Una strana atmosfera contrattuale

Il 21 gennaio scorso sia La Repubblica che Il Corriere della Sera riportavano in articoli simili che il contratto dei metalmeccanici riguardava 1,5 milioni di lavoratori. Ora, ricordiamo che nel 1969, all'epoca del celebre (o famigerato) "autunno caldo", i metalmeccanici erano 1,2 milioni. Dopo quasi quarant'anni di presunta de-industrializzazione e de-proletarizzazione i salariati di una sola categoria sono dunque cresciuti di 300.000 unità (proprio le "tute blu", quelle che secondo la sociologia spicciola erano praticamente estinte). Per non dire di quanti ne sono "nati" in altri paesi , ad esempio in Cina, cosa che ha delle ovvie conseguenze.

Fatta questa premessa, vediamo che, se la dinamica del contratto dei metalmeccanici non è sostanzialmente diversa dal solito, vi sono fatti "collaterali" che si prestano ad alcune considerazioni "nuove". Specie per quanto riguarda le intenzioni di una parte della borghesia. E questo anche tenendo conto del fatto che il contratto dei metalmeccanici fa sempre da apri-pista per gli altri contratti (fra rimandi e ritardi, nel 2008 sono interessati quasi contemporaneamente 6,5 milioni di lavoratori).

La parte meno becera della borghesia italiana aveva già dato segnali di ripensamento rispetto al liberismo selvaggio. D'accordo, era molta scena e poca sostanza, ma la grande industria è sempre oggettivamente disturbata dal caos economico ed ha convenienza nelle regole imposte dallo Stato, se non altro per il vecchio principio: "privatizzare i guadagni e socializzare le perdite".

Così i vari Montezemolo, Rossi e Draghi avevano già preso netta posizione per una "politica di sistema". Assolutamente paradigmatico un articolo di Guido Rossi, pubblicato il 10 gennaio in prima pagina da Repubblica e intitolato "Come combattere il liberismo globale". Quando un Rossi dice "combattere il" e non "difendersi dal" è evidente che non ha intenzione di stare a guardare. Lui e chi sta con lui.

Una conseguenza pratica di questa brezza di capitalismo "renano" (concertazione totale per un keynesismo moderato alla tedesca in difesa della "propensione marginale ai consumi" dei redditi bassi) fu la la dichiarata intenzione di diversi capitalisti di aumentare unilateralmente i salari come anticipo del contratto. Addirittura alcuni, come Della Valle, vorrebbero passare ad elargizioni unilaterali extracontrattuali, e la cosa ha ovviamente provocato una serie di titoloni sui giornali. Qualche capitalista ha già elargito somme senza aspettare gli altri.

La pubblicità sui buoni padroni e i poveri operai che non arrivano alla fine del mese è stata di certo concertata, tanto che ogni notizia ha avuto subito una propagazione sospetta: se parlava Montezemolo gli faceva immediatamente eco Draghi e così via. L'asse ideologico di questa operazione è quello che si raggruppa infatti intorno ai soliti nomi, oltre a quelli già detti, i vari De Benedetti, Scalfari, Caracciolo, Benetton, Profumo, e altri defilati ma ben presenti in questa atipica ondata di capitalismo regolatore.

In tema, ricordiamo la favola (vera) del pastaio marchigiano che, angustiato per le continue richieste di aumenti nella sua piccola fabbrica, aveva provato a vivere con un salario da operaio (famiglia di quattro persone) "per vedere l'effetto che fa", come diceva Jannacci. Per farla breve, la faccenda era finita a tarallucci e vino, nel senso che il padrone sperimentalista galileiano aveva elargito un aumento di 130 euro a tutti i suoi operai. Titoloni sui giornali, visita del ministro Damiano, e contorno di articoli-inchiesta-denuncia, come quelli su Repubblica del buon Luciano Gallino, cresciuto per un bel po' di anni all'ombra della Fondazione Agnelli.

Sarà un caso, ma la borghesia metalmeccanica aveva proposto un aumento medio di 120 euro scaglionati in 30 mesi, senza scioperi, prendere o lasciare. Il contratto appena firmato ne prevede 127, sempre in 30 mesi, però con una serie impressionante di aggravanti rispetto alla parte normativa (adesso la schiavizzazione si chiama "flessibilità"). Quindi paradossalmente sarebbe stato meglio non "lottare" per un contratto del genere. Infatti 1) i due bienni, contrattuale e normativo, sono stati allungati di altri 12 mesi; 2) i 127 euro sono per il 5° livello che, con la diffusione della flessibilità, diventa sempre più esiguo, mentre s'ingrandiscono i livelli inferiori (un 3° livello prenderà 36 euro netti da questo mese, 22 il gennaio 2009 e 29 a settembre dello stesso anno); 3) con l'allungarsi della durata dei contratti, per semplice ritardo nel dichiarare sciopero e intavolare trattative, si è consolidata la prassi di dare cifre "una tantum", in questo caso 209 euro a marzo, cioè nemmeno l'aumento di due mensilità, per ritardi che in certi casi sono di diversi anni.

Ma, come si diceva, il salario è la faccia complementare della normativa. Il rapporto provvisorio di lavoro (precariato) sale a 44 mesi per i nuovi assunti, con una possibile proroga di 8 mesi in caso di contratti a termine. Sono quasi 5 anni, computabili anche in "discontinuità", per cui si può essere precari presso lo stesso capitalista per tempi imprecisati. I "picchi di produzione", che prima erano riconosciuti solo alle industrie legate a cicli stagionali come le conserviere, dolciarie, ecc. adesso sono riconosciuti anche alle altre aziende, per cui è possibile superare ovunque le 40 ore normali per 8 settimane con il dimezzamento delle maggiorazioni rispetto agli straordinari attuali del sabato (in cambio si concede una settimana di ferie in più ai lavoratori con 55 anni di età e almeno 18 anni di anzianità lavorativa). I turni, che prima potevano essere 18 solo per ragioni "contingenti" (3 giornalieri fissi per 6 giorni alla settimana), adesso possono essere introdotti per ragioni "strutturali", cioè sempre. Le giornate di ferie individuali vengono vincolate al tasso di assenteismo (olte il 5% niente ferie) e subordinate alle solite esigenze aziendali con l'introduzione di un preavviso obbligatorio di 15 giorni.

In pratica la storica domanda sociale per la diminuzione della giornata lavorativa va a farsi benedire definitivamente.

Le condizioni di lavoro dei proletari cinesi si avvicineranno nel tempo a quelle dei loro compagni occidentali. Il processo sarà velocissimo, per il semplice motivo che sarà veloce la cinesizzazione delle condizioni di lavoro di questi ultimi. Comunque bando ai piagnistei: i proletari, indipendentemente dalla funzione degli attuali sindacati, possono avere solo ciò che rivendicano; anche se la loro forza tremenda potrebbe metterli in condizione di volere tutto.

n+1, rivista sul "movimento reale che abolisce lo stato di cose presente".

25 gennaio 2008.

Volantini