Manifestazione a Roma

23 marzo 2002

C'è stata finalmente la Grande Manifestazione. Anzi, la più grande. Lo sforzo organizzativo è stato enorme, la potente macchina logistica della CGIL funziona ancora, nella migliore delle sue tradizioni. E' un dato di fatto, nell'ambito della sua politica il sindacato controlla perfettamente la situazione. E' in grado di mobilitare un milione di persone e riesce ad incanalarle in una protesta sull'andamento delle discussioni triangolari Stato-Industria-Sindacato.

L'altro dato di fatto è però che di tanta partecipazione si sono stupiti i sindacalisti per primi. Oltre a quella dei gruppi delle varie sinistre, c'è stata una larga adesione spontanea, che è andata molto al di là dell'articolo 18, del terrorismo, delle beghe tra fazioni borghesi. Chi, come noi, conosce bene il sindacato – e la CGIL in particolare – dall'interno, sa che nel gruppo dirigente, oltre alla soddisfazione per com'è stata controllata la folla oggi, ci dev'essere anche preoccupazione per come sarà possibile controllare una forza simile domani, se dovesse insistere per risolvere i motivi del suo malessere. I dirigenti sindacali avranno qualche problema di coerenza quando dovranno per forza sedere al tavolo della trattativa.

Dal canto loro, i capi politici centrosinistrorsi, se non sono semplicemente imbecilli come dice Moretti, devono essere addirittura terrorizzati. Dal loro punto di vista salta tutta la convergenza al centro per cui sarebbero pronti ad immolare ogni residuo legame con la tradizione sociale. In una folla così sterminata c'è la prova sperimentale che la loro libidine piccolo-borghese verrà elettoralmente bocciata. Sanno che appellarsi a quella piazza, proprio perché numerosa e rappresentativa, significa mettersi nelle mani di una parte minoritaria dell'elettorato complessivo.

Berlusconi sta giocando benissimo a spingerli in quel vicolo cieco: fa fare ai suoi scagnozzi dichiarazioni assurde in modo che il dialogo sia impossibile. E infatti gli avversari non possono far altro che disertare le trattative e in generale il "dialogo". La scena è una delle più classiche e tragiche: la piazza è forte, ma i capi vanno per l'ennesima volta all'Aventino. E per l'ennesima volta ci sarà il patto di pacificazione, con concessioni a raffica e tante grazie ai milioni che rimangono gabbati.

L’atmosfera della manifestazione era ambigua, un po' quella della festa mancata, un po' quella di una forza che scende in piazza ma non sa bene per che cosa, come confermano tra le righe anche i cronisti inviati dai giornali. Ovviamente c'era grande effervescenza per il risultato. L’intervento di Cofferati, trasmesso dai mega schermi su tutto il perimetro della manifestazione, ha ribadito il concetto di "sindacato di tutti i cittadini", per cui la manifestazione è veramente "la risposta più forte in difesa della democrazia e delle sue regole". Regole, quindi. "Regolare il mercato, offrire certezze a chi vuole un futuro più sereno… in coerenza con il modello di una crescita che guarda alla qualità di quel che si produce, di come lo si produce, che considera l’innovazione un motore importante, valorizza le persone e i loro saperi… è possibile dare impulso al sistema produttivo, renderlo competitivo ancorandolo un’idea alta di qualità". Regole per un mercato competitivo. E cosa vorrà mai dire "renderlo competitivo" di fronte per esempio a miliardi di lavoratori che oggi producono plusvalore per un tozzo di pane in economie che stanno già correndo proprio sul terreno della qualità?

Volantini