La Sinistra al VI Esecutivo Allargato dell'Internazionale comunista (17 febbraio – 15 marzo 1926)
IX seduta, 25 febbraio 1926
In sede di discussione sul rapporto dell'Esecutivo
Bordiga prende nuovamente la parola.
Compagni, nel mio discorso mi sono occupato delle questioni generali della politica dell'Internazionale. Diversi oratori non si sono limitati a discutere le mie affermazioni generali, ma hanno parlato anche un po' dei problemi italiani che io non avevo quasi assolutamente toccato. Sono perciò costretto a rispondere brevemente a ciò che qui è stato detto.
Parliamo, prima di tutto, del celebre sistema, della nuova teoria, della sinistra italiana. Si dice sempre "il sistema di Bordiga, la teoria di Bordiga, la metafisica di Bordiga" e si stabilisce che io qui sono completamente solo, che difendo sempre e soltanto la mie idee personali e la mia critica personale. Si vuol presentare il mio atteggiamento come di natura assolutamente individuale. Ma sebbene solo di recente si sia preso atto della sconfitta "ufficiale" della sinistra italiana, sulla quale dirò qui ancora qualche parola, devo ribadire ancora una volta che io non intratterrò i delegati con prodotti intellettuali individuali, ma rappresento di fronte ad essi il pensiero di un gruppo all'interno del movimento comunista d'Italia. Si potrà dire che è soltanto un gruppo insignificante, una piccola minoranza; ma io credo che ciò sia inesatto. Un compagno, un lavoratore della Sinistra, che vive in Russia mi diceva alcuni giorni fa delle cose molto interessanti e cioè: “noi recitiamo in certo modo un ruolo internazionale. Perché il popolo italiano è un popolo d'emigranti nel senso economico e sociale della parola, e dopo l'avvento del fascismo anche nel senso politico”. E in realtà dopo la marcia su Roma, migliaia di buoni compagni sono stati dispersi in tutto il mondo e hanno dato il meglio di se stessi in diversi partiti. Lo stesso compagno fece una dichiarazione ingenua che trovo estremamente interessante: “accade a noi un po' come agli ebrei, e se in Italia siamo stati battuti, possiamo consolarci col fatto che anche gli ebrei sono forti non in Palestina ma in altri luoghi...”
Quello che qui rappresento non sono, dunque, idee esclusivamente personali, ma sono l'espressione del pensiero di un intero gruppo.
Osserviamo il celebre sistema della Sinistra italiana. Nella discussione per il congresso del nostro partito, è risultato che in diverse questioni di fondo, nelle questioni della natura del partito, del ruolo del partito, dei rapporti tra l'attività del partito e la situazione generale, dei rapporti fra il partito e le masse, fra noi e l'Internazionale, fra noi e (si sostiene) il marxismo e il leninismo, esistono divergenze di principio. Naturalmente non possiamo entrare qui nell'esame delle grandi questioni teoriche. L'intero materiale del congresso del partito italiano è disponibile e da esso si può vedere che noi, se anche ammettiamo apertamente di divergere sistematicamente, in date questioni tattiche, dalla linea dell'Internazionale (come vi ho già esposto nel mo precedente discorso) per ciò che riguarda lo sviluppo della strategia rivoluzionaria nel passaggio dalla rivoluzione russa alla rivoluzione mondiale, difendiamo però, d'altra parte, il punto di vista che nelle questioni generali e programmatiche, nelle questioni della natura del partito e del suo ruolo storico, dei rapporti fra partito e massa, assumiamo una posizione teorica del tutto corretta dall'angolo visuale marxista.
Più ancora siamo dell'avviso che proprio coloro i quali ci criticano stanno per deviare da questa giusta posizione. Quando, per esempio, il compagno Ercoli della maggioranza ufficiale del partito italiano si fa avanti nella questione delle cellule d'azienda con l'argomento che, grazie alle cellule, si realizza il collegamento fra partito e massa e che esse rappresentano il terreno più importante d'attività del nostro partito, che esse assorbono addirittura l'intero nostro lavoro, io sono dell'opinione che ci troviamo di fronte ad una deviazione molto seria. Nella discussione italiana abbiamo cercato di caratterizzare (e mediante un'analisi completa e approfondita) molte deviazioni del gruppo al quale il comp. Ercoli appartiene. Se l'intero lavoro del partito consiste nello stabilire un legame con le masse, dopo di che tutto il resto va da sé, noi siamo approdati a un vero e proprio menscevismo. Il legame con le masse è necessario, ma una parte del problema consiste nella possibilità che le masse trovino nel nostro partito un centro intorno al quale possano raggrupparsi e che sia in grado di dirigerle nel senso degli obiettivi finali rivoluzionari. Abbiamo l'esempio di partiti che hanno bensì dietro di sé le masse, ma non essendo partiti veramente rivoluzionari hanno portato queste masse alla sconfitta.
Non si può negare che esistano situazioni in cui le masse sono spinte ad orientarsi in base ad una politica non comunista. In questo caso la teoria di Ercoli è assolutamente opportunistica. Se invece di tendere alla conquista delle masse si parte dalla conquista delle masse come principio supremo, eccoci di fronte al più puro menscevismo. Non basta stabilire se le cellule ci danno un vasto legame con le masse, cosa sulla quale ci sarebbe ancora da discutere, si tratta di sapere se questo legame è di natura rivoluzionaria. Se ogni legame organico con le masse deve essere in sé e per sé rivoluzionario, ciò dimostra soltanto la giustezza della nostra affermazione che l'organizzazione sulla base delle cellule di azienda porta all'operaismo e al laburismo.
Istituire un rapporto automatico fra la base sociale nel senso più stretto del termine e il carattere politico del partito, equivale a voler pretendere che ogni partito, il quale organizzi la classe operaia, per ciò stesso deve essere un partito rivoluzionario, nel che è appunto la natura del menscevismo. Senza approfondire questo problema, affermo perciò che non noi abbiamo abbandonato il terreno della teoria di Marx e di Lenin.
Il compagno Bucharin ha criticato il mio discorso in modo molto amichevole e cordiale. Inutile dire qui che il compagno Bucharin è un buon polemista. Ma questa volta ha fatto come fa sempre, cioè ha presentato le mie affermazioni a modo suo e nel senso della leggenda, da gran tempo diffusa, sulle teorie di Bordiga. Io non sostengo di essere bello, ma il ritratto che il compagno Bucharin ha fatto di me è orribile. Egli mi attribuisce certe formulazioni, parte in battaglia contro di esse e le riduce in briciole. Nel suo discorso egli ci dice che il regime interno dell'Internazionale deve essere cambiato; ma il suo metodo di polemizzare ci autorizza a guardare con occhio estremamente pessimista le prospettive di risanamento del nostro regime interno. Il compagno Bucharin fa qui dell'agitazione. Si fa dunque dell'agitazione non soltanto fra gli operai e nel partito, ma perfino nel Plenum dell'Esecutivo Allargato. Permettetemi di dirvi che forse è ancor più facile fare dell'agitazione in mezzo a voi che in mezzo agli operai.
Il compagno Bucharin semplifica le idee. Saper semplificare le posizioni e presentarle in poche parole è certo un gran merito, ma è anche un problema assai difficile quello di semplificarle non limitandosi ad una semplice agitazione, ma partecipando al lavoro veramente serio, al lavoro comune al quale tutti dobbiamo dare il nostro contributo a seconda delle nostra forze.
Semplificare senza demagogia agitatoria – ecco il grande problema rivoluzionario. Questi maestri della semplificazione sono molto rari. Non v'è dubbio che il compagno Bucharin possieda qualità eccezionali di cui dovrebbe servirsi per agire in questo senso entro l'Internazionale. Purtroppo credo che dopo i discorsi di diversi grandi capi della rivoluzione russa, noi non siamo più destinati ad ascoltare abbastanza di frequente delle esposizioni che assolvano a questo grande compito di semplificare senza demagogia.
Qualche parola su alcune obiezioni del compagno Bucharin. Egli ci presenta l'argomento che segue: le contraddizioni di Bordiga hanno la loro origine nell'idea che la rivoluzione non sia un problema di forma d'organizzazione; tuttavia più tardi egli ha trattato il problema della bolscevizzazione unicamente dal punto di vista dell'organizzazione, proponendo per l'intero problema un cambiamento di natura puramente organizzativa, cioè il capovolgimento della celebre piramide. Ma tutto ciò non è vero. Prima di tutto io ho parlato della bolscevizzazione da diversi punti di vista, l'ho criticata dall'angolo visuale teorico, storico e tattico. Ciò dimostra che io non considero il lavoro di bolscevizzazione solo un problema organizzativo, ma lo considero un problema politico dell'attività e della tattica dell'Internazionale. Inoltre, dovete ammettere che tutta la nostra opposizione si è portata su problemi tattici e che soprattutto per questi problemi noi proponiamo da molto tempo delle soluzioni che sono diverse da quelle accettate nei congressi mondiali. È assolutamente chiaro che per risolvere il problema non basta un semplice cambiamento organizzativo. Perciò ci attendiamo che ci si dimostri attraverso l'azione e attraverso la tattica che noi possediamo veramente un sana direzione rivoluzionaria.
Altro argomento del compagno Bucharin: Bordiga è contro il trasferimento meccanico delle esperienze russe ad altri paesi, ma avendo dimenticato il carattere specifico della situazione nei paesi dell'Europa occidentale, si è reso egli stesso colpevole di una trasposizione meccanica. Ora, la mia tesi è ben diversa. Ho detto: ogni esperienza russa è in generale utile e non dobbiamo né possiamo mai dimenticarlo, ma essa non ci basta. Dunque, io non respingo l'utilizzazione dell'esperienza russa, ma sostengo che nell'esperienza del partito russo non può essere contenuta l'intera soluzione dei problemi della tattica rivoluzionaria. Qual è il particolare carattere della strategia rivoluzionaria in Occidente che io avrei dimenticato? Il compagno Bucharin dice che nella mia esposizione non è citata la presenza di grandi partiti e sindacati socialdemocratici; ma è proprio qui la differenza sulla quale ho insistito. Per mostrare la differenza fra i rapporti con l'apparato statale nella rivoluzione russa e in Occidente, ho detto che nei paesi occidentale esiste da molto tempo un apparato statale borghese democratico molto stabile che gioca un ruolo che la storia del movimento russo non conosce. Questo ruolo può condurre alla possibilità di una mobilitazione del proletariato da parte della borghesia in senso opportunista, e ciò mediante i sindacati e i partiti socialdemocratici. La mia analisi si riferisce appunto a questo dato di fatto essenziale della situazione in Occidente. Le possibilità di mobilitazione ideologica della classe operaia in paesi che possiedono tradizioni liberali sono molto, molto maggiori di quanto non fossero in Russia, e ciò spiega il forte sviluppo delle organizzazioni socialdemocratiche in Occidente. Il compagno Bucharin non può quindi affermare che io mi contraddica, che io mi sia reso colpevole di una trasposizione meccanica.
Certo, non sono d'accordo quando egli dice che, in base alle esperienze russe, è proprio la tattica del fronte unico quella che deve essere trapiantata sulla scala più vasta in Occidente. Io credo che in questo i compagni russi commettano un errore. Certe manovre che potevano riuscire nei confronti dei partiti menscevico e social-rivoluzionario, i quali non erano così strettamente legati all'apparato statale, non possono, come non lo possono certe soluzioni tattiche, essere trasferite senza pericolo ai paesi occidentali. Se vogliamo farlo, ne saremo impediti dalla possibilità di una mobilitazione del proletariato da parte della borghesia e soffriremo gravi delusioni. Non voglio approfondire quest'analisi, tanto più che ne ho già parlato nel mio primo discorso. Constato soltanto che le contraddizioni di cui ha parlato il compagno Bucharin non esistono.
Per poter risolvere i problemi tattici, noi abbiamo bisogno di molto più che della bolscevizzazione, di molto più che della convinzione che basti consultare la storia del partito bolscevico per provare le soluzioni di tutti i problemi. Abbiamo bisogno anche d'altre esperienze, e queste esperienze l'Internazionale deve attingerle nel movimento internazionale.
Altra obiezione: quando ho parlato della differenza fra la questione delle cellule in Russia e nell'Occidente, avrei detto, secondo il compagno Bucharin, che la questione dello Stato, cioè il problema politico centrale, che in Russia è stato posto dalla storia, in Occidente non sarebbe posto dalla storia stessa. Il compagno Bucharin sostiene quindi che io ho una prospettiva pessimista di tipo socialdemocratico. Ora, io ho sostenuto che gli operai comunisti se limitano la loro attività alla cornice della cellula di azienda corrono il pericolo di dimenticare il problema centrale della conquista del potere. Io credo che questo problema sia posto dalla storia anche in Occidente, ma il nostro ruolo di partiti comunisti consiste appunto nel dare al proletariato i mezzi per risolvere questo problema in un senso unitario. Il Partito deve evitare di compiere manovre che salvano la borghesia. Deve evitare di cadere in quel laburismo che già più volte ha aiutato la borghesia a rimanere al potere. Il problema è già stato posto, ma noi non abbiamo saputo sfruttarne gli elementi; non basta dunque che il problema sia posto dalla storia. Anche questa obiezione è dunque ingiustificata.
Vengo alla questione italiana. A proposito della critica da me svolta alla tattica di fronte agli antifascisti e alla proposta dell'anti-parlamento, il compagno Ercoli ha detto che questa critica è sbagliata perché io non tengo conto dell'analisi della situazione, mentre la centrale del partito italiano si basa fortunatamente su una analisi esatta della nuova situazione. Ora io sostengo che questa analisi era falsa. Abbiamo in mano un documento sul quale durante la preparazione del congresso si è molto discusso: il rapporto del compagno Gramsci alla centrale, redatto nel settembre 1924 (Matteotti è stato ucciso in giugno). Questo rapporto contiene una prospettiva completamente errata: vi si sostiene che il fascismo è già stato battuto dall'opposizione borghese e che la stessa monarchia liquiderebbe in pratica il fascismo sul terreno parlamentare.
Ercoli: - abbiamo solo previsto un compromesso fra il fascismo e l'Aventino, che si è in realtà effettuato.
Relatore: - Avete previsto l'allontanamento di Mussolini. Il rapporto di forze tra fascismo e opposizione è stato valutato in modo completamente erroneo ed è quindi stata completamente erronea anche l'analisi della situazione. Si è trattato quindi di un errore nella prospettiva e di un errore di manovra del partito. Ci si è serviti della formula: la situazione è democratica. Questo preteso studio della situazione è veramente stupefacente: se la situazione è reazionaria, per il partito comunista non c'è nulla da fare; se la situazione è democratica, c'è da fare per i partiti piccoli-borghesi. In questo modo il nostro partito, il partito comunista scompare completamente dalla scena.
Altro argomento di Ercoli: la manovra era buona, perché ha ottenuto successi. Ora, prima di tutto, la critica che i compagni della Sinistra hanno mosso alla tattica dell'antiparlamento è stata riconosciuta giusta fino ad un certo punto, dagli stessi compagni del centro. Per esempio, si dice che la decisione di ritornare in parlamento avrebbe dovuto essere stata presa molto prima e non solo dopo le ferie parlamentari. Noi diciamo di più: fin dal primo momento non ci si doveva accodare all'opposizione borghese, non si doveva partecipare alle sue sedute, non si doveva lasciare insieme con essa la Camera. I compagni del centro dicono: abbiamo fatto bene perché abbiamo ottenuto dei successi, perché l'influenza del partito è cresciuta. Ma la situazione è la seguente: crollo completo dell'opposizione anti-fascista borghese e semi-borghese. In una tale situazione il partito comunista avrebbe dovuto assicurarsi una influenza decisiva, soprattutto nella classe operaia e nel contadiname, avrebbe dovuto con la sua linea tattica, mostrarsi all'altezza del ruolo di terzo fattore indipendente della lotta politica. Ma lo sviluppo degli avvenimenti non è stato sfruttato in questo modo. Il successo di cui parla Ercoli è consistito nell'aumento del numero degli iscritti. Ma le due questioni non possono essere legate l'una all'altra. Attualmente il numero dei nostri iscritti diminuisce. Ma la nostra centrale sostiene che si tratta di una perdita numerica accompagnata da un aumento d'influenza. Io parlavo del partito come fattore politico della situazione. Vorrei essere ottimista, ma tutto prova che non abbiamo ottenuto nulla e che non abbiamo sfruttato una situazione a noi molto favorevole.
Vengo all'ultima questione di cui volevo parlare, e cioè la situazione interna del partito. Ci si è accusati di essere una organizzazione frazionista e si è costruito su questa campagna l'intero edificio della preparazione del congresso. Io dichiaro che la frazione di Sinistra fin dall'inizio del congresso italiano ha fatto una dichiarazione in cui contestava la validità del congresso e chiedeva il giudizio dell'Internazionale. Non voglio qui evocare certe polemiche, ma chiedo formalmente che organi dell'Internazionale esaminino determinate questioni come per esempio le incredibili accuse mosse dal compagno Ercoli da questa tribuna contro i compagni della Sinistra. Noi non abbiamo mai sollecitato funzionari del partito a lasciare il partito stesso e ad assumere dei posti nel Comitato d'Intesa. Non l'abbiamo mai fatto perché sarebbe stato un grosso errore. Il documento sul quale si è costruita questa accusa attende ancora di essere presentato. Esiste soltanto la lettera del compagno che avrebbe ricevuta questa sollecitazione e si sostiene che esista anche la lettera con cui si invitava ad agire in quel senso. Ma questa lettera non è mai stata tirata fuori. Ora si sostiene che la lettera esiste da qualche parte, ma trattandosi d'un'accusa d'una tale gravità, noi abbiamo il diritto di esigere che ci sì basi su prove. E allora potremo dimostrare che quest'affermazione è completamente falsa. Ma lasciamo tutto ciò. Si è parlato dell'attività della Sinistra. Si è detto, per esempio, che noi siamo stati battuti nelle federazioni più forti, che il partito si sia indebolito nelle federazioni nelle quali godiamo d'influenza. È vero esattamente l'opposto. Le federazioni di cui Ercoli parla, Milano, Torino e Napoli, sono proprio quelle in cui la frazione di sinistra è più forte.
Per quanto riguarda il modo in cui si è preparato il congresso, vi è da dire che si è scoperto un sistema di consultazione del partito per effetto del quale perfino, io, Bordiga, come membro di una organizzazione di partito, ho votato per le tesi della centrale! Come è stato possibile ciò? Ne parleremo un'altra volta. Ma tanto basta a dare un'idea del valore delle cifre fornite al congresso.
Di ciò, tuttavia, noi non ci preoccupiamo molto. Voglio soltanto dire ai compagni che nella nostra polemica in sede di congresso abbiamo criticato l'ordinovismo, la posizione ideologica e politica della nostra centrale. Abbiamo, infine, in considerazione del fatto che ci si costringeva ad entrare nella centrale, fatto una precisa dichiarazione.
Vengo alla conclusione, compagni. Per ciò che riguarda il regime interno e il capovolgimento della piramide, non posso qui rispondere a ciò che ha detto il compagno Bucharin su questa posizione e sulle frazioni. Ma chiedo: si compirà in futuro un cambiamento dei nostri rapporti interni? Questa seduta plenaria dimostra che si prenderà un via nuova? Mentre qui si sostiene che il regime del terrore interno deve cessare, le dichiarazioni dei delegati francesi e italiani suscitano in noi alcuni dubbi, sebbene le tesi parlino della realizzazione di una nuova vita all'interno del partito. Aspettiamo di vedervi all'opera.
Io credo che la caccia al sedicente frazionismo continuerà a dare i risultati che ha dato finora. Lo vediamo anche nel modo in cui si cerca di risolvere la questione tedesca e diverse altre questioni.
Devo dire che questo metodo dell'umiliazione personale è un metodo deplorevole, anche quando viene impiegato nei confronti di elementi politici che meritano di essere aspramente combattuti. Non credo che esso sia un sistema rivoluzionario. Penso che la maggioranza che oggi dà prova della sua ortodossia, divertendosi alla spalle dei peccatori perseguitati, sia composta con molte probabilità di ex oppositori umiliati. Sappiamo che questi metodi sono stati applicati e forse lo saranno ancora, a compagni che non solo hanno una tradizione rivoluzionaria, ma che rimangono elementi preziosi per le nostre lotte future. Questa mania dell'auto-demolizione deve cessare se vogliamo davvero porre la nostra candidatura alla direzione della lotta rivoluzionaria del proletariato.
Lo spettacolo che ci dà questa seduta plenaria, mi apre fosche prospettive circa i cambiamenti destinati ad avvenire nell'Internazionale. Voterò quindi contro il progetto di risoluzione che è stato presentato.
(Protocollo tedesco pagg. 283 – 89).
Comunismo e fascismo (1921-1926)
Quaderni di n+1 dall'archivio storico.
Organica presentazione di testi della Sinistra sul Fascismo che anticipano la classica posizione comunista: "Il peggior prodotto del Fascismo è stato l'Antifascismo".