Scienza e rivoluzione - volume I parte II (12)
Lo sviluppo rivoluzionario della forza produttiva capitalistica, la pretesa conquista del Cosmo e la teoria marxista della conoscenza
Parte seconda
1. Mai dire mai?
La "politica" e la preoccupazione di farsi capire
Le critiche rivolte alla Sinistra Comunista sono sempre così fuori dal marxismo che riteniamo più che sufficiente una risposta attraverso il criterio consolidato e perfettamente funzionante del cosiddetto "calcio in culo". Questo metodo del tutto empirico fu utilizzato una volta da Bordiga contro un fotografo invadente e da lui fu in seguito generalizzato a ogni tipo di pedanteria (178). Nel caso della questione spaziale la materia stessa ha invece dettato le sue condizioni e abbiamo preferito approfondire tutti i temi sfiorati dagli articoli che volevamo pubblicare.
A noi non importa gran che se Bordiga ha detto che gli uomini non sarebbero mai andati sulla Luna e ancor meno che, in questa epoca fetente, ci siano andati davvero. Tutto questo non ha nulla a che fare né con la nostra convinta militanza, né con la nostra altrettanto convinta apologia del percorso rivoluzionario della borghesia e della sua scienza (come del resto ne è apologeta Marx). E questo per la semplice ragione che Luna o no, errore di Bordiga o no, la militanza rivoluzionaria di chiunque non ne viene minimamente disturbata. Abbiamo scritto intorno alla questione spaziale per continuare un lavoro che Bordiga non aveva ritenuto di approfondire e non certo per difendere il nostro vecchio e gigantesco compagno contro quattro nanerottoli che non hanno mai capito un'acca di quanto andasse dicendo. E non solo su satelliti e missili, che sarebbe ancora il meno.
Tuttavia, alcuni compagni giovani di militanza, e per questo ancora con la pelle troppo sottile (179), temendo di non essere "compresi" ritengono necessario approfondire anche argomenti apparentemente secondari, come per esempio il "mai dire mai". Quella di essere compresi è una preoccupazione sacrosanta, che però va temperata con la consapevolezza che nella lotta politica le spiegazioni hanno efficacia direttamente proporzionale alla voglia di starle ad ascoltare. Al tempo della tragedia dell'Internazionale la corrente di opposizione a Stalin procurò lavoro ai plotoni di esecuzione proprio perché non se ne fece nulla delle "spiegazioni" che la Sinistra fornì con molto anticipo. Ai tempi nostri le "spiegazioni" ulteriori sulle tragedie passate sembra non insegnino nulla e vediamo gruppi e gruppetti formarsi e disfarsi sulla base delle vecchie e dalla Sinistra criticate deviazioni opportunistiche. Non è mai la "spiegazione" a far scattare la comprensione, ma la lotta e l'adesione incondizionata ad un programma verificato nel tempo.
Piuttosto è necessario insistere sui processi della conoscenza, anche se, al di fuori di ogni battaglia fisica, questi non riescono da soli a demolire stratificazioni intuitive che l'individuo ha accumulato con la millenaria esperienza dei sensi. Di fronte all'affermazione di Bordiga "non andranno mai sulla Luna", l'Io atavico che è in noi tentenna e si aggrappa alla sola fonte di cui autonomamente dispone: la sua propria esperienza e quella dei suoi simili. Tale esperienza, specialmente di fronte ad un fatto nel frattempo avvenuto, consiglia di tener buono il detto "mai dire mai". Anche se, utilizzando questa frase, sia detto per inciso, si cade già in una bella contraddizione, mitigata solo dall'artificio retorico che la rende un po' spiritosa: si dice "mai" per dire che non lo si deve dire.
Dunque, qualche compagno trovò che la faccenda del "mai" fosse proprio "sbagliata concettualmente". Ciò è vero qualora ci si limiti ad un livello molto superficiale di osservazione, dato che ognuno incontra una quantità di casi in cui la probabilità di essere smentiti è molto alta, specialmente quando si trattino fenomeni in evoluzione. Se Bordiga non avesse pronunciato il fatidico "mai" e si fosse limitato alle critiche sulle cose del suo presente, non saremmo qui a dover rispondere su questo interessante problemino. Ma egli era un irriducibile anti-esistenzialista e non si sarebbe certamente ridotto a fotografare l'attimo fuggente dei primi Sputnik, voleva vederli in tutta la loro storia, passata e futura.
Secondo i parametri correnti, è perfettamente riconosciuto allo scienziato un atteggiamento scientifico: egli deve rimanere fedele ad un metodo non metafisico nel formulare previsioni, indipendentemente dal loro verificarsi. Invece al rivoluzionario comunista non si concede un atteggiamento analogo. L'anticomunismo vive accusando Marx di aver sbagliato le sue previsioni, è il suo paradigma. A nessun Napoleone o Giulio Cesare viene rinfacciato nulla del genere; anzi, neanche ci si ricorda più se abbia previsto o no qualcosa. Anche il politico tradizionale non viene tormentato con la storia delle previsioni: dopo la campagna elettorale nessuno si ricorda più di lui. Abbiamo il forte sospetto che vi sia un'interferenza perniciosa del mondo della politica tradizionale su quello della scienza rivoluzionaria: viene assimilato il comunista al politico tradizionale che può sparar balle quanto vuole, tanto nessuno se ne ricorderà in futuro, ma nello stesso tempo gli si rinfaccia il peccato originale di Marx, quello della previsione sballata. A nessuno viene in mente di assimilarlo ad uno scienziato, dato che il comunista, secondo quanto tutti credono, "fa politica".
Nella prassi corrente della democrazia, gli argomenti della "politica" devono solo portare consenso, racimolare voti, assecondare maggioranze. Il loro criterio di funzionalità non c'entra con la fisica ma con il risultato che si vuole ottenere, e questo si ottiene soltanto se gli argomenti "piacciono" alla maggioranza degli interlocutori. I migliori argomenti della politica corrente rappresentano il minimo comun denominatore in grado di affasciare la maggior parte della popolazione. Per questo la matematica elettorale stabilisce a priori che vince sempre il "centro", indipendentemente dalle etichette. Se non esistono etichette a disposizione, esse si formano all'interno di quelle esistenti, e statisticamente il centro vince comunque. La Sinistra Comunista "italiana", senza ricorrere alla matematica statistica, stabilì che questo mondo era semplicemente da rifiutare e distruggere, non da coltivare. La sua feroce politica antidemocratica e antiparlamentare consisteva nell'aver capito che l'opportunismo era un movimento materiale verso il centro. Chiamò sempre con sommo disprezzo "centristi" gli avversari che consegnarono il partito alla degenerazione opportunista.
Prove di verità filosofica
Anche lo scienziato è ovviamente sensibile al consenso e al successo. Ma coloro che hanno aperto strade nuove non potevano che trovarsi contro corrente e non hanno badato a dire solo cose che potessero essere accettate facilmente o a fare solo esperimenti che portassero a risultati sicuri. D'altra parte, basta provare a formulare delle alternative per capire che al di fuori di un metodo rigoroso si finisce per fare affermazioni che hanno lo stesso valore del "mai" criticato. Si può per esempio pensare che sia meglio mantenere una posizione dubbiosa, "non si sa mai"; oppure dire che sulla Luna prima o poi si andrà "di certo". In ogni caso, dal punto di vista scientifico, avremmo fatto un'affermazione dello stesso genere di quella criticata.
Una proposizione dubbia può essere controllata in modo definitivo? Se noi diciamo: "l'uomo non andrà mai su Marte", quale potrà essere la sentenza che stabilisce il giudizio di verità o falsità? Abbiamo visto che il buon senso suggerirebbe di non pronunciare il fatidico "mai", ma sia i filosofi che gli scienziati non si accontentano del buon senso, vogliono andare più a fondo.
Incominciamo dai filosofi, prendendo in esame due scuole avverse, quella dei verificazionisti e quella dei falsificazionisti (identificabili grosso modo rispettivamente con i positivisti sostenitori del principio di verificazione empirica e con i moderni seguaci di Popper che li aveva combattuti).
Secondo i verificazionisti la "prova di verità" non può esistere a priori e quindi, se l'asserzione contiene un riferimento preciso a conoscenze sicure e consolidate al momento della pronuncia, è vera fino a prova contraria. Diventerebbe infatti falsa solo nel momento in cui nuove conoscenze permettessero effettivamente all'uomo di andare su Marte.
I falsificazionisti complicano un po' le cose. Secondo loro la questione è più sfumata, in quanto il criterio di verità non sarebbe mai definitivo e si potrebbe solo indagare su di un'asserzione in base al fatto che abbia in sé contenuto scientifico o meno. La discriminazione sarebbe nel contenuto empirico: se l'asserzione è falsificabile (cioè confutabile con argomenti realistici) essa ha contenuto passibile di controllo reale e quindi può essere (non sicuramente è) scientifica; se essa non è falsificabile, ciò significa che il suo contenuto è metafisico. Per esempio l'asserzione: "L'uomo andrà su Marte per altruistici motivi umanitari dovuti al sovraffollamento della Terra" non è falsificabile; nessun viaggio marziano compiuto per egoistici motivi di interesse potrà confutare la tesi che esso sarebbe invece compiuto per motivi altruistici e filantropici (180). Se invece di fronte all'asserzione: "l'uomo non andrà mai su Marte perché i missili non sono abbastanza potenti", qualcuno tentasse di falsificarla costruendo missili appositi, saremmo di fronte ad un tentativo di falsificazione, quindi l'asserzione sarebbe vera, cioè avrebbe contenuto empirico, ovvero scientifico, sia nel caso che si riesca ad andare su Marte, sia che alla fine non ci si riesca.
Era necessario scendere per un momento su questo terreno non marxista solo per dimostrare quanto esso sia viscido e non risolutivo. Il verificazionismo, per esempio, cade in ingenuità inaccettabili, perché non tiene conto del significato di "controllo". Che cosa vuol dire infatti controllare un enunciato? Le macchine immaginarie di Einstein funzionano benissimo, sono "vere" e non hanno bisogno di controllo. D'altra parte il falsificazionismo non giunge a conclusioni. Per il falsificazionista l'asserzione "tutti i cigni sono bianchi" può essere falsificata dicendo "ho trovato un cigno nero", anche se me lo sono completamente inventato, perché è possibile, è realistico che esista un cigno nero. Quindi per lui la discriminazione è sul possibile contenuto scientifico, non sulla verificabilità, perché è scientificamente possibile che ci siano dei cigni neri, anche se nessuno ne avesse visti.
Dinamica non metafisica
Oggi l'asserzione "l'uomo non andrà mai sulla Luna" ci appare del tutto sbagliata, mentre "l'uomo non andrà mai su Marte" ci appare già incerta e seguendo il ricordato buon senso preferiremmo evitare di pronunciare il compromettente avverbio. In fondo, delle sonde automatiche su Marte ci sono già arrivate e non è da escludere che fra non troppo tempo possa essere varata una missione umana in grado di rimanere nello spazio quanto basta per andare e tornare. Invece siamo sicuri che l'uomo non andrà mai su Proxima Centauri, che è raggiungibile solo viaggiando per quattro anni alla velocità della luce. Se poi qualcuno obbiettasse che non è una distanza così impossibile, abbiamo l'asserzione di riserva, inattaccabile: siamo assolutamente sicuri che l'uomo non andrà mai su Andromeda, dato che questa volta parliamo di una galassia distante 2 milioni di anni luce.
Eppure basta riflettere un momento per accorgersi che appena due secoli fa ognuna di queste asserzioni sarebbe stata considerata identica dal punto di vista delle possibilità: l'uomo del '700 sarebbe stato assolutamente sicuro che sulla Luna o su Marte non ci si sarebbe andati mai e Andromeda non sapeva neppure che esistesse. Allora una asserzione diventerebbe vera o falsa a seconda dell'epoca in cui la si esamina?
Se un'asserzione creduta vera diventa falsa col tempo, o con qualsiasi altro criterio, e se fa parte di un gruppo di asserzioni che si comportano allo stesso modo o hanno la potenzialità di comportarsi così, cioè se tutte le asserzioni del gruppo rispondono ad un criterio invariante, allora il problema esce dal manicheo vero-falso, sì-no. Scoperta una continuità al suo interno, la serie delle asserzioni diventa omogenea: se è vera una, devono essere vere tutte o viceversa. Infatti devo scientificamente ammettere che su Andromeda, su Proxima Centauri e su Marte non ci si va con le conoscenze di adesso, così come sulla Luna non ci si andava con le conoscenze del '700, in America con le conoscenze del '300 e così via (181). Ma se il criterio non è più la dicotomia vero-falso, l'unico criterio razionale è spezzare la domanda che provoca la dicotomia e chiedersi quali sono le condizioni per avere, nella serie America-Luna-Marte-Proxima-Andromeda, la possibilità di realizzazione. Fino a Marte ci possiamo arrivare con i motori chimici, invenzione capitalistica endotermica a rendimento piuttosto scarso. Fino a Proxima Centauri no, perché la teoria borghese della conoscenza si trova in difficoltà con la fisica delle alte energie, ed emettere particelle a velocità prossime a quella della luce pone il problema della loro massa per spingere il veicolo. Se poi parliamo di Andromeda, dobbiamo rimetterci agli scrittori di fantascienza che hanno dovuto inventare l'iperspazio per muoversi a velocità superiori a quella della luce. Non riusciamo ad immaginare una società che possegga una scienza in grado di far superare la distanza di due milioni di anni luce. Più modestamente: il cervello umano non è neppure adatto a immaginare la distanza stessa.
Nella teoria marxista della conoscenza non si tratta di formulare ricette metodologiche per discernere il vero dal falso, ma di individuare quali siano i salti di fase nel processo complessivo di penetrazione dei fenomeni della natura. In tale dinamica la "periodizzazione" marxista non segue criteri di datazione per avvenimenti legati a singoli uomini (che possono esprimere individualmente concetti verificabili o falsificabili) o a singole scoperte, ma segue l'unico generale criterio del succedersi di forme economico-sociali alle quali corrispondono ben determinati rapporti di classe. La domanda è quindi: nel periodo della dominazione borghese, perché e, soprattutto, come questa classe potrebbe tentare di mandare degli uomini su Marte?
La ricerca non verte più sul "criterio di verità", ma sull'individuazione di leggi sociali che spiegano il movimento dell'umanità verso determinati traguardi. Ora, il quadro di riferimento nel quale ci muoviamo, il marxismo, fa parte della scienza che gli uomini hanno faticosamente abbozzato finora. Per confessione dello stesso Marx, l'economia politica e le leggi che regolano i rapporti fra le classi sono state studiate con gli stessi criteri delle scienze della natura. Queste scienze hanno raggiunto la loro potenza attuale sotto l'influenza di una classe un tempo rivoluzionaria, una classe che abbatté materialmente ogni ostacolo rappresentato dal passato e che su questo movimento costruì una impalcatura imponente di certezze scientifiche. Questa scienza, dice in pratica Marx, ci ha insegnato che non diremo: "forse il capitalismo morirà", perché leggiamo la sua scomparsa nelle determinazioni materiali che fanno di questo modo di produzione un freno allo sviluppo delle forze produttive, la cui potenza deve necessariamente abbattere il capitalismo affinché si possano sviluppare ulteriormente in una società nuova. Diremo: "mai il capitalismo sopravviverà a sé stesso". E' un grido di battaglia che dal punto di vista del "mai" equivale a "di certo il capitalismo non sopravviverà a sé stesso". Le rivoluzioni avanzano gridando certezze, la loro forza non poggia sul "può darsi".
Allora la frase "l'uomo non andrà mai su Marte", pronunciata nella quotidiana battaglia politica, potrà rivelarsi una fesseria smentita il mese dopo con i criteri correnti, ma il comunista che l'ha pronunciata, per nulla turbato, dirà: "adesso fateci vedere che cosa ci siete andati a fare", e insisterà passo dopo passo finché il capitalismo non sarà crepato, perché egli è sicuro che su Marte non arriverà l'Uomo con tanto di maiuscola, bensì un suo surrogato, l'appendice umana di un mare di merci che, invece di godersi una vita umana, fa il piazzista del Capitale.
Scienza alla portata di tutti
La materia può essere trattata anche senza ricorrere a criteri di carattere speculativo e anche senza ricorrere all'argomento che ci preme di più, quello della lotta per la società futura. E' sufficiente ricorrere all'epistemologia scientifica attuale, prodotto della rivoluzione borghese.
Non c'è scienza senza previsione e non c'è previsione senza legge. In scienza le leggi sono la premessa di ogni previsione che si distingua dalle congetture o dalle profezie. Ogni previsione che non sia congettura o profezia si basa su due presupposti: 1) che lo stato di cose noto sia descrivibile; 2) che la dinamica del passaggio dallo stato passato a quello futuro presenti degli elementi di regolarità da cui trarre delle leggi. Come si vede si tratta della formula generale dell'invarianza, al di fuori della quale non c'è scienza. Fatta questa premessa, occorre trarne le conseguenze.
Prima conseguenza. Ogni previsione scientifica dev'essere fatta sulla base di una conoscenza fondata, ossia a disposizione di tutti gli scienziati, partendo dal presupposto che la natura e gli eventi osservabili abbiano una struttura regolare e che essa sia indagabile. Ecco l'epistemologia rivoluzionaria che sconvolse il vecchio mondo aristotelico. Essa ha un corollario fondamentale che è questo: all'interno dell'indagine scientifica, sulla base delle conoscenze date, dev'esserci una prima distinzione fra le cose possibili e quelle impossibili, anche se questa fosse in un primo tempo arbitraria. E' la distinzione che viene citata da Bordiga in diversi scritti e che viene generalmente definita come "condizione ontologica minimale per la previsione scientifica" (182). Questa distinzione è una barriera che viene tracciata al solo scopo di essere demolita. Se non si stabilisse una certezza assiomatica per raggiungere un primo grado di certezza, non sarebbe possibile una assiomatizzazione superiore. Si dovrebbe incominciare ad intravedere qualcosa a proposito dell'esempio sulla certezza della rivoluzione: l'impossibilità di un capitalismo eterno è la possibilità del comunismo, la sua certezza, ma la barriera temporale non è conosciuta; la tracciamo noi arbitrariamente senza segnare il tempo, e ciò non intacca minimamente la scientificità del procedimento. E a proposito delle basi spaziali: il bilancio fisico dell'energia le rende impossibili quando sia anche bilancio economico. Oppure, a proposito dei viaggi lontani: il motore endotermico rende impossibile la colonizzazione di altri pianeti. Oppure una variante: è scemo mandare uomini quando possiamo sapere le stesse cose mandando robot con un bilancio energetico infinitamente minore. Con una sottovariante: quando gli uomini costano meno delle macchine (capitale costante) è del tutto capitalistico teorizzare la Shuttle con compiti di routine sub-orbitale (sotto-sottovariante: i russi hanno alimentato per 12 anni la MIR con un cargo automatico a perdere mettendo gli uomini in orbita fissa per lungo tempo).
Seconda conseguenza. Ogni previsione scientifica è condizionata. La prognosi è sempre del tipo: se si verificano certe condizioni, allora si determinerà un certo stato di cose. Ma la prognosi diventa fatto oggettivo solo quando e solo se è possibile determinare con esattezza la soddisfazione delle suddette condizioni. Finché il proiettile non diventa astronave è perfettamente legittimo asserire che con quel coso non si andrà mai sulla Luna. Le osservazioni si spostano quindi al modo di fare l'asserzione, ma qui è questione di gusti.
Terza conseguenza. Ogni previsione scientifica di stati futuri deve basarsi su di un metodo che soddisfi anche la previsione di stati passati. Non è un bisticcio di parole: quando non si conosceva l'origine di certe specie attuali, Darwin previde questa origine nell'evoluzione di specie di cui non si conosceva l'esistenza, in seguito trovate nei fossili. Quando non si conosceva l'origine del capitalismo, Marx previde la sua formazione nelle società passate con la trasformazione del denaro in capitale. In questo caso invece di pro-gnosi abbiamo una retro-gnosi. La stessa cosa succede con le orbite troppo ellittiche di Bordiga: la retro-gnosi gli fa "prevedere" il lancio di un manufatto-proiettile che va dove va.
Quarta conseguenza. Ogni previsione scientifica è legata a fatti ripetitivi. Non può esserci invarianza e quindi non può essere trovata una legge in un evento unico, ma solo in eventi che si ripetono anche se in diverse forme e circostanze. Il mondo terrestre, e anche l'universo come insieme, non conosce esempi perfetti di tale ripetitività, mentre il mondo planetario è ripetitivo con un'approssimazione tale che quasi sempre possiamo definirla esattezza. Bordiga non fece che confrontare il disordine cui andavano incontro i sistemi degli uomini con le sfere aristoteliche perfette e con le successive leggi di Newton, deducendone la previsione scientifica che sappiamo.
Quinta ed ultima conseguenza. Ogni previsione scientifica è dunque basata su leggi. Ma le leggi riguardano sistemi isolati, perché l'insieme del mondo sfugge all'indagine precisa. Che siano isolati nella realtà macroscopica (nella microscopica sembra non lo siano mai) oppure per comodità di indagine non ha importanza. Vi è sempre, quindi, un dualismo ineliminabile tra le leggi e le condizioni affinché le prime possano essere valide. Questo aspetto della scienza è quello che ci fa superare il meccanicismo positivista ed entrare nel mondo delle relazioni dialettiche, come osservato da Bordiga nei suoi appunti "filosofici". Ne risulta un grado di indeterminazione (Heisemberg qui non c'entra e l'indeterminismo nemmeno: non c'è bisogno della meccanica quantistica per distruggere il meccanicismo volgare) delle previsioni dovuto alle condizioni, per cui la certezza rimane nell'autorità della legge. La conseguenza è importante, anzi, essenziale: ogni previsione scientifica è tale quando rispetti la relazione condizioni-leggi al momento dato e non è assolutamente inficiata da un qualunque esito futuro degli eventi.
Agli americani piace tanto un concetto che chiamano serendipity. E' quando si cerca qualcosa e si trova qualcos'altro. Questo succede col fai-da-te del cosiddetto metodo sperimentale. Nel processo "serendipico" (mamma mia) non c'è struttura scientifica data. Le previsioni di Bordiga hanno invece una struttura basata su condizioni e leggi, quindi sono scientifiche e il "mai" è un optional che può essere sgradevole ma non ha nessuna importanza.
Note
(178) "La fotografia in cui avanzo si chiama quella "del calcio nel culo". Visto il fotografo che scattava corsi e gli detti un pugno, lui per salvare la macchina si volse fulmineo e fuggì; e dato che in velocità non potevo certo misurarmi non potetti che assestargli tra le risate degli astanti una classica pedata nel didietro. La fotografia finì a 'Publifoto' ove chiunque sia sufficientemente fesso la può acquistare" (Bordiga a R. C., 5 gennaio 1957). Bordiga non rispondeva mai alle polemiche. La sua assoluta insofferenza verso il luogo comune gli fece proporre per l'organo di stampa una rubrica intitolata Spaccio de la bestia trionfante, come la celebre opera di Giordano Bruno, che la scrisse appunto contro l'imperante pedanteria, saccenteria, amore per il luogo comune, cui si doveva dare "spaccio", di cui cioè ci si doveva disfare. La rubrica comparve alcune volte, poi fu abbandonata.
(179) "Mi spezza il cuore il grido di desolazione, ma il fatto più grave non è la fessificazione del titolo del giornale, bensì la lentezza con cui la vostra pelle evolve verso lo spessore di quella del rinoceronte, traguardo cui vi sospingo anche con reazioni, guarda un po', contro corrente. Dinanzi allo spettacolo che si vede da tutti i lati la consegna è: sdrammatizziamo! Mi batto in questo senso invano da decenni. Banalizziamo!" (Bordiga a B. M., 30 settembre 1952)
(180) Questo esempio e quello successivo sui cigni li abbiamo derivati dalla puntualizzazione contenuta in Poscritto alla logica della scoperta scientifica di Karl Popper, Il Saggiatore, pag. 10.
(181) Quel "e così via" rivela che vi è una serie trattabile secondo il principio di induzione matematica (che però non ha nulla a che fare col metodo induzionistico volgare di cui si parla nel primo capitolo della prima parte).
(182) Ad esempio nel seguente passo: "La grande barriera tra il Su e il Giù, il Prima e il Dopo, il Bene e il Male, la Legge e il Crimine, il Paradiso e l'Inferno, la possiamo mettere ad arbitrio sul foglio del nostro lavoro. Qui la ricerca comincia soltanto. La tradizione ci ha sempre trasmesso un risultato di ricerche gloriose, ma un risultato sempre transitorio, come se fosse una Barriera metafisica indiscutibilmente tracciata ab aeterno in quella tale posizione. Ogni volta che una barriera sacra cade, la Rivoluzione sorge e cammina. Non sputa però su quella barriera transeunte, segnata nella storia al tempo di altre Rivoluzioni" (Amadeo Bordiga, Deretano di piombo, cervello marxista, ora in Dialogato con Stalin, edizioni Quad. Int.).