E' davvero tramontata la lotta di classe?
20 ottobre 1991
Da dieci anni persiste una crisi economica internazionale che non ha precedenti nella storia del capitalismo. Si tratta, peggio che nel passato, di una crisi di accumulazione, cioè, detto in parole povere, della difficoltà di fare quattrini attraverso la produzione. Si potrebbe produrre quanto si vuole, ma non si riesce a vendere.
L'impoverimento assoluto di una parte della popolazione mondiale è stato provocato dai cicli precedenti che hanno portato i capitali del mondo a concentrarsi nei paesi più sviluppati. C'è quindi un blocco nei consumi mondiali in rapporto a gigantesche potenzialità produttive concentrate in poche aree già sature.
E' dimostrato che Asia, Africa e America Latina sono state le prime vittime dello sviluppo dell'Occidente; il capitalismo dei paesi cosiddetti socialisti è la prima vittima della crisi presente. E il fenomeno si allarga coinvolgendo i paesi del cosiddetto benessere.
Tutto ciò è perfettamente previsto dal marxismo. Si chiama caduta del saggio di profitto, aumento della miseria relativa e assoluta, aumento della sovrapopolazione relativa.
D'altra parte, la concorrenza costringe a produrre di più, meglio e con meno operai pagandoli il meno possibile, cosa che peggiora la situazione. Una quantità sempre più grande di plusvalore viene estratta da una classe lavoratrice sempre più esigua.
Il resto della società vive di questo plusvalore senza tuttavia produrne. Perciò, nel suo insieme, degenera. Basta aprire i giornali per rendersene conto.
Oggi in Italia sindacati sempre più inseriti nella politica dello stato chiamano allo sciopero generale dicendo che la manovra economica predisposta dal governo è "iniqua e inefficace". Dicono iniqua perchè colpisce il solito settore attaccabile, quello dei lavoratori dipendenti. Inefficace perché "non affronta i nodi strutturali dell'economia".
Perché il settore dei "lavoratori dipendenti" è così vulnerabile al rastrellamento di quattrini da parte della classe capitalistica, delle mezze classi e delle non-classi che vivono sulla creazione di valore delle poche aree produttive? Soprattutto perché la classe lavoratrice ha rinunciato alla difesa delle proprie condizioni con organizzazioni sue proprie, tollera una giornata lavorativa troppo lunga, si dedica al sopralavoro.
Adesso tutti, capitalisti e sindacalisti di regime, si accorgono che si è passato il limite, che un trasferimento così massiccio di "reddito" rende impossibile non solo un livello decente di consumi ma anche la possibilità di affrontare la concorrenza di capitalismi più giovani ed aggressivi.
Danno fiato alle trombe i Romiti, gli Scalfari, i Pininfarina e tutto il codazzo di partiti ufficiali e "trasversali" i quali improvvisamente si accorgono con lacrime da coccodrillo che sarebbe meglio avere una classe lavoratrice numerosa, pagata e consumante piuttosto di una vampiresca società in disfacimento.
Se ci fosse un sindacato classista difenderebbe a spada tratta le condizioni di lavoro per impedire materialmente la disponibilità di valore da devolvere ad altri, a mafie di ogni genere, più o meno legittimate, ma tutte certamente voraci di plusvalore.
Marx l'aveva detto che in fondo lottare per alti salari non significava affatto impoverire la società ma il contrario. Un secolo e mezzo dopo, esperti internazionali cascano dalle nuvole scoprendo che forse non sono le economie forti a permettersi alti salari, ma sono gli alti salari a rendere forti le economie!
Ecco perché si ripresenta una specie di "patto dei produttori" come opposizione congiunta padronalsindacale ad una finanziaria che "non affronta i nodi strutturali dell'economia". Opposizione che non pensa certo di sollevare le sorti dell'economia mondiale attraverso la ripresa della lotta di classe. Si tratta di far quadrare il costo del lavoro con alti profitti e regolarizzare il flusso secondario di plusvalore verso mezze classi, non-classi e mondo variegato di portaborse e mafioserie varie, ciò che serve insomma alla sopravvivenza inutile di una borghesia invigliacchita nella ricerca spasmodica di trarre valore dove non se ne crea, cioè nella circolazione del denaro.
Nessun singolo capitalista è disposto a migliorare le condizioni dei "suoi" operai. Soltanto la classe lavoratrice può, organizzandosi e lottando, obbligare la classe avversa a mollare una quota di plusvalore. Ma facendo questo può anche lottare per obiettivi più alti, per chiudere questa fase storica e aprirne una nuova. Spazzando via i residui da "pattumiera della storia" (Marx), riappropriandosi delle sue armi sindacali e politiche.
Noi lavoriamo in questo senso, dove si può, in fabbrica e fuori.