Rivoluzioni storiche della specie che vive, opera e conosce.
I Comunismo naturale. II Guerre di classe. III Il programma del Partito. (Firenze 19-20 marzo 60) 3a Seduta
Scienza economica marxista come programma rivoluzionario I
Legame ai precedenti
All'inizio della seduta della domenica mattina 20 venne ripreso il tema della economia marxista già trattato in molte precedenti riunioni. Esso parte dalla esposizione del contenuto, del primo libro del Capitale di Marx pubblicata anni addietro in Prometeo, prima serie postbellica, e recentemente tradotta in francese su Programme Comuniste di Marsiglia. Questa rivista ha poi pubblicato anche il Formolario relativo al primo volume di Marx, che in Italia è stato diffuso in veste ciclostilata col titolo diAbaco della economia marxista e più efficacemente: Abaco economico di Carlo Marx. (Se ne sta curando la ristampa). In italiano è stato anche diffuso altro quaderno relativo alla prima sezione del Secondo Tema, sulle "Metamorfosi del capitale"; e tale lavoro dovrà dal partito essere sviluppato per tutta l'opera fondamentale di Marx.
Nei formolarii od abachi viene svolta la parte simbolica della trattazione di Marx per renderla agevolmente comprensibile col solo sussidio di nozioni di algebra elementare. Nulla delle trattazioni in formole simboli o numeri che il testo base presenta è stato minimamente variato ed ogni idea di rettificazione o sedicente perfezionamento è per principio esclusa; si è solo trovato utile uniformare e simmetrizzare la simbolica, che Marx scelse non sempre costante anche a causa del travaglio editoriale e della pubblicazione in parte postuma di tutta l'opera colossale, in cui il grande Engels si fece scrupolo della benché minima variazione ai manoscritti trovati in ordine non definitivo e per la parte massima senza la ultima revisione prima di renderli pubblici, per la quale il primo autore non ebbe bastevole tempo di vita.
Si tratta ora di continuare la esposizione del tema del secondo torno, e in seguito di preparare altri quaderni dell'abaco delle formole, al che si provvederà nelle successive riunioni e nell'intervallo tra queste.
Ricorderemo brevemente, per fissare e chiarire le idee, l'argomento del secondo Libro, per la prima sezione già trattata, nel secondo quaderno dell'abaco, cercando di coordinare bene i varii settori della sistematica trattazione.
Tre momenti della teoria
Più e più volte ci siamo battuti contro la interpretazione minimalista dell'oggetto dell'opera di Marx. I pretesi suoi seguaci che hanno fatto gettito di ogni particolare del vigore rivoluzionario che investe non ogni pagina ma ogni frase, hanno preteso che solo scopo dell'opera di Marx fosse il dare una teoria scientifica obiettiva e frigida della economia capitalistica moderna che ne rappresentasse e spiegasse il meccanismo constatandone e rilevandone il gioco con fredda e serena indifferenza descrittiva. Alcuni tutt'al più concessero che, dopo aver fatto il suo dovere di scienziato del capitalismo nella grande opera che è il Capitale un Marx diverso, secondo le loro banali immagini paludato di altri panni e insufflato di una nuova anima, si fosse lasciato andare a scrivere di storia e di politica di partito, e a fare l'agitatore o magari l'arruffapopolo!
Lo scopo di tutto il nostro studio su Marx, ossia sul programma della rivoluzione comunista internazionale, tende a stabilire che nessun distacco esiste tra le tesi economiche, storiche, filosofiche o politiche che si voglia, tra questo e quello scritto, studio e analisi o programma o proclama che si scelga; e che nelle pagine del Capitale, se vi è tanta scienza da far tremare le vene a quei botoletti scolastici, vi è passo per passo e tappa per tappa tutto il programma infiammato della rivoluzione anticapitalista. Non è la nostra scienza la risposta al quiz cretino: che cosa è il Capitale? - ma è la dimostrazione che il capitale morrà e che la sua sarà morte violenta; più ancora, e come in una pagina vibrante ora vedremo, che alla luce della scienza il capitalismo già oggi - l'oggi di Carlo Marx come quello nostro - è morto e non esiste. Altro che biologia del capitale, la nostra scienza è la sua necrologia.
Il difficile passaggio dal Primo Tomo del Capitale al Secondo ed al Terzo può afferrarsi se si intende che non libro per libro o capitolo per capitolo, ma pagina per pagina e si può dire in ogni pagina, si tratta di tre momenti della nostra concezione, che nasce e vive come analisi, come illuminazione, come battaglia folgorante e come gloriosa apocalisse.
In un primo aspetto si dà la teoria del capitale individuale, che meglio si definisce come capitale di azienda. Le leggi cercate e trovate in questo settore, che di gran massima è esaurito nel Primo Libro, si riferiscono al cerchio chiuso dell'azienda e ai rapporti e computi di passaggio di valore tra il simbolico e presto inutile capitalista-persona e il gruppo sempre più largo dei suoi operai. Nel secondo momento si lascia di scrivere, nel nostro linguaggio, radicalmente già diversissimo da quello dei ragionieri borghesi, il bilancio dell'azienda o impresa industriale, e si passa a studiare le leggi dell'insieme della società capitalistica considerata come un tutt'uno. Le relazioni correranno allora tra le classi sociali e la loro forma sarà nuova ed originale.
Il terzo momento è quello vitale, e chi ha luce negli occhi e nella mente per coglierlo lo vedrà splendere con abbagliante frequenza. Non è più la teoria della impresa industriale, non è più quella della società borghese storica, ma è la teoria della società comunista, futura e certa anche nella sua descrizione.
In questo terzo aspetto la scienza scolastica ed accademica, dal primo momento sorpassata e calpestata, è stata abbandonata come fredda e spenta palinodia; siamo nel campo del programma, nel campo del partito rivoluzionario, nel fuoco di quella critica che è poca cosa fare con un libro, ma si fa con le armi.
Tutti quei miseri che questa luce massima non hanno vista, non hanno nemmeno saputo raccontare la visione storica della società borghese data da Marx, e nemmeno rifare il semplice computo della economia della azienda a salariati, galera base di quella società infame. Hanno vagato tra falsificazioni misere e difformi e tra le illusioni di vuote panacee sociali che tagliavano la via allo sviluppo che i marxisti rivoluzionari propugnano, la visione nitida della società di domani e delle sue chiare contrapposizioni alle nequizie del capitalismo moderno, ultimo e più infame travaglio della tormentata umana specie.
La Prima Sezione del Secondo Libro
Questa Sezione, già da noi sviluppata come rammentato sopra, resta ancora, nel senso della sistematica monumentale dell'opera - che forse nessuno ancora ha vista nella sua integrità - alla teoria del capitale di azienda, ossia al primo momento, quello che quanto a dinamica dei fatti economici è l'oggetto centrale del Primo Libro, che pure contiene le possenti sintesi sociali storiche che già avevano mobilitata classicamente tutta la dialettica rivoluzionaria.
Il titolo della Prima Sezione è infatti: Le metamorfosi del Capitale e il loro ciclo. Queste metamorfosi sono ancora contenute nell'ambito dell'azienda, ma servono di preludio al tema del Secondo Libro. Il Primo ci aveva descritto il processo della produzione del Capitale, il Secondo ci vuole descrivere quello della sua circolazione. Il Capitale si produce nell'azienda, mentre circola nella società. Noi non distinguiamo come gli economisti conformisti tra produzione e circolazione delle merci, o della ricchezza (che sarebbe il complesso nazionale delle prime), il nostro soggetto è fin dal primo rigo il nostro nemico: il capitale. Scopriamo e diamo le teorie della sua nascita (nell'azienda) della sua vita (nella società borghese) della sua morte (nella rivoluzione comunista).
Nel secondo quaderno nostro di Abaco abbiamo illustrato le tre forme del ciclo del capitale, e le tre figure della loro circolazione. Le forme sono: denaro, processo produttivo, merce, le figure a cui noi abbiamo dato un ordine diverso a fine didattico, sono: la prima da denaro a merce, a processo produttivo, a merce, a denaro di nuovo. La terza da merce a denaro, a merce, a processo produttivo, di nuovo a merce; la seconda, la più suggestiva, da processo produttivo (attività della fabbrica dell'impresa, con i lavoratori che fecondano le materie prime) a merce, a denaro, a merce, e di nuovo a processo produttivo.
Si tratta di un movimento ciclico, o in circolo, perché tutti i passaggi delle nostre formule li potete scrivere in giro alla periferia di un circolo, e basterà cambiare il punto di partenza per avere le tre figure.
Molto importante è intendere come tutto questo ciclo è descritto dal capitale della stessa impresa. La prima figura ne dà l'idea banale del borghese: un Tizio fa soldi (nella nostra dottrina la via normale è che li ha fregati, rubati) e mette su l'impresa. Investe i soldi in merce e merce lavoro, fa produrre merci nuove, se le appropria, le vende e trova i soldi cresciuti. Produrre merci in ambiente capitalistico vale produrre capitale ossia produrre plusvalore. Le due quantità, che possono truccarsi da denaro o da merce secondo i momenti del ciclo, hanno una stessa cosa qualitativamente. Matematicamente si può dire che il plusvalore è la derivata del capitale, e il capitale è l'integrale del plusvalore. Chi è nato prima non ha importanza; alla base della loro nascita sta la preda, la rapina, il saccheggio e in generale e secondo la nostra lingua l'alienazione del lavoratore, la disumanizzazione dell'uomo.
La seconda figura ci servì alla critica dell'opportunismo delle varie forme, e in ispecie di quella immediatista.
Ora il constatare che tutto questo cerchio di mutazioni sta chiuso nell'ambito ridotto della singola azienda ci serve a vedere come, se il cerchio non si rompe, non si potrà avere la soluzione comunista. Il nostroAbaco infatti classificò le formule o figure: da denaro a denaro, mercantilisti - da merce a merce, fisiocratici - da processo industriale a processo industriale semplicemente riprodotto (a plusvalore consumato) o allargato (a plusvalore investito), ricardiani classici. Da processo produttivo a processo produttivo identico, distribuendo il plusvalore ai salariati aziendali, immediatisti vecchi e nuovi. Da processo produttivo a processo produttivo allargato al massimo, lasciano nella fame i proletari, stalinisti.
Il comunismo è la rottura del cerchio magico. Non è la riduzione della società economica ad una sola azienda con un solo capitalista, lo Stato, ma è in economia la distruzione dell'azienda e del capitale e in politica la distruzione dello Stato.
Epicedio alla Prima Sezione
Vogliamo dimostrare che la Prima Sezione sulla metamorfosi ciclica del capitale riguarda solo il capitale aziendale, e nello stesso tempo che nel discutere la teoria relativa Marx tiene ad ogni tratto in vista il secondo e il terzo momento; e prima di lasciare del tutto il tema del secondo quaderno di Abaco, ci faremo forti di alcune citazioni del testo.
All'inizio del Capitolo IV sulle tre figure, Marx si ferma a notare che di tutto il cerchio due metamorfosi, quella da denaro a merce e quella da merce a denaro, mentre sono separate tra loro dalla fase cruciale che è quella del lavoro, del processo produttivo, se si prescinde un momento da questo, si riducono a due momenti non della circolazione del capitale, che qui interessa, ma della circolazione semplice, quella degli economisti ordinari, ossia la bruta circolazione delle merci. Le leggi di questa sono già state date, e Marx cita dove, indicando il Libro Primo, Capitolo terzo (Circolazione delle merci) Paragr. 2 (Mezzi di circolazione: a) la metamorfosi delle merci; b) corso della moneta; c) il numerario o le specie. Il segno di valore).
Nella teoria dunque delle merci e dello scambio, e prima di passare alla produzione del plusvalore e del capitale, già si parla dicircolazione e di metamorfosi, ma non del capitale, come nel Libro II, bensì della umile merce, le cui figure cicliche sono due sole: da merce a denaro; da denaro a merce.
La legge della circolazione delle merci cui Marx perviene è semplice, e risponde al quesito: quanto denaro occorre nella economia di mercato? La legge è che la massa del denaro in circolazione dipende dalla somma del valore di tutte le merci prodotte in un anno (poniamo) diviso per il medio numero di rotazioni che nell'anno avvengono tra denaro e merce, e merce e denaro.
Già in questi primi capitoli dell'opera Marx fa giustizia di trattati universitari a milioni di copie, da stamparsi dopo di lui per un secolo. La massa del denaro che circola sul mercato non è una causa del prezzo delle merci; ma è il valore delle merci che determina la massa di numerario occorrente.
Fa pena pensare alle polemiche con i professori universitari come Graziadei che pretesero che Marx, dopo avere accettata nel Primo Libro la dottrina del valore di Ricardo, per cui il prezzo delle merci dipende dal tempo di lavoro che è occorso per produrle, ed anche quella del plusvalore, poi nel Secondo e Terzo Libro mettendosi a studiare la circolazione avesse fatto giustizia della teoria del plusvalore, abbandonandola.
Quarant'anni fa già chiarimmo che il Primo Libro non trattava la produzione delle merci ma quella del capitale e del plusvalore, e che il passaggio allo studio della circolazione riguardava quella del capitale, essendo quella delle merci già chiarita dai primi capitoli su merce e moneta, del Capitale e della precedente Critica dell'Economia politica. E chi non sa che tutto lo sviluppo del Secondo Libro tratta la circolazione del capitale, la sua riproduzione e la sua accumulazione, salendo dal quadro aziendale a quello sociale, e quindi le leggi storiche del capitalismo, sulla diminuzione del saggio; ma che tutte le dimostrazioni si fondano sul maneggio della teoria del valore e plusvalore testualmente data nel Primo Libro; passando infine il Terzo al processo di insieme dell'economia capitalista, in una armonica ed unitaria costruzione? Il nostro umile Abaco, quaderno di scuola di allievi-militanti, sta a mostrare che unica è la linea di sviluppo, e che mai la cultura universitaria ha capito nulla - si badi che questa grave conclusione riguarda uno che, come Graziadei, voleva poi fare omaggio al coronamento storico e politico del sistema di Marx, senza vedere che, spezzata la linea, tutto sarebbe caduto.
In tutto questo non è scienza ma solo suggestione di classe della ideologia borghese sulle teste dei suoi timidi opponenti. Marx era già tutto capovolto e rinnegato, quando alla teoria del sopravalore si tentava dal vecchio Tonino di sostituirne una "scientifica" del sovraprezzo, ossia di elevare a principii eterni il mercato la moneta e il sistema mercantile salvando il capitalismo.
Dal capitale aziendale al capitale sociale
Prima di chiudere in questo Capitolo IV il tema della Prima Sezione del Secondo Libro (e dove ha citato le leggi della circolazione semplice stabilite al principio del Primo) Marx già compie una esplorazione nel secondo campo, nel secondo momento della teoria, ossia la circolazione del capitale, non più della impresa isolata ma di tutta la società.
Dopo aver detto come abbiamo citato che due atti, quelli estremi, della prima figura del ciclo del capitale non rappresentano che la "metamorfosi ordinaria delle merci, sottoposta alle note leggi sulla quantità di denaro in circolazione" il testo così prosegue: "Se non ci si ferma a questo lato formale e si considera la reale connessione della metamorfosi dei diversi capitali individuali, cioè a dire l'intrecciarsi dei cicli dei capitali individuali in quanto movimenti parziali del processo di riproduzione del capitale sociale totale , allora il semplice cambiamento di forma tra merce e moneta non può più fornire la spiegazione richiesta".
Se fosse possibile riportare tutto il testo sembrerebbe che Marx lo avesse scritto per rispondere a Graziadei che da positivista borghese non voleva che si parlasse della grandezza valore, perché si trattava di ipotesi astratta e non di fatto concreto:
"Quelli che considerano l'esistenza indipendente del valore come una semplice astrazione, dimenticano che il movimento del capitale industriale è quella astrazione in actu (in atto concreto)".
Tutto questo passo, che il lettore può scorrere ora agevolmente, mostra come sono travolti i capitali personali nella tempesta del moto dinamico del capitale sociale, e vi è già in questa pagina uno slancio verso il terzo momento: "è evidente che la produzione capitalista non esiste e non può esistere che fino a tanto che il valore-capitale è messo in valore". In queste parole già è descritta la morte del capitale, ed è insita la tesi da noi marxisti rivoluzionari sempre posta innanzi, che la morte della economia capitalista e della società borghese si ha quando non esiste più valore di scambio e non esiste più capitale: non conquista del valore e del capitale, ma distruzione di entrambi.
Prima che questo capitolo si chiuda e sebbene il suo oggetto sia tuttora il ciclo delle metamorfosi del capitale individuale (aziendale), si incontra la piena teorizzazione della nostra attualissima tesi antirussa di oggi, che non si può parlare di fine della economia capitalista se non si è in presenza della fine di ogni economia di mercato e di scambio. Questo confronto si basa su quelli tra le forme sociali che hanno preceduto il capitalismo, ed è suggestivo collegarlo alla nostra recentissima trattazione storica e sociale di esse forme.
Il testo dice che il processo della circolazione del capitale industriale come è stato sviluppato presenta il carattere di rendere evidente che la produzione capitalista non può nascere e conchiudersi atto per atto che in manovre di mercato:
"da un lato gli elementi costitutivi del capitale produttivo provengono dal mercato delle merci, vi si rinnovano continuamente e vi devono essere acquistati come merci; dal lato opposto il prodotto del processo di lavoro ne esce come merce e deve costantemente essere rivenduto come merce".
La lezione delle forme passate
Per spiegare bene il meccanismo della forma presente, capitalista, ed anche il carattere del suo passaggio alla forma futura, comunismo, metodo costante del marxismo è trarre insegnamento dai trapassi a cui la storia già ci fece assistere. A questo punto il testo, per fare intendere che l'arrivo del mercato e lo sbocco nel mercato è proprio del capitalismo (e non lo sarà del comunismo), viene a dimostrare che tale carattere mancava in forme precedenti della produzione sociale. Come tipo capitalista si prende un affittaiuolo moderno della Bassa Scozia, e come tipo precapitalista un "piccolo proprietario tradizionale del continente". Il primo vende tutto il suo prodotto agrario sul mercato, e poi vi deve tutto ricomprare per il nuovo ciclo, fino alle sementi. Il secondo, suo storico antecessore, consuma direttamente per nutrirsi la più gran parte del suo prodotto, e quindi non ricavando denaro compra e vende il meno possibile, e col suo proprio lavoro fino a che vi riesce si fa i vestiti, gli attrezzi e così via (epoca in cui viveva ancora il mestiere manifatturiero nella piccola azienda rurale).
Nella piena forma borghese, industriale ed agraria, lo scambio ed il commercio sono dominanti; nella forma piccolo-borghese contadina essi erano secondari. Il capitalismo è la forma del commercio generalizzato ai limiti del campo sociale. Di questo teorema si mostra qui vero l'inverso, ossia dove tutto arriva dallo scambio e riparte per lo scambio, ivi è capitalismo (in Russia, noi diciamo oggi). Ma è forse la forma o la presenza di scambio la caratteristica fondamentale dei vari modi storici di produzione? No, per noi la base causale sta nel rapporto sociale in cui si trovano nella loro figura di classe gli agenti non dello scambio, ma della produzione. Nel capitalismo il proletario non può che comprare con denaro del salario quanto consuma, in quanto egli è stato tagliato fuori da ogni disposizione di materie prime e arnesi di lavoro, di cui dispone il capitale.
In un passo essenziale il nostro testo condanna il tentativo di classificare le forme sociali delle grandi epoche secondo gli aspetti non dei rapporti di produzione, e tra produttori, ma dei rapporti di circolazione, di attribuzione del bene di consumo al consumatore, ciò che Marx indica con la parola tedesca "Verkehrsweise", che si può tradurre come maniera e modo di trasporto, di assegnazione, di messa a disposizione, riferita a quegli oggetti e beni di uso pronti all'atto di consumo, senza darsi pensiero della loro origine dalla attività di umano lavoro nella società.
Una terna falsa
Gli economisti conformisti da tempo hanno opposto tra loro tre pretesi tipi di economia: naturale - monetaria - creditizia, che vorrebbero costituire successive tappe del solito cammino nella umana civiltà.
Marx fa una critica a fondo di tale vuota distinzione. Anzitutto l'economia creditizia non è che uno sviluppo della stessa forma data dalla economia monetaria. Entrambe stanno nel campo storico della produzione capitalistica, nel senso che "nella produzione capitalista sviluppata la economia monetaria appare semplicemente come la base della economia di credito". In Russia, deduciamo noi, sopravvivono moneta e credito, e quindi non si è ancora usciti dalla forma capitalistica.
Tuttavia l'economia monetaria è apparsa prima del capitalismo, in quanto moneta e mercato figurano in compiti meno generali anche nelle economie schiaviste, di piccola coltura agraria e di piccolo artigianato. Nel capitalismo mercato e moneta si generalizzano a uno sfondo totale, e ciò viene detto dal testo con queste chiare parole, che al solito si possono leggere per trarne i caratteri distintivi di quella nuova forma di organizzazione umana che non sarà più la capitalista ma la comunista.
"In realtà la produzione capitalista è la produzione delle merci come forma generale della produzione; ma essa lo è e lo diviene sempre di più solo in quanto il lavoro vi appare esso stesso come merce, e il lavoratore vende il suo lavoro, il funzionamento della sua forza di lavoro".
Ne sorge logicamente: dove è salario in moneta, ivi è capitalismo.
Ma qui Marx ci dice qualche cosa anche della prima forma della terna borghese, o economia naturale. I benpensanti ammettono che ad una certa epoca si distribuirono i prodotti senza che ancora si fosse inventata la moneta. Ma questa loro idea è molto vaga, anche stando al loro banale criterio di seguire solo il modo di acquisizione del bene d'uso da parte dell'uomo. Quando si è avuta una prima divisione manifatturiera del lavoro, sia pure embrionale, il semiselvaggio artigiano detiene ciò che fabbrica, poniamo le frecce, e le offre al cacciatore che gli contro-offre un po' di selvaggina da consumare. Questa è già una economia non naturale assoluta, ma già una economia proprietaria, che si basa per la distribuzione-circolazione della forma baratto; dunque economia di baratto, prima di economia di denaro. "Una economia naturale assoluta come quella degli Incas non rientrerebbe dunque in nessuna delle tre categorie".
Nella grande forma primaria che fu quella degli Incas non vi era moneta, non vi era scambio di mercato, e non vi era nemmeno baratto. Ogni bene prodotto da braccio umano era dominio del mitico Inca (la specie, la società, la collettività simbolizzata) e per organizzazione della società Inca il giusto cibo, vestiario ed arma giungeva a ciascuno, era a ciascuno donato da possente centro. Ecco il senso del comunismo primitivo, ecco la vera economia naturale. Quando alla fine del corso della specie il comunismo ritornerà, perché tra uomo e natura non vi sarà più il maledetto contrasto, non vi sarà più scambio né baratto né credito né proprietà né spettanza attribuita, tutto sarà donato dal lavoro spontaneo al limpido naturale bisogno. Ecco come si toccano, pagina a pagina, per chi legge con animo partitante, gli estremi lontani del grande arco storico e si erige la costruzione gigantesca in cui parimenti fondata è la scienza dell'ieri dell'oggi e del domani.
Sopra - offerta del capitale
In queste stesse pagine in cui si demolisce per sempre la partizione tra le tre forme: naturale, monetaria e creditizia, Marx allo stesso tempo annienta la teoria scolastica che spiega la economia capitalista con la legge dell'equilibrio tra la offerta e la domanda, pretesa regolatrice automatica della "libera" iniziativa di intrapresa e di produzione, mentre allo stesso tempo ci dà un luminoso esempio di passaggio dal primo momento (azienda capitalista) al secondo (società capitalista totale).
"Il capitalista non ricerca affatto il bilanciamento tra la sua offerta e la sua domanda, ciò che egli persegue è la loro maggiore possibile disuguaglianza, l'eccesso della sua offerta sulla sua domanda... Questa tesi (ora se ne vedrà la dimostrazione) è vera per il capitalista individuale, ed è vera anche per tutta la società capitalista... È in quanto il capitalista non è che la personificazione del capitale industriale, che egli non domanda che mezzi di produzione e forza-lavoro..." per un totale molto inferiore alla merce prodotta che offre.
La dimostrazione è data col semplice caso di una azienda che impieghi il capitale costante 80, il capitale variabile 20, e realizzando il plusvalore 20 produca il valor capitale totale di 120. La domanda dell'azienda sul mercato è evidentemente solo 80 più 20 e dunque 100, mentre la sua offerta è maggiore, ossia 80 più 20 più 20, dunque 120. Più è alto il tasso del plusvalore (nel caso 100%) più diviene piccola la domanda rispetto alla offerta (nel caso è cinque sesti). Il testo dimostra che tale verità non cambia se si calcola nel capitale costante la rinnovazione del capitale fisso (ammortizzazione degli impianti).
Già qui è fatta la distinzione tra riproduzione semplice e allargata. Gli economisti mercantili non mancano di obiettare che dato che il capitalista ha per fine di consumare, godendolo per acquisti sul mercato, il suo 20 di plusvalore, la sua domanda di merci risale da 100 a 120 e il sacro equilibrio è ristabilito. Ma esso è ristabilito non per il "capitalista", ossia per l'azienda capitalista, bensì per il conto del capitalista come particolare, come privato (in tedesco Lebemann, che vale gaudente, viveur, sciupone).
Ma il nostro vero capitalismo è quello in cui l'accumulazione è progressiva e il plusvalore va ad investimento. Quindi ad ogni ciclo l'azienda compra per 100 e rivende per 120. Ma, si dirà, al ciclo successivo questa azienda se non distribuisce dividendo ai viveurs, chiederà sul mercato 120. Benissimo, ma questo non è il pareggio, ma il primo tratto del nuovo ciclo, che domanderà 120 ma finirà per offrire 144. Quindi in tutta la società capitalistica, in quanto gli sbafoni siano soppressi (come narrano sia in Russia!), l'offerta sormonta inesorabilmente la domanda di merci.
Il capitalismo "non esiste"
Fate qualche esercizio del muscolo della dialettica. Il ragionamento col quale noi proviamo che il capitalismo esiste oggi in Russia è lo stesso col quale, in un passo tremendo, Marx deduce che il capitalismo non esisteva già nel 1860-70 in Inghilterra ed Europa! Citiamo prima, e poi chiosiamo.
"Questa proposizione è egualmente la proposizione della non esistenza della produzione capitalistica, e perciò della non esistenza dello stesso capitalista industriale. Infatti il capitalismo è già fondamentalmente soppresso dalla proposizione che il godimento e non l'arricchimento sia il motivo determinante".
Il significato è: che una volta scoperto che la chiave del meccanismo del sistema capitalistico non è la brama di capitalisti personali di godere dei profitti, ma è la impersonale esigenza del capitale sociale di aumentarsi di plusvalore, forza sociale che solo una Rivoluzione potrà abbattere, resta dimostrata la necessità della morte del capitalismo, e quindi la sua scientifica non esistenza potenziale dichiarata da Marx, il che può fare solo una scienza "non più dottrinaria ma divenuta rivoluzionaria" (Miseria della Filosofia).
La condanna del capitalista a non godere ma accumulare dipende da un altro motivo "tecnico". "Il capitalista non solo ha bisogno di costituire un capitale di riserva per poter lottare contro le oscillazioni dei prezzi e attendere i momenti propizi alla vendita e alla compera; gli occorre inoltre accumulare del capitale [anche tesorizzando moneta o formando deposito in banca, in quanto il testo qui accenna di passaggio che ciò nulla muta] per allargare la produzione e incorporare al suo organismo produttivo i progressi tecnologici".
Il capitalista che ad un certo stadio non possa aggiornare il suo impianto con quelli più nuovi, sarà inghiottito ed espropriato da più forti. Quanto al capitale salari, è chiaro che esso va tutto alla domanda di merci di consumo; l'operaio non può risparmiare e accumulare.
Marx ha qui previsto il fenomeno moderno del trucco col quale il capitalismo tenta di ritardare la sua scontata morte, ossia aumentare la domanda degli operai con le vendite a rate ossia a credito, misura folle tra tutte.
"In quanto l'operaio converte quasi sempre il suo salario in mezzi di sussistenza, e per la maggior parte di prima necessità, la domanda capitalista di forza-lavoro è indirettamente una domanda di articoli che entrano nel consumo della classe operaia. Questa domanda è uguale a v (capitale variabile) e non potrebbe essere maggiore. (Se l'operaio economizzasse sul suo salario - noi facciamo necessariamente astrazione da ogni sistema creditizio - ciò varrebbe a dire che egli tesaurizzerebbe una parte del suo salario e diminuirebbe di altrettanto la sua domanda di acquirente)."
Acquistando a credito senza denaro l'operaio vende la sua forza lavoro del futuro, come se vendesse la sua vita, e si facesse schiavo.
Perdite secondarie del capitale
Ripetiamo che la Prima Sezione (del II libro del Capitale) ha per oggetto il primo "momento" della teoria, ossia il processo circolatorio del capitale di una sola azienda, ma sono importantissimi gli squarci che stabiliscono confronti tanto per il secondo momento, capitale sociale complessivo, che per il terzo momento: postcapitalismo ossia società comunista.
Engels scrisse a Victor Adler che il V e VI Capitolo, finali della Sezione, sono meno importanti. Tuttavia vi sono cose notevoli. Nel V si tratta del periodo di circolazione, ossia del tempo che occorre perché il capitale della singola azienda compia le tre metamorfosi: denaro a merce - processo produttivo - merce a denaro. I concetti sono ovvi. La prima e la seconda metamorfosi sono puramente di circolazione mercantile monetaria, e il tempo che faranno perdere per acquistare e poi vendere è tempo di circolazione. L'intermedio periodo produttivo è il tempo di produzione, che va distinto dal tempo di lavoro perché in una parte di esso uomini e macchine in generale non agiscono. Tutto il tempo del ciclo sarà la somma del periodo di circolazione e di quello di produzione. Durante questo secondo il capitalista paga gli elementi attivi col capitale variabile, ma (Capitolo VI) anche nelle due fasi di circolazione vi sono delle spese che il capitalista deve coprire, e che in ultima analisi si detrarranno dal plusvalore (per Marx non ha senso il solito ripiego dei borghesi che tali extra spese le paga il consumatore).
Nelle due fasi di circolazione vi sono degli addetti al commercio che sono remunerati. Essi nella nostra teoria assorbono valore ma non ne creano; tuttavia in un computo analitico quel valore va calcolato in perdita. Qui, vi è un primo accenno ad economie non capitaliste. Nel Medioevo quando i portatori di merce al mercato erano piccoli produttori, il tempo dello smercio e della incetta si sarebbe aggiunto al loro tempo di lavoro: ecco perché mercati e fiere si tenevano in giorni di festa.
I filistei urleranno se diciamo che nel comunismo nessuno perderà tempo per lo shopping e, nessuno non avendo denaro, non vi saranno iniziative di commercio, tutto arriverà al consumo senza "banco" per scegliere, come l'acqua dei pubblici acquedotti nelle case. Marx non lo dice qui ma altrove. Questa spesa nel comunismo sparisce.
Più importante è la discussione sulla "contabilità", e ci dobbiamo su di essa fermare un solo attimo perché con uno dei classici falsi in citazione un cosiddetto economista sovietico ne ha voluto trarre la prova che secondo Marx nella società socialista permane la contabilità dello scambio, e quindi lo scambio, e la capitalista legge degli equivalenti.
Qui Marx accenna alle forme antiche. Anche in queste una parte di tempo di lavoro sociale doveva essere dedicata alla contabilità. Nel Medioevo la contabilità agricola non si incontra che nei conventi. Nelle antiche comunità indiane bastava a tutta la tribù un solo contabile di villaggio che assegnava ad ognuno la sua parte sul prodotto comune: comunque questo contabile doveva consumare come un lavoratore produttivo, anche se era una unità su cento. "Le spese per la sua funzione non sono compensate dal suo proprio lavoro, ma con un prelevamento operato sul prodotto della comunità".
Qui Marx avverte che mentre le spese commerciali possono sparire (questo i falsari non lo hanno letto), per le spese di contabilità la cosa è differente. Esse variano, aumentano prima andando verso le forme mercantili piene, poi si ridurranno drasticamente. In questo tema è il famoso problema della "burocrazia" che se è massima nel capitalismo sviluppato e in quello moderno fino alla forma statale, sarà un fenomeno superato nel comunismo.
Il passo falsato
Diamo prima il passo taciuto: "Queste ultime [le spese risultanti dal tempo consacrato alla compera e alla vendita] discendono unicamente dalla forma sociale determinata del processo di produzione, dal fatto che questo è produttore di merci. Dunque esistono nel capitalismo perché è sistema di produzione generale di merci, e scompariranno del tutto nel comunismo".
Invece intende dire il testo: "La contabilità, controllo e riassunto ideale del processo, diviene tanto più necessaria in quanto il processo si svolge maggiormente alla scala sociale e perde il suo carattere puramente individuale; per conseguenza più necessaria nella produzione capitalista che nella piccola produzione sparpagliata degli artigiani e dei contadini: più necessaria nella produzione in comune che nella produzione capitalista". Queste sono le parole invocate dalla rivista economica sovietica, che fu letta alla riunione di Firenze e confutata. È ben certo che questo è uno dei passi in cui il testo sale al terzo momento e la detta produzione in comune, gemeinschaftlicher, come opposto a kapitalistischer, è lo stesso comunismo.
Ma il falso nasce da non aver riportato quanto subito segue:
"ma i costi della contabilità diminuiscono con la concentrazione della produzione, e quanto più essa si trasforma in contabilità comunistica " (ed. tedesca Dietz Verlag 1957 pag. 129).
Come dunque si sviluppa nelle successive forme il "peso" sociale della contabilità? Il senso della nostra dottrina non ammette equivoci. Nella economia per piccole aziende esso è enorme perché ognuna di esse deve avere una scritturazione contabile con almeno un addetto. Una grande officina capitalista avrà dieci contabili, poniamo, ma basteranno per mille operai. La concentrazione delle aziende fa diminuire, dice il testo, il peso della contabilità. Se esso resta enorme nel capitalismo industriale di Stato, come quello russo, è appunto perché non solo non si tratta di un'azienda unica ma ciascuna ha il suo bilancio e il suo movimento di banca (il testo in quel che segue stigmatizza l'enorme costo del sistema dei conti bancari nel capitalismo avanzato, come i lettori possono confrontare), ma soprattutto proprio perché le aziende industriali e lo Stato fanno tutte le compere (compresa quella della forza-lavoro) e le vendite al consumo in forma mercantile con registrazione del valore in moneta di tutte le merci.
La contabilità sola necessaria al comunismo non è più contabilità di denaro: ecco quanto diminuirà enormemente il suo costo sociale. Sarà solo contabilità fisica di quantità di materie prime ed ausiliarie e di numero di lavoratori. Infatti nella economia comunista, se economia la possiamo chiamare, nel terzo momento post-capitalista il denaro è sparito, e nessuna cifra di sue quantità si deve più annotare, ma solo cifre di metri cubi, tonnellate, calorie, chilowatt, ed altre grandezze ed unità di chiaro senso fisico.
La contabilità necessaria al comunismo non è monetaria, ma fisica. Evidentemente la sua importanza è più grande di prima, ma il suo ingombro burocratico e i suoi nefasti effetti, legati al mercantilismo, sono spariti.
Morte della monta
Marx qui tratta il fenomeno accessorio che anche il circolante, alterandosi qualunque ne sia la forma, determina altre perdite economiche, ma in questo caso non ci dà il confronto con il terzo momento. Esso si trova però senza nessuna difficoltà, e basterà tra cento passi uno tratto dalla Sezione Seconda di questo Secondo Libro, Capitolo XVI, paragrafo III in fine. La dichiarazione qui non esige nostro commento:
"Supponiamo che la società invece di essere capitalista sia comunista. Prima di tutto il capitolo denaro sparisce, e con lui le forme di transazione che esso comporta".
Non occorre citare di più per aver distrutto il grossolano falso dello "scienziato" sovietico. Qui Marx ha parlato senza termini da interpretare, e ha risparmiata la fatica di cercare sotto il velame delli versi strani.
Da "Il programma comunista" n. 12, 25 giugno - 8 luglio 1960
Scienza economica marxista come programma rivoluzionario
Quaderni di n+1 dall'archivio storico.
Una importante relazione del Partito Comunista Internazionale sulle "questioni fondamentali dell'economia marxista" nella quale si indaga intorno alla teoria della dissipazione capitalistica.