La Sinistra al VI Esecutivo Allargato dell'Internazionale comunista (17 febbraio – 15 marzo 1926)
XIV seduta, 4 marzo 1926

Discussione sul rapporto Losovski sulla questione sindacale

Intervento di Bordiga.

Compagni, vorrei oggi trattare due questioni: quella dell'unificazione sindacale internazionale e quella della tattica sindacale in Italia. Quando, al V Congresso, fu fatta una nuova proposta per la nostra strategia sindacale, e precisamente la proposta dell'unità sindacale mondiale, io mi opposi, sebbene non decisamente come adesso. Il fatto è che, a quel epoca la questione era stata soltanto abbozzata, e le diverse delegazioni non avevano avuto il tempo di sviluppare su di essa una discussione seria. Sostenni allora che l'I.C. aveva spesso cambiato le soluzioni generali del problema dei rapporti fra movimento economico e movimento politico alla scala internazionale.

All'epoca del II Congresso, il Profintern non esisteva ancora, e ci si propose di dare a determinate organizzazioni sindacali con orientamento di sinistra, che si erano poste sul terreno dell'avvicinamento a noi, la possibilità di farsi rappresentare al Congresso dell' I.C. mediante una delegazione. Fui allora contro l'ammissione d'organizzazioni sindacali ad un Congresso mondiale di partiti politici.

Al III Congresso dell'I.C. si venne ad un'altra soluzione del problema, e cioè si decise di fondare l'Internazionale sindacale rossa come antitesi alla Internazionale di Amsterdam, e ciò per le ragioni che ben conoscete. Al V Congresso, si è cambiato ancora parere. E in questo momento ci si propone non di rinunciare all'ISR, ma di fondere l'ISR con l'Internazionale di Amsterdam.

È chiaro, oggi, che non si tratta soltanto di una parola di agitazione per la conquista delle masse e il loro inquadramento nell'ISR; è chiaro che non si ha di mira soltanto una manovra di agitazione, ma qualcosa di più. Ci si è posti l'obiettivo di creare una Internazionale Sindacale unitaria come soluzione definitiva del problema dei rapporti fra movimento sindacale e movimento politico del proletariato mondiale.

È vero: si sostiene che sarà necessario un lungo periodo di preparazione; che si potrà giungere all'unità solo in determinate condizioni; che si devono ottenere certe garanzie prima di intraprendere il lavoro di unificazione. Ma, in realtà, quello a cui si mira è un nuovo sistema. Ci sarà un'Internazionale Comunista e ci sarà un'Internazionale Sindacale unitaria, all'interno della quale avremo una frazione, diretta dall'Internazionale politica, per potere un giorno prendere la direzione di questa Internazionale sindacale unitaria. In base ad argomenti che sembrano di una semplicità estrema, questa soluzione si presentava come la più logica. Dal momento che abbiamo in ogni paese una centrale sindacale unitaria, dal momento che siamo contro una scissione sindacale anche se la centrale di quel singolo paese è nelle mani dei gialli, perché questa soluzione del problema dell'unità non dovrebbe essere la migliore anche alla scala mondiale?

Io credo che non sia difficile rispondere a questa domanda. In che cosa risiede la differenza fra la nostra tattica nel campo nazionale e la nostra tattica in campo internazionale? In un fatto semplicissimo. Se lavoriamo per l'unità sindacale alla scala nazionale, e se raggiungiamo questa unità, ciò avviene perché essa ci permette di penetrare nei sindacati, di ancorarci in essi, e di guadagnare alla nostra influenza grandi masse, e questo nella prospettiva di conquistare un giorno la direzione di organismi come i sindacati, che nella lotta per il potere sono un importantissimo fattore di successo. La cosa ha, sotto tutti i punti di vista un'importanza enorme, perché così noi prederemo piede in queste organizzazioni destinate a giocare un gran ruolo sia nella lotta per la conquista del potere, che dopo. Il nostro inserimento nei sindacati come frazioni, ci porterà necessariamente, nel periodo della lotta finale, a prendere nelle mani l'apparato centrale sindacale. Quando le masse saranno in movimento, e se la lotta prenderà un corso favorevole, noi potremo, con un congresso o con altri mezzi (non escluso un colpo di mano), conquistare l'intero apparato sindacale, e i riformisti non avranno altro mezzo di difesa, che la solidarietà dello Stato borghese.

Quando sì tratta del movimento internazionale, tuttavia, la questione si pone in modo affatto diverso, perché alla scala internazionale la lotta per la conquista del potere, e la stessa conquista del potere, assumono forme completamente diverse. Noi non possiamo certo immaginare che scenderemo in lotta per la conquista definitiva del potere nello stesso tempo in tutti i paesi. Il proletariato può conquistare il potere solo per tappe, un paese dopo l'altro. L'apparato centrale sindacale internazionale non cadrà quindi immediatamente nelle nostre mani, i socialdemocratici lo salveranno spostandolo, via via che la rivoluzione avanza, in un paese il più possibile lontano dal paese della rivoluzione proletaria vittoriosa.

Perciò bisogna ripetere continuamente agli operai che l'Internazionale sindacale di Amsterdam non è un'organizzazione proletaria di massa, ma un organo della borghesia, un organo che mantiene i più stretti rapporti con il Bureau International du Travail e con la Società delle Nazioni, un organo che non può essere conquistato dal proletariato e dal suo partito rivoluzionario. Perciò credo che la vecchia parola d'ordine "Mosca contro Amsterdam" sia stata, per la conquista delle masse, molto migliore e molto più utile.

Ma poiché questo argomento può forse sembrare molto astratto, passo ad argomenti che si riferiscono alla situazione attuale.

Quali sono i fatti più importanti del movimento sindacale? Quali sono in generale le nostre prospettive in questo campo?

Dal rapporto del compagno Losovski risulta che noi siamo convinti che lo sviluppo della crisi capitalistica crei oggi una situazione a noi molto favorevole. Perché allora, proprio in questo momento, si vuole cambiare tattica, cambiamento che corrisponde ad una prospettiva pessimistica, ad un bilancio pessimista del nostro movimento sindacale autonomo?

Un altro fatto è il movimento in Oriente. Il relatore ha sottolineato la grande importanza del movimento sindacale in Cina, che abbraccia già un milione di organizzati. Questa formazione di un movimento con un chiaro e marcato carattere classista nei paesi coloniali e fra i popoli oppressi è un fatto di un'enorme importanza, anzi è la premessa fondamentale per la nostra tattica nella questione coloniale e nazionale. Perché così possiamo essere sicuri di riuscire a guadagnare alla ISR l'enorme maggioranza del movimento sindacale nei paesi coloniali e dell'Oriente. È questo un altro argomento che dovrebbe spingerci a lasciare sussistere la centrale dell'ISR accanto alla Internazionale Comunista e rinunciare a sciogliere la prima.

Un ultimo fatto è l'influenza dell'America che diventa ogni giorno maggiore sotto ogni punto di vita, sia per quanto riguarda la residenza del capitalismo contro le forze rivoluzionarie, sia in rapporto alla penetrazione dell'influenza borghese nelle masse operaie e alla realizzazione di una collaborazione fra le classi.

Credo che questo fatto confermi quanto ho detto. Più cresce l'influenza del capitalismo americano in Europa, più crescerà anche – ha detto il compagno Losovski – l'influenza dei sindacati americani nell'Internazionale di Amsterdam. Il centro di gravità sarà sempre più spostato nella direzione dei sindacati americani e ciò conferma il mio argomento che la centrale sindacale internazionale gialla verrà spostata nel paese in cui la reazione e l'opportunismo sono più forti.

Se non abbiamo una prospettiva pessimista non dobbiamo quindi permettere l'unificazione con l'Internazionale d'Amsterdam. Al contrario l'ISR deve rimanere intatta e per suo mezzo non sono affatto escluse vaste azioni per l'allargamento della nostra influenza fra le masse. All'Internazionale di Amsterdam e a tutte le organizzazioni ad essa collegate si possono e di devono fare proposte di fronte unico. Il comitato anglo-russo deve continuare l'attività già iniziata, e precisamente nella forma di un Comitato per il fronte unico dei sindacati russi ed inglesi tendendo ad associare a questo comitato anche dei sindacati di altri paesi. Ciò è estremamente importante come mezzo di propaganda e di agitazione, e in tal modo si possono ottenere risultati molto soddisfacenti. D'altra parte è però necessario dare una chiara prospettiva allo sviluppo della lotta.

Per la nostra tattica in Inghilterra è di importanza decisiva che tutta l'attenzione nostra e del proletariato non sia assorbita soltanto dal movimento sindacale di sinistra. Non si deve mai dimenticare il partito comunista anche se oggi è ancora un piccolo partito; bisogna sottolineare che nello sviluppo della crisi sociale in Inghilterra e nella lotta esso sarà necessariamente la guida del proletariato e lo stato maggiore della rivoluzione.

Vorrei ora dire qualche parola sull'attività sindacale del nostro partito, sulla quale, al nostro III Congresso (si tratta del III congresso del PCd'I tenutosi illegalmente a Lione - n.d.r.) si è molto discusso. In quale situazione si trovi oggi il movimento sindacale italiano è generalmente noto. La reazione fascista ha distrutto il vecchio apparato dei sindacati di classe ed ora cerca di creare una rete di sindacati fascisti. Il fascismo ha fatto due tentativi di risolvere il problema. Il primo metodo da esso impiegato fu quello dell'iscrizione volontaria ai sindacati fascisti, contrapposti ai sindacati non fascisti. Ma naturalmente i sindacati fascisti erano largamente appoggiati dallo Stato, mentre i sindacati non fascisti soffrivano duramente degli arbitrii della reazione. Malgrado ciò, il fascismo dovette riconoscere che i suoi piani fallivano. Esso non riuscì ad ottenere d'influenzare le masse operaie come era riuscito ad influenzare le masse contadine, perché queste ultime avevano dovuto subire direttamente il terrore fascista. Il proletariato industriale è troppo concentrato perché lo si potesse opprimere e piegare come la popolazione contadina. Alle elezioni delle Commissioni Interne, per esempio, malgrado tutte le difficoltà e le rappresaglie, furono quasi sempre le liste di classe quelle che riportarono la vittoria. Il fascismo se ne è reso conto, e, per rimediarvi, ha modificato da cima a fondo la sua tattica sindacale.

In base ad una legge speciale, i sindacati fascisti sono diventati i soli sindacati riconosciuti dallo Stato, ogni attività degli operai è stata proibita per legge, e si è creato di fatto un monopolio fascista dei sindacati, in cui i sindacati fascisti hanno concluso un patto con le organizzazioni padronali. In base alla nuova legge, solo i sindacati fascisti hanno il diritto di trattare con gli imprenditori, cosicché per i sindacati liberi, sebbene in teoria essi siano ammessi dallo Stato, è – a parte tutte le altre difficoltà – assolutamente impossibile svolgere qualsiasi lavoro.

In questo secondo periodo, la nostra tattica sindacale doveva essere completamente diversa. La situazione precedente ci offriva la possibilità, alle elezioni delle Commissioni interne, di condurre una lotta contro i sindacati fascisti in nome dei sindacati di classe. Era questa una realizzazione permanente del fronte unico e, nella aziende in cui esistevano liste di classe e liste fasciste, la maggioranza degli operai, malgrado il regime fascista, votava per i sindacati di classe. In base alle nuove disposizioni di legge, le Commissione interne sono state sciolte, cosicché nelle fabbriche non esiste più alcuna attività legale. È vero che è riconosciuto il diritto dell'esistenza dei sindacati liberi, ma questo riconoscimento è puramente teorico; in pratica, i loro locali, le loro biblioteche, ecc., vengono posti sotto sequestro. La nostra attività dovette essere quindi spostata verso le aziende, in cui ci si offre la possibilità di mantenere il contatto con le masse operaie.

Per la nuova tattica da impiegare esistevano due proposte, in merito alle quali, durante il nostro Congresso, molto si è discusso. Il numero degli organizzati sindacali diminuiscono di giorno in giorno. La maggioranza dei lavoratori è inorganizzata, ma noi dobbiamo tendere a mettere in moto l'intera massa operaia. Ciò deve avvenire in nome dei sindacati; e il nostro punto di vista è che, in questo lavoro, non si debba rinunciare alla bandiera dei sindacati liberi, della Confederazione Generale del Lavoro. Sotto la bandiera di queste organizzazioni, che già così spesso hanno condotto alla lotta gli operai italiani, è necessario che noi lavoriamo. È vero che queste organizzazioni non svolgono oggi quasi nessuna attività; è vero che quanto di esse rimane si trova in mano ai riformisti, i quali sono sempre pronti ad un compromesso coi fascisti – compromesso che non si è finora realizzato per la sola ragione che il fascismo non gli attribuisce alcun valore. Tuttavia, noi dobbiamo sempre tenere presente che, quando il proletariato ridiscenderà in lotta, quando la classe operaia ricomincerà a respirare più liberamente, noi dovremo condurre la battaglia sotto la bandiera dei sindacati liberi, quali che siano le cause e le condizioni della stessa battaglia. Se lasciamo ai riformisti questa bandiera, sarà loro possibile, non appena la pressione si indebolisca, risollevarsi e riprendere terreno tra le masse operaie; essi riapriranno le sedi legali delle loro organizzazioni e ci isoleranno dalle masse.

È questa la tesi della sinistra del nostro partito circa il lavoro che si deve oggi compiere sul terreno sindacale. Abbiamo proposto di fondare in ogni azienda delle sezioni sindacali. I sindacati non devono morire, essi devono opporre resistenza alla situazione difficile in cui sono stati messi, perché, prima o poi, potranno di nuovo giocare il ruolo loro proprio. Bisogna, perciò, a nostro avviso, creare in ogni azienda dei comitati segreti con il compito di organizzare gli operai; queste sezioni di azienda devono essere collegate direttamente ai sindacati anche se questi sono diretti da riformisti. Se avremo poi la possibilità di respirare di nuovo liberamente, sarà già a nostra disposizione le scheletro di un'organizzazione di massa sul quale eserciteremo un influsso maggiore che i socialdemocratici. I Comitati all'interno delle aziende dovrebbero lavorare anche con le masse non organizzate; dovrebbero, in ogni conflitto di lavoro fra operai e padroni, creare Comitati provvisori di agitazione abbraccianti l'intera maestranza dell'azienda. Ecco la nostra proposta!

Ma la nostra Centrale ha trovato un'altra soluzione. È molto difficile definire con chiarezza questa soluzione, perché nel nostro dibattito precongressuale la tesi della Centrale non ha trovato chiara espressione. Essa è stata modificata in seguito alla resistenza di fronte alla quale si trovò in sede di Congresso, e nel rapporto del compagno Ercoli e nelle Tesi ha trovato una formulazione molto ambigua. Comunque, l'intera linea teorica della nostra Centrale mostra che essa ha su questi problemi una concezione che, a nostro avviso, non è né marxista né leninista. A suo parere – anche se non lo dice chiaramente – si dovrebbe creare una nuova organizzazione, una nuova rete di organi aziendali che dovrebbero sostituire i vecchi sindacati distrutti dal fascismo e perfino i sindacati oggi ancora esistenti.

Il punto di vista della nostra Centrale si è scontrato in una vivace opposizione nel Congresso, e noi crediamo che i rappresentanti dell'Internazionale al Congresso condividano piuttosto la nostra posizione. Infatti, la tattica sindacale della nostra Centrale evoca il pericolo di una scissione. In che cosa questa tattica consiste? Nella creazione di Comitati di agitazione per l'unità sindacale come organi permanenti con una rete propria. In un primo tempo si era parlato solo di Comitati di agitazione; poi, in considerazione delle forti critiche mosse a questa parola d'ordine, si è aggiunto: per l'unità sindacale. Se sì mira a creare una rete d'organi permanenti, che abbracci gli operai organizzati sindacalmente e non organizzati, un'organizzazione con comitati locali e provinciali, congressi ecc. si dà ai riformisti un buon pretesto per escutere i comunisti dalla Confederazione Generale del Lavoro. Ci minaccia quindi il pericolo di essere fuori da importanti organizzazioni nel momento in cui una situazione più favorevole si profila, e di avere invece di esse un'organizzazione propria, una nuova organizzazione fondata dal nostro partito e abbracciante solo una minoranza di lavoratori. Non si tratta qui soltanto di due parole d'ordine divergenti l'una dall'altra, ma di una questione vitale per il lavoro del Partito Comunista di Italia, ed è su ciò che noi vogliamo attirare l'attenzione dell'Internazionale Comunista.

(Protocollo tedesco pagg. 283 – 89).

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Comunismo e fascismo (1921-1926)

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Organica presentazione di testi della Sinistra sul Fascismo che anticipano la classica posizione comunista: "Il peggior prodotto del Fascismo è stato l'Antifascismo".

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Archivio storico 1924 - 1926