi sempre più complessi e diversificati. Tenere separato il mondo organico da quello inorganico è un'operazione ideologica, e difatti quando lavora scientificamente su questo tipo di argomenti la borghesia finisce su terreni non suoi, come dimostrano le conclusioni del libro Auto-organizzazioni:

"Quindi, vi sono anche fenomeni non viventi in cui strutture ordinate scaturiscono dal rumore. Forse è possibile risolvere il paradosso delle due visioni contraddittorie dell'evoluzione in fisica e in biologia: quella di un motore che si esaurisce e quella di un mondo vivente che ovunque manifesta ordine. Forse il vivente non è idiosincratico rispetto al non vivente. Magari l'apparente diversità nei principi organizzativi base è conciliabile. L'auto-organizzazione può essere l'anello mancante, il ponte che unisce ciò che una logica non complessa separa."

Domani ci sarà una sola scienza, ma possiamo già adottare questo paradigma procedendo nel lavoro per argomenti concatenati, come invitava a fare la nostra corrente. Alla base della dicotomia epistemologica tra il vivente e il non-vivente c'è il vecchio concetto religioso di anima; ma potrebbe anche esserci un'origine più remota che spiega questo dualismo, e sarebbe rintracciabile nel modo in cui ci siamo evoluti adattandoci all'ambiente, in automatismi che scattano nel nostro cervello e che ci sono serviti, soprattutto quando eravamo cacciatori-raccoglitori, a distinguere celermente la preda o il predatore (entità dotate di natura psicologica) da ciò che invece è inerte (oggetti fisici).

Se questa ipotesi ha qualche fondamento, la teoria rivoluzionaria della conoscenza non rappresenta solo un salto in avanti conoscitivo ma un vero e proprio salto di tipo evolutivo. Attraverso le rivoluzioni la specie umana fa dei balzi in avanti. Dal solco tracciato dalla SCi non si può tornare indietro, quanto meno perché le punte avanzate della borghesia sono costrette a adottare un approccio sistemico alla conoscenza, spinte dal tumultuoso sviluppo delle forze produttive, che stanno trasformando le singole industrie in cellule e organi di una grande industria globale di cui la logistica è il sistema nervoso.

***

Di seguito tre schemi a confronto: il primo dall'alto in basso rappresenta un sistema fisico, chimico o biologico basato sui concetti di "ordinatore" e "asservito" (sinergetica), il secondo è disegnato da Einstein e rappresenta il processo della conoscenza (dall'articolo di n+1 n. 4, "Einstein e alcuni schemi di rovesciamento della prassi"), il terzo è quello marxista del capovolgimento della prassi (da Teoria e azione nella dottrina marxista).

Sinergetica
Einstein
Schema del rovesciamento della prassi

LETTURE CONSIGLIATE:

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  • - Arcidiacono Giuseppe, La relatività dopo Einstein, Di Renzo, 1991.
  • - Arcidiacono Giuseppe e Salvatore, Entropia, sintropia, informazione, Di Renzo, 1991.
  • - Arcidiacono Giuseppe, Fantappié e gli universi. Nuove vie della scienza, Di Renzo, 2005.
  • - Arcidiacono Salvatore, L'evoluzione dopo Darwin. La teoria sintropica dell'evoluzione, ‎Di Renzo, 2005.
  • - Bastani Aaron, Fully Automated Luxury Communism, ed. Verso, 2019.
  • - Baricco Alessandro, I barbari. Saggio sulla mutazione, Feltrinelli, 2013.
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  • - Capra Fritjof, La rete della vita. Perché l'altruismo è alla base dell'evoluzione, Rizzoli, 2001.
  • - Capra Fritjof, La scienza della vita. Le connessioni nascoste fra la natura e gli esseri viventi, Rizzoli, 2004.
  • - Capra Fritjof, Luisi Pier Luigi, Vita e Natura. Una visione sistemica, Aboca, 2020.
  • - Casiraghi Maurizio, Sempre più soli. Il pianeta alle soglie della sesta estinzione, Il Mulino, 2023.
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  • - Dawkins Richard, Il gene egoista, Mondadori, 1992.
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  • - Gould Stephen Jay, L'equilibrio punteggiato, Codice, 2008.
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Note

  • [1] Quaderni di n +1, 1999, consultabile sul sito.
  • [2] "Considerazioni sull'organica attività del partito quando la situazione generale è storicamente sfavorevole", Il Programma Comunista, n. 2, 1965.
  • [3] Riconoscere il comunismo (1958-59), Quaderni di n+1 dall'Archivio storico.
  • [4] La grande catastrofe. Dieci minacce per il nostro futuro e le strategie per sopravvivere, Nouriel Roubini.
  • [5] Doppia direzione, n+1, n. 40 dicembre 2016.
  • [6] Ben diverso è l'approccio di un autore oggi poco conosciuto, D'Arcy W. Thompson (Crescita e forma. La geometria della natura), vissuto nella prima metà del '900. Egli ipotizza un sistema mondo soggetto a pure determinazioni, come ad esempio quella che influisce sullo sviluppo della forma medusa, plasmato dalla gravità che agisce sul differenziale di massa fra le molecole del corpo e quelle del liquido destinato a farle da ambiente (l'autore illustra la sua ipotesi con una goccia di inchiostro fatta cadere in un bicchiere d'acqua). Thompson, studiando le relazioni tra la forma e la grandezza degli organismi, arriva alla conclusione che esse sono determinate da leggi. L'evoluzione di un organismo non è libera ma è costretta dalle altre forme e forze che su di esso agiscono.
  • [7] Il saggio Il caso e la necessità è criticato da Programme Communiste, n. 58, 1973, nell'articolo "Su Il caso e la necessità. Come il signor Monod distruggerebbe la dialettica", in cui si taccia l'autore di "antideterminismo biologico" e quindi di "antideterminismo generale".
  • [8] Prefazione di Pier Paolo Di Fiore a DNA Un codice per scrivere la vita e decifrare il cancro.
  • [9] "Esistenzialismo", Prometeo n. 11, novembre-dicembre 1948.
  • [10] "Il pioniere di Bergson", Il Comunista, 26 giugno 1921.
  • [11] Battaglia comunista, n. 6 e 7, 1952.
  • [12] K. Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844.
  • [13] "Teoria degli Universi e Sintropia. Luigi Fantappié, ricordo di un matematico", Ignazio Licata: https://www.altrogiornale.org/teoria-degli-universi-e-sintropia-luigi-fantappia-ricordo-di-un-matematico/
  • [14] Idea eccentrica ma che ricorda per alcune affermazioni quanto sostenuto dalla SCi ad esempio nel Dialogato coi morti: "È la Rivoluzione che è una; ed è sempre lei, nel corso di un arco storico immenso che si chiuderà come si è aperto e dove ha promesso; dove ha appuntamento forse con molti dei vivi, ma certamente coi nascituri, come coi morti: questi sapevano che essa non manca mai, non inganna mai. Essa, nella luce della dottrina, è già scontata come cosa vista, cosa viva." (il programma comunista n. 5 - 10, 1956).
  • [15] Il programma comunista, n. 14, 28 luglio 1965.
  • [16] Prometeo, n. 10–14, 1948/50.
  • [17] Il programma comunista, n. 3–4–5–6, 1958.
  • [18] Il programma comunista, n. 13 del 1961.
  • [19] Rassegna Comunista, n. 4, 31 maggio 1921.
  • [20] "Quando gli operai comunisti si riuniscono, essi hanno in un primo tempo come scopo la dottrina, la propaganda, ecc. Ma con ciò si appropriano insieme di un nuovo bisogno, del bisogno di società, e ciò che sembrava un mezzo è diventato lo scopo." (K. Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844)
  • [21] Rassegna Comunista, anno II, n. 17, 30 gennaio 1922.
  • [22] Cit. in La scienza della vita, F. Capra.
  • [23] Nell'universo vi sarebbe una materia oscura, che tende a farlo restringere per effetto della gravità, e una altrettanto misteriosa energia oscura, che tende invece a farlo espandere.
  • [24] Entropia, sintropia, informazione, Arcidiacono Giuseppe e Salvatore.
  • [25] "Dottrina del diavolo in corpo", Battaglia comunista n. 21, 1951; "Nel vortice della mercantile anarchia", Battaglia comunista n. 9, 1952.
  • [26] Scienza economica marxista come programma rivoluzionario, Quaderni di n+1.
  • [27] "Veniamo ora alla riproduzione. Posto che il capitalista consumi l'intero plusvalore e si limiti a riconvertire in capitale produttivo la grandezza di capitale originaria, la sua domanda equivarrà alla sua offerta… Supporre questo, è supporre che la produzione capitalistica non esista, e quindi non esista lo stesso capitalista industriale. Infatti, il capitalismo è già soppresso nelle sue basi se si suppone che motivo determinante ne sia il godimento e non l'arricchimento". (Marx, Il Capitale, Libro II cap. IV)
  • [28] Il programma comunista, n. 3-4-5-6 del 1958.
  • [29] "Il principio di minima azione e il finalismo in meccanica", Giorgio Israel, Le Scienze, n. 346, giugno 1997.
  • [30] Il programma comunista n. 23 del 1961.
  • [31] La strada che porta alla realtà, Roger Penrose.
  • [32] Cit. Sempre più soli, Maurizio Casiraghi.
  • [33] Il Capitale. III Libro, capitolo 47 – "Genesi della rendita fondiaria capitalistica".
  • [34] "Rivoluzione e cibernetica", n+1 n. 46: "Abbiamo trasferito al Pianeta le nostre facoltà, solo che il Pianeta non ha una unità centrale per dirigere la massa di informazioni che produciamo. Invece di un metabolismo organico regolato centralmente abbiamo duecento stati-nazione; invece, di un rapporto armonico fra le parti abbiamo polizie ed eserciti; invece del perseguimento dell'equilibrio attraverso un processo biologico (bio = vita) siamo compiaciuti della nostra efficienza repressiva antibiotica."
  • [35] Cit. L'informazione, James Gleick.
  • [36] Per F. Capra, "Dovunque vediamo delle forme di vita, possiamo scorgere delle reti" (La scienza della vita).
  • [37] "Il marxismo dei cacagli", Battaglia comunista n. 8, 1952.
  • [38] W. Vernadsky, La biosphère, Libraire Félix Alcan, Paris, 1929, cit. in Dalla biosfera alla noosfera. Pensieri filosofici di un naturalista, 2022.
  • [39] Tesi sostenuta anche da Gregory Stock nel suo Metaman: The Merging of Humans and Machines into a Global Superorganism, 1993.
  • [40] La logica del vivente, François Jacob.
  • [41] DNA. Un codice per scrivere la vita e decifrare il cancro, Telmo Pievani.
  • [42] La terza cultura, John Brockman.
  • [43] "Rottura dei limiti d'azienda", n+1, n. 4 giugno 2001.
  • [44] "Un programma: l'ambiente", L'Avanguardia, 1° giugno 1913.
  • [45] Tali concetti li troviamo anche nella Tesi di Milano (il programma comunista n. 7, 20 aprile 1966): la "trasmissione tra le molecole che compongono l'organo partito ha sempre contemporaneamente la doppia direzione; e la dinamica di ogni unità si integra nella dinamica storica del tutto".
  • [46] "Teoria e azione nella dottrina marxista", Bollettino Interno, n. 1 del 10 settembre 1951.
  • [47] È il metodo di lavoro utilizzato da Marx: salire dal particolare al generale (Prefazione a Per la Critica dell'Economia Politica, 1859)
  • [48] "Rivoluzione e cibernetica", n+1, n. 46 novembre 2019.
  • [49] "La maggior parte delle persone, sebbene sia disposta ad accettare che gli oggetti animati condividono alcune proprietà degli oggetti fisici, non sembra disposta ad ammettere che noi siamo degli oggetti fisici, ritenendo piuttosto di occupare un oggetto fisico, il proprio corpo. Molte persone credono, infatti, che vi siano oggetti animati, per esempio i santi, che possono violare completamente i principi universali cui soggiacciono gli oggetti fisici, compiendo miracoli, o che in vario modo le creature intenzionali possano sopravvivere alla distruzione dei loro corpi fisici (per esempio nella loro componente di anima immateriale oppure risorgendo come corpi fisici dopo la morte)." (Nati per credere, Girotto, Pievani, Vallortigara)

Rivista n. 54