Newsletter numero 162, 20giugno 2010
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Pomigliano
La FIAT vende le automobili a un prezzo di produzione medio stabilito nel mondo e le fabbrica a un prezzo di costo che è specifico in ogni suo stabilimento. Da questa differenza dipende il suo profitto. Il prezzo di costo è determinato in ultima analisi da due soli fattori: dall'investimento (impianti, materie prime, tecnologia, organizzazione) e da quello della forza-lavoro. Entro il prezzo di costo il salario si può muovere ampliando o restringendo il profitto, e non esiste una legge economica che stabilisca l'ampiezza dell'oscillazione (saggio di sfruttamento): essa dipende unicamente dai rapporti di forza fra operai e capitalisti. In nessun caso il salario incide sul prezzo di produzione, possono esservi indifferentemente prezzi bassi con salari alti o viceversa. In un mondo globalizzato, in cui le condizioni di vita tendono al livellamento, i rapporti di forza fra le classi diventano decisivi per la localizzazione dell'industria, e in base a ciò i capitali si muovono determinando in quale paese gli operai saranno supersfruttati e in quali altri saranno disoccupati. La morale della favola è che ai capitalisti conviene un sacco globalizzare la produzione e localizzare le condizioni operaie. In questa situazione di indotta quanto spietata concorrenza fra proletari, la schiavizzazione diventa quasi automatica; rivendicare la localizzazione dell'industria ad ogni costo significa accettare buoni buoni quel che sta succedendo a Pomigliano, apripista di quanto andrà a succedere in tutte le altre industrie in Italia e altrove. Solo globalizzandosi alla pari dell'industria il proletariato potrebbe spezzare questa alternativa del diavolo. Ma sembra che nessuno osi più parlare di internazionalismo proletario e quindi è ovvio che la religione del lavoro nazionale produca a cottimo i suoi pretonzoli. All'oggettivo servizio dei Marchionne di turno.
1865: Marx, Salario, prezzo, profitto
Dal Belgio al Kirghizistan
Il Belgio una volta non esisteva. Esso nacque quando una parte delle Fiandre e dei Paesi Bassi ottennero l'unificazione e l'indipendenza (1839). La nuova "nazione" non fu sfiorata dalle lotte sociali del 1848, che non disturbarono quindi il fiorire dell'industria estrattiva, siderurgica e tessile. La quale produsse comunque un forte e combattivo proletariato e anche una notevole ricchezza che divenne subito finanziaria. Il partito socialista fu campione di dolciastro riformismo con a capo il "socialsciovinista" Vandervelde, ricordato solo perché fustigato da Lenin con altri suoi pari. Oggi assistiamo a una crisi generale di inefficienza degli Stati, proprio mentre essi crescono come mostruosi sbirri divoratori di ricchezza ed esaltano antiche divisioni sociali. Il Belgio, con Valloni e Fiamminghi, non ne è esente. Dovesse scomparire non piangeremmo di certo: il suo proletariato si unirebbe semplicemente ad altro più numeroso in Francia e Olanda.
La crisi incalza e in mancanza di un riferimento di classe le società si spappolano in nuovi e vecchi localismi etnici, come sta accadendo nell'inferno di violenza scoppiato Kirghizistan. Anche questa "nazione" non esisteva. Formatasi nel 1924 con la suddivisione dell'antico Turkestan dai confini indefiniti, fu ufficializzata nel 1936. Come al solito i confini tracciati arbitrariamente inclusero popolazioni eterogenee, in questo caso non tanto per etnia (il ceppo comune di Kirghizi e Uzbechi è turco, come quello degli Uiguri recentemente ribellatisi in Cina) quanto per condizioni economiche (urbani e mercanti gli uzbechi e nomadi pastori i kirghizi). In questo caso si sovrappongono interessi internazionali che fomentano una delle tante proxi wars (guerre per procura) del pianeta.
1950: Il proletariato e Trieste
Freedom Flotilla
Da quando gli Stati Uniti hanno dislocato direttamente le loro truppe in Medio Oriente, occupando l'Iraq e costruendo un po' dovunque immense basi militari, Israele sente di aver perduto importanza nello scacchiere e va in paranoia. Quella che abbiamo chiamato la borghesia più stupida del mondo incomincia ad accorgersi che sul lungo periodo sarà sconfitta. Dedicarsi al massacro gratuito ed elevare barriere non produce effetti sul campo e, anzi, rafforza i fenomeni che dice di voler estirpare. L'attacco alla flottiglia pacifista e partigianesca si è dimostrato un atto di debolezza, investendo tra l'altro i rapporti con l'ultra-nazionalista Turchia, potenza emergente che non può più tollerare di essere trattata al pari di paese del Terzo Mondo, come dichiara apertamente.
2007: L'eterna
questione palestinese
2008: L'Europa
virtuale e i nuovi attrattori d'Eurasia: la Turchia come fulcro dinamico
Il grande Risiko
Dice bene il ministro Koehler: la Germania fonda la sua potenza sulle esportazioni e perciò considera il "suo" intervento militare in Afghanistan come strumento necessario alla difesa dei propri interessi nazionali. Così è ben spiegata la presenza tedesca in quello che diventerà un crocevia dei "corridoi" internazionali delle materie prime. Il ministro è stato immediatamente silurato: la sincerità non è ammessa mentre perdura l'occupazione militare americana sul suolo tedesco. Ma la presunta gaffe diplomatica mostra chiaramente che la lingua batte dove il dente duole: le missioni militari per adesso sono sotto comando americano, ma le truppe dei rispettivi paesi, tedeschi e italiani in testa, stanno ritagliandosi zone di influenza in proprio.
1950: Il pianeta è piccolo
Rendita differenziale, appetito integrale.
La ricerca spasmodica da parte di Obama di colpevoli da mettere sotto accusa per il petrolio nel mare e la crisi in terra è un po' patetica. Non si può fare a meno del petrolio e delle banche, sono due degli strumenti principali con cui il Capitale domina il mondo. E non comanda Obama, comanda il Capitale. La BP pagherà 20 miliardi di dollari per i danni causati. Siamo seri: si tratta di rendita pari alla cinquantamillesima parte del capitale fittizio che si è fissato solo in derivati. Un niente di fronte alla potenza devastante del Capitale resosi autonomo anche grazie alla rendita che si è tramutata proprio in capitale fittizio. Finito nelle banche, le quali, avendo il monopolio del credito, godono anch'esse di una posizione di rendita.
1954: Rendita differenziale, appetito integrale.
Rosarno, Cina
Contro i suicidi-omicidi alla Foxconn (la più grande manifattura del mondo) di Shenzhen e le condizioni di lavoro alla filiale Honda di Foshan ci sono state reazioni operaie che hanno portato ad aumenti salariali locali. Ora questi aumenti potrebbero essere richiesti da strati proletari più ampi, com'è successo in un distretto industrale vicino a Shanghai, rischiando di far fuggire i Capitali esteri verso altri paesi, come il promettente Vietnam, dove la schiavitù salariata è ancora più feroce di quella cinese. Gli ex contadini divenuti operai (mingong), e ormai legati alle zone industriali senza possibilità di ritorno alle comunità originarie, sono dei veri senza-riserve che, come gli immigrati di Rosarno hanno tagliato i ponti dietro di sé. Non avendo nulla da perdere e conservando un minimo di senso sociale in ricordo delle antiche comunità contadine, sono diventati proletari combattivi, solidali e organizzati. Le migliaia di generiche rivolte che ogni anno si registrano in Cina rischiano di diventare scioperi industriali.
2005: Tessile cinese e legge del valore
C'era una volta l'anti-imperialismo nazionale...
...e c'erano l'Iraq, l'Iran, il Venezuela che cambiavano in euro parte delle proprie riserve in dollari minacciando sconquassi. Persino alcuni paesi europei convertivano alla chetichella. Il fenomeno era interessante per i risvolti sul declino del dollaro, ma "sinistri" e piccoli borghesi vari, dediti a teorie neo-socialscioviniste europeiste, plaudivano al nuovo fantomatico "asse" antiamericano. Poi venne la crisi, a mettere a nudo la realtà di riserve anti-imperialiste ancora tenacemente in dollari e di un'Europa disunita, politicamente inconsistente. Morale della favola: qualche settimana fa, la banca centrale iraniana ha annunciato la prossima liquidazione di 45 miliardi di euro in cambio di dollari e oro. Di fronte al dio denaro non c'è "grande Satana" che tenga.
1946: I problemi della moneta
Battilocchi in sedicesimo
Durante una delle ondate di puro spettacolo ad uso e consumo dei gonzi di sinistra, Berlusconi si è paragonato a Mussolini lamentando l'impotenza politica di fronte a regole costituzionali paralizzanti. I sinistri naturalmente ci sono cascati come dei merli e giù ad innalzare al cielo giaculatorie resistenziali. Il fatto è che Berlusconi ha ragione: non tanto sulle regole paralizzanti, quanto sul fatto che i politici - lui per primo - non contano niente e sono costretti a fare ciò che i "mercati" ordinano loro. Leggere al posto di "mercati": esigenze di valorizzazione del Capitale. Le costituzioni non hanno mai paralizzato nessuno, sono scritte apposta per essere stracciate quando non servono più.
1953: Fantasime carlyliane
Re-Regulation
Gli Stati Uniti, diversamente dalla cosiddetta Unione europea, si presenteranno al G20 di Toronto con una riforma finanziaria per la regolamentazione delle banche e delle società di rating già varata. In effetti la stessa deregulation di Reagan degli anni '80 non era altro che una nuova regulation imposta dallo Stato. La storia non marcia all'indietro e la campagna contro la statalizzazione è persa in partenza: il Capitale trova nello Stato uno strumento economico, politico e poliziesco troppo potente per poterne fare a meno. L'efficienza o inefficienza sociale è solo un effetto secondario.
1991: La crisi del sistema bancario americano (la deregulation reaganiana)
La tragedia e la farsa
Il ministro Tremonti ha finto qualche volta di aver letto Marx ma, sorvolando sul conflitto tra capitale e lavoro, riscopre la "solidarietà tra i vari fattori di produzione" e la "conciliazione degli opposti interessi dei datori di lavoro e dei lavoratori", ferma restando, ovviamente, la loro "subordinazione agli interessi superiori della produzione". Oops, scusate, invece di citare Tremonti (o Bersani) abbiamo citato la Carta del Lavoro fascista redatta da Bottai. Questa visione politico-economica della Seconda Repubblica è "sociale" e "nuova" come quella della Repubblica di Salò, messa subito in pratica dai resistenziali con il patto tra le "parti" che dura dal 1945. La tragedia fascista continuerebbe semplicemente in farsa se non fosse che in un caso e nell'altro ne vanno di mezzo i proletari. La fiaccolata del sì a Pomigliano è stata numericamente insignificante, ma chi l'ha voluta sa esattamente cosa vuol dire "conciliazione" alla Bottai.