Scienza e rivoluzione - volume I parte II (14)
Lo sviluppo rivoluzionario della forza produttiva capitalistica, la pretesa conquista del Cosmo e la teoria marxista della conoscenza
3. Un documento delirante
Questo articolo fa parte di una lunga serie scritta contro l'individuo Bordiga da un ex militante del Partito Comunista Internazionalista non nuovo ad attacchi personalistici di questo tipo. La serie fu "ospitata" sul periodico Battaglia comunista per quasi un anno; la parte sulla questione spaziale comparve sul n. 6 del 1961. Mettiamo i commenti in nota.
Scienza e marxismo
Caratteristica essenziale del bordighismo è uno sfrenato "attivismo" intellettuale. Alla teoria del "non c'è nulla da fare fino al 1975", epoca in cui, secondo il bordighismo, si porrà nei fatti il dilemma "guerra o rivoluzione", corrisponde la teoria opposta del "c'è tutto da fare" nel campo intellettuale. Il leonardismo, la pretesa di dire una parola originale in tutte le branche del sapere umano, è il vizio segreto del bordighismo. Il marxismo è perfettamente idoneo a sostenere la critica delle "filosofie della scienza". Restano a provarlo gli scritti di Engels e il saggio di Lenin sull'empiriocriticismo. Il bordighismo sdegna di accontentarsi di così poco (186). Utilizzare i progressi della ricerca scientifica per alimentare la battaglia critica del materialismo dialettico contro l'idealismo e le filosofie scettiche, per lottare contro la tesi reazionaria della impossibilità della conoscenza del mondo obiettivo - che poi non è altro che manifestazione della tendenza borghese a negare il valore scientifico del marxismo - non è problema che possa soddisfare "l'attivismo" intellettuale di Bordiga. Il suo smisurato orgoglio ha bisogno di ben altro. Egli pretende, adoperando solo mezzi critici, di risolvere questioni scientifiche e tecniche di ordine sperimentale, vale a dire di ricerche che sono condizionate indissolubilmente da una complessa base materiale, rappresentata da attrezzature, apparecchi speciali di misura e di registrazione, di macchine calcolatrici elettroniche (187).
Ben diverso è l'atteggiamento di Lenin di fronte alle scoperte scientifiche. Andate a leggere l'Empiriocriticismo, e osservate come Lenin fissi il campo della sua indagine. "Noi siamo ben lontani dal volerci occupare delle dottrine speciali della fisica [Lenin scrive nel 1908, cioè mentre la fisica sta gettando le basi della moderna teoria della costituzione atomica della materia]. Ci interessano esclusivamente le conclusioni gnoseologiche di certe determinate proposizioni e di scoperte note".
In parole povere, al marxista interessano soprattutto le conclusioni che dalle scoperte scientifiche si possono trarre sul terreno del problema della conoscenza, e cioè circa la questione fondamentale se la conoscenza umana si svolge secondo il principio del materialismo dialettico, che è il fondamento della teoria rivoluzionaria del proletariato, o secondo i filosofemi dell'idealismo, che è alla base di ogni dottrina reazionaria. Tale il compito del marxista. Naturalmente, se il critico marxista è esso stesso un ricercatore scientifico, uno sperimentatore, uno specialista, o che altro volete, il suo compito sarà facilitato. Anzi, una condizione favorevole per il lavoro di un marxista in sede di critica delle scienze è che sia esso stesso uno scienziato. Tutto ciò è persino ovvio. Ma non è affatto serio pretendere come fa Bordiga, di intervenire nelle questioni sperimentali della fisica, maneggiando il solo regolo calcolatore, di posare a profeta scientifico, capovolgendo le basi antiaristoteliche della ricerca scientifica, pretendendo di scoprire verità scientifiche fuori del metodo sperimentale (188).
E' accaduto così, che dall'ottobre 1957, data del lancio del primo satellite artificiale da parte dei russi, Bordiga, senza avere mai visto in vita sua un razzo, si è improvvisato super-scienziato spaziale, si è messo a trinciare giudizi assolutamente gratuiti, e, more solito, a emettere profezie. Solo la limitata diffusione di Programma comunista ha impedito alla stampa umoristica di avere sottomano una inesauribile miniera di argomenti. Con l'aria di scoprire chissà quali ascose verità, Programma comunista ha fatto severamente notare all'Accademia delle Scienze russa che... l'orbita della Luna è quasi circolare (per cui lo Sputnik, seguendo un'orbita accentuatamente ellittica, non poteva considerarsi un satellite), che la Luna percorre la sua orbita circumterrestre in 29 giorni, mentre lo Sputnik fa lo stesso ma in qualche ora (per la qual cosa lo Sputnik non era da considerarsi un gemello artificiale della Luna) ecc. ecc.
Ma, nel momento in cui batteva la riga sulle nocche dei Sedov e dei Von Braun, Bordiga sviluppava una critica qualunquista della scienza, scivolando su posizioni scettiche e agnostiche. Noi sfidiamo Bordiga a trovare un solo rigo di Marx o di Lenin nel quale si dichiari che la dominazione di classe del capitalismo comporti l'arresto della ricerca scientifica (189).
E' chiaro che è inutile cercare negli scritti dei classici del marxismo. Sostenere che la scienza possa esaurire le possibilità di scoperte equivale a dichiarare il fallimento del materialismo dialettico, equivale a darla vinta agli idealisti e agli agnostici che postulano l'impossibilità della conoscenza del mondo materiale obiettivo, o addirittura berkeleyanamente la sua inesistenza. Né Marx, né Engels, né Lenin, né altro grande teorico del movimento marxista, hanno mai sostenuto che la lotta tra il materialismo dialettico e l'idealismo non si possa combattere, mentre dura la stessa dominazione borghese.
I marxisti non si lasciano intimidire dalle scoperte degli scienziati borghesi, ma se ne servono, ad onta dei tentativi degli stessi scopritori di tentare speculazioni idealistiche, per affermare e documentare con prove materiali la giustezza del principio del materialismo dialettico. L'esempio di Engels e di Lenin che si sottopongono a gravi fatiche intellettuali per sgominare le valutazioni idealistiche delle scoperte scientifiche ci deve guidare, non il semplicismo qualunquista infantile di Bordiga che crede di sbarazzarsi della scienza borghese negandola tout court! Negare in blocco le scoperte e le innovazioni verificatesi nel campo scientifico significa, oltre che esporsi al ridicolo, rifiutare neghittosamente un lavoro di difesa delle posizioni materialistiche del marxismo, significa darla vinta ai reazionari di tutte le risme che puntano sul trionfo della "fede" sulla "ragione" (190).
E' tipico del bordighismo rinviare sine die tutte le forme di lotta proletaria. Così nel campo della conoscenza, Bordiga rinvia a dopo la presa del potere il sorgere di una scienza nuova, la lotta contro l'idealismo. Ma l'idealismo si combatte oggi, mentre dura la dominazione borghese, perché è la forza dello Stato borghese, padrone dei mezzi di espressione e di educazione sociale, che soccorre il campo idealistico (191).
Se Lenin, nel saggio sull'empiriocriticismo, parla di "grandi scoperte" commette, secondo Bordiga, un errore opportunista. Infatti Bordiga sostiene che la scienza è incapace, sotto l'imperialismo, di operare "grandi scoperte". E se qualcuno si mostra poco convinto, come non poche volte ha fatto chi scrive queste righe, Bordiga lo mette alla porta. Ma Bordiga è autore di una tesi secondo la quale la evoluzione storica del capitalismo è raffigurabile con un diagramma costantemente crescente. Tale tesi fu illustrata nella Conferenza di Roma (1° aprile 1951). L'autore tracciò il grafico sulla lavagna e lo illustrò con le seguenti parole: "Marx non ha prospettato un salire e poi un declinare del capitalismo, ma invece il contemporaneo e dialettico esaltarsi della massa di forze produttive che il capitalismo controlla, della loro accumulazione e concentrazione illimitata, e al tempo stesso della reazione antagonistica costituita da quella delle forze dominanti, che è la classe proletaria. Il potenziale produttivo ed economico generale sale sempre finché l'equilibrio non è rotto, e si ha una fase esplosiva rivoluzionaria, nella quale in brevissimo periodo precipitoso col rompersi delle forme di produzione antiche, le forze di produzione ricadono per darsi un nuovo assetto e riprendere una più potente ascesa".
Il succo di tale posizione, che giustamente si schiera contro la tesi della scomparsa graduale del capitalismo secondo la ideologia riformistica, consiste nella affermazione che, finché dura il capitalismo, la massa delle forze produttive non può che esaltarsi, cioè crescere, moltiplicarsi. Orbene, richiesto se in tale concezione trovasse posto anche la scienza, Bordiga risponde che è da escludere il progresso scientifico e tecnico.
Cioè, tutto si esalta sotto il capitalismo: la massa dei beni prodotti, dei salari reali, come l'accumulazione, la concentrazione dei mezzi di produzione... tranne la ricerca scientifica. Ma, noi domandiamo, la ricerca scientifica e le innovazioni tecniche non sono legate all'"esaltarsi" dei mezzi di produzione? Umilmente crediamo che la scienza e la tecnica non possano che avere lo stesso livello dei mezzi di produzione. Facciamo un esempio. Galileo avrebbe scoperto le macchie solari e i satelliti di Giove se la tecnica delle costruzioni ottiche non fosse arrivata al punto di consentirgli la invenzione del cannocchiale? E gli scienziati "nucleari" odierni potrebbero studiare la intima composizione della materia se la tecnica delle costruzioni di apparecchi elettrici non fosse arrivata ad un livello che permette la costruzione delle macchine acceleratrici? Insomma, per il marxismo, nei loro sviluppi, le forze produttive e le forze conoscitive (la scienza, l'arte, ecc.) non sono strettamente e indissolubilmente interdipendenti? E la scienza non è essa stessa una forza produttiva? (192) E se qualcuno crede che scienza e produzione marcino su piani diversi, non viene con ciò a riproporre l'antinomia idealistica fra "spirito" e "materia", tra "pensiero" e "azione"? Questo domandiamo a Bordiga da queste colonne, non essendoci mai riuscito in sede di colloqui personali di andare oltre poche battute, senza che Bordiga diventasse furioso.
Quale posizione avrebbe dovuto assumere il movimento internazionalista di fronte a quello che è incontestabilmente un nuovo capitolo della scienza, cioè la conquista degli spazi interplanetari a mezzo di astronavi? Noi pensiamo (non da oggi, ma da quattro anni, benché solo adesso ci riesce di esprimere liberamente la nostra opinione) che il movimento internazionalista avrebbe dovuto, anziché lanciarsi a capofitto in una sterile e ridicola negazione della evidenza, sfruttare l'accadimento per i fini della lotta rivoluzionaria sul terreno "filosofico". La conquista degli spazi extra-terrestri da parte dell'uomo è argomento formidabile da usare nella lotta contro la reazione idealistica, che tende a denigrare lo sforzo per la conoscenza del mondo obiettivo, e contro il teismo che è la forma più grossolana di idealismo. Ma il bordighismo è alla costante ricerca di argomenti che provino la condizione di "disfatta" e di "sconfitta" del proletariato. Tutto ciò che gli sembra possa suscitare nei militanti sentimenti che non siano di nera disperazione e di inerte rassegnazione, gli dà fastidio. Forse perché sa che chi non dispera male sopporta l'inazione (193).
Il militante rivoluzionario degno di questo nome non si lascia impressionare dai progressi scientifici. Non teme che il progresso della scienza offuschi le mete rivoluzionarie. Tocca se mai alla classe dominante paventare il progresso scientifico, perché, siamo all'abc, sono i paesi che hanno compiuto maggiori progressi tecnici (e la tecnica non progredisce senza progresso scientifico) che sono più maturi per la trasformazione rivoluzionaria comunista. E se così non fosse, come si spiegherebbe la necessità della NEP nella Russia rivoluzionaria? E per un'altra ragione non meno importante i rivoluzionari marxisti non temono i progressi della scienza, anzi se li augurano. Bisogna vincere quotidianamente la lotta contro la reazione idealistica che è una continua minaccia alla dottrina marxista. E tale lotta si conduce sul terreno scientifico. L'evoluzionismo darwinista, accolto da Marx sin dal suo apparire, non sarebbe restato una mera ipotesi, se un secolo di scoperte nel campo delle scienze naturali non avesse arrecato una massa schiacciante di prove?
Tale atteggiamento ci attendevamo da Bordiga, quattro anni fa, all'epoca del lancio del primo Sputnik. Ma Bordiga aveva ancora da digerire i suoi errori sullo sviluppo economico della Russia (194), sicché la sua prima reazione al comunicato di Mosca fu di scetticismo. Ancora prima di chiedersi se il lancio fosse realtà, Bordiga si chiese se i russi fossero in grado di effettuare simile impresa. Il resto è noto. Per quattro anni Programma comunista ha dovuto pubblicare una serie interminabile di articoli "spaziali" di Bordiga, che hanno disorientato molti compagni, ed esposto l'organo del partito al ridicolo. Quasi avesse alle sue spalle tutta una vita di esperimenti nel campo missilistico, Bordiga si è dato a emettere profezie, che sono state regolarmente smentite nei fatti.
Nella primavera del 1960, Bordiga scrive un articolo: Navi e Stati con piloti di paglia nel quale, con la solita sicurezza, "tiene a rapporto" scienziati russi e americani, e a ciascuno canta il fatto suo. In particolar modo si occupa della questione dell'atterraggio di una astronave. Ohibò! Quale fesso sostiene che una astronave possa atterrare? Bordiga è categorico: "La cellula pressurizzata non può ritornare senza incendiarsi nell'atmosfera, e il viaggiatore non potrà narrare il suo viaggio".
A scoprire tale verità scientifica gli è bastato il... regolo calcolatore! L'articolo appare nel n. 10 anno 1960 di Programma comunista. Verso quell'epoca, a parlare in presenza di Bordiga di teleguida da terra dei razzi, di frenaggio degli stessi ecc. c'era da rischiare la solita aggressione verbale. Orbene, in agosto i russi lanciano una astronave che atterra felicemente. Nel n. 16 di Programma Bordiga pubblica Il drammatico duello cosmico nel quale prende atto, come se giammai avesse discusso di astronavi, del successo russo.
C'è di più. A chi protestava che i successi vantati dai russi non potevano considerarsi delle vanterie propagandistiche, e adduceva l'argomento che americani e inglesi erano costretti a riconoscerli, Bordiga rispondeva tuonando che tra russi, americani ed inglesi, esisteva un sotterraneo accordo per ingannare i "fessi". Orbene, il titolo stesso dell'articolo scopre ad un tratto che russi ed americani sono impegnati in un "drammatico duello cosmico". Ma guai a fare notare a Bordiga e ai suoi fanatici sostenitori simili contraddizioni! Più commette errori, più consegna alle stampe profezie sbagliate, più Bordiga è ritenuto infallibile dai bordighisti (195).
Quale vantaggio è venuto al movimento internazionalista dalle esercitazioni dilettantistiche di Bordiga sui "voli spaziali"? Nessun vantaggio. Soltanto disorientamento e discredito. Un partito serio può tollerare che avvengano simili cose? Certamente no. Ma i bordighisti considerano il partito un affare personale. Sono sempre pronti a proclamare di essere disposti a ridursi a quattro militanti, purché non venga offeso l'idolo (196).
G. F.
Note
(186) Certamente. Come abbiamo visto Bordiga riteneva addirittura fosse necessario rielaborare l'Antidühring e la Dialettica della natura di Engels per affrontare la critica del mondo borghese alla luce delle nuove sistemazioni scientifiche dovute alla stessa borghesia, come la teoria della relatività e la meccanica quantistica. Egli non snobbava affatto queste nuove scoperte, anzi, le studiò a fondo per dimostrare come gli scopritori, impregnati del pensiero dominante, fossero costretti ad essere ideologicamente inferiori alle leggi da loro stessi scoperte.
(187) A chiacchiere son tutti bravi, ma qualche esempio pratico può aiutare a superarle. Copernico e Galileo, "adoperando solo mezzi critici" pretendevano "di risolvere questioni scientifiche e tecniche di ordine sperimentale", condizionate da una "complessa base materiale" fatta di osservatori astronomici mirabilissimi, meridiane su tutti i muri, meticolosissimi astrolabi, tavole astronomiche, millenni di osservazioni pratiche e una dottrina incrollabile, rischiando per di più anche il rogo. Newton non fece di certo esperimenti con i pianeti e non ebbe bisogno di attrezzatura speciale. Einstein adoperò i suoi "esperimenti di puro pensiero" e conoscenze consolidate per demolire definitivamente la scienza induttiva e semmai gli esperimenti diedero conferme. La deferenza e la riverenza di fronte alla potenza indiscutibile dell'avversario non è la stessa cosa di una sana capacità di valutare i rapporti di forza. Gli idolatri della tecnologia e della massa di hardware (ferramenta) capitalistica possono dire che non ne hanno nessuna soggezione, ma non ce la fanno mai a fare una politica conseguente.
(188) Queste sono pure idiozie. Marx ed Engels studiarono a fondo i risultati scientifici della loro epoca e Lenin era un divoratore di riviste scientifiche. Tutte le volte che visitava una fabbrica o un laboratorio, curiosissimo, abbandonava i compagni di partito per parlare di produzione e di macchine con gli operai e i tecnici. La storia della conoscenza ci insegna che le verità scientifiche scoperte al di fuori dell'esperienza diretta e verificate in seguito sono le più numerose e le più importanti (si capirà mai da parte di certi beceri concretisti che il metodo sperimentale introdotto da Galileo non è l'equivalente di ricerca empirica?).
(189) Marx analizza l'utilizzo della scienza che spinge alle estreme conseguenze la potenza della produzione. Basta che ci si domandi: "Per quali vie il modo di produzione diventa una catena che impedisce l'ulteriore sviluppo delle forze produttive?". Se la scienza si sviluppasse sempre, tutto il marxismo sarebbe un nonsenso e la necessità del passaggio da una forma sociale ad un'altra sarebbe una favola. Ma lasciamo parlare Marx: "Persino la pura luce della scienza sembra poter risplendere solo sullo sfondo tenebroso dell'ignoranza. Tutte le nostre scoperte e i nostri progressi sembrano infondere una vita spirituale alle forze materiali e al tempo stesso istupidire la vita umana, riducendola ad una forza materiale. Questo antagonismo fra l'industria moderna e la scienza da un lato e la miseria e lo sfacelo dall'altro; questo antagonismo fra le forze produttive e i rapporti sociali della nostra epoca è un fatto tangibile, macroscopico e incontrovertibile" ("Discorso per l'anniversario del People's Paper", Opere complete, Editori Riuniti, vol. XIV pag. 656). La natura umana è insieme vita, scienza e industria: come si può rivoluzionare la vita se non si rivoluziona il resto? E come si rivoluziona la scienza se la vita non è ancora rivoluzionata? "L'industria è il reale rapporto storico della natura, quindi delle scienze naturali, con l'uomo. Le scienze naturali, spogliandosi della loro direzione strettamente materiale, o meglio idealistica, diventano la base della scienza umana, come sono già diventate, benché in forma alienata, la base della vita realmente umana. Pretendere che esista una base per la vita e un'altra per la scienza è sin da principio una menzogna" (Marx, Manoscritti, ed. Einaudi pag. 121, ma qui riportiamo una nostra traduzione del 1975).
(190) Bordiga ovviamente non si è mai sognato di "negare in blocco" le scoperte e le invenzioni, solo che, marxisticamente, le analizzava collocandole nei periodi storici in cui avvenivano e soprattutto ne sviscerava il significato epistemologico. L'articolo di Bordiga in morte di Albert Einstein Relatività e determinismo è un inno alla scienza rivoluzionaria borghese e una argomentata critica all'indeterminismo cui essa è giunta al giorno d'oggi.
(191) Dunque sarebbe il bordighismo a rinviare tutte le forme di lotta proletaria. Non c'è bisogno di essere semiologi per sapere che la lingua è un'espressione fedelissima della concezione del mondo: parla così chi, per converso, immagina che la sua propria attività produca un'anticipazione della lotta di classe, lebbra molto comune sia fra i critici che fra i cultori del "bordighismo". La lotta contro l'idealismo non si conduce con la chiacchiera, ma molto concretamente eliminando per prima cosa dal proprio cervello simili bestialità.
(192) Qui le bestialità sono seminate in quantità industriale: 1) Galileo non inventò affatto il cannocchiale e le lenti esistevano, ed erano usate, già nel XIV secolo. 2) Keplero si intendeva di ottica, Galileo no. Ma il primo non seppe che farsene di questa conoscenza, mentre Galileo ebbe l'intuizione di usarla per puntare al cielo le sue lenti. La rivoluzione non consistette nell'uso dell'ottica, ma nella spinta sociale che fece nascere la scienza nuova e il nuovo paradigma. 3) Le macchine acceleratrici dimostrano semmai che in quel campo prima è avvenuta la scoperta di qualche principio e poi si sono realizzati gli strumenti tecnici per la verifica. In seguito l'adozione dello strumento ha permesso nuove scoperte, come le "particelle" a decadimento rapido. La storia del mesone può essere presa ad esempio: prima fu predetto (Yukawa, 1935), poi fu trovato (Lattes, Occhialini, Powell, 1947). Tutta la fisica teorica di questo secolo non ha avuto bisogno di macchine per essere fondata e tantomeno la matematica; la tecnologia è arrivata dopo. E' giusto dire che la teoria è suggerita dalla prassi, ma la dialettica ci mostra che il processo scientifico non è lineare: se l'intuizione scientifica fa scattare la prassi in campi inesplorati, come vi possono corrispondere tecnologie esistenti? Banale. Perciò le grandi scoperte scientifiche sono sempre venute prima di un loro sviluppo tecnologico, tranne, forse, la termodinamica; quest'ultima nacque dopo le macchine termiche, ma diede luogo ad un'esplosione scientifica anticipatrice di nuove tecnologie e di nuove "macchine per pensare". 4) Le forze produttive e le forze conoscitive sono interdipendenti, ma ciò non significa che questa interdipendenza abbia un meccanico effetto sulla società anche per tempi lunghissimi: come abbiamo visto, Roma antica aveva una gigantesca forza produttiva per l'epoca, ma aveva meno scienza di quanta ne avessero i Greci che ne ispirarono la cultura (nel 161 a.C. il Senato abolì le scuole scientifiche importate dalla Grecia perché "sovversive"). I Greci conobbero molto e produssero poco; i Romani conobbero poco e produssero molto. Ci volle una rivoluzione, quella portata dal mondo "barbarico" tedesco e arabo medioevale, per fondere conoscenze vecchie e dinamiche nuove; bastino pochi esempi che rivoluzionarono la società: la staffa del cavaliere, lo zero, il timone del carro, l'algebra, l'università. 5) La scienza è quindi una forza produttiva nella misura in cui è applicata, ma Bordiga nega che al livello di applicazione odierno, essa possa uscire da limiti quantitativi. Marx dice che le macchine "sono organi dell'intelligenza umana creati dalla mano umana; potenza materializzata del sapere. Lo sviluppo del capitale fisso mostra in quale misura il sapere sociale generale, la conoscenza, si è trasformato in forza produttiva immediata" (Grundrisse, ed. Einaudi pag. 718). In molti punti Marx esalta la scienza come forza produttiva o come mezzo di produzione. Ma ognuno dovrebbe sapere che il metodo marxista rivela una dinamica che non si può imbrogliare: il capitale fisso, di cui si parla diffusamente nel seguito della pagina citata, è il principale fattore di abbassamento del saggio di profitto, la cui semplice formula ci offre lo schema generale della morte del capitalismo. La principale controtendenza al calo del saggio è la diminuzione della composizione organica del capitale, ovvero un ritorno alla prevalenza della forza-lavoro. Lo sviluppo delle forze produttive libera l'umanità dal tempo di lavoro, ma il capitalismo obbliga l'umanità ad allungarlo. Basterebbe questo per dimostrare che, storicamente, il capitalismo è ormai contro la scienza. Lo crediamo bene che Bordiga di fronte a marxisti d'accatto, adoratori delle performances quantitative del Capitale, "diventasse furioso"!
(193) Gratta l'antidogmatico ed ecco che salta fuori l'attivista immediatista: sfruttare la conquista spaziale "per i fini della lotta rivoluzionaria sul terreno filosofico", questa sì che è una bella idea. Filosofia per le masse, naturalmente. Povero Marx che credeva di aver sgominato la filosofia. E povero Bordiga che, non lasciandosi impressionare dal "progresso", credeva solo di preparare dei militanti in modo che la filosofia borghese non gli imbottisse il cranio, non gli "offuscasse" la meta privilegiando inesistenti scorciatoie immediatiste.
(194) Beh, c'è da sperare che anche gli immediatisti adesso saranno convinti, guardando ai fatti russi col senno di poi e senza ammalarsi della aborrita teoria, che la Sinistra aveva ragione da vendere nel definire la Russia un paese capitalistico a tutti gli effetti.
(195) Noi fortunatamente non siamo "bordighisti" e non giuriamo sull'infallibilità di nessuno, ma ci chiediamo: questi rompiscatole adoratori dell'immediatismo, non potrebbero una volta tanto fare veramente gli immediatisti e chiedersi, con una elementare verifica sperimentale, se la storia è andata per il verso immaginato da loro, da Stalin & Company, dall'anarcume vario, o non sia invece andata realmente per il verso previsto da Bordiga?
(196) Osservare questa bella dimostrazione del fenomeno schizofrenico che colpisce coloro che sono affetti da nanismo politico (o, al contrario, sono dei grandi chiacchieroni da parlamento borghese): nello stesso momento in cui si critica il presunto discredito seminato da Bordiga sul movimento internazionalista, si adopera Bordiga per seminare discredito sul movimento internazionalista. Certa gente non imparerà mai che il comunismo non si afferma con l'esaltazione o la denigrazione della personalità dei capi. Su questo terreno non c'è differenza fra il danno provocato dagli ex bordighisti e quello provocato dai bordighisti duri e puri (e poi, che cosa sarà mai il "movimento internazionalista"?).