Newsletter numero 92, 18 aprile 2006

Farsa e tragedia

Non spenderemo troppe parole sull'ultima manifestazione schedaiola del cretinismo parlamentare. L'unico aspetto che forse vale la pena di sottolineare è la risposta all'appello berlusconiano per la compattazione delle non-classi sugli interessi precisi di chi ha qualcosa da perdere. Di fronte a ciò, il nulla. Neppure uno straccio di programma riformista da parte della coalizione centrosinistrorsa, solo le consuete litanie sui mercati che non perdonano a chi disubbidisce alle regole del Capitale. Se la farsa è stata di una rozzezza insopportabile, la tragedia di un proletariato che si confonde col "popolo" è stata peggio che mai.

1949: Pagliacciate parlamentari.

Malessere universale

Era appena spenta l'eco degli incendi francesi che in Gran Bretagna oltre un milione di lavoratori degli enti locali hanno scioperato contro le modifiche al loro sistema pensionistico. Scuole, trasporti, servizi sociali, nettezza urbana, uffici pubblici sono stati paralizzati. Contemporaneamente, di nuovo in Francia, milioni di persone, studenti, operai e cittadini, si sono mobilitate contro la legge che legalizza un'ulteriore precarizzazione del lavoro giovanile. Tre fenomeni distinti ma con la stessa radice: la spinta di masse imponenti di proletari verso un avvenire segnato dall'incertezza. Distinti, perché i giovani rivoltosi delle banlieues si sono sollevati per non aver mai avuto nulla; i lavoratori inglesi hanno scioperato per ciò che stanno per perdere adesso; i manifestanti francesi sono scesi in piazza per scongiurare la precarietà futura. Ma con la stessa radice, perché il processo che precipita i proletari nel girone dei senza-riserve totali è universale e soprattutto irreversibile. La schiavizzazione galoppante aumenta la polarizzazione tra le classi, unificando chi oggi è diviso; e il proletariato ha sempre meno la possibilità di identificarsi nei "sinistri" che credono di farsene portavoce.

1962: Evviva i teppisti della lotta di classe! Abbasso gli adoratori dell'ordine costituito!
2005: Per la saldatura di lotta e organizzazione fra precari e non

La rivolta degli invisibili

Per tre giorni consecutivi centinaia di migliaia di persone in diverse città americane (oltre 500 mila solo a Los Angeles) hanno manifestato per protestare contro il progetto di riforma delle norme sull'immigrazione clandestina in discussione al Congresso degli Stati Uniti (compreso un muro di 3.500 chilometri lungo il confine messicano) per le quali l'immigrazione clandestina sarebbe considerata felony, reato grave. Sono più di 12 milioni gli illegal aliens, quasi tutti di provenienza messicana e centroamericana (di cui 3,5 milioni in California). Proletari invisibili ma indispensabili al sistema economico, forza-lavoro senza permessi, sottopagata, fuori da ogni tutela e minimo sindacale, alla mercé dei padroni. Quasi il 10% degli occupati complessivi, usciti allo scoperto in una mobilitazione senza precedenti. Sui cartelli dei dimostranti di Los Angeles c'era scritto: "Non siamo noi che abbiamo attraversato il confine, è il confine che ha attraversato noi" o "Los Angeles è una gabbia dorata, ma non smette di essere una gabbia". Il capitalismo avrebbe bisogno solo di braccia, non di esseri umani; ma le braccia continuano ad arrivare attaccate agli esseri umani... Con le concomitanti manifestazioni di Los Angeles, New York, Chicago, Atlanta, Phoenix, San Francisco, ecc. il movimento è ora proiettato verso lo sciopero generale di tutti i lavoratori invisibili.

2001: Rottura dei limiti d'azienda (la società futura e lo spostamento dei lavoratori)

L'ennesima psicosi collettiva

Milioni di persone hanno trepidato, manifestando sdegno e rabbia, per il bambino di Parma rapito e trovato ucciso. Tommaso è entrato prepotentemente nella vita di masse che non battono ciglio di fronte ai 40.000 bambini che muoiono ogni giorno a causa della ordinaria dinamica del sistema capitalistico. Vittime senza volto, quindi inesistenti rispetto alla realtà virtuale alimentata quotidianamente da un apparato (dis)informativo senza precedenti nella storia. Il "rincretinimento" generale determinato da una vita senza senso fa il resto. Si diffonde l'impulso a fare qualcosa: appelli nel vuoto, striscioni irrazionali da mostrare allo stadio, tivù costantemente accesa per sentirsi partecipi. Si tratta della stessa logica che spinge enormi masse al funerale di un papa o ad appendere una bandiera-arcobaleno al balcone. In un sistema spersonalizzante, del quale gli esseri umani sono semplici ingranaggi intercambiabili, ogni occasione è buona per provare a non sentirsi morti da vivi.

2005: Una vita senza senso

Taylorizzazione del parto

In America ed in Europa la percentuale dei parti cesarei è in netta crescita. Significativa la differenza dei dati fra ospedali pubblici (30% dei casi) e cliniche private (fino al 70%). Sono in aumento i casi in cui si opta per il bisturi come scelta preferenziale anche quando non ci sono né pericolo per la madre o il bambino né indicazioni mediche. Di fatto l'argomento sanitario non regge: il parto cesareo garantisce sia un guadagno, dato che è un vero e proprio intervento chirurgico, sia un risparmio dato che abbrevia i tempi. In più è programmabile, e comporta un intervento di poche decine di minuti contro una media di diverse ore passate spesso nell'incertezza, con la squadra ostetrica pronta a qualsiasi evenienza, "bloccata" in maniera assolutamente anti-economica. La logica del profitto così riduce la vita a un'operazione meccanica sin dal suo primo istante, caratterizzandosi come introduzione sul mercato di una merce fra le altre.

Se le "campagne di denuncia" leniniane vengono da Hollywood...

"Le denunce politiche relative a tutte le questioni della vita sociale sono la condizione necessaria e fondamentale per educare le masse all'attività rivoluzionaria" (Lenin, Che fare?).

Nel tempo in cui le classi al potere impedivano l'informazione sulla società, avevano senso rivoluzionario le campagne politiche di denuncia. Oggi che la società stessa si specchia fedelmente nelle sue sovrastrutture cosiddette artistiche, i comunisti sono costretti ad andare oltre. La critica a questa società non basta più, deve diventare progetto per quella nuova.

L'industria del cinema ha applicato l'estrema socializzazione del lavoro prima di Taylor e Ford in quella dell'automobile ed è inevitabile che, come tutta l'industria, faccia parte del divenire sociale (e per sua natura ce lo mostri in modo più esplicito). Gran parte dei film candidati all'Oscar e premiati nel 2006 offrono nell'insieme una significativa anatomia della realtà, non solo americana. Di Good Night, and Good Luck, cronaca di prepotente attualità sulla lotta al maccartismo, abbiamo già parlato in una scorsa newsletter, ma è da segnalare anche una serie di film che va da Crash, espressione delle contraddizioni interrazziali in una metropoli moderna, a I segreti di Brokeback Mountain, demolizione del tabù omosessuale con una storia fra due cowboys; da The Constant Gardner, denuncia delle disumane sperimentazioni delle case farmaceutiche su esseri umani in Africa, a Syriana, thriller politico-economico sulla trama degli interessi internazionali del Capitale.

In particolare, Crash - Contatto Fisico (che ha vinto l'Oscar come miglior film) imbocca una strada insolita, minimalista e realista, nella trattazione cinematografica delle discriminazioni razziali. Vengono abbandonati infatti sia il cliché del razzista "cattivo" che la sua eventuale redenzione morale come lieto fine, e il razzismo è descritto come conseguenza sociale della realtà materiale. Le storie personali, che si intrecciano, hanno tutte lo stesso filo conduttore: un banale problema quotidiano genera una contraddizione esistenziale che si "risolve" nella persecuzione del diverso. Ma le determinazioni della realtà annullano le ideologie preconcette: il "persecutore" diventa anche "salvatore", così come il "buono" diventa assassino per paura… e gli indifferenti ai problemi razziali finiscono per incarnarsi nelle stesse persone di colore che tentano, chi con cinismo e chi con rassegnazione, di difendere le proprie conquiste piccolo-borghesi (carriera, status sociale, ecc.).

Più è veritiera e profonda la rappresentazione della realtà, più essa conferisce a prodotti industriali come i film il valore e il significato di quel che oggi si chiama "opera d'arte". Il criterio della definizione risiede tutto nella capacità del cinema di riflettere spesso, anche a dispetto delle intenzioni degli autori, l'impossibilità di vivere umanamente il capitalismo.

Newsletter