Non potete fermarvi
Il generale Fabio Mini, in una delle sue numerose interviste sulle guerre in corso, afferma che essendo morto il vecchio mondo bipolare si apre spazio a un contesto nel quale ogni attore di grande o media potenza si sente molto più libero di agire, di perseguire obiettivi propri e di adottare una propria strategia.
Per tal motivo non ha più senso, sostiene Mini, parlare di "arco di instabilità" per indicare una fascia geopolitica dove regna il caos sociale o la guerra: varie aree del Pianeta sono soggette a contrasti particolarmente acuti, ma è il mondo intero ad essere in crisi.
Il problema non riguarda quindi solo i conflitti in Ucraina o in Medioriente, o il fatto che sono in corso guerre contigue dal punto di vista geografico; il problema è piuttosto di tipo strutturale, dato che sta saltando l'ordine mondiale e, al di là che si "risolva" lo scontro in questa o quell'area, tale sgretolamento generale del sistema non può essere risolto. Gli analisti geopolitici oggi in circolazione non si sbilanciano sul dopo, si limitano ad avanzare delle ipotesi sulla natura mondiale della crisi e si interrogano sui nuovi equilibri o squilibri a venire. Al loro orizzonte non vedono una forma sociale diversa, alternativa, in quanto negazione di quella attuale, ma una estensione "migliorata" del modello originale: cioè, banalmente, la spasmodica difesa da parte della borghesia dei propri interessi. La concorrenza, all'interno della loro stessa classe, gli impedisce di agire per la salvezza di un sistema che è mondiale e non risponde più da un pezzo a sollecitazioni riformistiche locali. Del resto, la possibilità di dominare gli effetti sociali della produzione non dipende dalla conoscenza, ma dai rapporti di classe.
I primi due conflitti mondiali affondavano le loro radici geopolitiche in Europa, anche se furono effettivamente combattuti, oltre che nella stessa Europa, in ogni angolo del mondo.
Successivamente la cosiddetta guerra fredda, in realtà una Terza Guerra Mondiale, ha interessato, oltre all'Europa, l'Africa, l'Asia e l'America Latina, ed ha avuto il suo epilogo con la caduta del Muro di Berlino (1989) e con la successiva dissoluzione dell'Unione Sovietica (1991).
L'Europa è una faglia geostorica su cui si scarica tutta una serie di contraddizioni, ed è probabilmente per tale motivo che Mini ritiene reale il rischio di impiego di ordigni atomici tattici sul continente. Se, infatti, in termini di armi nucleari strategiche la deterrenza tra USA e Russia sembra ancora funzionare, a livello di armi nucleari tattiche, oramai sdoganate nel linguaggio pubblico corrente, non è da escludere un loro utilizzo sul vecchio continente, senza mettere con ciò in discussione l'equilibrio strategico. La Federazione Russa e gli USA possiedono insieme il 90% delle 12.500 testate nucleari nel mondo; Mosca è in vantaggio su Washington con 5.900 ordigni contro i 5.200 stipati nelle basi americane.
Europa, Medioriente e Indopacifico sono i tre principali teatri di conflitto (anche se nell'ultimo non si spara ancora), e hanno tutti a che fare con la crisi dell'egemonia americana.
Il fronte ucraino è prossimo al collasso mentre l'esercito russo continua la sua avanzata verso Ovest. Quali saranno le mosse della NATO e della Russia qualora dovesse implodere l'Ucraina?
Nel conflitto israelo-palestinese, Tel Aviv vede intaccato il supporto internazionale (l'Aia ha chiesto l'arresto per Netanyahu e Gallant), è costretta a trattare con Hamas che aveva promesso di distruggere e, soprattutto, deve fare i conti con contraddizioni interne crescenti. Israele è una testa di ponte americana in Medioriente, ma non è del tutto sotto il controllo di Washington. Cosa ne farà lo stato israeliano della Striscia di Gaza finita l'operazione militare?
Dal punto di vista del wargame mondiale, in cui tutti sono coinvolti, l'America deve mantenere accerchiata la Cina in modo da contenerne lo sviluppo; d'altra parte, la Cina cerca di rompere tale accerchiamento, per esempio con il progetto della Belt and Road Initiative e con la penetrazione economica in Europa e Africa.
In tutti i casi di conflitto riportati, come evolverà la situazione di qui ai prossimi anni? Per rispondere a questi interrogativi bisogna prestare particolare attenzione a quanto avviene all'interno degli Stati Uniti, alla tenuta del "fronte interno". La disgregazione degli stati è un processo generale che avanza a ritmi ed intensità differenti. Dalla periferia si sta avvicinando verso il cuore dell'impero.
Il mondo capitalistico è di per sé impregnato di guerra: fra le classi e all'interno di esse, fra aziende e fra stati. Rifiutare la guerra, bloccarla al suo avvicinarsi, diceva la Sinistra Comunista "italiana"; questo è ancora più valido nell'era della cibernetica e dell'intelligenza artificiale (tema affrontato in un articolo specifico su questo numero), perché l'effetto distruttivo di un conflitto totale e il conseguente collasso delle catene logistiche porterebbero a situazioni catastrofiche e a miliardi di morti.
Ci sono determinazioni materiali (la politica viene sempre dopo) che spingono a cambiare i vecchi assetti sui cui poggiava il mondo; tuttavia, non basta la "volontà" di qualche governante e nemmeno di qualche stato per stabilirne di nuovi. Il presidente cinese Xi Jinping dopo cinque anni è tornato in Europa, visitando Belgrado, Budapest e, più importante ancora, Parigi, che si sta ritagliando un proprio spazio negoziale con Pechino, candidandosi come punto di riferimento del vecchio continente. Poco tempo dopo, il presidente cinese ha accolto il presidente Vladimir Putin a Pechino per rinsaldare un patto volto alla costruzione di un "mondo multipolare più giusto e più democratico", alternativo all'unipolarismo americano. In questo braccio di ferro tra Occidente e Oriente l'Europa si ritrova ad essere il vaso di coccio tra i vasi di ferro.
I giornali borghesi attribuiscono le cause delle guerre alle scelte dei "grandi uomini", personalizzando i processi storici. Ma il capitalismo è un sistema che perde energia, ed è questo fatto che lo precipita verso una transizione di fase. Anche il fenomeno guerra ne è una conseguenza, un automatismo che ad un certo punto scatta e che nessuna forza interna al sistema può arrestare. Titolava un articolo di Battaglia Comunista del 1951: "Non potete fermarvi, solo la rivoluzione proletaria lo può, distruggendo il vostro potere".
Note
[1] "La guerra nucleare tattica distruggerà l'Europa": https://www.youtube.com/watch?v=0Dk5zgvGFkg
[2] Un paese come l'Argentina, che era effettivamente un pezzo di Europa in America, riuscì a rimanere in una posizione neutrale durante la Prima e la Seconda guerra mondiale fornendo carne e grano alle potenze belligeranti.