La strana guerra dei Balcani
La prima a rivendicare l'indipendenza fu la Slovenia, seguita dalla Croazia. Si preferì non far muovere le truppe iugoslave, multietniche e quindi inaffidabili. Con l'esplosione della Bosnia le cose cambiarono. Scesero in campo truppe serbe e croate a fianco dei rispettivi eserciti fantoccio e la violenza fu superiore a quella di qualsiasi intervento preventivo. La Germania riconobbe per prima le nuove repubbliche, il Vaticano subito dopo. Gli Stati Uniti "appoggiarono" il diritto all'autodeterminazione dei popoli balcanici, compresi i musulmani di Bosnia, e imposero il trattato di Dayton, che disegnava nuovi e artificiali confini e preannunciava guerre future.
L'espansione del capitale europeo a predominio tedesco, si è inserita nel processo di dissoluzione della Federazione Iugoslava producendo una molteplicità di aree a differente sviluppo. L'intervento NATO ha l'obiettivo di contenere l'area del marco e, conseguentemente, ridurre alla dimensione di nano politico e militare la stessa Unione Europea egemonizzata dalla Germania.
Gli albanesi kosovari vogliono l'indipendenza dallo stato oppressore serbo e combattono per tale obiettivo. Vogliono l'autodeterminazione, come l'hanno ottenuta gli sloveni, i croati, i bosniaci. Ma autodeterminazione è una parola senza senso quando la si usa a caso, specie nel mondo moderno, al di fuori di ogni considerazione geostorica. Pezzo per pezzo, la vecchia Iugoslavia è stata smembrata. Perderà probabilmente anche il Kossovo, con la benedizione delle bombe tecnologiche. E allora potrà essere la volta del Montenegro, forse anche della Macedonia e Belgrado rischierà di rimanere capitale della sola Serbia propriamente detta. Ma i comunisti non potranno mai parteggiare per una soluzione all'interno delle logiche capitalistiche fra stati concorrenti. Non possono semplicemente manifestare contro l'intervento americano perché significherebbe optare per la Serbia, che continua a reprimere i tentativi di secessione (peraltro molto sospetti, visto che alcune campagne elettorali balcaniche sono state direttamente pagate da europei o americani). Non possono parteggiare per i secessionisti, perché significherebbe optare per la disgregazione ulteriore di uno stato unitario, favorevole alla grande industria, a un mercato unitario e quindi all'esistenza di un proletariato industriale. Lo smembramento della Iugoslavia è stato un evento che ogni comunista dovrebbe considerare sfavorevole, come quello dell'URSS, della Cecoslovacchia o di ogni altro territorio che avesse già raggiunto un'unità politica ed economica.
Vi sono partiti istituzionali borghesi, che si definiscono ancora comunisti che sono contro questa guerra adducendo la motivazione più risibile di tutte: bisognerebbe continuare i negoziati. Ma tutti sanno che le guerre incominciano là dove i negoziati non portano a niente. Infatti i kosovari intensificarono la loro azione armata proprio durante i negoziati e i serbi intensificarono la repressione, come fanno tutti gli stati borghesi di questo mondo. Come fanno i turchi e gli iracheni con i curdi, per restare nell'attualità.. Se gli americani bombardassero la Turchia per arrestare il massacro dei curdi e per favorire la nascita del vagheggiato Kurdistan indipendente, quelli che hanno manifestato per Ocalan manifesterebbero per chiedere negoziati?
Gli opportunisti si riconoscono dal fatto che nelle guerre borghesi si schierano con qualcuno. A costoro non passa neppure più per la mente che i proletari possono essere solo chiamati a combattere per la trasformazione della guerra in rivoluzione. Quando si parteggia per uno fra due schieramenti borghesi, si parteggia per il capitalismo e la rivoluzione è tagliata fuori.
I comunisti non sono mai pacifisti, perché ogni rivoluzione è una guerra. E non sono mai indifferenti perché le guerre possono risolversi con effetti favorevoli o sfavorevoli alla rivoluzione.
I comunisti sostengono che la guerra borghese si può respingere solo con la guerra rivoluzionaria e lottano contro gli stati che la preparano e la fanno combattere, contro il proprio stato, contro i nazionalismi prezzolati dalle grandi potenze, ma anche contro i partiti e i movimenti democratici, contro le mistificazioni opportuniste e il confusionismo pseudocomunista.
QUADERNI INTERNAZIONALISTI - fotocop. in proprio, Roma 27 marzo 1999
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