Prefazione

Mentre pubblichiamo questi scritti, il processo di disfacimento dell'Unione Sovietica ha raggiunto probabilmente il suo culmine. La vecchia centralizzazione è saltata e con essa la burocrazia interstatale, l'esercito, l'apparato poliziesco. La "Comunità di Stati Indipendenti" non è che un ufficio, il tentativo di coordinare la distribuzione delle vecchie funzioni statali ai nuovi territori, il curatore fallimentare che agisce fra sparatorie, traffico di armamenti e di materiale atomico, nel mezzo del caotico formarsi dei futuri poli di accumulazione capitalistica, quindi nell'anarchia più totale, in cui si infiltra e circola il capitale internazionale alla ricerca di nuovi affari.

Accanto al supercentralizzato apparato ex sovietico, è crollato non meno fragorosamente e sanguinosamente il teorema jugoslavo della libera federazione autogestita dal basso e decentralizzata amministrativamente.

Nell'uno e nell'altro caso, l'unica continuità che non si è spezzata è il modo di produzione. Non si era spezzata prima, quando esso aveva incominciato ad autodefinirsi socialista, non si spezza ora, nel momento in cui si confessa pienamente capitalista.

Non erano modi di produzione transitori e forme di dominio transitorie, cioè nuove forme non previste dal marxismo, "stati operai degenerati" o "burocrazie al potere". Erano mistificazioni storiche dovute alla sconfitta della rivoluzione, degenerata teoria che copriva la moderna accumulazione capitalistica in quei paesi.

La crisi generale del capitalismo sta provocando ovunque fenomeni di localismo, autonomismo, nazionalismo, forze centrifughe come reazione ad un disagio materiale, tentativi di vedere in altri la causa del proprio malessere. Dalla teorizzazione economicamente argomentata, fino alla caccia allo "straniero" e alle forme di vero e proprio tribalismo che l'accompagnano, il panorama della crisi capitalistica offre uno spettacolo indecente di rigurgito idealista nel quale si possono innestare nuovamente teorizzazioni pseudorivoluzionarie.

La Sinistra Comunista chiamò "proudhonismo ricorrente e tenace" il rinascere storico di queste correnti per via dell'origine materiale della loro ideologia la concentrazione capitalistica anche nelle sue forme di dominio politico, e per via del suo capostipite, Pierre Joseph Proudhon, che questa ideologia cercò di collocare teoricamente in un sistema compiuto.

I tre "Fili del tempo" che ripubblichiamo, La Batracomiomachia, Gracidamento della prassi, Danza di fantocci, apparvero sui numeri 10, 11 e 12 del 1953 di "Programma Comunista", organo del Partito Comunista Internazionale.

Essi furono scritti nell'ambito della lunga battaglia contro l'antistalinismo di marca democratica e immediatista, quindi contro le teorie negatrici del principio di autorità e dell'utilizzo del meccanismo statale a fini rivoluzionari nella transizione al comunismo, negatrici in ultima analisi della necessità del centralismo in tutte le fasi della rivoluzione.

Gli scritti, pur nell'ambito di questa battaglia generale, si rivolgevano specificamente a un gruppo francese, "Socialisme ou barbarie". Si trattava di un gruppo di tendenza trotzkista separatosi dall'organizzazione ufficiale nel 1948 e confluito nel 1964 nella socialdemocrazia, noto in Italia per un breve periodo a causa del tentativo di legare con elementi che si richiamavano arbitrariamente alla Sinistra Comunista, e per aver lasciato suoi ex appartenenti in vari raggruppamenti immediatisti.

La posizione politica di "Socialisme ou barbarie" non differiva nella sostanza da quella di affini raggruppamenti che allora si formavano, anche se, nota il testo con rammarico, nel caso specifico non si trattava dei più fessi tra gli amarxisti.

Ma il rammarico per lo spreco di energie devolute alla falsificazione del marxismo invece che alla sua affermazione, non impedisce di menare durissimi colpi alle pretese non solo di arricchirlo, ma addirittura di superarlo.

La chiave di volta di simile pretesa sarebbe l'evoluzione del capitalismo verso un dominio della burocrazia sui mezzi di produzione, dominio pienamente esercitato in Russia e tendenzialmente esteso al resto dei paesi industrializzati. Quindi la burocrazia come nuova classe o casta, o come sostituto di esse.

Il risvolto teorico antimarxista di simile posizione non riguarda soltanto l'antitesi tra carattere sociale della produzione e carattere privato dell'appropriazione, quindi tra classe proletaria e classe borghese: nella sua massima espressione il capitale domina in modo anonimo e non ha bisogno di personali possessori. Questo lo prevede Marx e lo ribadisce Engels proprio a riprova della maturità della rivoluzione. Il tralignamento sta nell'uso idealistico di quella che Engels chiama sostituzione di funzionari stipendiati ai capitalisti; questi funzionari stipendiati, la "burocrazia", impersonerebbero l'autorità in antitesi alla libertà, l'una rappresentata dall'oligarchia di conculcatori dispotici in grado di manipolare le stesse leggi economiche per atto di volontà, l'altra rappresentata dai produttori conculcati, grande maggioranza senza diritti la cui lotta di emancipazione sarebbe decaduta a problema di presa di coscienza.

La concezione "barbarista" del processo rivoluzionario rispecchia altre vecchie questioni già affrontate dal marxismo, ed infatti vediamo che si va dalla presa di coscienza della propria condizione alla coscienza della necessità del controllo del processo di produzione alla democrazia, diretta, naturalmente, nell'esercizio del potere, fino alla gestione della produzione sociale.

In tale concezione, alla fine, la classe rivoluzionaria si confonde con l'intera umanità, il partito (ancora chiamato comunista, chissà perché) si riduce a mero tramite attraverso cui l'informazione giunge alle masse, ma non nel senso cibernetico di elemento ordinatore e indirizzatore, bensì ancora nel senso idealistico di elemento illuminatore dell'azione non di classe ma del genere umano.

Quindi l'alternativa rivoluzionaria è posta fra una barbarica, totalitaria e alienante burocratizzazione e un socialismo la cui superiorità si valuta in termini morali, in quanto democratico e soprattutto umano.

Questa teoria apocalittica, della barbarie contrapposta alla civiltà, è lontana anni luce dal catastrofismo rivoluzionario marxista e purtroppo non è appannaggio del defunto gruppo di "Socialisme ou barbarie". Essa è destinata purtroppo a rivivere in varianti che si ripresenteranno tutte le volte che le spinte rivoluzionarie trascineranno con sé brandelli di teoria filtrata attraverso l'ideologia dominante. Per questo ripubblichiamo.

Oggi possiamo gioire per l'avvenuta "grande confessione", per il riconoscimento definitivo e senza appello che in Russia c'è sempre stato capitalismo e che la controrivoluzione staliniana ha stravolto il vero marxismo. Ma la catastrofe dell'Est non ha ancora portato il necessario chiarimento a proposito della teoria, dato che si rivela sempre necessaria una fase di superamento dell'ubriacatura democratoide e consumistica.

Non tarderanno ad aprire gli occhi i proletari di Russia, di Ucraina, Georgia o Tagikistan, ma nel frattempo il crollo dell'apparato stalinista non vuol dire crollo né dello stalinismo, né dell'immediatismo idealista, né dell'antiautoritarismo anarchico, né di tutte le correnti che dal marxismo sono deviate prendendo a prestito frammenti gentilmente messi a disposizione dalla classe dominante attraverso la sua ideologia.

Il filone ha il suo capostipite in Proudhon, continua attraverso Bakunin, seguita le sue manifestazioni sparse all'interno della socialdemocrazia revisionista con gli Hilferding e i Kautsky (teorie dell'economia di Stato totalitaria e del superimperialismo). Trova suoi esponenti antiburocratici nei Schachtman, nei Burnham e nei Rizzi. La Sinistra ingaggiò battaglia pure con i consiglisti Gorter e Pannekoek, gli austromarxisti alla Bauer e dovette strigliare gli stessi compagni di partito come Gramsci il cui aziendismo consigliare non riuscì a neutralizzare. Fu preda di tesi spontaneiste e democratiche anche la grande Rosa Luxemburg e dette purtroppo il "La" alla genìa di epigoni il Leone Trotzky dell'esilio, ipotizzando il dominio universale della burocrazia totalitaria se non vi fosse stata una continuazione della Rivoluzione d'Ottobre in un paese avanzato, in seguito alla guerra.

Anche il federalismo jugoslavo, che ci venne propinato per lunghi anni come superamento dell'autoritarismo stalinista, mentre non era altro che una variante proudhonista personalizzata dai vari Tito e Gilas, si servì di temi affini per condire un'ennesima revisione del marxismo.

Ci sembra quindi utile inserire, in una raccolta come la presente, un riferimento preciso al socialismo titino, sul quale è centrato il quarto "Filo del tempo", Sotto la mole del Leviathan, apparso su "Battaglia comunista" n. 4 del 1952.

Ribadito, testi alla mano, che casi di statizzazione capitalistica preesistettero al marxismo, che ne previde la diffusione come sbocco della concentrazione del capitale, e che la completa statizzazione dell'industria non è socialismo, i "Fili" rintuzzano l'ennesimo tentativo di mettere pezze, di raddobbare il marxismo. La tesi centrale di "Socialisme ou barbarie" è: se n'è andata la borghesia per lasciare il posto alla burocrazia, forma di dominio statale che essi elevano al rango di classe (l'esempio l'avrebbero riscontrato nell'URSS) per pretese impreviste svolte del capitalismo.

L'errore di questa dottrina riporta a tesi non solo antimarxiste, ma addirittura premarxiste, che il marxismo ha sospettate, prevedute e stritolate a suo tempo. Per esempio, uno dei documenti dei "barbaristi", citato nel testo, si risolve in una incauta parodia del Manifesto del 1848, perché in esso manca ogni spiegazione, giustificazione e anche "apologia" della burocrazia-classe che giunge al potere. A differenza della borghesia analizzata da Marx, la burocrazia terrebbe il potere per sé, per il comodo suo, e non per eliminare i residui della classe storicamente sconfitta, per la difesa del nuovo modo di produzione, con un preciso apparato del potere di classe, ossia con lo Stato. Per il marxismo la burocrazia è una sovrastruttura che nasce dall'organizzazione del dominio di classe legato ad un ben preciso modo di produzione, e non altro.

I "barbaristi" tentano di contraddire Trotzky sulla sua analisi dell'economia russa, ma fanno solo una folle confusione dei termini e dei concetti di base dell'economia marxista. Dimostrano cecità storica ed impotenza dialettica nel dare una nuova definizione dei rapporti di produzione e cadono in pieno idealismo antideterminista con la coscienza e la volontà come punto di arrivo, riducendo la lotta tra le classi ad un "eterno" conflitto tra il dirigente e l'esecutore.

Citano l'introduzione del 1859 di Marx alla Critica dell'economia politica, mutilata ovunque risalti il primeggiare della condizione materiale sulla coscienza, per affermare che rapporti di produzione e forme della proprietà non sono due elementi inscindibili nella valutazione delle forme sociali.

Ora il "Filo del tempo", richiamate le definizioni marxiste contenute in quella celebre introduzione, precisa che il sopralavoro, il plusvalore (per i "barbaristi": lo sfruttamento), quando il capitalismo nacque, fu una forma evolutiva utile delle forze di produzione.

Il gravissimo problema di comprensione che accomuna tutti i revisionatori di Marx, sta proprio nel porre le questioni inerenti i rapporti di classe dal punto di vista morale, senza il ricorso al metodo scientifico che permetterebbe di scorgere i veri meccanismi in cui si producono tali rapporti. Ed è proprio questo procedere moralistico a fondare il conseguente procedere politico, dove i programmi e la tattica che sottintendono l'azione non sono altro che raccomandazioni per un mondo migliore, da raggiungere mediante l'unione delle volontà degli uomini.

Infatti, lasciato il campo dell'economia e delle classi per entrare nel campo del dominio politico, non a caso i "barbaristi" esprimono tendenze anarcoidi contro le quali il testo deve piazzare le artiglierie. No alla dittatura del proletariato, ecco il ritornello di tutti i negatori della rivoluzione. Non riescono a vedere nella questione della "dittatura" che una negazione delle categorie morali come la libertà, la democrazia, la tolleranza ecc.

Non si accorgono mai che non è una questione di forma ma di sostanza, che la dittatura del proletariato rappresenta la fase transitoria, qualunque sia la forma, della trasformazione sociale caratterizzata dalla conquista del potere ma anche dal lento trasformarsi dell'economia, quindi anche delle forme di dominio. Non si accorgono che la questione della "dittatura" è l'indispensabile premessa per l'abolizione delle classi e quindi dello Stato. Stato che dopo un determinato periodo si estingue, senza che in tutto questo corso trovi posto la burocrazia-classe.

Il metodo da essi utilizzato, e di conseguenza la soluzione dei problemi così affrontati, inclusa la tentata descrizione della società russa, sta a quello marxista come l'umoristica lotta tra topi e rane cantata da Omero sta all'urto di due forme storiche descritte miticamente nell'Iliade.

Compiuta la ricapitolazione di tesi che dovrebbero essere ovvie per coloro che si definiscono marxisti, contrapposte le due concezioni della società, quella "economicistica" e quella storico materialista, ricordato che per la teoria marxista la lotta di classe esprime la lotta tra due modi di produzione, i "Fili" passano alla denuncia di un'altra concezione "barbarista", quella secondo la quale i lavoratori formano un ordine sfruttato e oppresso dall'opposto ordine degli alti funzionari.

Altro grave errore di origine idealista, che porta direttamente ad immaginare riformabile la società capitalista, errore che fu di Lassalle, il quale riteneva inutile lottare contro la "legge bronzea del salario" e poneva in una legislazione "giusta" la soluzione dei contrasti fra le classi.

Marx demolì a suo tempo tale concezione, ma essa risorge imperterrita, come se invece di progredire verso rapporti di classe sempre più maturi, si potesse assistere alla ricaduta in una società addirittura preborghese, dove si invocano la legge e il diritto per regolare i conflitti sociali.

Oggi che è crollato l'apparato politico e statale staliniano centralizzato e si assiste al tentativo di una difficile sistemazione amministrativa dell'immensa area, è agevole vedere che la tanto nominata burocrazia non rappresentava in effetti una classe, dato che è crollata anch'essa, ma rappresentava il "dominio del capitale impersonale" tramite i suoi funzionari stipendiati. Fenomeno già analizzato da Engels nell'Antidühring prendendo in esame non ancora il capitalismo statale, ma le grosse società per azioni.

E si vede che la burocrazia russa non è una classe speciale proprio nella sua facilità a dissolversi senza combattere la battaglia mortale tipica dei rivolgimenti che mettono in pericolo il dominio di classe. Essa si riadatta ai nuovi ruoli riflettendo la generale confusione, e i suoi singoli elementi cadono preda di forze centrifughe, del disordinato "si salvi chi può" caratteristico di chi ha sì privilegi, ma non un univoco interesse di classe che ne compatta i ranghi e ne centuplica le forze.

Il crollo delle fantasie trotzkiste sullo "Stato operaio degenerato" e sulla "burocrazia come classe" si consuma nel crogiuolo in cui si formano e si consolidano le ricchezze personali dei borsaneristi, dei mafiosi e dei funzionari russi, preludio alla futura concentrazione e quindi alla nuova spersonalizzazione dei capitali.

Se la burocrazia fosse stata la classe dominante del sistema russo, la sua sconfitta politica dovrebbe essere il risultato dello scontro con altre classi.

Quali? Il proletariato o la borghesia? E chi ha vinto lo scontro? La burocrazia moderna è la sovrastruttura necessaria per il dominio del capitale, ed è questo che conta, come dimostra la feroce politica antioperaia dei nuovi tentativi di governo delle repubbliche ex sovietiche, l'affamamento delle estese aree urbane, la nuova accumulazione piratesca e mafiosa.

Ieri era più difficile comprendere, i fatti non si erano ancora incaricati di smascherare la menzogna del "socialismo in un solo paese", ma era difficile solo per chi basava la comprensione sull'impressione soggettiva, sulla propria coscienza individuale piuttosto che sulla base materiale della formazione del plusvalore in URSS.

Vedere nell'URSS un paese socialista degenerato e caduto in mano ad un surrogato della classe borghese, comportava il rinnegamento della dialettica storica marxista, dato che, invece, nella società russa, eravamo in piena attuazione del modo di produzione capitalistico, rivoluzionario al confronto di precedenti forme.

L'errore, gravido di conseguenze per l'azione rivoluzionaria, non era tanto il giudizio sbagliato sulla maturità dei rapporti di classe, ma sul fatto che si inventava una impossibile società transitoria, un terzo modo di produzione fra capitalismo e socialismo. Di qui una tattica comprommissoria sia nei confronti di simile mostruosità sociale, sia nei confronti dei partiti suoi emissari in tutto il mondo.

In tema di organizzazione e di tattica i "barbaristi" negano che la classe operaia nel suo lungo corso storico verso la rivoluzione abbia sempre più bisogno del suo partito politico, da essi degradato ad una consulta araldica o ad un seggio del popolo, e al quale assegnano, rispetto alla classe, non un compito di direzione ma di semplice orientazione, un distinguo che già Engels bollò negli anarchici del 1872. Di questo passo fanno a pezzi il "Che fare?" di Lenin, che invece ricalca e richiama i cardini fondamentali del marxismo in tesi organiche e continue.

Nei "Fili" si risponde ovviamente per le rime e, demolita l'illusione controrivoluzionaria dell'"autonomia spontanea di coscienza" si riprendono Marx e Lenin per dimostrare la continuità delle posizioni della Sinistra Italiana.

Essa ha sostenuto e difeso contro tutti non solo che la coscienza del futuro corso storico dell'umanità, quindi la volontà di giungere a finalità determinate e di agire volontariamente per essa è nel partito, ma anche che la classe è tale, in quanto ha il partito. Di più: solo con il partito come lo intende la Sinistra in linea con Marx (non una semplice macchina organizzativa ma un insieme organico di funzioni) è possibile conoscere e prevedere, oltre al risultato finale della società senza classi, anche il corso per giungervi, le condizioni che devono svilupparsi affinché si possa parlare di situazione rivoluzionaria. Senza questa impostazione non vi può essere prassi rivoluzionaria, ma balbettamento tattico, rincorsa degli avvenimenti, codismo, come lo chiamava Lenin.

Ribaditi dunque sulla base del marxismo i concetti classisti, si capisce che non si tratta di scorrere le diverse pagine di un registro del censimento, ma di individuare il moto storico, la lotta, il programma che portano le classi allo scontro rivoluzionario. Classi, non ordini come partizioni sociali che così intesi tenderebbero a conservare il capitalismo in un tentativo impossibile di miglioramento e sarebbero quindi controrivoluzionari a tutti gli effetti.

Grave è l'errore dei "barbaristi" e di tutti i sindacalrivoluzionari di trattare il proletariato come un ordine sociale assolutamente non in grado di sviluppare la potenza storica della necessità del cambiamento ma al più di organizzarsi secondo il pensiero di un auspicabile miglioramento.

Negazione del partito è uguale a negazione del programma rivoluzionario.

Di fronte alla lamentazione dei "barbaristi" per una violata "democrazia proletaria" in Russia, i "Fili" ribadiscono che la democrazia è stato un movimento ed ora è una forma politica corrispondente allo sviluppo di forme borghesi, prima rivoluzionarie e poi conservatrici. Alla democrazia si contrappone la dittatura del proletariato, cioè, politicamente, la forma specifica della rivoluzione vittoriosa.

Una volta bombardata nelle sue instabili postazioni la nozione puramente idealista di "attività cosciente" delle masse in regime classista, i "Fili" rivendicano al solo partito marxista (unico caso in tutto il corso storico delle collettività umane divise in classi) la possibilità di conoscenza e coscienza dello sviluppo rivoluzionario.

Al di fuori del partito l'attività cosciente degli uomini vi sarà per la prima volta quando non vi saranno più classi. L'attività cosciente della somma dei singoli, che dagli immediatisti viene elevata a causa motrice degli accadimenti storici, è per noi tesi insensata ed è tipica di ogni socialista destrissimo.

Li abbiamo conosciuti, come corrente, gli esponenti della coscienza e della cultura. Li abbiamo combattuti a partire dall'inizio del secolo per decenni, da quando la Sinistra ingaggiò la battaglia anticulturalista che ebbe temi simili alle scempiaggini ancora circolanti del tipo: il proletariato si abilita alla rivoluzione acquisendo la cultura borghese. Non è vero: con la cultura borghese il proletariato acquisisce la corrotta ideologia dell'individualismo, dell'egoismo, della spiegazione dei fatti attraverso il pensiero, l'etica e la coscienza morale e non attraverso il metodo scientifico.

La cultura è un accessorio, la morale una peste da sfuggire, il "barbarismo" ricorrente una deviazione contro la quale mettere in guardia i militanti della rivoluzione.

In chiusura del volume pubblichiamo, a complemento dei testi appena presentati, gli estratti Ripiegamento e tramonto della rivoluzione bolscevica, apparso sul numero 12 del 1956 di "Il programma comunista" e Marxismo e autorità, apparso sul numero 14 dello stesso anno. Pubblichiamo tali testi nella stessa forma con cui furono pubblicati, il primo, nel volume Dialogato con i morti, edito dal Partito Comunista Internazionale nel 1956, ed entrambi nel volumetto Classe, Partito, Stato nella teoria marxista, sempre edito dal partito nel 1972. Il testo completo dal quale sono tratti, La Russia nella grande rivoluzione e nella società contemporanea, è pubblicato da Quaderni Internazionalisti (1992).

L'ultimo testo, La "pochade" comunitaria, al quale premettiamo una breve nota esplicativa, è comparso su "Il programma comunista" n. 8 del 1958.

Torino, febbraio 1992

Prima di copertina
Classe, partito e Stato nella teoria marxista

Quaderni di n+1 dall'archivio storico.

Burocrazia e centralismo, antiburocrazia e localismo: la dominazione del Capitale e le reazioni immediatiste alla necessità borghese di rafforzare il controllo sociale. Una dura critica agli assertori di forme intermedie fra capitalismo e comunismo (burocrazia di stato).

Indice del volume

Classe, partito e Stato nella teoria marxista