Transizione di fase. Prove generali di guerra

"Nella dottrina marxista e leninista, come abbiamo dimostrato, resta stabilito che, sia a proposito delle guerre di sistemazione nazionale (1792-1871) che quelle imperialiste, la distinzione tra tipi storici di guerre non ha mai gravitato sulla accettazione del concetto che ogni guerra di difesa sia giustificata. Nel primo periodo il marxismo giustifica come storicamente utili alcune guerre, in generale offensive, nel secondo sconfessa tanto quelle offensive che quelle difensive, ossia attende la utilità storica non da un dato esito delle guerre, ma dai successi del disfattismo rivoluzionario interno, che preconizza ed affretta ovunque è possibile."

("Onta e menzogna del difesismo", Battaglia Comunista n. 5 del 1951).

Transizione in corso

La storia non ci fa il piacere di procedere senza incognite. La complessità del mondo è il risultato della semplicità di leggi fondamentali in interazione tra loro. Ma per trovare queste leggi bisogna almeno avere cognizione di ciò che sta accadendo nel sistema osservato, mentre per trovare soluzioni occorre uno sforzo di astrazione che il pensiero dominante non ha. Anche soltanto per trasmettere opinioni individuali, occorre un linguaggio adatto, che sia verosimile nel contesto dato.

Il guaio per la borghesia è che da quando il suo sistema sociale si è affermato ed esiste la classe che lo incarna, la guerra non dovrebbe essere un problema, bensì una soluzione (produrre di più con maggiore profitto). O più precisamente vorrebbe esserla nelle parole di chi al momento dovrebbe spiegare alle popolazioni coinvolte per quale motivo sarebbe ragionevole – a livello mondiale – farsi ammazzare per la bandiera della classe dominante. Com'è evidente non appena si affronti la questione privilegiando dati numerici piuttosto che sensazioni qualitative, il lavaggio ideologico del cervello non ha spiegazioni razionali, nemmeno dal punto di vista della convenienza, aspetto non sempre onorevole della faccenda ma sempre attinente al calcolo del dare su avere, al valore su valore, in fondo al rendimento del sistema. Per chi e per che cosa, dunque, si dovrebbe affrontare l'immane cumulo di morti e di rovine la cui entità è ovviamente un segreto nelle mani della propaganda bellica? Oggi nascondere o falsificare dati è più agevole che un tempo. Si va infatti precisando un'area inedita dell'uso dei dati, i cosiddetti big data. Si tratta di elaborazione tendenzialmente soggettiva di dati oggettivi, perciò di interpretazione. E qui ogni "giocatore" obbedisce con impegno alle determinazioni del paesaggio storico immediato più che a un calcolo. Scende in campo per dire la sua, cerca argomenti per giustificare la carneficina in corso, speculando persino sulle armi obsolete che i potenti alleati vendono svuotando i propri magazzini dagli inservibili ferrivecchi e che a loro volta i beneficiari di tanto altruismo rivendono sul movimentato mercato delle pulci che fa da veicolo degli scambi mentre si finge rispettoso degli embarghi ufficiali.

L'evoluzione del paradigma cannone/corazza (o attacco/difesa) è ben illustrato da alcuni episodi della guerra in corso, ad esempio, il 16 maggio 2023 durante la battaglia di Kyiv, missili ipersonici russi di ultima generazione, capaci di operare a bassa quota e raggiungere mach 5 (cinque volte la velocità del suono), sono stati intercettati da versioni aggiornate del sistema di difesa aerea americano Patriot.

Anche noi, naturalmente, abbiamo da dire "la nostra". Solo che questo qualcosa da dire poggia su di una base derivata da un patrimonio di conoscenze e metodi in contraddizione totale con quello adoperato dai nostri avversari. In una rappresentazione grafica dei modelli (wargame), cioè degli insiemi "loro" e "nostro", le sovrapposizioni sono assai sfumate e permettono solo valutazioni di massima, dove gli spazi vuoti sono da completare con dei dati certi non appena ve ne siano disponibili. Sul campo di battaglia o sulla sua simulazione (che può anche essere realizzata, per esempio, su computer) è meno grave essere disinformati che essere informati con dati erronei.

Non avere informazione del tutto evita perlomeno di applicare quella suggerita dal nemico. L'importante è che si sappia dell'esistenza di un vuoto da riempire. I nostri avversari si azzuffano fra loro sull'ipotesi che questo vuoto possa essere riempito anche con le idee tratte da teorie, dottrine e azioni mal vissute e peggio memorizzate del movimento operaio. Questo enorme buco di informazione sarebbe un disastro totale per la borghesia se le classi in campo fossero conseguenti, specie quella proletaria. Ma, se il riformismo socialista ha trovato una propria strada con il modello statal-fascista, solo da pochi decenni all'interno della borghesia è in corso una ricerca di soluzioni che permettano al capitalismo di sopravvivere, sia pure in forma modificata, alla sua natura.

Figura 1. Diagramma di VennFigura 1. In questa immagine - un diagramma di Venn -, si vedono due insiemi che si sovrappongono (essi possono riferirsi a forme sociali, a modi di produzione, a dottrine militari, ecc.). Le sezioni sovrapposte rappresentano le qualità comuni.

Una terza via fra capitalismo e comunismo però non esiste: il credere che il capitalismo sia un sistema sociale ancora vivo solo perché circola ancora del capitale espone la classe dei capitalisti al rischio di estinzione. Se essi pensassero che veramente il capitalismo possa avere un futuro, dovrebbero conseguentemente diventare dei tecnocrati, rimpiazzando alla guida degli stati i politici con scienziati e ingegneri, spingendosi a sostituire il denaro con buoni lavoro oppure facendosi promotori di un reddito di base. E un proletariato che seguisse lo stesso indirizzo, scambiando "socializzazione" per "rivoluzione", farebbe la stessa fine, diventando anch'esso una componente interna al sistema, un ingranaggio del grande meccanismo produttivo semi-automatizzato (se esiste l'industria 5.0 può esistere anche un corporativismo 5.0). La struttura dell'edificio sociale è molto resiliente, sopporta bene (anche se sempre meno) crisi e urti tremendi, ma proprio per questo la sua durata può essere interrotta da eventi repentini ad andamento catastrofico irreversibile.

Dichiarami la guerra che vuoi tu

Per il momento i nemici sono in attrito fra loro sul campo di battaglia mentre cercano ancora di scoprire quali armi produrre, perché hanno svuotato i magazzini di quelle vecchie scoprendo che non servono più a niente. Ecco un problema che la borghesia deve risolvere alla svelta: capire qualcosa intorno all'intricatissima situazione strategica con in mente dottrine militari che si potrebbero rivelare utili solo in scenari tattici. Per quanto riguarda il campo di battaglia ideologico esso è totalmente malleabile e adattabile; perciò, non si capisce perché mai la borghesia dovrebbe volerlo accantonare. Ha funzionato, funziona.

Un missile è un missile per tutti, naturalmente. Ma al missile hanno dato un nome significativo che significa "guidato", condotto al bersaglio: non c'è un missile proletario o borghese, ma il proiettile da cannone termina di essere controllato quando esce dalla volata, il missile è accudito in ogni millisecondo del suo viaggio. Si potrebbe forse sottilizzare osservando che il modo di usare entrambi, contro chi o che cosa indirizzarli, fa la differenza, ma ogni interpretazione soggettiva, arbitraria per definizione, può diventare oggettiva solo individuando una dinamica tra le parti che formano il tutto. Un'emergenza a favore della quale la massa dei dati raccolti possa essere letta come consuetudine corroborata da statistica. E infatti è andata proprio così.

La Quarta Guerra Mondiale era appena scoppiata in Ucraina quando il mondo borghese si trovò ad affrontare contemporaneamente alcuni gravi problemi sul piano tecnico produttivo. Se i prodotti della tecnologia militare odierna fossero stati effettivamente sviluppati secondo i dettami della produzione industriale, cioè in una simbiosi tra ricerca scientifica, tecnologia e marketing, non ci sarebbe stata la spiacevole sorpresa di dover combattere la Quarta Guerra Mondiale con la panoplia della Seconda. Gli arsenali erano sì nuovi, ma nel senso di mai usati per combattere. Le ali luccicanti dei velivoli ipersonici, e le blindature d'acciaio dei mezzi ad alta tecnologia ma d'alta obsolescenza tecnologica, nascondevano vecchi progetti. Basti pensare che gli specialisti di dottrina militare hanno incominciato ad occuparsi del munizionamento "intelligente" tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80, quando un televisore domestico conteneva più tecnologia di un missile da crociera.

Armi tecnologicamente nuove per un utilizzo tatticamente e strategicamente vecchio hanno mostrato fin dall'inizio della guerra un sistema militare che faceva acqua da tutte le parti. L'Ucraina aveva ereditato l'armamentario dell'URSS, modello Seconda Guerra Mondiale, cui era seguita la Guerra Fredda, che noi abbiamo inserito come Terza nella scaletta cronologica di questo passato Dopoguerra. E l'URSS, pur avendo progettato alcune buone macchine, le aveva inserite in uso alle sue Forze Armate per lo più come prototipi da esercitazione e da formazione. Successi locali sbandierati come fondamento della futura vittoria dipendevano da squilibri tecnici e soprattutto teoretici.

Qualunque indagine sulla presente situazione, in particolar modo sulla macchina militare mondiale, non potrà fare a meno di raccogliere i segnali che, salendo dal sottosuolo del capitalismo, procedono in mezzo a evidenti prodromi di collasso dell'intero sistema, una situazione che molti ormai collegano a quello che abbiamo chiamato marasma sociale e guerra prima che si fosse scatenata una guerra di queste dimensioni.

Almeno nella forma che la guerra ha preso nei due principali focolai attualmente accesi, la società tende a disgregarsi, stentano a formarsi quei poli di centralizzazione che conducono alla difesa di interessi decifrabili con chiarezza. Insomma, per adesso manca quella polarizzazione sociale e nazionale conosciuta nelle guerre passate. Da una parte lo scontro di classe che prende la forma di manifestazioni, a volte oceaniche ma senza precisi obbiettivi, porterà inevitabilmente a chiedersi se davvero la pressione militare è così alta da spingere in piazza quotidianamente milioni di cittadini di paesi diversi, a sentirsi in pericolo dallo scoppio di guerre sempre più estese ed intense.

La risposta la possiamo trovare nei classici del comunismo, come ad esempio nel saggio di Lenin, L'imperialismo, fase suprema del capitalismo, in cui si afferma che nell'attuale modo di produzione nello sviluppo economico tra paese e paese c'è ineguaglianza che produce attriti e scontri ereditati da fatti apparentemente senza relazione. La dinamica è descritta da Lenin come una legge assoluta del capitalismo.

Se la premessa è questa, essa agisce sullo sviluppo storico e politico di un paese o di un continente. In effetti, la geografia, la conformazione fisica del territorio (mari, montagne, fiumi, ecc.) non sono modificabili come i tempi richiesti dall'agire umano; e la sfasatura, se non è vista e compresa negli svolti decisivi della storia, può dettare politiche contradditorie o comunque in contrasto tra ciò che è auspicato e ciò che si realizza. La Sinistra Comunista "italiana" parlava di geopolitica prima che il termine fosse sulla bocca di tutti com'è diventato oggi, definendola come "un ramo di scienza che ha capito che le leggi dei fatti storici non si scoprono nelle tracce che hanno lasciato nel cervello dell'individuo ma nella fisica reale degli oggetti ponderabili."

La geopolitica è, o quantomeno dovrebbe essere, una scienza materialista, anche se la maggior parte di chi l'adopera per mestiere la condisce con ampie dosi di ideologia. Altro punto importante dell' Imperialismo riguarda gli effetti del perdurare della proprietà privata dei mezzi di produzione: finché esisterà tale regime economico sarà impossibile evitare che scoppino le guerre. L'imperialismo è il sistema dello sfruttamento mondiale e della socializzazione internazionale della produzione. Questa fase di sviluppo del capitalismo, che è l'ultima possibile, è contrassegnata dalla lotta per il territorio economico e per la spartizione del mondo.

La sovrapproduzione di capitale, che è sempre sovrapproduzione di merci, trova nuovi sbocchi soltanto sovradimensionando il mercato, e finanziarizzando l'economia (il capitale fittizio cresce su sé stesso).

Il tema è affrontato dalla Sinistra nel Dialogato con Stalin:

"Se, assunta la piattaforma dello scambio tra merci di ugual valore, si dimostra la formazione di plusvalore ed il suo investirsi ed accumularsi in nuovo capitale sempre più concentrato, se si dimostra che la sola via (compatibile con la sopravvivenza del modo capitalistico di produzione) per uscire dalle contraddizioni tra l'accumulo ai due poli di ricchezza e miseria, e per difendersi dalla successivamente dedotta legge della discesa del saggio, è il produrre sempre di più, e sempre più oltre le necessità di consumo, è chiaro che fin dalle prime battute si delinea lo scontro tra i vari Stati capitalistici, ognuno dei quali è condotto a tentare di far consumare le sue merci nell'area dell'altro, ad allontanare la sua crisi provocandola nel rivale."

È inevitabile, perciò, che, quando cambiano gli equilibri economico-politici mondiali, scatti la risposta automatica del sistema, che comprende anche lo scontro armato. Perciò la distinzione tra guerra di difesa e di offesa è falsa, ha una funzione puramente ideologica: il mondo è un sistema cibernetico basato su azioni e retroazioni ben poco previste e quindi poco programmabili. È il caso di ribadire, dunque, che l'operare della legge dell'ineguale sviluppo economico del capitalismo nella fase dell'imperialismo, porta alcuni paesi a crescere a discapito di altri e questo produce guerre commerciali e guerreggiate. In un mondo globalizzato, la lotta tra le potenze imperialiste è volta al controllo dei flussi di valore che scorrono nei circuiti della finanza.

L'America vive di rendita perché la maggior parte degli scambi nel mondo viene eseguita in dollari, ma il mondo incomincia a stancarsi di dover passare per forza dalla valuta americana (fenomeno noto come "dedollarizzazione").

L'ascesa economica dell'Asia negli ultimi decenni sposta il baricentro del capitalismo da Ovest verso Est, verso quello che alcuni chiamano il "Sud Globale", definizione adottata anche da vari Capi di Stato delle maggiori potenze (Joe Biden, Emmanuel Macron, Xi Jinping) e che induce in molti un anticolonialismo fuori tempo. Il settimanale The Economist fa notare che la definizione "Sud Globale" si riferisce alla maggior parte, ma non a tutti i "paesi non occidentali". Il suo uso serve a porre l'accento sul fatto che le economie emergenti vogliono un maggiore potere sugli affari globali. Ma non c'è un paese leader che guidi questo fantomatico fronte, perché, ad esempio, Cina e India, che messe insieme hanno una popolazione che sfiora i tre miliardi di unità, sono acerrime concorrenti.

Anche il Brasile vorrebbe rappresentare il "Sud Globale", puntando sulla sua forte posizione di paese più importante ed influente del Sud America. Insomma, non esiste un gruppo coerente (nemmeno i BRICS) ma delle economie che si sono affacciate sul mercato mondiale e reclamano i propri spazi, le proprie sfere di influenza, e che spesso e volentieri si pestano i piedi a vicenda. Una schematica tabella ci può mostrare visivamente alcuni esempi di sviluppo ineguale tra aree "geostoriche":

- Tra Africa ed Europa-Stati Uniti (l'"Occidente collettivo" di Putin). Un enorme continente arretrato, la cui disgregazione post-coloniale favorisce un'alta instabilità politica (sono frequenti guerre interne e colpi di stato) che contrasta con aree di capitalismo finanziario avanzato, come testimoniano le skyline fitte di grattacieli delle maggiori capitali. Quello africano è un continente dove si sovrappongono gli estremi del capitalismo da industria pesante (poca) e del capitalismo speculativo (tanto), favorito dalla tendenza a impiegare il sovrapprofitto della rendita, ad esempio mineraria, nell'acquisto di derivati altamente speculativi. Una grande fonte di materie prime per i paesi a vecchia e nuova industrializzazione. Si aggiunga la giovane età media della popolazione (19-20 anni) e abbiamo un barile di polvere da sparo, una bomba a orologeria pronta ad esplodere. Cina e Russia avanzano nel continente africano, l'Occidente arretra.

- Tra India e Cina. L'India, paese rampantissimo in settori di punta ma sostanzialmente povero nel complesso. Ha progettato la costruzione di un corridoio economico per collegare il Paese al Medioriente e all'Europa (India - Middle East - Europe Economic Corridor, acronimo: IMEC), che si pone in concorrenza con la cinese Belt and Road Initiative (BRI).

- Tra Cina e Stati Uniti. La crescita del gigante asiatico (anche in termini di PIL) mette in discussione il primato americano. La sfida è dunque politica, economica e militare, ed ha come centro il Pacifico.

La differenza di sviluppo tra Cina e USA si sta assottigliando, sia economicamente che militarmente, e anche se tra i due antagonisti non c'è una volontà dichiarata di farsi guerra, lo scontro è nell'ordine delle cose: non sembra esserci altro modo con il quale la Cina possa continuare a crescere senza che un conflitto con gli Stati Uniti diventi inevitabile. La potenza americana è spinta a scontrarsi con quella cinese per impedire a quest'ultima di superare una soglia oltre la quale non potrà essere sconfitta con certezza.

Come scrive Chris Miller nel saggio Chip war. La sfida tra Cina e USA per il controllo della tecnologia che deciderà il nostro futuro:

"Se ci riesce, Pechino costruirà una nuova economia globale e rimodulerà gli equilibri del potere militare. La Seconda guerra mondiale è stata decisa dall'acciaio e dall'alluminio; poco tempo dopo, la guerra fredda è stata definita dalle armi atomiche. La rivalità tra Stati Uniti e Cina sarà probabilmente determinata dalla potenza di elaborazione dei dati. Gli strateghi di Pechino e di Washington sanno bene ormai che tutta la tecnologia avanzata – dal machine learning ai sistemi missilistici, dai veicoli automatizzati ai droni armati – richiede chip all'avanguardia, formalmente noti come semiconduttori o circuiti integrati. E la loro produzione è controllata da un ristretto numero di aziende."

La Cina punta a sganciarsi dalla dipendenza dalla tecnologia occidentale, e a controllare gran parte della proprietà intellettuale chiave nei nuovi settori di punta, dai chip allo spazio e, dopo la grande, storica "esternalizzazione" sta tentando di avviare il percorso inverso "internalizzando" in ambito nazionale l'intera catena del valore nel campo delle tecnologie avanzate. Non ci sarà comunque un nuovo secolo a guida cinese, per la semplice ragione che non c'è una nuova fase di sviluppo capitalistico. Il meccanismo di valorizzazione appare stravolto, la serie storica dell'imperialismo mostra chiaramente un limite. In questo senso, la guerra attuale è diversa dalle grandi guerre dei secoli scorsi, dalle quali emergevano una potenza dominante e un nuovo ordine mondiale. Quando si sente parlare di un impero in declino e di uno in ascesa, bisogna tenere presente che il capitalismo d'oggi è senile ad Ovest come ad Est, e che la parabola che descrive l'andamento della produzione di plusvalore ha un inizio e una fine.

The Economist scrive che "la potenza cinese sta per raggiungere il picco", rifacendosi alle analisi dei due politologi americani Hal Brands e Michael Beckley, secondo i quali l'ascesa della Cina si sta arrestando. Da quando il paese ha iniziato ad aprirsi ai mercati esteri e riformare l'economia, nel 1978, il suo PIL è cresciuto in media di un 9% all'anno, e ciò ha permesso un relativo miglioramento delle condizioni di vita per milioni di cinesi. Pechino ha bruciato le tappe facendo in 40 anni quello che l'Occidente ha compiuto in qualche secolo. Le motivazioni dell'attuale declino cinese sono di varia natura, una di queste è la situazione demografica: le Nazioni Unite stimano che entro la metà del secolo la popolazione lavorativa potrebbe diminuire di oltre un quarto, con la crescita del numero degli anziani.

Il sistema capitalistico ha una freccia del tempo: dissipa energia, regredisce verso il disordine, procede verso la catastrofe. Infatti, giungendo a distribuire la quantità di merci e il valore prodotto come se il Pianeta intero fosse un'unica, efficiente grande fabbrica, riesce a trovare dei punti in cui ottiene un equilibrio locale (taylorismo spinto, massima centralizzazione, applicazione di controtendenze), ma nello stesso tempo mette in moto fenomeni che limitano questa efficienza (feroce distribuzione del reddito, megalopoli fuori controllo, crescita abnorme della rendita).

Dopo che il capitalismo è arrivato a costruire fabbriche automatiche la cui produzione avviene in distretti specializzati dove l'operaio quasi scompare e persino i magazzini sono punti nevralgici di una rete distributiva capillare in cui l'uomo scompare del tutto (e ricompare in massa come esercito di senza-riserve), si capisce che c'è una difficoltà oggettiva a ricavare il plusvalore necessario a riprodurre il sistema. Si estremizzano i poli (1/99%).

Il grande scontro a venire tra USA e Cina, anticipato da quello per procura con la Russia, verte dunque sul primato della raccolta e dell'elaborazione dei dati.

TikTok, social network cinese molto utilizzato dagli americani (170 milioni di account) oggigiorno rappresenta un problema per gli apparati di intelligence USA, poiché rastrella dati utili ai fini dello spionaggio da parte della Cina. Il problema della raccolta dei dati riguarda anche la stessa Cina, che accusa di spionaggio l'America per le automobili elettriche Tesla (a Shanghai c'è una Gigafactory) che, attraverso sensori usati per la guida assistita, invierebbero informazioni negli USA. Pechino ha convocato un comitato ministeriale di cui fanno parte, tra gli altri, anche funzionari dell'ufficio che si occupa di sicurezza cibernetica; in seguito alle delibere di questo organismo, Tesla è stata obbligata a richiamare dal mercato cinese 36.000 vetture con la motivazione ufficiale che era necessario sostituire il touchscreen. Effettivamente, i dati sugli spostamenti, sulle ricerche effettuate e i percorsi scelti dagli automobilisti, e quelli derivanti dalle telecamere installate sulle vetture, sono utilizzati dal sistema di Elon Musk e probabilmente anche dal Pentagono. Per Pechino le Tesla sono un "ecosistema di veicoli connessi ed intelligenti" che rappresenta una centrale di sorveglianza mobile.

Gli USA non riescono a combattere su due o tre fronti (Medioriente, Russia, Cina) contemporaneamente, ma proprio i loro alleati (Ucraina, Israele) li stanno trascinando nel vortice della guerra. I nemici, dal canto loro, sono consapevoli della diminuita potenza del gigante americano e alzano la testa. Il fatto "guerra" è ritenuto troppo spesso come manovrato a piacimento dalle classi dominanti, da un gruppo di governanti, ma non bisogna dimenticare, come detto, poc'anzi, che è l'imperialismo nel suo insieme a costruirne le premesse e a produrlo, utilizzando i battilocchi di turno. Lo stadio di sviluppo dell'attuale modo di produzione è di estrema importanza quando si analizza la guerra, poiché questa è lo specchio della società che la esprime.

La teoria della borghesia sulla guerra si ferma infatti dove finiscono i suoi interessi: pur avendo la classe dominante la capacità di rovesciare la prassi localmente, costruendo armi ultratecnologiche, linee di montaggio robotizzate ed enormi infrastrutture, manca di una dottrina che spieghi la natura della sua guerra e, soprattutto, il perché stia scomparendo la pace. Questa società non riesce a comprendere il futuro, perché ha lo sguardo rivolto al passato. Difende rapporti di produzione antiquati.

Qualche borghese illuminato si è accorto che le teorie sulla "fine della storia" erano campate in aria, partorite in un frangente storico (il crollo dell'Unione Sovietica) che ideologicamente la classe dominante voleva eternizzare, ma pochi sembrano comprendere cosa sta succedendo nel profondo della società, oppure lo hanno capito ma si guardano bene dal farlo sapere troppo in giro (da tempo i tecno-capitalisti della Silicon Valley si comprano isole in alto mare e vi costruiscono bunker, alcuni, addirittura, come nel caso di Elon Musk, stanno già progettando e collaudando le modalità di trasferimento in nuovi pianeti).

Il fatto che le guerre si acutizzino e si estendano è solo un aspetto sovrastrutturale, è saltato qualcosa di profondo nei meccanismi di accumulazione del capitale, per cui parlare di crisi non ha più senso, perché non ci sarà nessuna sostanziale ripresa economica. Il ciclo crisi-boom-crisi fa parte di un mondo che non c'è più e la "colpa" è dello stesso modo di produzione e delle sue invenzioni tecnologiche che mandano in crisi la legge del valore-lavoro: intelligenza artificiale, ingegneria genetica, realtà virtuale, robot, nanotecnologie, colonizzazione spaziale e macchine autonome.

Il processo di negazione del capitale ad opera del capitale stesso era già stato lucidamente preconizzato da Marx nei Grundrisse:

"L'accrescimento della produttività del lavoro e la massima negazione del lavoro necessario è la tendenza necessaria del capitale. La realizzazione di questa tendenza è la trasformazione del mezzo di lavoro in macchinario."

L'attuale modo di produzione non funziona più: i parametri economici sono sballati e i tentativi della borghesia di mettere in equilibrio il sistema alla lunga le si stanno rivoltando contro.

Nell'editoriale del numero 3/24 di Limes ("Mal d'America") viene fatto un parallelo tra il crollo dell'URSS e quello dell'America, ma noi possiamo estenderlo all'intero modo di produzione capitalistico: "Quasi tutti percepivano l'insostenibilità del sistema, ma non potendo immaginare nulla oltre lo status quo fino a un minuto dopo il suo crollo, lo accettavano."

Un mondo in guerra

Nel tradizionale discorso di inizio anno al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede (8 gennaio 2024), il Papa ha affermato che si sta passando dalla terza guerra mondiale combattuta a pezzi, sua famosa definizione, ad "un vero e proprio conflitto globale". La sua tesi è fondata: in relativamente pochi anni la situazione mondiale è precipitata, a causa principalmente di cambiamenti negli assetti economici e militari a livello mondiale. Non tracceremo una dinamica economica con le variazioni della produzione di valore nel tempo, cosa già fatta con il nostro diagramma degli incrementi relativi della produzione industriale, ci limiteremo ad una serie di fotografie del PIL dei paesi e delle aree geopolitiche più importanti nel corso del 2023, mettendole in relazione con la crescita della spesa militare. Dati che potrebbero essere utilizzati per realizzare uno dei nostri wargame:

- Russia: il PIL nel 2023 è cresciuto del 3,6%;

- USA: il PIL nel 2023 è cresciuto del 2,5%;

- EU: il PIL nel 2023 è cresciuto dello 0,4%;

- Cina: il PIL nel 2023 è cresciuto del 5,2%.

La spesa militare mondiale nel 2023 ha superato i 2500 miliardi di dollari, con un incremento annuo del 7%, il più alto dal 2009 a oggi. Essa è così ripartita: 55% NATO, 12% Cina, 4% Russia, 29% altri paesi. L'industria bellica è in piena attività e la spesa militare cresce ovunque, lo rivelano i dati forniti da "SIPRI trends in military expenditure for 2023":

- Russia (2023): 109 B$. Variazione 2022-2023: + 24%;

- USA (2023): 916 B$. Variazione 2022-2023: + 2,30%;

- Europa (2023): la spesa militare europea è aumentata del 16%: il più grande incremento annuale nella regione nel periodo successivo alla Guerra Fredda. In testa ci sono Polonia (31,6 B$. Variazione 2022-2023: + 75%), Finlandia (7,3 B$. Variazione 2022-2023: 54%) e Danimarca (8,1 B$. Variazione 2022-2023: 39%);

- Cina (2023): 296 B$. Variazione 2022-2023: + 6%.

I primi tre posti nella classifica mondiale della spesa militare in bilioni di dollari (B$) sono occupati rispettivamente da USA, Cina e Russia. Naturalmente, questi dati riflettono l'impegno bellico degli stati, il loro grado di coinvolgimento nei teatri di guerra, il ruolo internazionale che essi ricoprono o che ambiscono a ricoprire.

Politici e governanti non hanno compreso fino in fondo il cambiamento e si dicono pronti a rafforzare gli eserciti, ma il ritorno al servizio di leva in Occidente non è la risposta a quello che sta venendo avanti; oggi, infatti, in ambito bellico vince l'astrazione, l'arma invisibile, e lo scontro si fa sempre più teoretico, il che non vuol dire che non servono i soldati, ma che questi devono essere un misto di schiavi teleguidati (anche con l'ausilio di droghe come in Vietnam), e di professionisti, esperti in più materie. Si tratta infatti di praticare una guerra di intelligence, di spionaggio, condotta per mezzo di postazioni elettroniche avanzate, e condita da campagne di disinformazione.

Nell'industria come in guerra, l'uomo si fonde con la macchina: non solo occhi artificiali per vedere e ali per volare ma anche protesi ricavate da quelle ortopediche come gli esoscheletri, che permettono di potenziare sia i movimenti del soldato che i suoi sensi. Il confine tra il mondo del nato e quello del prodotto tende a svanire, come dimostra l'esercitazione Project Convergence promossa dal Pentagono e tenutasi a marzo a Fort Irwin in California, in cui robot subacquei, aerei e terrestri interagiscono tra loro e con le truppe in uno scenario bellico che vede un'integrazione spinta uomo-macchina (Human-Machine Integrated Formations). La società di neurotecnologie di Elon Musk, Neuralink, ha dichiarato di aver inserito la sua prima interfaccia neurale in un essere umano, ma per il momento le informazioni sulla sperimentazione sono scarne. È sicuro che tali tecnologie, qualora dessero dei frutti, sarebbero applicate anche in guerra.

Lo sviluppo dell'intelligenza artificiale in campo bellico vede una stretta collaborazione tra privato e pubblico. La cooperazione tra aziende hi-tech (Microsoft e Amazon Web Services) ed esercito britannico ha portato all'esercitazione chiamata StormCloud: marines, droni e sensori sono stati messi in collegamento tramite i dati inviati in tempo reale via satellite, mentre un software indicava dove e come colpire. Il Project Spotter del ministero della Difesa britannico è invece un sistema che utilizza reti neurali per il rilevamento e l'identificazione di oggetti tramite le immagini satellitari, consentendo di monitorare automaticamente determinati territori 24 ore su 24.

Di fronte a questi scenari, non ha un senso abbracciare una pratica luddista contro quelle che i neo-primitivisti e alcuni gruppi anarchici chiamano "tecnologie del dominio". Invece di distruggere le macchine per liberarci dall'oppressione capitalistica, si tratta di strappare alla classe nemica il dominio su queste tecnologie per metterlo sotto il controllo di un organismo di specie, che ha come scopo il soddisfacimento dei bisogni umani, tra i quali il primo in lista è la drastica riduzione della giornata lavorativa.

Armi "intelligenti"

Tra i vari sistemi governati da intelligenza artificiale ne esistono alcuni la cui struttura e il cui scopo sono semplicemente l'espansione di quelli maturati alla fine della Seconda Guerra Mondiale (ad esempio la complessa macchina globale della portaerei con le sue propaggini integrate), ma ve ne sono altri che oggi sono realizzabili soltanto con macchine e reti di relazioni nuove (come l'odierno missile da crociera Tomahawk, la cui struttura concettuale può essere fatta risalire agli anni '30-40 in Germania e ancora oggi è presente in varie tipi di vettori programmabili per missioni general purpose ).

L'inventiva dei progettisti sembra non avere limiti quando il capitale lubrifica per bene gli ingranaggi del profitto ma oggi, che tali ingranaggi sono quasi bloccati dalla sabbia della crisi in permanenza, l'evoluzione delle macchine e dei sistemi automatici procede solo in laboratorio. Le armi "intelligenti" possono essere fantascientifiche o primitive fin che si vuole, ma la loro produzione in massa è negata dal fatto che non si è dispiegata una guerra di massa, perciò, non hanno ancora un mercato di massa. D'altronde, il capitale finanziario, nonostante la sua incredibile vastità e potenza, non può invertire il processo storico che l'ha portato al punto di tentare forzature quali una moderna versione della "Legge di Say", cioè la facoltà di produrre merci in grado di "creare" un proprio artificioso mercato o di espandere quello di altre merci. Anche se all'interno del mercato delle armi vi è certo una spinta in questo senso, ricordiamo ad esempio la denuncia del presidente americano Dwight Eisenhower contro il complesso militare-industriale (1961).

L'attuale grande uso di sistemi costituiti da droni "a perdere" dà l'impressione di una prova materiale della validità della legge, ma bisogna anche considerare quanta ferraglia sarà eliminata dal loro utilizzo generalizzato. Questi sistemi, i cui componenti sono spesso mossi a sciame, sono studiati per produrre effetti in massa simili a quelli delle cluster bomb aeree; altri sistemi permettono di individuare e centrare un obiettivo isolato e tornare alla base a fine missione per il riutilizzo.

Tali mezzi, chiamati anche "robot assassini", possono essere autonomi, cioè, tenuti in allarme, partire verso un bersaglio mobile prestabilito e colpirlo senza ricevere ordini. È una forma di combattimento mai sperimentata nelle guerre del passato, uno scontro fra algoritmi.

Eric Schmidt, ex amministratore delegato di Google, ha affermato che "i successi ottenuti da Russia ed Ucraina dimostrano che le armi autonome sono destinate a sostituire carri armati, artiglieria e mortai", sottolineando come le armi di domani saranno "potenti piattaforme di software. Si tratta oltretutto di una tecnologia che difficilmente sarà limitata alle superpotenze, ma presagisce una proliferazione generalizzata stimolata dalla prospettiva di enormi profitti".

Le armi del futuro non sono solo robot o missili ipersonici, che possono superare di 20 volte la velocità del suono, raggiungendo teoricamente qualsiasi punto della Terra in circa un'ora; quando diciamo che siamo in una transizione di fase intendiamo che da una parte serve una quantità immane di munizioni e di artiglieria terrestre, che i paesi occidentali non riescono a produrre a sufficienza; dall'altra si stanno sperimentando sistemi d'arma e tecniche di combattimento nuove.

La marina inglese ha condotto con successo esperimenti con un cannone (DragonFire) che usa il laser sia in modo passivo che attivo (ad esempio per "illuminare" bersagli che altri tipi d'arma devono abbattere, sia per abbatterli direttamente). Si stanno investendo miliardi di dollari nella "guerra elettronica", testando l'uso di onde radio per neutralizzare i segnali del nemico. Altro ambito di ricerca bellico è quello dei sensori elettro-ottici ad infrarossi (per la sorveglianza diurna e notturna), dei sensori Signal Intelligence (per intercettare i segnali elettronici), dei radar ad apertura sintetica (che permettono di ottenere immagini ad alta risoluzione da grande distanza), oltre a sensori di tipo chimico, biologico, radiologico e nucleare.

Si sta configurando un gigantesco conflitto tra sistemi di ricezione, invio ed elaborazione di dati basati quasi completamente su onde elettromagnetiche, e quest'ultime hanno proprietà che influiscono assai poco sulla possibilità che mettano in moto la ricordata "legge di Say". Per trattare l'enorme quantità di dati prodotti da una società "intelligente" servono dei supercalcolatori, alcuni dei quali sono in grado di svolgere milioni di miliardi di operazioni matematiche al secondo, consumando però immani quantità di energia. C'è poi la guerra condotta nello spazio, volta alla conquista del suo dominio, e questo rimanda a quanto abbiamo scritto nell'articolo sull'arcipelago Star Link, la rete di satelliti di proprietà del tecno-imprenditore Elon Musk, coinvolta attivamente nella guerra in Ucraina, ma anche in quella in Medioriente.

Come scrive l'ingegnere aeronautico Marcello Spagnulo nel saggio Capitalismo stellare. Come la nuova corsa allo spazio cambia la Terra:

"Negli anni passati, i campioni della globalizzazione sono rimasti quasi sempre al riparo mediatico dalle plateali scelte politiche e, a meno che non avessero deciso di scendere direttamente sul terreno elettorale, si mantenevano il più possibile equidistanti in modo da evitare di alienarsi mercati e business globali. Oggi però sta cambiando anche questo paradigma capitalistico e le grandi corporation, le cui capitalizzazioni sono nell'ordine di grandezza al PIL quelle di Stati sovrani, scendono su un terreno di guerra non solo ideologico ma anche combattuto sul campo".

Il capitale si autonomizza dagli Stati e dai governi e questi devono scendere a patti con i "gigacapitalisti", le cui aziende hanno una potenza economica che supera quella di alcuni paesi. Le aziende della Silicon Valley, specializzate nel settore hi-tech, si stanno orientando verso l'industria bellica, intercettando flussi di capitali da parte del Pentagono (che, ricordiamolo, ha fatto nascere Arpanet, e quindi Internet). Nel 2017 Google si è aggiudicata un appalto del Dipartimento della difesa americano per lo sviluppo di strumenti per l'elaborazione della massa di dati accumulati da filmati e foto fatte dai droni dell'esercito. Hanno partecipano al progetto anche Microsoft, Amazon e Palantir, azienda del capitalista Peter Thiel. Il governo americano per il 2024 "ha commissionato alla Space X, l'azienda aerospaziale del miliardario di origine sudafricana, viaggi per un valore di 1,2 miliardi di dollari, per mandare in orbita risorse cruciali per il Pentagono, compresi satelliti spia e di comando e controllo militare."

Nell'articolo dell' Economist "How Ukraine is using AI to fight Russia" (8 aprile 2024) si informa il lettore che sin dall'estate del 2022 sono stati utilizzati software per ridurre gli attacchi di disturbo dei Russi. Tante start-up ucraine operanti nel settore hi-tech hanno virato verso le necessità belliche, utilizzando tecniche di profilazione e monitoraggio, consulenze e indagini statistiche per raccogliere dati e individuare la posizione delle truppe e dei sistemi d'arma nemici. Semantic force è una start-up che si è specializzata nel trattamento dei dati riguardanti il morale della popolazione: ora il suo scopo è comprendere lo stato d'animo dei soldati russi (attraverso i dati reperiti sui social network ma non solo).

Il Dipartimento della difesa degli Stati Uniti sta testando Replicator, un sistema di coordinamento tramite IA di droni autonomi da lanciare in massa contro il nemico. Se questi sistemi verranno usati, la guerra diventerà qualcos'altro, perché la loro capacità di risposta in termini temporali non è paragonabile a quella degli uomini.

Il sistema israeliano Gospel, sempre attraverso l'utilizzo dell'IA, riesce a orientare il fuoco verso le postazioni di lancio di Hamas. Prendendo spunto da fonti israeliane (i due siti di informazione +972 e Local Call), il manifesto ha pubblicato un lungo articolo in cui sono riportate le interviste ad ufficiali dell' intelligence israeliana che spiegano il funzionamento del sistema IA Lavender e il ruolo che esso ha giocato nei bombardamenti sulla Striscia. Lavender opera in sinergia con il sistema di IA Gospel, che si occupa nello specifico di contrassegnare gli edifici e le strutture da cui Hamas lancia i razzi; e ha il compito di individuare i nemici assegnando un punteggio da 1 a 100 ad ogni individuo: per un alto responsabile di Hamas, se identificato in una palazzina molto abitata, è possibile accettare una certa quantità di "danni collaterali", per un militante minore se ne accetta una inferiore. Il sistema di intelligenza artificiale riesce a costruire dei profili e a definire una "kill list" secondo un processo statistico che mette perciò in conto un margine di errore (intorno al 10%); i tempi impiegati dalla macchina per individuare e colpire un obiettivo sono di circa 20 secondi, l'operatore umano non può quindi tenerne il passo e tantomeno eseguire un'analisi approfondita della lista dei bersagli.

Se questi sistemi di IA, compresi i droni, fossero collegati in un'unica piattaforma di software in grado di agire in autonomia, le conseguenze sarebbero di tremenda portata.

Recentemente, l' intelligence americana ha fatto circolare la notizia, pubblicata dalla CNN e ripresa dallaStampa, di una nuova arma russa (electro magnetic pulse, impulso elettromagnetico nucleare) "in grado di distruggere i satelliti creando un'enorme ondata di energia paralizzando potenzialmente una vasta fascia di satelliti commerciali e governativi." L'impulso elettromagnetico tattico, o EMP, è in grado di sovraccaricare o interrompere a distanza i sistemi elettrici del nemico.

I satelliti sono armi e sono utilizzati sia dagli Stati che dai privati. La nuova sfida, come abbiamo visto, è quella del dominio dello spazio. Dato che tali apparecchi sono fondamentali per monitorare i movimenti del nemico, si stanno sviluppando armi antisatelliti, che vanno dai laser (traccianti, abbaglianti) ai segnali di disturbo di varia natura, fino a dispositivi orbitanti in grado di attaccare o disabilitare altri satelliti, o sistemi di segnali che possono manipolare i satelliti avversari per servire i propri scopi (per esempio modificando le traiettorie di missili da crociera). Gli eserciti sperimentano inoltre sofisticate tecniche di guerra elettronica (jamming, spoofing, attacchi informatici).

Come abbiamo scritto un paio di anni fa nell'articolo "La sindrome di Yamamoto", le onde elettromagnetiche vengono utilizzate per la ricerca attiva e passiva, determinando delle contromisure basate sulla falsificazione (generazione di bersagli virtuali) e l'inganno (alterazione delle frequenze utilizzate dal nemico). Chi si muove emette segnali, ma anche chi li intercetta li emette. Tramite segnali radio si possono alterare o interrompere le comunicazioni tra i soldati e tra questi e gli aeromobili a pilotaggio remoto. Le onde elettromagnetiche permettono anche di localizzare obiettivi nemici e indurre in errore le armi guidate.

Il gruppo italiano Leonardo sta sviluppando un progetto di cyber security integrato che "intende definire un'architettura spaziale in grado di fornire agli enti governativi e alle Forze Armate nazionali una capacità di calcolo e memorizzazione ad alte prestazioni direttamente nello spazio".

La realtà conferma la correttezza delle nostre analisi, come quando nel citato articolo della rivista abbiamo scritto che "man mano che le tecnologie si sviluppano, il progressivo miglioramento delle possibilità di offesa/difesa da parte dei paesi che oggi si combattono, produce un'evoluzione dell'esistente, lasciando sempre meno margine all'errore e all'improvvisazione."

Siamo in guerra… civile

È in corso una generale chiamata alle armi da parte dei governi occidentali, che per adesso è volta ad intruppare ideologicamente la popolazione (accettare i "sacrifici" per salvare la Patria) più che a spingerla ad imbracciare i fucili. Il problema è che le popolazioni occidentali sono restie all'idea di partire per il fronte. La sfiducia verso i governi e il sistema dei partiti è anche testimoniata dalla generale crescita dell'astensionismo (per il rinnovo del Parlamento Europeo l'affluenza dei cittadini italiani ai seggi è scesa per la prima volta sotto il 50%). Non siamo più al tempo della Seconda guerra mondiale, quando la popolazione americana sosteneva il proprio paese comprando i buoni di guerra, come si vede nel film Flags of our fathers di Clint Eastwood (2006), oggi l'esercito americano fatica a reclutare i giovani disposti a vestire l'uniforme.

L'Italia è in guerra, al momento con l'impiego di soldati professionisti: è presente nel Mar Rosso con la missione militare Aspides, in supporto all'operazione Prosperity Guardian a guida statunitense. È inoltre presente con i propri soldati in tante missioni nel mondo, tra cui Bosnia-Erzegovina, Somalia, Marocco, Niger, Mali, Libia, Libano, Lettonia, Ungheria, Bulgaria e Iraq.

Tra gennaio e maggio di quest'anno, la NATO ha compiuto una delle più grandi esercitazioni dal 1988. Denominata Steadfast Defender 24, l'operazione si è svolta in diversi paesi e ha coinvolto oltre 90mila soldati e migliaia di mezzi aerei, terrestri e navali, affrontando lo scenario previsto dall'articolo 5 dell'organizzazione atlantica, ovvero l'assistenza militare in caso di attacco ad un membro NATO. La quantità di mezzi e uomini, la logistica e le comunicazioni necessarie rappresentano una vera e propria mobilitazione, dato che si pianificano operazioni che poi verranno realizzate sul campo fino al raggiungimento di determinati obiettivi. In questo tipo di esercitazioni si testano le capacità di intercettazione dei nemici, ma anche le proprie.

Abbiamo detto che nella guerra in corso gli eserciti combattono con le armi della Seconda Guerra Mondiale ma al contempo iniziano ad utilizzare nuove tecnologie e nuove dottrine. L'attuale situazione mondiale è inedita anche per gli esperti militari, e molti cominciano a chiedersi se l' escalation non stia andando fuori controllo.

In un'intervista su YouTube ("La storia dell'esercitazione NATO che prepara l'offensiva che non possiamo vincere"), il generale Fabio Mini afferma che la situazione in cui versa l'Ucraina è problematica sia per quanto riguarda i reparti in prima linea, dato che i Russi hanno in mano l'iniziativa, sia per la carenza di uomini, armi e munizioni. Mini afferma anche che i politici capiscono poco di guerra presi come sono dalle dinamiche elettorali; sono i militari, invece, ad avere una visione sistemica, e in caso di conflitto sono gli unici a poter prendere decisioni coerenti rispetto alle situazioni che via via si verificano.

In effetti, come abbiamo scritto nell'editoriale "Le attenzioni dello Stato", i corpi militari potrebbero essere costretti dagli avvenimenti storici, sull'onda di potenti polarizzazioni sociali, a cambiare schieramento:

"Di quale parte si farebbero strumento le forze armate il giorno in cui la società fosse davvero giunta al confine fra un modo di produzione putrefatto e un mondo completamente nuovo, proiettato nel futuro? Non è un assioma né una certezza scientifica, ma sappiamo che gli eserciti sono sempre stati uno strumento primario di tutte le rivoluzioni. Ai delegati bolscevichi dei soviet bastarono poche parole per conquistare l'armata golpista di Kornilov scagliata contro la rivoluzione."

L'intervista al generale italiano termina con un'osservazione: il contenuto delle conversazioni tra i generali tedeschi intercettate dai Russi, sulla possibilità di rifornire l'Ucraina di missili Taurus (dotati di una gittata di 500 chilometri), non deve stupire, e nemmeno produrre scandalo. Costantemente, gli eserciti pianificano e simulano scenari, come ad esempio la risposta ad attacchi con armi nucleari. È questo il loro mestiere: lavorare con i wargame, che una volta erano dei giochi da tavolo con pedine da muovere sulle caselle, e oggi sono modelli che funzionano su potentissimi computer.

Gli eserciti sono una componente fondamentale dello Stato, sia per quanto riguarda il fronte esterno sia per quello interno. Oltre alle simulazioni al computer, compiono costantemente addestramenti antisommossa. La classe dominante è consapevole che, dato l'aumento della miseria, la lotta di classe da potenziale può diventare cinetica e non vuole farsi trovare impreparata. Gli Stati si preparano da tempo a scenari da incubo, come delineato nel rapporto "Urban Operations in the Year 2020", in cui si invitano le forze della NATO a sviluppare conoscenze e a variare le proprie forme d'ingaggio militare adeguandosi all'estrema fluidità degli scenari bellici, ormai molto spesso di natura metropolitana.

La guerra all'interno delle grandi città può comportare degli intoppi nella logistica o, viceversa, gli intoppi nella catena dei rifornimenti possono determinare scenari da guerra civile. Un piccolo saggio di quanto andiamo dicendo lo si è avuto nella prima fase della pandemia di Covid-19, con lo svuotamento dei supermercati e la fuga dalle grandi città. Negli USA durante la pandemia è stato impressionante il boom nell'acquisto di armi: 5 milioni di adulti hanno comprato armi per la prima volta, segnando un aumento superiore rispetto alla tendenza degli ultimi quindici anni. Il cinema avverte che il problema della disgregazione dello Stato esiste, e sforna film come Civil War di Alex Garland, in cui il presidente americano è in guerra con California e Texas.

Nell'editoriale del numero 3/24 diLimes ci si chiede: "Quanto uniti sono gli Stati Uniti? Questione ieri retorica oggi vivissima."

Il fronte ucraino

Quando due anni fa la Russia attaccò l'Ucraina avanzando e occupando territorio non suo, i media di tutto il mondo annunciarono l'invasione come il tentativo della Federazione Russa di occupare l'intero paese o quantomeno di mettere in piedi un governo fantoccio gestito da Mosca, senza prendere in considerazione, invece, che si trattava di una blitzkrieg (guerra lampo, dottrina militare sviluppata dal generale russo Tuchačevskij durante la Rivoluzione russa, studiata dalle forze armate della Germania negli anni '30 e poi adottata dalla Germania nella Seconda guerra mondiale), a cui sarebbe seguito un periodo di consolidamento dei territori conquistati ad est, testa di ponte contro l'avanzata della NATO. La Russia mirava, infatti, ad occupare punti nevralgici all'interno dell'Ucraina e ad acquisire postazioni stabili e fortificate, e ci è riuscita, sfiancando le forze armate di Kiev in inutili controffensive.

Alti gradi dell'esercito ucraino hanno dichiarato che, anche con ulteriori aiuti dall'Occidente (carri armati Abrams o caccia F-16), la guerra ormai è persa. L'area di contatto tra Russia e Ucraina è una linea difensiva lunga centinaia di chilometri, simile a quelle del primo conflitto mondiale (una riedizione della Linea Maginot), ma con una struttura completamente diversa. L'esercito russo spinge su tutta la linea del fronte, cercando i punti deboli in cui incunearsi e mettendo a dura prova la capacità di resistenza delle forze armate nemiche. La strategia dei Russi è quella di logorare gli Ucraini, contando sulla sproporzione in termini di uomini e materiali. La strategia dell'America, viceversa e ovviamente, è quella di logorare le forze armate russe.

Le munizioni utilizzate sul campo di battaglia sono in un rapporto di 1 a 5 a favore della Russia. Si è parlato sulla stampa della possibilità di inviare soldati occidentali in Ucraina ma, come abbiamo detto, i giovani europei e americani non sembrano desiderosi di arruolarsi. Gli Stati maggiori della difesa stanno lavorando a progetti che prevedono il reclutamento di giovani cittadini stranieri nelle forze armate occidentali in cambio della cittadinanza.

Intanto la NATO sta ammassando uomini e mezzi lungo la fascia che va dai Paesi Baltici fino alla Bulgaria, ed ha annunciato la costruzione di una grande base in Romania. L'Ucraina è il laboratorio della nuova guerra, ma quest'ultima non è ancora del tutto in atto: i fantaccini terrestri, le trincee e le casematte ci sono ancora. Gli esperti militari fanno notare che nonostante la perdita di 9.000 veicoli blindati, la Russia ha mezzi corazzati per combattere in Ucraina ancora per diversi anni. Ha requisito vagoni ferroviari anche nelle zone occupate per costruire una seconda barriera ("treno dello zar") lunga 30 km. Se questa fosse oltrepassata dall'esercito ucraino, si aprirebbero immense praterie verso Mosca, che gli occidentali dovrebbero alimentare con una linea logistica di centinaia di chilometri.

Abbiamo detto che si stanno svuotando gli arsenali per fare spazio a nuovi armamenti. A Berdichy, a ovest di Avdiivka, i Russi hanno mandato contro le trincee una serie dei mini-carri robotici dotati di mitragliatrice e lanciagranate. Gli Ucraini hanno risposto all'attacco per mezzo di droni. Nel Mar Nero i droni marittimi ucraini hanno contribuito ad infliggere gravi danni alla flotta russa.

In una sua newsletter, Bruce Schneier, esperto di sicurezza informatica statunitense, citando esperti militari, informa che il costo di consegna di un singolo caccia F-35 è di circa 130 milioni di dollari, ma farlo funzionare durante il suo ciclo di vita porta la spesa complessiva ad almeno 460 milioni di dollari. Arma d'eccellenza per la guerra convenzionale ad alta intensità, il caccia F-35 si sta avvicinando all'età del pensionamento. Ora, un singolo drone suicida cinese Sunflower costa 30.000 dollari, quindi si potrebbero acquistare 15.000 Sunflower al costo di un F-35. Insomma, produrre un costoso elicottero o aereo da ricognizione con equipaggio ha sempre meno senso. Oggi, la stessa missione può essere eseguita da droni molto meno costosi, senza mettere a rischio i piloti.

Le guerre incominciano là dove sono finite le precedenti. Anche se il punto di passaggio non è perfettamente visibile, la transizione storica non solo è evidente ma si impone come risultato della maturazione dei rapporti capitalistici. Quando riprendiamo l'affermazione classica della Sinistra Comunista "o passa la guerra, o passa la rivoluzione" (Bordiga a Ceglia, 1957), lo facciamo perché effettivamente non c'è alternativa. Lo sviluppo di sistemi d'arma basati sull'IA avrà un impatto importante sull'evoluzione della guerra, sempre più di pertinenza delle macchine. I sistemi di IA riescono ad analizzare una grande quantità di dati in poco tempo, velocizzando gli attacchi. Combattimenti più rapidi e meno pause tra l'uno e l'altro renderanno più difficile negoziare tregue o fermare l'escalation.

Come nel caso degli scacchi o del gioco del Go, le macchine in ambiti specifici hanno superato in capacità gli uomini, battendo ripetutamente i campioni mondiali. Pensiamo ad AlphaGo, software per il gioco del Go sviluppato da Google DeepMind che, dopo aver osservato milioni di partite e averne giocato altrettante, è stato in grado di fare mosse nuove, che nessun giocatore aveva mai visto prima.

Di fronte a scenari mondiali apocalittici la Chiesa invoca l'intervento divino, ma intanto si muove politicamente lanciando messaggi chiari. L'Ucraina deve avere il coraggio di alzare bandiera bianca! La recente dichiarazione del Papa ha avuto risonanza sui media. Bergoglio ha esortato il governo ucraino ad arrendersi, sostenendo che ormai il paese non ha più le forze per continuare a reggere lo scontro con la Russia. Il Vaticano è uno stato particolare, ha ramificazioni in tutto il mondo, e in quanto centro della cattolicità controlla un miliardo circa di fedeli ed ha una rete di influenza internazionale: disponendo di propri agenti anche in Ucraina, possiede informazioni dettagliate, comprese quelle sulla tenuta del fronte interno. Forte di una tradizione bimillenaria, la Chiesa ha una chiara percezione del presente e di ciò che potrà succedere. I giovani ucraini non vogliono morire sapendo, tra l'altro, che la guerra è già persa. In migliaia cercano di scappare dal paese per non finire in prima linea. La polizia e l'esercito circondano interi villaggi e sequestrano chiunque possa essere spedito al fronte. Da parte sua, la Russia silenzia ogni voce di "dissenso", dichiarando fuorilegge persino l'associazione delle madri, mogli e figlie dei soldati russi che chiedono il ritorno dei propri cari dal fronte.

Se il proletariato di un paese combatte contro quello di un altro paese vuol dire che la guerra imperialista è già iniziata ed è combattuta.

Le tante Striscia di Gaza

La posizione degli USA su Israele è ambigua, sia per quanto riguarda il fronte aperto con Hamas sia per quello con l'Iran. L'America non può abbandonare Israele ma non può nemmeno compromettere i rapporti con il mondo arabo. Parte dell'elettorato democratico è solidale con i Palestinesi. I campus universitari sono in subbuglio, e fanno un parallelo tra la condizione dei Palestinesi e quella delle minoranze oppresse nel loro paese. Al Consiglio di Sicurezza ONU gli Stati Uniti, per la prima volta, hanno deciso di non porre il veto alla risoluzione che chiede un cessate il fuoco nella Striscia.

L'accusa di genocidio del Sudafrica nei confronti di Israele non è un caso isolato, sempre più paesi criticano la sua politica genocidaria. Anche la Cina ha preso strumentalmente posizione a favore dei Palestinesi. "Nel perseguire il diritto all'autodeterminazione, l'uso della forza da parte del popolo palestinese per resistere all'oppressione straniera e completare la creazione di uno Stato indipendente è un diritto inalienabile e ben fondato nel diritto internazionale", ha dichiarato l'ambasciatore cinese presso le Nazioni Unite, Zhang Jun, alla Corte Internazionale di Giustizia dell'Aja.

Cosa vuole veramente lo Stato d'Israele? Deportare i Palestinesi in un'isola artificiale? Spingerli nel deserto? Sterminare tutti gli abitanti della Striscia di Gaza? Quello che oggettivamente sta facendo è un massacro ad alta tecnologia, come monito a chiunque abbia intenzione di attaccarlo. Incurante della cosiddetta opinione pubblica mondiale, vuole ristabilire, costi quel che costi, una deterrenza, che è stata messa in discussione dall'azione di Hamas del 7 ottobre. Il risultato è un aumento del disordine in tutta l'area.

In Israele sono riprese le manifestazioni antigovernative: i manifestanti dicono di volere elezioni anticipate e il ritorno degli ostaggi, ma è chiaro che al di là delle motivazioni politiche quello che cresce è un disagio verso lo stato di cose presente, verso una guerra di cui non si vede la fine e che aggrava una situazione economica già molto pesante: migliaia di israeliani non possono lavorare perché al fronte. Se poi si aprisse una guerra con il Libano, la crisi interna non potrebbe che acutizzarsi e le manifestazioni di piazza potrebbero coinvolgere strati di popolazione contrari alla guerra. Recentemente la Corte suprema israeliana ha ordinato l'arruolamento degli studenti ultraortodossi.

Lo scenario di guerra si allarga e ha già coinvolto altri protagonisti sullo scenario locale (Houthi, Hezbollah, ecc.). Siamo nell'epoca delle proxy war, della guerra ibrida, per cui a fianco degli eserciti veri e propri ci sono milizie di tutti i tipi. Le grandi potenze non si scontrano direttamente tra di loro, lo fanno per interposta persona, ma ultimamente è sceso in campo l'Iran per rispondere all'attacco israeliano che ha portato all'uccisione di sette ufficiali iraniani, tra cui un alto generale, presso l'ambasciata del paese a Damasco. Ma solo a prima vista siamo di fronte a uno scontro tra Israele e Iran. L'attacco condotto da Teheran contro Israele nella notte tra il 13 e il 14 aprile ha coinvolto una serie di attori regionali e non: USA, Inghilterra, Francia e paesi del Golfo. E chi non ha agito direttamente è comunque implicato, poiché ogni stato sta studiando la situazione, valutando cosa potrebbe succedere e agendo di conseguenza.

In questo wargame non è previsto il libero arbitrio, né dei singoli né degli stati, perché tutti sono costretti ad agire in un determinato modo all'interno di una complessa rete booleana (se/allora, 1/0).

La guerra diventa endemica (Gaza, Siria, ecc.), con i maggiori attori statali che utilizzano organizzazioni armate non statali per i propri interessi. Anche una forza politico-militare relativamente piccola come Hamas, che controlla un territorio ridotto come la Striscia di Gaza, può determinare una tempesta geopolitica globale. Gli Houthi stanno compromettendo il traffico mondiale rendendo insicuro per le navi commerciali lo stretto di Bab al-Mandeb, che immette nel Mar Rosso. Gli Americani e i loro alleati bombardano le postazioni degli Houthi, ma stanno perdendo il controllo su vaste aree del pianeta e su hub strategici. Il moltiplicarsi di situazioni out of control, come nel caso dello Yemen, di Haiti e di tanti altri luoghi nel mondo, è un segno dei tempi.

Dal mondo capitalistico unipolare non si passerà ad uno multipolare, ma ad uno sempre più caotico.

Nella Striscia di Gaza, dove la guerra è condotta in contesto urbano, la popolazione è alla fame e gli assalti ai camion che portano beni umanitari sono quotidiani, vediamo l'anticipazione di quanto potrebbe accadere nel prossimo futuro nei paesi di vecchia industrializzazione.

Ad Haiti, bande armate che controllano varie porzioni del territorio si sono coalizzate e hanno costretto il presidente in carica a dimettersi, le caserme sono state assaltate e i detenuti nelle carceri liberati. Nonostante i vari tentativi di national building, con l'invio di truppe ONU e contingenti internazionali, quando esplodono le infrastrutture statali è poi difficile rimettere insieme i cocci. La Libia è attualmente gestita da signori della guerra che si combattono tra loro, appoggiati dalle diverse potenze straniere (Russia, Turchia, Egitto, Emirati Arabi Uniti, ecc.). La Siria è un territorio diviso tra gruppi armati di varia natura. I primi a saltare sono gli anelli deboli, ma successivamente tendono ad entrare in crisi anche quelli più saldi, secondo un meccanismo che abbiamo definito come dissoluzione degli Stati.

Da decenni si sono messi in moto processi di urbanizzazione che sono svincolati da qualsivoglia "sviluppo economico". Una parte crescente della popolazione mondiale non entrerà più nel processo di produzione perché è sovrappopolazione assoluta, destinata ad essere mantenuta e ad essere utilizzata come carne da cannone. Vaste aree del pianeta, gli slum descritti dal sociologo Mike Davis, sono in preda ai fondamentalismi di matrice religiosa, a potentati locali e alla criminalità organizzata. Questo processo non riguarda solo i paesi del cosiddetto Terzo Mondo, ma anche le periferie di paesi occidentali come le banlieue francesi.

La specie umana ha perso la capacità di sintonizzarsi con l'omeostasi naturale, di vivere in armonia con il resto del pianeta. Il fatto che ci siano metropoli di 20 o 30 milioni di abitanti ne è una dimostrazione lampante.

La realtà corre velocemente

Il digitale, in ambito informatico come in quello elettronico, è la discretizzazione di un qualcosa che è continuo. Noi riusciamo a fare scienza solo separando, usando i numeri e facendo operazioni su di essi. Digitale si riferisce dunque alla matematica del discreto.

L'esistenza di supercalcolatori e di grandi quantità di dati permette di fare previsioni statistiche, che sono utili per guidare gli uomini nelle decisioni. La capacità dei computer di individuare correlazioni è notevole, e per Chris Anderson, ex direttore della rivista Wired, questo comporta un cambiamento di paradigma, come scritto nell'articolo "La fine della teoria: il diluvio di dati rende obsoleto il metodo scientifico" (2008). I dati parlano da sé? Non resta dunque che affidarsi alla statistica? Si tratta di questioni poste male. In questo tipo di ragionamenti si dà infatti per scontato che ci siano due strade da percorrere: o quella statistica (induttiva) o quella teorica (deduttiva), quando invece i due approcci si completano a vicenda. Un paradigma non soppianta per forza di cose l'altro.

Uomo e macchina non saranno per sempre antagonisti. La specie umana non sarà per sempre in conflitto con sé stessa e con le sue protesi. Amadeo Bordiga afferma che l'umanità riuscirà a conoscersi solo quando supererà il dualismo insito nelle società divise in classi (divisione sociale del lavoro).

L'attuale modo di produzione porta alle estreme conseguenze il dualismo: esso è sempre più integrato, ma economicamente in concorrenza. La necessità di collegare il globo dal punto di vista dei flussi di merce e capitale si scontra con un mondo disintegrato. Fin dalle sue origini, il capitalismo ha una spinta all'autonomizzazione, perché bada solo al valore di scambio, al denaro, e tratta il valore d'uso delle merci solo come un mezzo. Ai giorni nostri il Capitale tenta di autonomizzarsi anche da sé stesso, smaterializzandosi (criptovalute, metaverso, ecc.). Di una cosa però il capitalismo non può fare a meno, e cioè del lavoro salariato, da cui trae sostentamento sotto forma di plusvalore. L'aumentata produttività del lavoro porta a sfruttare sempre di più un numero sempre minore di operai, e questo nega le fondamenta su cui si basa il sistema del lavoro salariato.

Prendiamo ad esempio il computer, un mezzo di produzione che è uscito dalle mura aziendali, si è rimpicciolito fondendosi con il telefonino, ed è ora a disposizione di tutti. La socializzazione delle forze produttive significa anche questo, e cioè il fatto che, come dice Lenin, non è soltanto il lavoro ad essere socializzato ma la società intera ad entrare in contrasto con i rapporti di produzione esistenti. Il capitalismo non riesce a controllare sé stesso proprio perché attanagliato da una contraddizione irrisolvibile tra la produzione sociale e l'appropriazione privata dei prodotti del lavoro.

Di conseguenza, per frenare il suo crollo, il capitalismo deve inflazionare lo Stato, strumento cardine della dominazione di classe. In un discorso alla Duma il presidente Putin ha ribadito la necessità del sostegno all'economia nazionale, promettendo incentivi ai salari e alla natalità, investimenti nell'istruzione, ecc. Niente di nuovo: la presenza dello Stato nell'economia è ormai un dato di fatto a tutte le latitudini. L'intervento statale ha subito un'accelerazione tramite le varie forme di fascismo negli anni '20 e '30, che hanno rappresentato la necessità del capitalismo di regolare sé stesso:

"Il fascismo adunque può dal punto di vista economico definirsi come un tentativo di autocontrollo e di autolimitazione del capitalismo tendente a frenare in una disciplina centralizzata le punte più allarmanti dei fenomeni economici che conducono a rendere insanabili le contraddizioni del sistema."

Lo Stato non ha assunto più potere rispetto al Capitale, viceversa è quest'ultimo che domina su tutto.

La necessità del capitale di accrescersi e quindi di aumentare la produttività del lavoro, ha fatto fare un salto enorme alla società, la quale attraverso i suoi centri di ricerca ha approfondito gli studi sul caos, le reti e la complessità. Ci riferiamo, ad esempio, a quanto esposto nel libro Auto-organizzazioni. Il mistero dell'emergenza nei sistemi fisici, biologici e sociali, da noi preso in esame in un articolo nello scorso numero di questa rivista ("Rivoluzione anti-entropica"). In alcune delle sue componenti scientificamente avanzate, la borghesia è arrivata a comprendere che la natura procede auto-organizzandosi, senza bisogno di un soffio divino o della creatività di qualcuno.

Tale nuovo paradigma è sia un prodotto che un fattore di cambiamento, in ambito aziendale come in quello bellico, registrando il passaggio dalle strutture piramidali a quelle a rete, le quali a grandi linee sono così strutturate:

1) informazione distribuita come condizione per la sincronizzazione delle unità;

2) ampia autonomia decisionale alle unità sul campo per consentire di agire in modo indipendente;

3) compresenza circolare di spinte dall'alto al basso (top-down) e dal basso all'alto (bottom-up).

C'era da aspettarsi che all'interno della società capitalistica in transizione si formassero delle correnti scientifiche che per le generali necessità della produzione si sarebbero spinte a superare le barriere ideologiche che impediscono il procedere della conoscenza, modificando anche il linguaggio per esprimersi, adottando insomma un nuovo paradigma.

Agli autori del saggio in questione preme rendere consapevoli le organizzazioni tradizionali (imprese, scuole, eserciti, ecc.) che fuori dalle loro mura e dai loro confini c'è una realtà materiale che corre sempre più veloce e che, se non cambiano in fretta, aggiornando strutture, metodi e visione, rischiano di rimanere tagliate fuori dal processo evoluzionistico. Nutriamo forti dubbi che tali strutture riescano a modificarsi così radicalmente senza snaturarsi.

Un programma: rifiutare la forma sociale vigente

Oggi come nel 1913 il programma per i rivoluzionari è lo stesso: tagliare i ponti che legano il 99% al sistema dell'1%, "recidere i legami per cui ci si infiltra nel sangue il veleno dell'egoismo, della concorrenza, sabotare, in una parola, questa società infame, creando oasi rivoluzionarie destinate un giorno ad invaderla tutta, scavando mine destinate a sconvolgerla nelle sue basi". Ciò vuol dire voltare le spalle al parlamento, all'idea di partito piramidale, al politicantismo e al leaderismo.

Rifiutare, insomma, le categorie politiche della presente forma sociale.

Non è facile in tempi come questi mantenere salda la bussola che punta al "Nord del comunismo", ma un buon antidoto all'opportunismo risorgente e tenace consiste nello sforzarsi di pensare da uomini del futuro. Come diceva di sé stesso il movimento Occupy Wall Street: siamo una voce aliena che dal futuro chiama a raccolta contro il capitalismo.

La guerra in corso ha mille sfaccettature, anche dal punto di vista ideologico: all'interno dei paesi occidentali si alimentano e sono alimentate le partigianerie pro-Russia o pro-Ucraina, pro-Israele o pro-Hamas. I servizi segreti lavorano senza sosta per orientare le opinioni pubbliche proprie e altrui, sia tramite l'uso di deepfake sia attraverso l'opera di agenti di influenza, che non sono sempre legati da un rapporto organico con le intelligence statali. Gli agenti di influenza, comunque, non possono creare nulla, assecondano solo ciò che c'è.

Un modello computerizzato del mondo dovrebbe averlo anche il futuro partito della rivoluzione (con un suo reparto previsione). Il wargame della rivoluzione per adesso non può che essere analogico, come quello che abbiamo provato a descrivere adoperando come base le Tesi sulla tattica del PCd'I (Roma, 1922), ma un domani tutte le classi, per mezzo delle proprie strutture organizzative, dovranno dotarsi anche di mezzi digitali di elaborazione, bypassando il deficit di potenza locale per mezzo della rete (computer che lavorano in parallelo). I mezzi tecnici di cui si avvale la rivoluzione non possono essere di potenza inferiore rispetto a quelli di cui si avvale la produzione, anzi, dato che le teorie organizzative sono spinte sulla scena dalla forza produttiva sociale e sono adottate in via del tutto spontanea dall'ambiente produttivo, la società intera ne viene permeata.

Anche il partito dell' antiforma avrà la sua rete di influenza (stampa, organismi vari). Asseconderà un "movimento reale" che c'è, che nessuno è in grado di fermare, perché è in marcia nel profondo della società.

Per Marx la lotta è il motore della storia, e la lotta contro la guerra è tale solo se è lotta contro il capitalismo, in tutte le sue manifestazioni. Di fronte alla prospettiva che si sta delineando, quella del coinvolgimento delle popolazioni nei fronti di guerra, del precipitare del mondo in un conflitto totale, è fondamentale riprendere in mano testi come "Aggressione all'Europa", da cui estrapoliamo il seguente passo:

"Le guerre potranno volgersi in rivoluzioni a condizione che, qualunque sia il loro apprezzamento, che i marxisti non rinunziano a compiere, sopravviva in ogni paese il nucleo del movimento rivoluzionario di classe internazionale, sganciato integralmente dalla politica dei governi e dai movimenti degli Stati Maggiori militari, che non ponga riserve teoriche e tattiche di nessun genere tra sé e le possibilità di disfattismo e di sabotaggio della classe dominante in guerra, ossia delle sue organizzazioni politiche statali e militari."

La parola d'ordine del disfattismo, ovvero il rifiuto di farsi intruppare in un fronte borghese contro l'altro, è di estrema attualità; non può esserci lotta contro la guerra se le forze che tale lotta dovrebbero ingaggiare collaborano con la borghesia e i suoi organismi. Una lotta coerente contro la guerra non può che essere condotta da un movimento antiformista, cioè che rifiuta sia il conformismo che il riformismo.

Non un uomo, non un soldo per la guerra fu sempre la classica posizione dei rivoluzionari, ed è valida anche oggi. Gli insegnamenti della Sinistra, volti a mantenere l'autonomia teorica e organizzativa del proletariato dal capitalismo, sono più vivi che mai, soprattutto alla luce della necessaria riscoperta da parte delle nuove generazioni di quella che è la pratica del disfattismo, che è "lotta dei lavoratori per sé stessi e, insieme, per i loro fratelli di tutti i paesi."

Note

[1] A parte il naturale utilizzo dei residuati della Guerra Fredda disseminati dall'URSS in grande quantità e di valore bellico prossimo allo zero, fatti significativi su ciò che accade nel flusso di armi verso l'Ucraina se ne trovano molti. Ad esempio, la vicenda degli obici nuovissimi ancora imballati forniti dall'Italia all'Ucraina. Per obice in generale si intende un pezzo d'artiglieria "da traino" tra il cannone e il mortaio, quindi arma da attacco-offesa di altri tempi. Altro esempio ci viene dalla Germania, che ha regalato all'Ucraina alcuni carri armati Leopard 2 di ultimo grido: oggi tale arma non è più inquadrabile in uno schema di guerra potenzialmente fantascientifica come vorrebbe essere quella d'oggi. Questo vale anche per i modernissimi Abrams americani, forniti in poche unità. Il mezzo corazzato, se non usato in massa mobile, è praticamente assimilabile a un pezzo di artiglieria. È vero che l'artiglieria ha rivoluzionato le guerre, ma quella sua caratteristica risale alle battaglie napoleoniche e consistette negli accorgimenti tecnici per renderla "valorizzabile", cioè tale da poterla produrre in serie tramite pezzi intercambiabili, da usare in massa con il criterio della "saturazione" (numero di bersagli centrati per unità di superficie). Il movimento di obici, di carri armati come di altre armi obsolete, serve agli alleati d'Occidente per rispondere alla richiesta di appoggio da parte della NATO i cui affiliati comprano, producono, e vendono armi con le modalità adeguate a soddisfare una politica di guerra "ibrida": l'Italia, paese della NATO, acquista artiglieria destinata a un paese in guerra, perciò è in guerra, come lo sono tutti i paesi più o meno coinvolti.

[2] Nel bilancio totale dell'informazione scambiata tra belligeranti la parte della disinformazione è sempre più grande di quella dell'informazione. Nel mondo anglosassone si adopera il termine compellence per indicare una situazione creata artificialmente da servizi più o meno segreti con una pressione sul contesto.

[3] Volantino distribuito a Torino il 1° maggio 2022 - Supplemento al n. 50 di n+1.

[4] In quel periodo inizia da parte degli eserciti più avanzati l'adozione delle munizioni a guida precisa (PGM), diventate di uso comune con all'avvento dei microchip. Durante la corsa alla "conquista" dello spazio tra USA e URSS, viene lanciato in orbita dalla NASA lo Space Shuttle (2 aprile 1981), che adottava ancora per il computer di bordo le memorie a nuclei magnetici non più utilizzate in altri campi.

[5] All'inizio della guerra si verificarono esempi di supremazia aerea locale da parte ucraina resi possibili da piloti e macchine ingaggiati in "romantici" duelli da Barone Rosso. Esempio eclatante: l'affondamento della modernissima nave ammiraglia russa con missili antinave obsoleti.

[6] n+1, "Teoria e prassi della nuova politiguerra americana" (n. 11). "Dall'equilibrio del terrore al terrore dell'equilibrio" (n. 21). "Marasma sociale e guerra" (n. 29).

[7] "Il pianeta è piccolo", Battaglia Comunista n. 23 del 1950.

[8] Il programma comunista, n. 1,2,3, e 4 del 1952.

[9] Limes, "Russia o non Russia", n. 6 - 2023 ("Se cade il dollaro gli Usa tremano", Filippo Gori): "Dalla fine della Seconda guerra mondiale, il sistema internazionale dei pagamenti è basato sulla centralità di una sola valuta: il dollaro americano. Nel 2022 il biglietto verde è stato controparte in nove transazioni valutarie su dieci. Oggi il 50% della fatturazione internazionale è in dollari, così come il 60% delle riserve valutarie mondiali. L'importanza del dollaro nel sistema finanziario internazionale oltrepassa di gran lunga quella degli Stati Uniti nell'economia globale: l'economia americana, pur rimanendo la più grande del pianeta, oggi corrisponde solo al 20% del pil mondiale."

[10] The Economist, "Who's the big boss of the global south?", 13 aprile 2024.

[11] The Economist, "Xi Jinping's misguided plan to escape economic stagnation", 6 aprile 2024.

[12] The Economist, "Is Chinese power about to peak?", 13 maggio 2023.

[13] Lucio Caracciolo, La pace è finita. Così ricomincia la storia in Europa, Einaudi, 2022.

[14] Douglas Rushkoff, Solo i più ricchi. Come i tecnomiliardari scamperanno alla catastrofe lasciandoci qui, Luiss, 2023.

[15] n+1, "Un modello dinamico di crisi", n. 24, dicembre 2008.

[16] SIPRI Fact Sheet (aprile 2024): https://www.sipri.org/sites/default/files/2024-04/2404_fs_milex_2023.pdf

[17] The Economist, "How AI is changing warfare", 22 giugno 2024.

[18] "Elevamento dei costi di produzione, per poter dare, fino a che vi è salario, mercato e moneta, più alte paghe per meno tempo di lavoro" (Punto "b" del Programma rivoluzionario immediato nell'Occidente capitalistico, Riunione di Forlì del Partito Comunista Internazionale, 28 dicembre 1952).

[19] Progettato alla fine degli anni '70, il missile Tomahawk è l'arma strategica convenzionale della marina degli Stati Uniti. Lungo circa sei metri ha una gittata di 2.500 km. Viene lanciato sia da navi che da sottomarini. È divenuto famoso durante la Guerra del Golfo.

[20] Ci siamo occupati di Jean-Baptiste Say e della sua teoria nell'articolo "L'outsourcing globale. Ovvero la legge di Say in salsa keynesiana" (n+1, n. 28).

[21] Il discorso del presidente Eisenhower denunciava l'intreccio di interessi tra i politici del Congresso e del ramo esecutivo e l'industria bellica, e la capacità di quest'ultima di influenzare i primi.

[22] Celada Luca, "L'algoritmo va alla guerra", Il manifesto, 2 gennaio 2024.

[23] Recentemente l'esercito ucraino ha colpito per mezzo di droni la stazione radar over-the-horizon Voronezh-DM ad Armavir, a 1800 km dal proprio confine: è la prima volta che un attacco viene condotto così in profondità in territorio russo. La stazione radar fa parte di una rete d'allarme precoce che avvista i missili balistici diretti verso la Russia, è perciò parte del sistema di deterrenza nucleare del paese. Per costruire tali impianti è necessaria la mobilitazione statale di capitali concentrati, dato che non c'è un mercato, diversamente dal fiorente mercato di droni, che si estende sia in ambito bellico che in quello civile.

[24] n+1, "Un sistema che ingegnerizza sé stesso?", n. 52, dicembre 2022.

[25] ‎Ed. Rubbettino, 2023.

[26] Riccardo Staglianò, Gigacapitalisti, Einaudi, 2022.

[27] Internazionale, "La Silicon valley va alla guerra", n. 1555, 22/28 marzo 2024.

[28] Yuval Abraham, "20 secondi per uccidere: lo decide la macchina", il manifesto, 5 aprile 2024.

[29] Paolo Quaranta, "Space Electroinc Warfare", Rivista Italina Difesa, 25 marzo 2014, (https://www.rid.it/shownews/6422/space-electronic-warfare).

[30] n+1, n. 51, giugno 2022.

[31] Comunicato stampa del 19 febbraio 2024, Leonardo Company, "Leonardo: al via il progetto per il primo sistema di Space Cloud per la difesa", (https://www.leonardo.com/it/press-release-detail/-/detail/19-02-2024-leonardo-kick-off-for-the-project-of-the-first-space-cloud-system-for-defense).

[32] n+1, n. 12, settembre 2003.

[33] "Forza, violenza, dittatura nella lotta di classe", Prometeo, n. 2 e 4 del 1946, n. 5 e 8 del 1947, n. 9 e 10 del 1948.

[34] n+1, "Lo Stato nell'era della globalizzazione", n. 32, dicembre 2012.

[35] Mike Davis, Il pianeta degli slum, Feltrinelli, 2006.

[36] n+1, "Per una teoria rivoluzionaria della conoscenza", n. 15-16, giu./set. 2004.

[37] "Tutte le produzioni si fondono in un unico processo sociale di produzione, mentre ogni produzione è diretta da un singolo capitalista, dipende dal suo arbitrio, e gli dà i prodotti sociali a titolo di proprietà privata. Non è forse chiaro che la forma di produzione entra in contraddizione inconciliabile con la forma dell'appropriazione? Non è forse evidente che quest'ultima non può non adattarsi alla prima, non può non divenire anch'essa sociale, cioè socialista?" (Lenin, Che cosa sono gli amici del popolo, 1894).

[38] "Il ciclo storico del dominio politico della borghesia", Prometeo, n. 5 del 1947.

[39] Alberto Felice De Toni, Luca Comello, Lorenzo Ioan,‎ Marsilio, 2011.

[40] Articolo pubblicato su L'Avanguardia, organo della gioventù socialista (1913).

[41] "Bussole impazzite", Battaglia Comunista, n. 20 del 1951.

[42] È una tecnica per la sintesi dell'immagine umana basata sull'intelligenza artificiale, usata per combinare e sovrapporre immagini e video esistenti con video o immagini originali, tramite una tecnica di apprendimento automatico, conosciuta come rete antagonista generativa.

[43] n+1, "Wargame. Non solo un gioco", n. 50, dicembre 2021.

[44] Tra le due guerre fanno la loro comparsa correnti che si rifanno al "taylorismo sociale", e che hanno come obiettivo l'estendere l'organizzazione scientifica del lavoro propria della fabbrica a tutta la società. Abbiamo approfondito l'argomento nell'articolo "La Grande Socializzazione" (n+1, n. 47, aprile 2020).

[45] Prometeo, n. 13, 1949.

[46] "Tracciato d'impostazione", Prometeo, n. 1, luglio 1946.

[47] "Neutralità", Prometeo, n. 12 del 1949.

Rivista n. 55