Rivoluzioni storiche della specie che vive, opera e conosce.
I Comunismo naturale. II Guerre di classe. III Il programma del Partito. (Firenze 19-20 marzo 60) 3a Seduta
Scienza economica marxista come programma rivoluzionario II
La restaurazione del capitale
Il titolo che abbiamo ora riportato è quello dato da Marx alla Seconda Sezione del Secondo Libro. Lo studio adeguato di questa sezione dà a nostro avviso luogo a considerazioni della maggiore importanza. Prima di svolgerle invitiamo il lettore a tenere presente non solo la puntata di questo resoconto generale nel numero precedente, e il più volte richiamato quaderno di Abaco relativo alla seconda sezione del Secondo Libro, ma anche il resoconto della riunione di Milano, per la parte relativa alle "Questioni fondamentali della economia marxista", che ha inizio nel n. 22 del 1959 e prosegue nel n. 23 e nel n. 1 del 1960 di Programma Comunista. Sarà molto utile riconfrontare quella esposizione a Milano perché vi furono anticipati i concetti che ora, nel riferire della successiva trattazione di Firenze; consideriamo avere reso meglio espressivi enucleando dal testo di Marx, ove si trovano con una certa alternanza, i tre vitali momenti: teoria del capitale privato aziendale nella società capitalista — teoria del capitale sociale totale nella società capitalista — teoria della società comunista che succederà al capitalismo. Le tesi marxiste economiche, sociali e anche storiche coi collegamenti al pre e al post-capitalismo sono le stesse in tutte e due le presentazioni, e altrimenti avremmo tradito il nostro metodo, ma pensiamo che la formula, puramente presentativa dei "tre momenti" faciliti la comprensione del nostro fondamentale testo di partito.
La Prima Sezione del Secondo Libro riguarda la circolazione del capitale, nel suo ciclo fra tre metamorfosi periodiche. Essa, abbiamo stabilito, costruisce anche colle sue formule simboliche, che ci siamo permessi di omogeneizzare con tutta fedeltà all'originale, la teoria del circolare del capitale di una sola azienda, ossia del capitalista privato, e non passa ancora al capitale complessivo di tutta la società. Ma in quanto appunto non si trattava di scrivere un testo di fredda scienza, ma un libro di partito, sono frequentissime le escursioni negli altri due momenti, e non solo vi sono importanti accenni al fenomeno come si presenta alla scala di tutta la società capitalista, bensì anche ai caratteri radicalmente, rivoluzionariamente diversi, che si presenteranno nella società comunista, che Marx ogni tanto chiama proprio o in questo modo, o come "produzione sociale" - "produzione associata", e simili trasparenti espressioni, che non hanno vietato ai falsatori del marxismo di sostenere che si parla sempre e dovunque del capitalismo, anzi di esso come era un secolo fa, e senza i fenomeni che noi avremmo visto dopo Marx. Questa discussione finirà quando si sarà visto il comunismo.
La Seconda Sezione che ha il riportato titolo Restaurazione del capitale, come collocamento nella sistematica dell'opera, tratta ancora del capitale di un solo capitalista, del capitale aziendale. Ne faremo uno studio analogo a quello già fatto per la Prima Sezione, per scoprire gli sguardi di aquila lanciati nel futuro.
Sarà la Terza Sezione che prenderà di fronte il capitale di tutta la società borghese, assumendo il classico titolo: La riproduzione e la circolazione del capitale sociale totale. Per la prima volta sono qui in epigrafe le parole sociale e totale come aggettivi del capitale.
Limiti della teoria aziendale
Fin dal nostro Abaco abbiamo fatto vedere che la chiara dottrina della dinamica del capitale personale (o di azienda: un capitalista può avere più aziende e una azienda più - o anche tutti - i capitalisti e i capitali, come Marx ha largamente insegnato) non basta a costruire un programma di società non capitalista. Usando le leggi del Primo Libro (salvo sempre gli innumeri sguardi di luce rivoluzionaria) ossia la scomposizione della merce prodotta come capitale nei tre termini: capitale costante; capitale variabile; plusvalore; e poi la circolazione aziendale nelle tre metamorfosi: denaro, processo produttivo, merce, con le tre ben descritte figure, non si dà nascita purtroppo non solo a nessuna rivoluzione (che è solo quella comunista) e nemmeno a nessuna utopia e nessuna riforma sociale. Giocando infatti sulle tre figure abbiamo trovato le proposte pietose dei mercantilisti (il commercio fa vivere l'umanità), dei fisiocrati (la produzione della terra fa vivere l'umanità), dei ricardiani classici (il lavoro dei servi del salario fa vivere l'umanità), dei pestiferi immediatisti (togliendo il plusvalore ai capitalisti e distribuendolo ai salariati vivrà felice l'umanità) e dei parimenti pestiferi stalinisti (togliendo il plusvalore ai capitalisti e non distribuendolo ai salariati ma portandolo a capitale allargato, vivrà l'umanità).
Lavorando sulla formula aziendale l'equazione del comunismo non si può scrivere. La formula comunista non viene da manipolazioni contabili e nemmeno matematiche, ma da un atto sociale futuro di forza dopo il quale non vi sarà più azienda, e non vi sarà più nemmeno capitale sociale, perché non vi sarà lavoro salariato né scambio mercantile, né mezzo monetario.
Il fenomeno della rotazione
Forti dubbi hanno assalito non altri che il grande Federico Engels circa la utilità del grande lavoro che Marx ha dedicato a questo problema della "restaurazione del capitale dell'azienda". Lo studio di Marx si porta sulla determinazione economica rigorosa della somma di denaro corrente di cui l'industriale deve disporre per il sicuro funzionamento continuo della sua azienda.
A prima vista sembra che il problema sia già risolto colle formule del Primo Libro: spesa in mezzi di produzione più spesa in salari. E lo stesso sembrerebbe con la formula della Prima Sezione, in cui Marx preferisce chiamare Pm quello che era c, e T quello che era v, senza nulla mutare. Quindi il capitale con cui l'industriale novellino deve andare la prima volta al mercato possedendolo nella forma moneta non è che c più v ovvero Pm più T. Ma perché il ciclo possa con certezza continuare in avvenire (anche se non si allarga) occorre che il capitalista (la cassa aziendale) veda ritornare la somma iniziale. Questa ritorna quando le merci prodotte si vendono; ma se una spesa in materie prime, macchine o salari fosse indispensabile prima di tale incasso, quid allora? Ci vuole in cassa aziendale una scorta di denaro. E in tal caso di quanto?
Marx quindi si rivolse più volte all'amico Engels pratico di economia aziendale per avere ragguagli su questa questione, ed Engels gliene fornì di precisi. Ma nella nota che nel corso di questa Sezione Engels inserisce nel testo (vedi ed. francese Costes vol. VII pag. 49 a 51, fine del par. IV del Cap. XV - ed. tedesca Dietz Verlag pag. 283), egli denunzia di avere ricostituito questo testo col massimo disagio, e di averne dovuto eliminare parti contraddittorie. Dopo aver detto che Marx per quanto era sagace algebrista non si muoveva bene tra le cifre dei conti dei commercianti (non dimentichiamo che in quel tempo non si trattava solo delle pedestrerie computistiche dei libri di azienda, ma anche del farraginoso impiego delle unità monetarie non decimali, dette fino a mezzo secolo fa nelle aritmetiche elementari numeri complessi, come sterline di venti scellini, scellino di dodici pence, e unità ancora più pasticciate) dice di avere trovato tutti gli scartafacci ma di non averli potuti ordinare per la edizione. Deduce quindi che Marx abbia voluto impegnarsi in una ricerca di scarso interesse senza darne una norma o legge convincente, e che la sua distinzione tra il denaro effettivamente impegnato nella circolazione aziendale ed un'altra somma di denaro che l'azienda deve tenere libera o svincolata, oggi si direbbe in stato di liquidità, non abbia gran peso. Sembra ad Engels, a conclusione della sua nota siglata, che basti dire che il capitale industriale deve sempre esistere in una parte notevole nella forma moneta, e che in dati momenti una sua parte ancora molto maggiore debba prendere la stessa forma.
Ci permettiamo di non condividere in tutto quanto Engels dice, pur non dubitando che dal materiale a sua disposizione non si poteva trarre di più, a meno di non sostituire una propria costruzione a quella di cui Marx aveva lasciato appunti non esaurienti, il che Engels non volle mai fare, e a nostro credere con pienissima ragione. Noi quindi non argomentiamo da altro che dal testo quale Engels lo pubblicò e dalla nostra abituale ferma convinzione che tutta l'opera di Marx ha una ossatura unitaria ed armonica.
Ciò che a Marx importava
A Marx non importava affatto di preparare un manuale ad uso degli imprenditori ovvero dei professori di economia politica in cui fosse dato un prontuario per calcolare sicuramente la somma di denaro da anticipare alla partenza per impiantare una produzione data quantitativamente e qualitativamente, in modo che l'esercizio fosse continuo. Che cosa significa che l'esercizio non possa essere continuo per difetto di moneta (in molti passaggi Marx tiene conto dell'effetto del credito, delle dilazioni di pagamenti come di quelle delle entrate, dei prestiti da finanziatori e così via...)? Significa che l'azienda deve per un certo tempo interrompere la sua attività non potendo fare gli acquisti indispensabili fino a che non sarà giunta al realizzo delle scorte di merci già prodotte in magazzino. Quali le conseguenze? Dal punto di vista aziendale vi sarà certo una serie di perdite che andranno a detrazione dal plusvalore (profitto) realizzato, e potranno giungere fino ad assorbirlo tutto, lasciando il capitalista senza margine di consumo, e nei casi estremi fino ad inghiottire tutto il capitale (fallimento). Ma questa disavventura non ci spinge alle lacrime.
A Marx interessa qui la possibilità di crisi sociali, in quanto il loro decorso gli permette di costruire la prospettiva al cui termine sta la morte della forma capitalistica. Le leggi economiche proprie di un tipico capitalismo che riproduca sé stesso in un ciclo continuo possono interessare la ricerca teorica, ma quello che importa è la legge storica evolutiva delle forme.
Che il capitalismo per tenersi in vita consumi più o meno di mezzi monetari, in sé stesso non interessa molto, e fin qui Engels ha ragione. Ma interessa la costruzione marxista nella contestura di tutte le sue parti il confronto differenziale fra le forme storiche, quella precapitalistica ed il capitalismo industriale, e tra questo e il comunismo. In un primo senso si potrebbe dire che una economia già tutta mercantile, ma non ancora capitalista, ossia contadino-artigiana, consumi meno denaro del moderno capitalismo. Infatti tutta una parte del valore, ossia il lavoro fornito dal produttore parcellare, appare come denaro solo alla fine, quando il prodotto è venduto, e non nel suo totale, perché vi è un consumo interno diretto, il grano del contadino, il vestito poniamo del tessitore sarto, ecc. Il sistema capitalista a parità di produzione - in effetti è molto maggiore - richiede più denaro, in quanto tutto il lavoro deve essere anticipato come salario dall'azienda. È importante che il consumo di denaro nella forma capitalista sia per altre ragioni ancora maggiore a pari massa di beni di uso o a pari popolazione.
Condanniamo dunque una forma sociale perché inghiotte più moneta? Non è questo, perché la forma capitalista rispetto a quella piccolo-produttrice come a quella feudale rappresenta per noi un vantaggio sociale e storico, malgrado la esigenza indiscutibile di una maggiore massa di circolante che ha caratterizzato l'apparire trionfale dell'era borghese.
Quello che ha rappresentato il vantaggio, fino ad una certa "età" della forma capitalista, è la economia di impegno sociale, ossia di lavoro umano, a parità di merci utili prodotte. Infatti l'inconveniente del molto circolante che occorre, e che in questa sezione dello studio procuriamo di valutare, che pure si traduce non in una forma vuota ma in un effettivo sacrifizio di valore capitale e quindi di lavoro umano accumulato (molte citazioni starebbero a mostrarlo) è largamente superato dal vantaggio immenso della produzione in grande, della cooperazione dei lavoratori, sia pure nella disciplina bestiale dell'azienda borghese.
Il problema di Marx lo possiamo definire come la ricerca del grado di sciupìo di ciascuna forma sociale. Noi non guardiamo alla ricchezza sciupata; e tanto meno all'oro o agli altri tremolanti suoi simboli, ma al lavoro umano, al grado di sacrifizio e di tormento che alla specie umana, e alla sua parte attiva avanti tutto, arreca la produzione di una certa massa di consumi, e di propri consumi.
Questo confronto condanna senza speranza le forme di economia parcellare, ed ogni forma di apologia della piccola azienda contadina o artigiana viene abbandonata ai vari tipi di opportunisti immediatisti e conformisti.
Ma vi è poi il confronto post-borghese. Assicurato alla umanità il vantaggio di avere eliminato lo sciupìo parcellare di lavoro tempo e pena (l'artigiano che sacrifica la festa sul mercato, il contadino che dorme la notte con un solo occhio per balzare in piedi se la tempesta minaccia il raccolto, e via via...) noi mostriamo quali zone e fasce immense di sciupìo dipendono dalla forma capitalistica e forzano il tempo di lavoro sociale per la produzione utile. Ora in questa Sezione Marx mostra che al solo fine personale e non sociale di "restaurare quale era in partenza il capitale di azienda" si rende necessaria la gravosa incetta e immobilizzazione di una grande somma di circolante (che nella forma moderna è massa di tempo di lavoro), perdita e sciupìo che sarebbe depennata di un colpo solo ove si passasse alla forma comunista, per il semplice fatto che questa conserva tutti i vantaggi della produzione in grande e del passo avanti che il capitalismo ha rappresentato (il testo dice più volte che la produzione concentrata riduce lo sciupìo), ed elimina l'inutile sforzo di mantenere pareggiati (o indiminuiti) i capitali aziendali, che nella produzione comunista non hanno più alcuna funzione o alcun contenuto.
Nello sviluppo del testo noi non troviamo una formula dello sciupìo eliminato dalla distruzione del capitalismo, ma questo risultato finale che i marxisti hanno sempre difeso sta nello sfondo di tutta l'opera colossale di Marx.
Per questo ci pare che Engels non abbia valutato giustamente questa sezione dell'opera, purtroppo incompiuta, che offriva un ponte verso quel grandioso trapasso storico, per cui tutti noi combattiamo.
Condanna dell'azienda capitalistica
Un così lungo esame della dinamica del capitale individuale ha dunque la sua importanza nella dimostrazione che la abolita partizione del capitale tra aziende è uno dei postulati comunisti, restando nella dimostrazione stessa contenuta quella che il capitale anche sociale verrà soppresso.
La premessa che abbiamo fatta ci consentirà ora di sintetizzare il commento a questa Seconda Sezione.
Che non vi sia dubbio che di capitale di impresa isolata si tratti, si desume da questo passaggio del Cap. VII con cui la Sezione inizia. L'ultima forma quella M-M della circolazione, mentre ora si studia quella D-D (ossia la prima) è importante per la nostra terza parte, dove noi esamineremo il movimento dei capitali individuali in connessione con il movimento di insieme del capitale sociale. Ma noi non ne abbiamo bisogno per la rotazione del capitale (tale è il titolo del VII Capitolo). E poco dopo:
"Per il capitalista il tempo di rotazione del suo capitale è il tempo durante il quale lo deve anticipare per fargli produrre del plusvalore e riceverlo di nuovo sotto la sua forma primitiva".
Dunque tutto questo affare riguarda il capitalismo privatistico. La società comunista non avendo da restaurare i confini tra capitali privati, si libererà di tutta una prima gamma di sciupii sociali. Ma bene inteso in quanto la organizzazione della produzione si farà allora senza denaro, né calcolo monetario.
Marx fa notare che la unità di tempo a cui si riferiscono i cicli produttivi è l'anno, cosa che è derivata dal ciclo stagionale agricolo. I cicli manifatturieri possono essere più brevi e più lunghi dell'anno, nei mille possibili esempi. Se R rappresenta l'anno, in mesi o giorni, ed r il tempo di rotazione di un dato capitale, ossia l'intervallo di tempo tra la anticipazione e il recupero totale, il numero n di rotazioni annue sarà dato da R diviso r.
Poiché Marx afferma che questo tempo di rotazione influisce sul processo di produzione e sulla creazione di plusvalore (quindi influisce sul grado di sciupìo di lavoro di cui abbiamo parlato) egli si addentra anche, con riferimenti alle teorie storiche, nella distinzione tra capitale fisso e capitale costante (il quale è una parte del capitale circolante) di cui molte volte si è parlato, ma che non cessa di essere fondamentale se si vogliono evitare gravi equivoci, piuttosto frequenti.
Capitale fisso e circolante
Marx si riporta al Primo Libro in cui ha definito il capitale costante, come anticipazione del capitalista singolo distinta dall'altra parte che è il capitale variabile o spesa salari da anticipare. Tutte queste due parti del capitale (più il plusvalore) si trasferiscono nella merce. La spesa salari si chiama capitale variabile perché è da essa che si genera tutto il plusvalore, nella teoria di base. La parte costante non genera plusvalore, in quanto passa senza mutarsi nel valore della merce prodotta. Ma il capitale costante vi passa in due modi, uno materiale e fisico, l'altro soltanto economico. Il ferro per fare dei chiodi si troverà tutto nei chiodi in natura e in valore (costo). Ma il fuoco della forgia, o il carbone, non passano nel chiodo in natura, tuttavia si consumano tutti nella produzione e il loro valore passa tutto nei chiodi. Invece l'incudine, o la modernissima macchina con cui si fanno i chiodi, restano lì disponibili per fare altri innumeri chiodi; non sono dunque - nella loro totalità - passati nel valore del prodotto, se non si tiene però conto che la loro durata non è infinita e che subiscono un logorio durante l'impiego a fare chiodi. La teoria di Marx in materia è che una piccola parte del valore di questi strumenti produttivi (l'incudine, la macchina stampatrice di chiodi) passa nel valore della merce chiodi, ed è la sola che va a far parte del capitale costante e circolante. In una serie di fabbricazione di chiodi molto lunga la macchina sarà resa inservibile, ossia avrà perduto tutto il suo valore iniziale di uso e di acquisto sul mercato.
Questo capitale, che il capitalista deve pure anticipare quando apre la fabbrica, si sarà ricostituito durante la lunga fase del logorio in modo che il capitalista si trovi tra le mani accantonata tutta la somma che serve per ricomprar la macchina, senza che tale somma (valore del capitale fisso) abbia mai figurato tutta intera nel valore del prodotto venduto di un dato ciclo produttivo.
Marx ha sostenuta tutta una lunga polemica con gli economisti che lo hanno preceduto, e lunghi brani di questa Sezione sono dedicati alle posizioni storiche sull'argomento. Una non meno lunga polemica va sostenuta contro gli economisti posteriori ed anche contro quelli... marxisti. Tutti si lasciano suggestionare dalla nota tesi che i borghesi industriali hanno il monopolio degli strumenti di produzione e che questo dà loro l'arma per sfruttare i salariati. Dunque si confonde il capitale detenuto dal singolo capitalista col valore di mercato della sua fabbrica e delle sue macchine, e non si capisce che invece esso è misurato dal valore della merce che egli produce, nella corrente unità che è l'anno.
Si confonde così il concetto di capitale, proprio della società borghese, con quello di patrimonio personale, comune ad altre società più antiche.
La distinzione tra capitale fisso e capitale circolante va dunque fatta tenendo conto nel senso della nostra teoria di ciò che Marx, nel secondo paragrafo di questo Ottavo Capitolo, chiama composizione e rimpiazzo (restaurazione) del capitale fisso.
Il concetto giusto si può esporre per gradi.
1. La merce prodotta ogni anno da un impianto sia 1.200. Ammettiamo che il valore o costo iniziale della fabbrica con macchina sia 12.000. È certo che il nuovo capitalista all'inizio deve possedere le 12.000, poniamo lire o sterline che siano, più una certa frazione delle 1.200, che dipende dal tempo di rotazione. Se dopo tre mesi vende le prime merci finite gli basterà avere in cassa 300 per anticipare materie prime, salari, e perfino la sua spesa di Lebemann (dissipatore, gaudente). Dunque questa azienda mobilita 12.300 unità moneta, il che ha le sue conseguenze (socialmente dissipatorie), specie se vuole tenere altri fondi di garanzia, riserva e così via.
Questo conto così logico è invece falso. Sulle 1.200 di vendite ogni anno 200 siano capitale variabile, che sono in uscita verso gli operai, 200 siano plusvalore, che per il momento supponiamo consumi il capitalista (riproduzione semplice; sebbene non manchino i cenni alla riproduzione progressiva). Restano 800 di capitale costante. Ma di queste solo una parte va nella spesa annua per materie prime e ausiliarie, e supporremo sia 400. Le altre 400 il capitalista non le deve spendere subito, ma tanto meno le deve consumare. Esse rappresentano l'accantonamento per ricostituire la fabbrica e le macchine quando siano rese inservibili (non occorre pensare che ciò avvenga per tutte le parti in uno stesso istante). Nel nostro fittizio caso numerico il capitale fisso di L. 12.000 si potrà ricostituire come nuovo in 30 anni avendo accumulate le 30 annualità di 400 pari a 12.000. Questo caso banale è quello della "tesaurizzazione" ossia la ipotesi che quel denaro sia stato per trent'anni versato in un cassetto a 400 lire all'anno.
2. Nel moderno concetto economico si calcola diversamente l'ammortamento, ossia si tiene conto che la economia capitalista si svolge da monetaria in creditizia (senza qualitativamente mutare, Marx ha stabilito). In tal caso la rata può versarsi ad una banca. Se questa (in quanto distribuisce il liquido agli altri capitalisti imprenditori: e qui saremmo nel "secondo momento" ossia l'intreccio sociale dei capitali aziendali) dà il 5% di interesse, la rata necessaria sarà molto minore di 400 lire; il calcolo mostra che basteranno annualmente solo 181 lire! Il capitale costante sarà solo 581 invece di 800 - ma non trattandosi qui il secondo momento non discuteremo le ipotesi che l'azienda cresca la spesa salari o il profitto del padrone: nel gioco sociale l'effetto è molto complesso, e potrebbe anche scendere il prezzo di vendita dei prodotti: ma tutti sappiamo il mostro capitalista di che panni veste!
3. La questione del logorio e del rinnovamento degli impianti fissi è inoltre aggravata dal famoso problema del "logorio morale". Prima che la macchina da chiodi sia ammortizzata in tutto, ad esempio dopo 15 dei 30 anni, interviene sua maestà il "progresso della tecnica" e si può avere una nuova macchina, che costa più o meno dell'antica, ma riduce il costo della lavorazione (per lo più mettendo sul lastrico una parte del personale). Allora conviene che il capitalista faccia il sacrificio della maggiore spesa ancora non messa da parte, per guadagnare di più in seguito. Marx conosceva tutti questi problemi e li analizza a fondo in questa Sezione, ma è lo scopo col quale lo fa che è necessario intendere!
Il grado di dissipazione
In questo Capitolo che non occorre seguire insieme ai seguenti in tutto lo sviluppo, che intrigò lo stesso Engels, vi è un passo eloquente. Dopo avere lungamente discusso dell'impianto delle ferrovie (che già un secolo fa non si trovava logico affidare a ditte private) in cui va tenuta presente in ogni installazione la possibilità di dovere a breve scadenza ampliare e trasformare, con massicci investimenti in capitale fisso, il testo dice: "Lo spazio disponibile giuoca qui una grande parte. In certe costruzioni si possono aggiungere piani in altezza [molti sono i riferimenti di Marx all'edilizia; e descrive i modernissimi nefasti della criminale speculazione intraprenditrice!]; per altre bisogna costruire a lato, dunque occupare uno spazio più esteso [di qui il fenomeno tra i più bestiali del capitalismo, del salire dei prezzi dei suoli edificatori, che non contengono alcun reale valore sociale]. Nella produzione capitalista si dissipano da una parte molti mezzi [dissipare, sciupare, francese gaspiller, tedesco, nell'originale, verschwenden...]; da un'altra parte si fanno, man mano che l'industria si estende, costruzioni ingombranti, spesso a detrimento della forza di lavoro, poiché non ci si attiene ad un piano sociale e ci si lascia guidare da circostanze infinitamente diverse, dalla disponibilità di mezzi, ecc., ecc. che ha il capitalista particolare. Da ciò sorge un dissipamento straordinario di forze produttive".
Questo tra altri passi vale a stabilire a quale scopo nel Secondo Libro Marx studia, prima del capitale di tutta la società borghese, il bilancio del capitale entro la singola azienda borghese. Si tratta di costruire la dottrina del grado di dissipazione propria della produzione capitalista che è dissipazione e sciupìo di tempo umano di lavoro. Nel nostro Abaco non rinverremo le precise formule di questo rapporto, ma da tempo questa classica nostra dottrina ha concluso che con la sola abolizione del capitalismo - che non è un problema tecnico ma un problema di forza sociale - il tempo sociale di lavoro scenderebbe ad un quarto, poniamo da otto ore a due di impegno medio, scendendo al disotto di quanto verrebbe offerto spontaneamente e senza mercato, come la partecipazione al gioco sano e allo sport.
Il Primo Libro ci insegna che una prima dissipazione si calcola dal tasso del plusvalore che oscilla intorno al doppio, ma che è la meno preoccupante estorsione, dato che la esigenza del capitale di generare plusvalore all'inizio vale la messa a disposizione di parte di esso, non per gioia di minoranze occhiute, ma per fini sociali già superiori a quelli delle vecchie economie preborghesi!
La Prima Sezione del Secondo Libro mostra che una tale sperequazione ha sede nel puro processo produttivo, ma che nel ciclo entrano altre due metamorfosi di natura mercantile, da denaro a merce e da merce a denaro. Viste queste metamorfosi nel ciclo aziendale, esse comportano gravi passivi sociali, che si trasferiscono nel bilancio del complesso sociale, e che facilmente sparirebbero se si sopprimesse il confine insensato tra azienda e azienda.
La Seconda Sezione mostra che dovendo ogni azienda personale, oltre che figliare plusvalore traverso tutto il ciclo triforme, restaurare il proprio capitale sia circolante che fisso traverso accantonamenti ed ammortizzamenti isolati tra loro e quindi altamente dispersivi, un terzo fattore di sciupìo della forza di produzione si è venuto ad aggiungere.
La Terza Sezione, alla quale vogliamo rapidamente passare, mostrerà che anche considerando il "secondo momento" ossia la produzione di tutta una società industriale mercantile, vengono in luce ulteriori fattori di spreco, che il passaggio al terzo momento porterebbe di colpo a zero, dandoci - anche nel campo della riproduzione semplice - la dottrina delle crisi inevitabili e della anarchia della produzione capitalistica.
I nefasti dell'aziendismo
In sostanza la Seconda Sezione stabilisce la zona dello sciupìo sociale che ha il suo fondamento nell'esigenza di mantenere la distinzione tra l'una e l'altra azienda capitalistica. Dato che tali aziende svolgono la loro attività in diversi settori della produzione i fenomeni della rotazione del capitale aziendale sono in esse diversissimi. A questi spareggi si provvede con movimenti di capitale denaro; è solo per questo che il denaro ha una funzione necessaria nella forma capitalista; non si tratta di salvare la retribuzione di ciascun elemento attivo della produzione (salariato) né la migliore economia della produzione come complesso sociale, ma di assicurare la continuità della azienda locale e particolare di cui si tratta. La Sezione mostra che si creano disparità sanate solo con movimento di moneta non solo per la diversa rotazione del capitale costante e l'ammortamento variabilissimo del capitale fisso, ma anche per il capitale salari. In genere è la storica differenza tra l'attività umana che produce merci subito commerciabili, e quella delle opere pubbliche, indispensabili alla società, ma che non danno rientri commerciali concreti; come la arginatura di un fiume straripato, e simili. Marx chiama questi due capitali A e B.
A ruota subito, B ruota lentissimamente. Ma "se si deve provvedere con salariati" il capitale variabile di A rientra subito come parte delle vendite, quello di B va anticipato sotto forma monetaria. Approfondita questa analisi di Marx essa dà ragione di tutte le moderne palinodie tra iniziativa privata e invocazione dello Stato, che in economia monetaria conducono entrambe a folli sciupii.
È qui che Marx enuncia il passo citato precedentemente sulla inutilità del denaro nel comunismo (al che non si risponde che il comunismo è difficile da raggiungere, perché si tratta appunto della dimostrazione scientifica e pratica che esso fa subito saltare una zona di sciupìo al doppio, sicché una sola cosa è strana assurda e intollerabile, che il capitalismo viva ancora e faccia sudare al doppio, per questo solo effetto, l'umanità!).
Il testo (XVII - III) ha appunto spiegato che per il tipo A si pagano subito gli operai mentre per il tipo B si deve gettare denaro sul mercato per impegnare mezzi produttivi che non fanno ricupero (voglia il lettore ricordare la nostra dimostrazione che nella storia del capitalismo la spesa statale, B, sale sempre paurosamente rispetto a quella aziendale, A, come in Russia e America). E allora che dice? Supponiamo che la società sia comunista: questa difficoltà scompare per il fatto che scompare il denaro.
"La cosa si riduce semplicemente a questo: occorre che la società calcoli in partenza la somma (fisica) dei mezzi di produzione e delle sussistenze che deve, senza la minima riduzione, destinare ad imprese che durante un lungo tempo non forniranno mezzi di produzione, sussistenze, o qualsiasi effetto utile, pur togliendo alla produzione annua mezzi di produzione e sussistenze (per quelli che vi lavorano)".
Ecco il problema risolto, vuol dire il testo. E continua:
"Ma nella società capitalista, in cui la ragione sociale non si fa valere che a gioco fatto , è inevitabile che si producano senza posa le più grandi perturbazioni".
La dottrina dunque che è il contenuto di questa Seconda Sezione, è che la base principale della irrazionalità della produzione capitalista sta nella forma per aziende; quindi la rivoluzione comunista non consiste nel togliere l'azienda al padrone (lo sciupìo sociale maggiore sopravvivrebbe) ma nel distruggere il sistema aziendale di produzione, in che si identifica la distruzione della economia monetaria.
Questo Capitolo finale e decisivo della Seconda Sezione mostra dunque, oltre ai soliti sguardi possenti nel secondo e terzo momento (dinamica di insieme della società capitalista - dinamica della società comunista), nei due ultimi paragrafi, che la dissipazione dovuta alla sregolata rotazione del capitale aziendale si mostra disastrosa nelle due ipotesi: della riproduzione semplice (a plusvalore consumato) e nella riproduzione ingrandita (accumulazione del capitale), che poi come oggetto diretto della Terza Sezione elevano altro atto di incriminazione del sistema capitalistico e dimostrano altra zona della sua virulenza dissipatrice del lavoro e della vita.
La Terza Sezione
La introduzione a questo argomento nel Cap. XVIII è un chiaro riassunto della sistematica di tutto quanto precede nel senso che abbiamo qui cercato di ordinare. È descritto che ora si passa decisamente dal primo momento al secondo: "Il movimento del capitale sociale si compone della totalità dei movimenti dei capitali individuali (aziendali)". Sono descritti i due cicli sovrapposti della economia capitalista (circolazione delle merci - ciclo propriamente detto del capitale, produzione e circolazione di esso ossia del plusvalore, con limpido richiamo alle premesse del Libro I).
È non meno chiarito quanto è contenuto nella Prima e nella Seconda Sezione.
"Ma, in queste due Sezioni, non si trattava che di un capitale individuale, del movimento di una frazione autonoma del capitale sociale". Ed infine: "Si tratta ora di esaminare il processo di circolazione dei capitali individuali, in quanto elementi del capitale sociale totale, per conseguenza il processo di circolazione del capitale sociale totale".
Nel paragrafo che subito segue sulla funzione del capitale denaro, Marx anticipa la conclusione di tutta la Sezione, in quanto gli preme di denunziare anche alla scala generale sociale la nequizia della forma denaro, che il capitale aziendale e quello sociale sono costretti a prendere. Tale paragrafo sta nelle prime pagine del secondo volume (Secondo Libro) anche nella cattiva traduzione italiana, ed. Rinascita. Nessuno può avere dubbio che si balza al terzo momento, si presenta in pieno il programma rivoluzionario per la distruzione della proprietà privata e del capitale. È dichiarato che le forze naturali e il lavoro, che è una di esse, non possono essere pareggiate a denaro che per effetto della deformazione di classe. Carey disse che il proprietario terriero non riceve mai abbastanza perché gli andrebbe pagato oggi in denaro tutto il capitale e tutto il lavoro messi nel suolo da tempi immemorabili per dargli la attuale fertilità. Marx risponde che l'operaio potrebbe pretendere per salario il pagamento di tutto lo sforzo fornito nella vita del genere umano per trasformare un selvaggio in un artefice moderno. Ma che non vada pagato nulla (e sia quindi inutile la moneta) a nessun proprietario e capitalista, Marx così lo enuncia:
"Se si valuta tutto il denaro investito nel suolo e convertito in denaro a beneficio dei proprietari e dei capitalisti, esso risulta tutto rimborsato con usura e la società ha da molto tempo e a più riprese già ricomprata tutta la proprietà fondiaria (e, come è chiaro, tutto il capitale fisso)".
La fine del paragrafo spiega bene i "tre momenti", sempre come spietata requisitoria contro il mezzo monetario, e ogni calcolo monetario.
Primo:
"Nel sistema della produzione capitalista... la produzione dipende dai limiti nei quali il capitalista particolare dispone di capitale denaro".
Secondo:
"Nel sistema di produzione capitalista... bisogna determinare la misura nella quale si possono eseguire senza pregiudizio le operazioni che sottraggono mezzi di produzione e forza lavoro senza contemporaneo effetto utile (sotto pena di perturbazione anarchica e crisi come sopra visto)".
Terzo:
"Nella produzione sociale,... gli operai occupati nei settori di produzione a lungo periodo praticano i loro prelievi per un tempo abbastanza lungo e non li rimpiazzano che più tardi. Ma tale circostanza ha origine nelle condizioni materiali del particolare processo di produzione (settore industriale), e non nella sua forma sociale (forma salario, moneta e mercato)". Ed ora: "Il capitale denaro sparisce nella produzione sociale". Per l'intrigato traduttore Rinascita: "viene meno il capitale monetario". Oh poverino, correte coi sali odorosi dell'opportunismo, fatelo rinvenire!
Ma parli il programma della società comunista! Il capitale sparisce! Che fia? (che fia di noi sparito il temporale? diceva un giorno il papa a un cardinale. A lui quel cardinal, di senno pieno: - finito il temporal viene il sereno).
"Il capitale denaro sparisce nella produzione sociale. La società ripartisce la forza di lavoro ed i mezzi di produzione nelle diverse branche di industria. Poco importa che si rimettano ai produttori dei buoni che consentono loro di prelevare sulle provviste di consumo della società delle quantità corrispondenti al loro tempo di lavoro. Questi buoni non sono denaro. Essi non circolano".
Un volo audace
Rinviandosi qui all'Abaco e alle future riunioni e resoconti, ed avendo già riferito quanto di sostanziale si disse a Firenze, ci limiteremo a dare gli estremi di un brillante collegamento indicato tra due punti vitali del testo.
Dopo aver introdotto il concetto della divisione della produzione in due sezioni: strumenti produttivi ed oggetti di consumo, il testo fa il complesso conteggio degli scambi tra le due sezioni, che più volte abbiamo presentato, e che Engels indicò ad Adler come tanto importante quanto pesante a leggere; mentre la presentazione in un quadro unico "tipo Quesnay" è del tutto agevole.
Ad un certo punto del Cap. XX par. XI (chi ha l'edizione Rinascita guardi a pag.110 vol. 2) è detto: "Come la circolazione semplice delle merci non è identica al baratto degli oggetti prodotti, così le transazioni (in ambiente capitalistico) relative al prodotto-merce annuo non si riducono ad uno scambio semplice immediato e reciproco tra i diversi elementi. Il denaro vi fa una parte specifica, che soprattutto si esprime nella maniera di riproduzione del capitale fisso". Qui come spesso avviene Marx inserisce una parentesi: "(Noi vedremo più tardi che cosa risulterebbe se la produzione fosse collettiva e non avesse la forma della produzione di merci)".
Il lettore si vede davanti ad un enigma, che una volta tanto sciogliamo.
Anzitutto queste brevi parole dicono già una cosa grande:
"La produzione collettiva (socialismo, comunismo) non ha la forma della produzione di merci".
Ci vuole altro che il traduttore Rinascita, che scrive la frase sopra riportata in parentesi con questo trucco: quale quadro si presenterebbe con una produzione collettiva che non avesse (!!!) la forma della produzione di merci.
Il quadro è quello: che davanti al capitale calate come vostro solito le brache, e...
Ma lasciamo questi deviati. Il passo lo indichiamo nel Capitolo XX stesso, fine del paragrafo XI. Per Rinascita è pag.128. Siamo in Terzo Momento!
"Una volta scartata la forma capitalistica di produzione, tutto si riduce a questo. La grandezza della parte di capitale fisso da rimpiazzare in natura (il denaro è scomparso) varia anno per anno... dunque la produzione totale dei mezzi di produzione deve diminuire un anno, aumentare un altro. Per rimediare, basta una relativa sovrapproduzione, da una parte una certa quantità di capitale fisso superiore all'immediato bisogno, dall'altra in ispecie una riserva di materie prime, ecc. che sorpassi il bisogno dell'anno (soprattutto per i mezzi di sussistenza) - notiamo noi che si tratta della II sezione, perché già si è provato nel testo che nella I sezione si scambia capitale fisso e costante senza il superato mezzo monetario - una tale specie di sovrapproduzione non è che il controllo della società sui mezzi fisici della sua riproduzione. Nella società capitalista è uno degli elementi di anarchia".
Tutta questa esauriente discussione di terzo momento, come si vedrà nel seguito della nostra ricerca di partito, è data da Marx nella teoria della riproduzione semplice, e le conclusioni rivoluzionarie sono assodate prima della successiva disamina, sembrata sempre più importante, della accumulazione progressiva. Ciò costituisce un punto della maggiore importanza.
Da "il programma comunista" n. 13, 6 - 22 luglio 1960.
Note
[1] L'azienda generale del modello puro di capitalismo di stato ha come azionisti tutti i possessori di capitali che esistono nella società (ndr).
Scienza economica marxista come programma rivoluzionario
Quaderni di n+1 dall'archivio storico.
Una importante relazione del Partito Comunista Internazionale sulle "questioni fondamentali dell'economia marxista" nella quale si indaga intorno alla teoria della dissipazione capitalistica.