Prefazione

"Dato l'ampio sviluppo delle relazioni oralmente svolte nelle varie riunioni, e malgrado le continue richieste, non ci è stato finora possibile distribuire in modo completo il materiale trattato, né farlo in modo uniforme per tutte le riunioni, tenuto anche conto che non pochi temi si sovrappongono, in quanto appunto non si tratta di accademia o scuola, ma di pratico lavoro di partito".

Con questa avvertenza si apriva l'opuscolo Sul filo del tempo distribuito ai militanti del partito nel maggio del 1953 e il cui contenuto ristampiamo oggi.

Il pratico lavoro di partito cui si riferisce il paragrafo in effetti rappresenta in quegli anni il vero atto di nascita dell'organizzazione, la quale non fu fondata ma si sviluppò sulla base di un lavoro di selezione tra le forze che nel dopoguerra si proponevano di continuare sulla strada del partito del '21.

Fu infatti tra il 1951 e il 1953 che, tra i gruppi di formazione non del tutto omogenea che si richiamavano alla Sinistra comunista "italiana", si impose la necessità di ripresentare il corpo organico di posizioni sul quale soltanto si poteva impostare il lavoro di riorganizzazione.

La questione non era affatto accademica, come ricordato dalla citazione precedente. I gruppi di militanti che avevano attraversato vent'anni di controrivoluzione e di distruzione delle basi teoriche del marxismo all'interno e all'esterno dell'Internazionale, si erano gettati generosamente nella lotta anticapitalistica e antistaliniana. Il guaio è che l'avevano fatto come se si dovesse riprendere dal 1925 o '26, quasi assumendo che la controrivoluzione mondiale fosse stata una specie di distrazione storica e che bastasse voltar pagina nel nuovo dopoguerra pieno di tensioni sociali e di scontri fra gli imperialismi vincitori della guerra.

La parte dei militanti più consapevole del processo materiale necessario alla nascita del partito in quanto corpo organico, riconobbe che la risalita dalla depressione massima del potenziale rivoluzionario sarebbe stata illusoria senza la restaurazione dottrinale prima di tutto all'interno della compagine che tendeva al partito di classe.

Traendo le necessarie lezioni dalla controrivoluzione, ed essendo consapevoli proprio per questo che non esistevano prospettive vicine di ripresa rivoluzionaria, era assolutamente prioritario mettere alla base di qualsiasi azione, per quanto limitata dai fatti materiali, la "comune, unitaria, monolitica, costante dottrina di partito".

Si trattava di contrapporre, a costo di dolorose separazioni, come in effetti avvenne, la comprensione della più profonda sconfitta mai avvenuta nella storia del movimento operaio, alla "falsa risorsa dell'attivismo" che cade "nella distruzione della dialettica e del determinismo storico marxista per sostituire alla immensa ricerca storica dei rari momenti e punti cruciali in cui far leva, uno scapigliato volontarismo che è poi il peggiore e crasso adattamento allo statu quo e alle sue immediate prospettive".

Gli effetti devastanti della controrivoluzione staliniana non risiedono tanto nell'eliminazione fisica dei rappresentanti della vecchia guardia rivoluzionaria, nella rottura della continuità organizzativa che legava il proletariato mondiale, quanto nella distruzione, deformazione e mistificazione delle basi programmatiche del marxismo.

La devastazione si rivelava così profonda che anche le poche avanguardie isolate, salvatesi dal massacro materiale e politico erano coinvolte nella generale confusione e propugnavano tesi che non facilitavano certo la rimessa in linea del movimento rivoluzionario. E oltretutto era radicata la convinzione che nella Russia stalinista le basi materiali della produzione fossero qualcosa di diverso dal capitalismo, anche se i più riuscivano a vedere che non era socialismo. Rimettere in piedi con pazienza l'intero patrimonio teorico del marxismo sembrava impresa disperata, ma era in effetti la condito sine qua non per impedire, o almeno non essere coinvolti, in un'azione disorganica, immediatista, a volte dilettantistica.

I compagni che intraprendevano questo tipo di lavoro erano perfettamente consapevoli che non si poteva materialmente pensare ad un partito nel vero senso del termine, che si sarebbe trattato di un nucleo forzatamente ridottissimo per il partito futuro. Per il partito futuro, e non del partito futuro, a sottolineare che i rappresentanti fisici potevano anche sparire, ma l'importante era che rimanesse la traccia su cui continuare il lavoro. L'immagine dell'organizzazione che si costruisce mattone su mattone, o quella dello sviluppo dallo stato embrionale alla maturità adulta, sono formule che è consentito magari utilizzare per fini propagandistici, come hanno fatto anche grandi rivoluzionari, ma non sono attinenti ad una descrizione scientifica della realtà sociale.

La costruzione del nucleo d'acciaio intorno al quale cresce il partito della rivoluzione è stata attribuita a Lenin erroneamente e la Sinistra, alla luce della dialettica, l'ha demolita: il partito è l'espressione storica della lotta di classe e non la costruzione di uomini. Questa è la definizione marxista di partito a cominciare dal Manifesto del 1848. Come si vede, la battaglia contro l'attivismo non era solo battaglia contro l'attivismo altrui.

Tutto ciò non significava affatto, come la propaganda avversaria teneva che si credesse, chiudersi nella famigerata torre d'avorio della speculazione filosofica pura. Al contrario, non si rinunciava per nulla al lavoro tipico anche di un partito sviluppato "nella misura in cui i rapporti di forza lo consentono". Non si rinunciava per propria decisione a nessuna delle forme di attività che fossero necessarie in tutte le manifestazioni a contatto con la classe operaia e anche con l'intero mondo circostante, ma si impegnava il massimo dell'energia disponibile nella ricostruzione integrale della teoria, unica garanzia per svolgere nella prassi i compiti posti dalla situazione senza sbandamenti, oscillazioni, o anche solo senza ripetizione meccanica di formule che in altre situazioni sarebbero state più che corrette ma nel secondo dopoguerra completamente fuori luogo.

Era purtroppo comune fra i militanti che avevano conosciuto il primo dopoguerra operare un indebito parallelo con il secondo, nel quale ci si trovava immersi, invece che in un fermento rivoluzionario, nella più rabbiosa controrivoluzione. Proprio questo fatto dimostrava che la demolizione dottrinale era stata tanto profonda. La controrivoluzione non aveva nulla a che fare con il "fascismo", ormai vittorioso sul piano della forma sociale di dominazione e di gestione economica, ma procedeva piuttosto dalla capitolazione totale delle organizzazioni operaie, sia nell'accettazione dell'iter capitalistico russo chiamato socialismo, sia con la partecipazione diretta nella guerra a fianco dell'imperialismo più forte, sia nell'organizzazione delle partigianerie che furono la premessa dei governi borghesi successivi.

In queste condizioni il lavoro di ricostruzione teorica non poteva svolgersi purtroppo sullo sfondo di un movimento di classe reale verso cui indirizzare le energie della ricostruzione teorica e da cui attingere energie per la continuazione del lavoro, in un rapporto dialettico che avrebbe permesso sia lo sviluppo delle forze di partito, sia l'ulteriore sviluppo della lotta di classe verso mete più alte.

Era negato in effetti alla Sinistra il clima che aveva permesso ai bolscevichi e a Lenin la ricostruzione teorica e l'azione conseguente nel primo dopoguerra: credere che invece non fosse così, non poteva che portare a disastrose conseguenze.

Occorreva affrontare il secondo dopoguerra con il coraggio di chi non cede alle illusioni di un movimento apparente, tutto inquadrato negli schemi della borghesia in attività frenetica per la ricostruzione materiale delle macerie belliche, strettamente controllato dallo stalinismo partecipe alle responsabilità economiche di tale ricostruzione.

Se il cataclisma della guerra e della controrivoluzione era stato di portata immane, tuttavia questa sua stessa portata avrebbe consentito all'avanguardia comunista di trarre un bilancio per l'azione futura del partito. Un bilancio materiale per la futura ripresa della lotta di classe. Non un bilancio contingente, dunque, ma la possibilità di affermare che comunque la controrivoluzione, per il solo fatto di esistere, ammette la rivoluzione. Fu un grande risultato dovuto alla tenacia con cui venne impostato il primo lavoro che in queste pagine, e in altre, pubblichiamo.

Il beneficio che tale bilancio avrebbe comportato per la nuova organizzazione sarebbe andato perduto se si fosse sacrificato ad un'azione contingente il compito fondamentale della "ripresentazione della visione integrale della storia e del suo procedere, delle rivoluzioni che si sono succedute finora, dei caratteri di quella che si prepara e che vedrà il proletariato moderno rovesciare il capitalismo e attuare forme sociali nuove". Oppure se si fosse atteso dai fatti nella capricciosa forma fenomenica della loro apparizione e successione una teoria rivista e corretta da sostituire alla vecchia nel tentativo di contrastare, con essa, il peso di materiali rapporti di forza ferocemente negativi.

Quel bilancio, non solo ci conduceva a non rinnegare nulla del marxismo: di più, ci confermava che esso era l'unica strada da percorrere per l'affermazione del movimento rivoluzionario con alla testa la sua guida, il partito. Quanto più la dinamica storica si era accanita nel tentativo di distruggere la teoria, tanto più si dimostrava che la posta in gioco era veramente la rivoluzione materiale, e non qualche modello sociale scaturito dalla testa di un utopista sognatore.

Alla luce di un tale bilancio della dinamica di forze gigantesche, ormai in gioco per la eliminazione dell'una da parte dell'altra, definitivamente, in un passaggio storico pronto da tempo, assumeva un risalto particolare la lotta per il partito come espressione organica di questo gigantesco scontro. Contro ogni negazione di tipo democratoide, la concezione marxista della natura e del ruolo del partito si imponeva perfettamente matura dopo l'esperienza delle tre Internazionali e degli innumerevoli partiti e organismi succedutisi in un secolo.

Si imponeva sia per quanto riguarda l'aspetto della definizione delle norme di azione tattica, sia per quanto riguarda il necessario raccordo fra questa definizione e l'applicazione nelle aree a sviluppo storico diverso.

Da una parte si trattava di definire quella "rosa di eventualità" anticipata dal programma in base alle leggi di movimento delle classi all'interno delle diverse aree geostoriche. Dall'altra si trattava di stabilire l'atteggiamento pratico del partito di fronte ai suoi compiti rivoluzionari diretti in caso di effettiva possibilità di azione. Il partito, una volta fosse stato presente nelle aree a rivoluzione pura, avrebbe dovuto, come l'Internazionale, dare un'indicazione precisa alle masse oppresse che vivevano nelle aree a rivoluzione doppia in cui il proletariato avrebbe ancora avuto compiti arretrati (cioè inerenti alla maturazione guidata del capitalismo) da portare a termine.

Non era affatto una questione accademica. Anche se la controrivoluzione aveva ridotto al minimo l'influenza del partito, l'indifferentismo di fronte ai grandi temi internazionali si poteva combattere solo mostrando che cosa un partito sviluppato avrebbe dovuto fare in quelle determinate situazioni.

Si imponeva anche la concezione del partito come elemento essenziale nell'indirizzo delle lotte di carattere immediato, quindi la concezione del lavoro pratico da condurre negli organismi spontanei o nelle organizzazioni sindacali esistenti, anche se si era perfettamente consapevoli del grado di massima integrazione di queste ultime nella logica dell'accumulazione capitalistica e della sovrastruttura statale borghese.

Questo bilancio doveva permettere alla Sinistra, e lo permise, di riaffermare la certezza della crisi non risolvibile della società capitalistica nelle sue classiche roccaforti, Europa e Stati Uniti, malgrado il pauroso ritardo delle condizioni "soggettive" per quanto riguarda il suo scioglimento rivoluzionario.

Doveva permettere la definizione con il massimo rigore teorico della struttura economica e sociale dell'URSS, nell'ambito del capitalismo mondiale, delle affinità e dei legami che prima o poi sarebbero esplosi non solo nella "grande confessione", che è ora avvenuta, ma nell'integrazione dell'intero mondo capitalistico al di là di barriere di ferro o di bambù, quindi con la creazione di nuovi e più esplosivi potenziali catastrofici.

Dopo la tempesta occorreva rimettere in piedi, in definitiva, la questione di che cosa è veramente il comunismo al di là delle banalizzazioni e delle etichette sia dello stalinismo ufficiale, o di quello derivato da mille opposizioni moralistiche e piccolo-borghesi, sia di tutta quell'area ridondante, caratterizzata da democratismo e anarchismo che stalinista non è ma che ancora meno è marxista.

Ora, tutto ciò comportava una ripresa integrale dei testi classici e della stessa azione ed elaborazione dell'Internazionale quando era rivoluzionaria, dell'esperienza storica del partito quando era sezione dell'Internazionale e di quella delle migliaia di oscuri o noti militanti, morti e vivi, che avevano contribuito al materiale per il bilancio. Tale lavoro non poteva che essere lungo, oltre che difficile, avrebbe assorbito anni ed anni. Non si esitò a proclamarlo sostenendo che d'altra parte "il rapporto di forze della situazione mondiale non può capovolgersi prima di decenni". E si aggiunse: "ogni stupido e falsamente rivoluzionario spirito di rapida avventura va quindi rimosso e disprezzato, in quanto è proprio di chi non sa resistere sulla posizione rivoluzionaria, e come in tanti esempi della storia delle deviazioni abbandona la grande strada per i vicoli equivoci del successo a breve scadenza".

In forma di controtesi cui si risponde per le rime con tesi lapidarie, il testo Raddrizzare le gambe ai cani, l'ultimo in questa pubblicazione, rientra nel vasto proposito di inquadrare marxisticamente le discussioni che scaturivano non solo dalla circolazione di materiale di gruppi e partiti variamente riferentesi al comunismo, ma dal corso stesso della elaborazione di partito.

Il testo, nella sua telegrafica impostazione e specialmente nel paragrafo finale, riflette la tensione derivante dal contrasto fra la sistematica ricerca scientifica e l'improvvisazione che deriva dalla fretta immediatista. È un testo di rottura con chi non ha capito il metodo di lavoro, con i "bruciatori di tappe che avanzano a mazzetti", che non hanno trovato in "sette anni", la verifica di quanto schematizzato in tutta la mole dei testi di partito, mole che non è certo ascrivibile a singoli personaggi. E' il catalogo degli errori dell'indifferentismo, dell'economicismo, dell'immediatismo anarchico, di tutti gli "ismi" contro i quali abbiamo combattuto e continueremo a combattere.

Torino, Aprile 1992.

Prima di copertina
Per l'organica sistemazione dei principii comunisti

Quaderni di n+1 dall'archivio storico.

Una sintetica raccolta di schemi di riunione risalente agli anni della formazione del Partito Comunista Internazionale dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Indice del volume

Per l'organica sistemazione dei principii comunisti