Satelliti piovono (9)

Il quinto satellite della serie artificiale, terzo degli americani e secondo dal nome Explorer, lanciato il 26 marzo, è caduto disintegrandosi il 27 luglio, seguendo la sorte degli Sputnik I e II; e mentre non sono ben chiare le notizie sull'Explorer I e sul Vanguard.

Fin dalla sua nascita il morticino di oggi destò molti dubbi e noi li illustrammo in una nota del n. 7 del 10-24 aprile 1958. Dissero subito che la sua orbita molto allungata passava troppo vicino alla Terra, annunziando l'altezza minima prima di 200 e poi di 179 km, e pronosticando una settimana sola di vita. Ma altro scienziato parlò di sei mesi! Avendo però data l'altezza massima di 2.781 km e il tempo di rivoluzione di 115 minuti, noi mostrammo che se ne deduceva una forte altezza minima, ben 329 km, tuttavia minore di ogni altro satellite. Mostrammo i nostri dubbi e, dato che allora i russi annunziarono prossima la caduta dello Sputnik II, prevedemmo una magra di satelliti artificiali.

Oggi la stampa americana parla per gli ultimi giri di 2.735 km di altezza massima e soli 198 di minima, senza fornire tempi che consentano verifiche. Ma il solito ingegnere von Braun avrebbe data un'altezza minima poco diversa, e una massima di 2.100, vantando tuttavia le importanti segnalazioni che il satellitino avrebbe fornito, prima di sparire, in tre mesi, durata insperata da lui. Come si vede i fabbricatori di satelliti sanno ben poco sulla sorte che li attende e i loro sono calcoli del senno di poi.

Fin dal nostro primo commento (il tema è stato trattato nei nn. 20, 21, 22 e 23 del 1957 e 4, 6, 7, 10 del 1958) definimmo tali corpi come corpi terrestri e non celesti, sia nel senso dell'antica filosofia naturale scolastica sia in quello della filosofia dopo Galileo che negò il dogma della immutabilità dei cieli. Gli stalinisti ammetteranno che secondo il materialismo dialettico la quantità diventa qualità. Si tratta di stabilire quale sia il passaggio tra un proiettile terrestre e uno stabile satellite, e noi dopo poche ore dal primo annunzio azzardammo che per essere a moto permanente (se non perpetuo) il satellite da lanciare doveva stare ad un raggio almeno dalla Terra, circa 6.000 km, tentando umilmente la trasformazione della quantità in qualità.

Oggi che vediamo i satelliti umani non avere moto costante, ma accelerare in una inesorabile caduta a spirale, e venire giù uno dopo l'altro, manteniamo la nostra modesta distinzione di principio tra essi e la luna vera.

Con essa non riproponiamo certo quella tra opera di Dio e dell'Uomo.

Quando il pensiero borghese, nella cui scia ideologica è ricaduta la Russia di oggi, ruppe con le vecchie idee, la stessa prima mongolfiera gli fece cantare che non restava altra scoperta che la vittoria sulla morte per andare a "libar con Giove in cielo".

Oggi che i satelliti di sua maestà la scienza tecnica cadono uno sull'altro, è il caso di ricordare l'altro poeta borghese dell' Inno a Satana, se pure di matematica digiuno, e di bocca buona in filosofia:

"Meteore pallide, pianeti spenti
piovono gli angeli dai firmamenti
".

Ed è il caso di ridere del tardo illuminismo che denunziammo nel bever grosso delle folle di questa epoca moderna e sconnessa. Le meteore che arrivano quaggiù, già per Galileo furono la prova che lassù vi è la stessa nostra materia e con le stesse leggi. La scienza dell'epoca borghese fu per questo grande al suo apparire; e sulle sue basi sorse il nostro materialismo sociale e rivoluzionario, che le strappò la boria del Progresso.

Oggi possiamo ben dire che questa scienza piega per sempre la sua orbita storica, cade dal liricamente minacciato cielo degli antichi dèi, e si disintegra sotto i nostri occhi.

Da "Il programma comunista" n. 13 del 1958

Note

[1] Giosuè Carducci, 1863.

La cosiddetta conquista dello spazio