Il programma immediato non ammette mediazioni

Il programma immediato non ammette mediazioni

Salve compagni,

leggo con grande interesse ed ammirazione i vostri lavori ed archivi storici già da diverso tempo, avvertendo una condivisione di vedute che mai in passato avevo avuto con altri gruppi di sinistra.

Mi piacerebbe fare un aggiornamento de "Il programma rivoluzionario immediato" (Punti di Forlì, 28 dicembre 1952) e divulgarlo a mano e sul Web, magari traducendolo in altre lingue.

Cercherò di formattarlo alla situazione, perché ad esempio le rivendicazioni b) e c) sono già in corso di applicazione (elevamento dei costi di produzione e drastica riduzione della giornata di lavoro), mentre la g) va scomposta ed analizzata nelle sue singole componenti anche se interconnesse (costruzioni, traffico, ecc.), come peraltro avete sviluppato egregiamente nei testi presenti nell'home page del vostro sito. Che ne dite di questo progetto: lo ritenete di una qualche utilità?

Avrei piacere a collaborare con voi. Mi piacerebbe anche capire quali compiti tattici potrei svolgere con il vostro supporto.

Un caro saluto.

 

Caro compagno,

anche noi abbiamo il piacere di collaborare con chiunque abbia anche solo la sensibilità e la curiosità verso le complesse problematiche sollevate dalla rivoluzione nell'ultimo secolo. Una precisazione: noi non ci definiremmo "un altro gruppo di sinistra", preferiamo definirci "un lavoro".

Per quanto riguarda l'opera di "formattazione" del Programma rivoluzionario immediato , occorre evidenziare che i punti sintetizzati nella serie di Forlì non sono "superati", vanno soltanto contestualizzati. Quelli del Manifesto del partito comunista di Marx ed Engels sono ormai effettivamente tutti superati in quanto realizzati, ma mostrano le loro connessioni nel contesto di un futuro possibile. In ogni caso, non ha senso modificare un documento storico, dato che l'introduzione ai Punti è una polemica con il PCI che si aspettava ancora un capitalismo riformabile.

Un testo, fondamentale, come Proprietà e Capitale dimostra che già alla fine degli anni '40, nei paesi di vecchia industrializzazione, era possibile parlare di capitale senza capitalisti e di capitalisti senza capitale. Il capitalismo può fare a meno della borghesia, classe divenuta superflua, e di questo passo tenterà, in apparenza paradossalmente, di fare a meno pure di sé stesso.

Se il programma è immediato, vuol dire che non ha più bisogno di una mediazione sociale per una fase di transizione, poiché si è già in una transizione di fase. Non bisogna dimenticare, perciò, che i punti da noi sviluppati (Elementi della transizione rivoluzionaria) sono immediati oggi, proprio perché sono tutti praticabili entro questo futuro possibile, e cioè non sono "rivendicazioni" da realizzare in un futuro indefinibile.

Il Capitale divenuto anonimo e impersonale dimostra che il suo potere è basato sul lavoro sociale, ovvero sulla cooperazione di milioni e milioni di salariati nel mondo. D'altronde, l'operaio parziale non può produrre nessuna merce, solo il lavoro collettivo degli operai parziali è realmente produttivo. Ne consegue che, se i proletari potessero organizzarsi a livello internazionale, con il loro partito, ecc., potrebbero prendersi la società senza aver troppo da fare. C'è, però, un aspetto da non trascurare: l'organizzazione non nasce per volontà di qualcuno, ma sull'onda di potenti polarizzazioni (o ionizzazioni) della storia.

Il mondo è maturo da un pezzo per il comunismo, non c'è fra capitalismo e comunismo una terza forma sociale, per dire, il post-capitalismo o il pre-comunismo. La socialdemocrazia è morta con la sua dialettica espressione fascista.

Tale "immediatismo storico" non ha nulla da spartire con l'immediatismo di chi vorrebbe "fare la rivoluzione". Del resto, come scritto in "Partito e azione di classe" (1921), "non si creano né i partiti né le rivoluzioni. Si dirigono i partiti e le rivoluzioni, nella unificazione delle utili esperienze rivoluzionarie internazionali".

Nelle Tesi della nostra corrente è specificato chiaramente che la "tattica" del partito, intesa come attività da svolgere da parte di coloro che si immedesimano nel partito del futuro, è sempre quella dei momenti migliori, anche nelle situazioni peggiori, nella misura i cui i reali rapporti di forza lo consentano . L'affermazione, come sempre in questi casi, può essere manipolata facilmente, basta ad esempio stabilire che il momento è favorevole anche se ciò non è vero. In tal modo, da seri ed efficienti analisti militanti non si diventa portatori che di varianti del dominio capitalistico, quelle che finiscono in "ismo", nate dietro le quinte del disastro stalinista.

Porta pazienza se ci siamo dilungati un po', se entreremo in sintonia - e ci auguriamo di sì - vedremo che c'è da scoprire un mondo.

Un caro saluto.

Rivista n. 55