Non solo ticket

La protesta che si e sollevata in seguito alla imposizione dei ticket sanitari ha trovato il sindacato (e il PCI) pronto ad approfittarne. Secondo una prassi consolidata, invece di organizzare una vera difesa delle condizioni operaie, si utilizza il malcontento per far da supporto alla solita politica di contrattazione con il governo e gli imprenditori nel comune sforzo di garantire la compatibilità di ogni richiesta da parte dei lavoratori con le esigenze "sacre" dell'economia nazionale.

Le spinte spontanee alla lotta diventano occasioni che i sindacati (e il PCI) si sforzano periodicamente di cavalcare al fine di mantenerle sotto controllo, mentre per i restanti periodi restano del tutto indifferenti di fronte allo spropositato divario fra la ricchezza prodotta e la parte che va a chi la produce.

Il decreto dei ticket è solo un episodio diluito in una marea di manovre che hanno drasticamente ridotto il salario reale e piegato i tentativi di resistenza proletaria mentre hanno contribuito all'allegro ingrassamento di grande e piccola borghesia, redditieri e parassiti rari nell'euforia affaristica degli ultimi anni.

Questa volta però c'è stata una risposta più decisa del solito. Per esempio il risultato dello sciopero alla Fiat dimostra che si può risalire dai livelli minimi di combattività esistenti dopo la sconfitta proprio della Fiat nell'80.

Per questo è importante comprendere che lo scontro, per garantire il successo, deve necessariamente travalicare l'angusta prospettiva di una risposta alle singole manovre (come quella del ticket), riacquistando invece la capacità di porre le classiche rivendicazioni sul salario, l'orario e le condizioni di lavoro.

Gli ultimi anni hanno visto una grande crescita dei profitti, degli investimenti e dello spreco sociale a qualunque livello; dai resoconti delle assemblea degli azionisti si coglie tutta l'euforia che la borghesia sta vivendo. Gli organi d'informazione registrano questa atmosfera ed ecco il trionfalismo sul sorpasso dell'Inghilterra, ecco l'italietta insidiare il quarto posto nella graduatoria mondiale tenuto dalla Francia e, riprendendo proiezioni ben note, raggiungere entro il 2000 addirittura la Germania.

Al di là delle sbruffonate, resta però un dato di fatto sostanziale, che qualifica la peculiarità dell'economia italiana nell'ultimo decennio: dalla fine degli anni '70 a oggi la crescita dei profitti e della produzione è stata pressocchè costante. Dov'è la "fonte dorata" dalla quale è scaturita tutta questa opulenza? Come si à potuto creare e con quali mezzi il mini-boom dell'ultimo decennio? Ce lo spiega per esempio un insospettabile giornale borghese, ("La Repubblica" del 21/4): "In Italia non c'è stato bisogno della Thatcher perché c'è stato Lama".

È stata la politica della pace sociale del sindacato (e del Pci) che ha garantito dieci anni di ascesa dei profitti, delle rendite e del parassitismo. Si dimostra così che oltretutto la mancanza di combattività di classe è un fattore di degenerazione sociale; la borghesia industriale è ormai da tempo una classe vigliacca: è passata dalla produzione di fabbrica ad ogni genere dì traffici nel mondo delle mafie finanziarie internazionali.

Per quanto riguarda la quotidiana lotta sindacale, c'è un solo modo per deviare il fiume di ricchezza sprecata nel parassitismo a favore di nostre migliori condizioni di vita: lo sciopero per le rivendicazioni tipiche di classe:

- Aumenti di salario generalizzati.

- Riduzione drastica dell'orario di lavoro.

- Rivendicazione del salario anche per i nostri compagni estromessi dalla produzione, licenziati, disoccupati, vecchi.

-Ricostituzione di veri organismi sindacali o cacciando a pedate gli attuali dirigenti o creando organismi del tutto nuovi.

 

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Stampato in proprio. 8/5/1989

Volantini