Critica alla filosofia. Escursione con il metodo di Marx intorno alla teoria borghese della conoscenza e alla non-scienza d'oggi (1)
"Abbiamo tante volte gridato agli assetati del palpabile successo politico di congiuntura, che siamo rivoluzionari non perché ci bisogni vivere e vedere, contemporanei, la rivoluzione, ma perché la viviamo e vediamo oggi, come evento, per i vari paesi, per i campi e aree di evoluzione sociale, già suscettibile di scientifica dimostrazione. Le sicure coordinate della rivoluzione comunista sono scritte, come soluzioni valide delle leggi dimostrate, nello spazio-tempo della Storia".
Amadeo Bordiga, Relatività e determinismo - In morte di Albert Einstein, Sul filo del tempo, 1955.
I. Appunti epistemologici (1926-27)
Integrati con citazioni e commenti dall'Antidühring
Dalla prefazione [all'Antidühring di Engels] del 1885:
"Si trattava con questa mia ricapitolazione delle
matematiche e delle scienze naturali di convincermi anche nei particolari di
ciò su cui in generale non eravi per me alcun dubbio, che nella natura si
verificano, nell'intrico degli innumerevoli mutamenti, le stesse leggi
dialettiche di movimento che, anche nella storia, governano le visibili
accidentalità degli avvenimenti; le stesse leggi che, pur formando nella storia
di sviluppo del pensiero umano il filo di connessione e di guida, a poco a poco
vengono alla coscienza dell'uomo pensante; che per la prima volta vennero
sviluppate da Hegel in maniera sistematica, ma in una forma mistificata e che
era nostro sforzo liberare da questa forma mistica e render chiaro alla
consapevolezza in tutta la loro semplicità e validità universale. S'intende
che l'antica filosofia della natura, per quanto contenga tanto di buono e tanti
germi fruttuosi, non ci poteva bastare". [9]
E nella nota: "È molto più facile avventurarsi contro l'antica filosofia della natura insieme alla gente priva di pensieri alla Carlo Vogt, che apprezzare la sua importanza storica. Essa contiene molte inesattezze e fantasticherie, ma non più delle contemporanee teorie non filosofiche dei naturalisti empirici; e che essa contenesse anche molto senno e intelligenza si cominciò a scorgere fin dal diffondersi della teoria dell'evoluzione. Così Heackel con piena ragione riconosce i meriti di Treviranus e di Oken. Oken definisce nella sua mucosità originaria e nella sua vescichetta originaria ciò che posteriormente venne effettivamente scoperto come protoplasma e cellula. Per ciò che riguarda specialmente Hegel, egli si eleva per molti riguardi al di sopra dei suoi contemporanei empirici che credevano di aver spiegate tutte le apparenze esemplificabili quando le avevano riportate ad una forza, forza di gravità, forza di galleggiamento, forza elettrica di contatto, ecc. o, se questo non andava, ad un elemento sconosciuto: fluido-luce, fluido-calore, fluido-elettricità. I fluidi immaginari sono oggi piuttosto messi da parte, ma la mania delle forze salta fuori ancora nel 1869 nel discorso di Helmholtz a Innsbruck. Dirimpetto alla divinizzazione di Newton da parte dei francesi del XVIII secolo, di Newton che l'Inghilterra colmava di onori e ricchezze, Hegel proclamò che Keplero, che la Germania lasciò morire di fame, fu il vero fondatore della moderna meccanica celeste e che la legge di gravitazione di Newton è contenuta già in tutte e tre le leggi di Keplero; nella terza poi lo è proprio esplicitamente. Ciò che Hegel dimostra con un paio di semplici eguaglianze nella sua filosofia della natura... si trova come risultato nella più moderna meccanica matematica presso Kirchoff e sostanzialmente nelle stesse forme matematiche sviluppate per la prima volta da Hegel. I filosofi della natura stanno alla scienza della natura coscientemente dialettica come gli utopisti al moderno comunismo". [9-10, nota]
"Come più innanzi sarà svolto in questo scritto essa [l'antica filosofia della natura] mancava, specialmente nella forma hegeliana, in questo: non riconosceva alla natura nessuno sviluppo nel tempo, nessun 'uno dopo l'altro', ma solo un 'uno accanto all'altro'. Ciò era da una parte fondato sullo stesso sistema hegeliano, il quale attribuisce un processo di sviluppo storico solo allo spirito, dall'altra anche allo stato in cui si trovavano allora le scienze della natura. In questo Hegel rimane molto al di sotto di Kant, la cui teoria nebulare aveva proclamato l'origine formativa del sistema solare e la cui scoperta del rallentamento della rotazione terrestre per effetto delle maree ne aveva proclamato anche la fine. Finalmente per me non poteva trattarsi di costruire le leggi dialettiche dentro la natura, ma di scoprirle in essa e dedurle da essa". [9-10]
Engels dimostra che i recenti sviluppi delle scienze esatte passano a sostituire il metodo dialettico a quello metafisico, cita la liquefazione dei gas irriducibili, la teoria cinetica dei gas, la conservazione e trasformazione dell'energia, la teoria dell'evoluzione e della trasformazione della specie, la scoperta della cellula e dei fagociti come colpi al concetto astratto dell'individualità animale ecc.
"Erano infatti le presupposte contrapposizioni polari irriducibili e insolubili, le immutabilmente fissate linee di separazione e divisioni di classe, che avevano dato alla moderna scienza teorica della natura il suo carattere metafisicamente limitato. Il riconoscimento che queste opposizioni e suddivisioni si rinvengano sì in natura, ma solo con validità relativa, che all'opposto quella loro presupposta rigidità e validità assoluta era prestata alla natura solo per effetto della nostra riflessione, questo riconoscimento forma il punto di origine della concezione dialettica della natura. Si può giungere ad essa in quanto vi si è forzati dai dati di fatto in continuo incremento delle scienze naturali. Vi si giunge più facilmente se si pone dinanzi al carattere dialettico di questi fatti la coscienza delle leggi del pensiero dialettico. In ogni caso la scienza naturale oggi è così avanti che essa non sfugge più alla interpretazione dialettica. Essa però illuminerà questo processo se non dimentica che i risultati in cui essa compendia le sue esperienze sono concetti; che però l'arte di operare sui concetti non è innata e nemmeno contenuta nella comune ordinaria coscienza, ma ha bisogno di un pensiero efficace, il quale pensiero ha a sua volta una lunga storia basata sulle esperienze, non più e non meno della ricerca della natura per via sperimentale. Appunto imparando ad appropriarsi i risultati di 2.500 anni di sviluppi della filosofia, la scienza si libera anzitutto di ogni filosofia della natura che stia a parte, al di fuori e al di sopra di lei; e si libera pure del suo proprio limitato metodo di pensiero trasmessole dall'empirismo inglese". [12]
Il socialismo nella storia del pensiero.
- Il socialismo come movimento reale e come insieme di opinioni o vedute teoriche.
Il socialismo moderno è in primo luogo, secondo il suo contenuto, il prodotto della considerazione da una parte dell'opposizione di classe, dominante nella società moderna tra possidenti e non possidenti, salariati e borghesi; dall'altra dell'anarchia dominante nella produzione.
Ma secondo la sua forma teoretica esso si presenta al principio come una continuazione spinta più oltre con la pretesa di essere più conseguente dai principii stabiliti dai grandi illuministi francesi del XVIII secolo. Come ogni nuova teoria essa deve anzitutto collegarsi al precedente materiale di pensiero per quanto le sue radici giacciano nei fatti economici.
- In questo secondo aspetto per ora ci interessa.
- Come tale non è un sistema di opinioni in materia puramente politica o anche economico sociale, ma una concezione integrale del mondo in tutti i suoi aspetti e in tutte le sue parti.
- Rapporti e differenze tra la concezione socialista e le fondamentali scuole filosofiche del passato:
- l'antica filosofia cosmologica greca;
- l'idealismo greco;
- la scolastica cristiana;
- il periodo del rinascimento scientifico;
- l'empirismo inglese;
- la filosofia idealistica tedesca;
- l'illuminismo francese;
- il positivismo dell'Ottocento;
- il neoidealismo e il neospiritualismo recente;
Gli illuministi respingevano ogni autorità e sottoponevano tutto alla critica della ragione. "Il mondo fu messo sulla testa". Critica di tale natura teorica: la sua pretesa universalità si riduceva alla verità, alla giustizia, all'eguaglianza borghese. Gli illuministi ignoravano la spiegazione classista del movimento che rappresentavano. Apparendo, oltre alla feudalità e alla borghesia, il proletariato, sorge una sua ideologia nell'utopismo. [16]
Gli utopisti vanno più innanzi degli illuministi volendo estendere l'applicazione della ragione, della giustizia e dell'uguaglianza oltre che ai rapporti giuridici e morali anche a quelli economici. Anche essi non sanno di parlare a nome di una classe e di proporre rivolgimenti resi necessari dal grado di sviluppo storico e credono che solo motore sia la rivelazione della verità. Il socialismo quindi appare come l'espressione dell'assoluta verità, ragione e giustizia che erano soltanto da scoprire. [17]
Intanto a fianco e di fronte alla filosofia francese del XVIII secolo era sorta la nuova filosofia tedesca e aveva trovato in Hegel conclusione. Il suo più grande merito fu il raccoglimento della dialettica come la più alta forma di pensiero. Gli antichi filosofi greci erano tutti dialettici nati e la testa più universale tra loro, Aristotele, aveva anche già cercato le forme essenziali del pensiero dialettico. La filosofia moderna, all'opposto, sebbene anche in essa la dialettica avesse luminosi rappresentanti (ad es. Descartes e Spinoza) era, specialmente per effetto dell'influsso inglese, sempre più inoltrata nella cosiddetta maniera di pensare metafisica, da cui anche i francesi del XVIII sec. erano quasi esclusivamente dominati, almeno nei loro lavori specificamente filosofici.
Tuttavia essi erano in grado di produrre, all'infuori della filosofia propriamente detta, capolavori di dialettica; noi ricordiamo soltanto Il nipote di Rameau di Diderot e la trattazione sulle Origini della ineguaglianza tra gli uomini di Rousseau. [19]
Una esatta rappresentazione dell'universo, del suo sviluppo e di quello dell'umanità, così come del riflesso di tale sviluppo nella testa degli uomini, può essere costruita soltanto per via dialettica con continuo riguardo alla vicenda generale del divenire e del trapassare, alle trasformazioni che procedono innanzi o indietro. E in questo senso si avanzò presto la nuova filosofia tedesca. Kant aprì la sua carriera col risolvere lo stabile sistema solare di Newton e la sua eterna durata, una volta dato il famoso primo impulso iniziale, in un processo storico, cioè nella formazione del sole e di tutti i pianeti da una massa nebulosa in rotazione. Da ciò trasse, egli già, la conseguenza che insieme a questa formazione anche la futura dissoluzione del sistema solare fosse necessariamente data.
Le sue vedute vennero mezzo secolo più tardi, per mezzo di Laplace, fondate matematicamente, e ancora mezzo secolo più tardi lo spettroscopio rivelò l'esistenza di simili masse luminose di gas, a vari gradi di condensazione, in tutto l'universo. [22]
"Questa nuova filosofia tedesca trovò la sua conclusione nel sistema di Hegel, nel quale per la prima volta, e questo è il suo più grande merito, l'intero mondo naturale, storico e spirituale è rappresentato come un processo, cioè inteso come in continuo movimento, cambiamento, trasformazione e sviluppo, e viene fatto il tentativo di mostrare la connessione interna in questo movimento e sviluppo. Da questo punto di vista la storia della umanità non appare più come un disordinato intrico di atti di forza senza motivo, tutti riprovevoli dinanzi alla cattedra dell'oggi raggiunta ragione filosofica, e che bisogna al più presto possibile dimenticare, ma come il processo di sviluppo dell'umanità stessa di cui diviene compito del pensiero il seguire i molteplici stadi attraverso tutti gli erramenti e lo scoprire attraverso tutte le apparenti accidentalità l'interna suscettibilità di leggi.
Che Hegel non abbia assolto tale compito è qui indifferente. Il suo merito, che fa epoca, fu di aver posto il problema. Si tratta poi di un compito che nessun singolo avrebbe potuto assolvere. Sebbene Hegel con Saint Simon fosse la testa più universale del suo tempo, tuttavia egli era limitato in primo luogo dalla estensione, necessariamente circoscritta, della sua propria conoscenza, ed in secondo luogo dalle conoscenze e concezioni della sua epoca, anche esse limitate in estensione e profondità. A ciò si aggiunge un terzo motivo. Hegel era idealista, cioè per lui i pensieri della sua testa non valevano come le immagini, più o meno astratte, delle effettive cose e processi, ma all'opposto, le cose e il loro sviluppo valevano soltanto come le immagini determinate dalla 'idea' preesistente in quel luogo al mondo stesso.
Con ciò tutto era collocato sulla testa e l'effettiva connessione del mondo del tutto capovolta e, per quanto correttamente e genialmente parecchie connessioni particolari fossero state afferrate da Hegel, tuttavia per i detti motivi tutto doveva anche in dettaglio restare rabberciato, artefatto, deformato, in breve capovolto. Il sistema di Hegel come tale era un colossale aborto, ma anche l'ultimo di quella natura". [23]
- Metodo di alettico e metodo metafisico. Il socialismo tratta infatti della storia e dell'economia con metodo scientifico, a che cosa per esso si riduce la filosofia.
Esposizione della differenza tra il metodo dialettico e quello metafisico: questa considerazione (dialettica) originaria, ingenua ma in realtà corretta del mondo, è quella della vecchia filosofia greca ed è per la prima volta chiaramente enunciata da Eraclito: tutto è e non è, poiché tutto scorre, e in eterna trasformazione, in eterno divenire e trapassare...
I principii del metodo erano buoni: occorreva però il materiale di conoscenze positive da chiedere alla ricerca della natura:
"Gli inizi della esatta ricerca naturale si trovano dapprima presso i greci del periodo alessandrino e si svolge più tardi, nel Medioevo presso gli arabi, però una effettiva scienza naturale data dalla seconda metà del XV secolo. E da questo punto in poi essa progredisce con velocità sempre crescente". [20]
Tuttavia la ricerca svolta per 400 anni con risultati grandiosi ha lasciato l'abitudine a registrare i risultati con metodo metafisico.
"E poiché, come accadde per opera di Bacone e di Locke, questo modo di vedere fu trasportato dalla scienza della natura nella filosofia, essa formò la specifica limitatezza dell'ultimo secolo, cioè la maniera di pensare metafisica". [20]
- Linea maestra della scuola marxista nell'aspetto teorico.
- Deviazioni e revisionismi.
- Incompatibilità teoretiche.
Le tesi caratteristiche del marxismo:
- Il determinismo economico.
- La teorica del plusvalore.
- La teorica del partito di classe e dello stato.
Epistemologia - Critica alla filosofia
I dati "a priori" e la teoria della conoscenza [33]
- Mondo e pensiero.
- La matematica e la logica non sono costruzioni interne dell'intelletto, ma risultati dell'esperienza.
Dal capitolo IV - Schematizzazione del mondo [39]
- Monismo e dualismo.
- Spiritualismo: esistenza di Dio.
Secondo Dühring "l'essere che tutto abbraccia è unico". [39] Con ciò vuole schierarsi contro la doppia natura dell'essere: materia e spirito – al di qua e al di là. Egli sostiene l'identità dell'essere e del pensiero. Con ciò però non fa che ripetere Hegel (confrontare con la ben diversa scuola positivista di Ardigò che pur parla di realtà psico-fisica come punto di partenza). Gli spiritualisti potrebbero rispondere:
"Anche per noi il mondo è semplice, la divisione al di qua e al di là esiste solo per il nostro specifico punto di vista terreno, da peccato originale: in sé e per sé, cioè in Dio, l'essere totale è unico… Il comico della cosa è che Dühring per dimostrare in base al concetto dell'essere la non esistenza di Dio, applica la prova ontologica dell'esistenza di Dio. Questa suona: se noi pensiamo Dio lo pensiamo come l'insieme di tutte le perfezioni. All'insieme di tutte le perfezioni appartiene anzitutto l'esistenza perché un essere privo di esistenza è necessariamente imperfetto. Dunque dobbiamo annoverare tra le perfezioni di Dio anche l'essere, dunque Dio esiste. Proprio così ragiona Dühring: se noi pensiamo l'essere, noi lo pensiamo unico. Ciò che si raccoglie in un concetto unico, è unitario. Quindi se l'essere non fosse unitario non corrisponderebbe al proprio concetto. Per conseguenza deve essere unitario. Per conseguenza Dio non esiste, ecc. … L'unità del mondo non consiste nel suo essere sebbene il suo essere sia un presupposto della sua unità, poiché il mondo deve prima essere per poter essere unico. L'essere è soprattutto una questione aperta al di là delle frontiere a cui si estende il nostro orizzonte. L'effettiva unità del mondo consiste nella sua materialità, e questa è dimostrata non a mezzo di un paio di giochi di parole, ma attraverso un lungo sviluppo della filosofia e della scienza della natura". [41-42]
Confrontiamo lo schema di Dühring con Hegel.
"Anche Hegel comincia la logica dell'essere, l'essere si pone così come il nulla. Da questo essere nulla viene fuori il Divenire, il cui risultato conduce all'essenza, cioè una più alta forma dell'Essere. L'essenza conduce alla qualità, la qualità alla quantità. Così pure in Dühring". [43]
"Dal Sein [essere] Hegel viene al Wesen [essenza, sostanza], alla dialettica. Qui egli tratta delle determinazioni riflessive, e delle loro interne contrapposizioni e contraddizioni come ad es.: positivo e negativo. Quindi viene alla causalità o rapporto di causa ed effetto e conclude con la necessità. Non altrimenti Dühring. Egli filosofa nella gabbia dello schematismo delle categorie hegeliane". [44]
Dal capitolo V - Filosofia della natura. Tempo e spazio [44]
- Tempo e spazio.
- Questione dell'infinità dello spazio e del tempo.
- Pretesa di considerare contraddittorio e falso ciò che non è pensabile.
- Serie infinita dei numeri e suo doppio senso.
- Applicazione agli istanti di tempo e ai punti dello spazio.
- In che soccorra la dialettica in questa questione.
Sempre in accordo con Hegel, all'Essere viene attribuita [da Dühring] l'Infinitezza, ed ora si cerca cosa sia questa Infinitezza.
"La più chiara immagine di una infinitezza da pensarsi senza contraddizioni è l'illimitato accrescersi dei numeri della serie numerica. ....Questa infinitezza correttamente pensata ha per altro solo una singola forma fondamentale ed unica direzionale. Se anche è possibile al nostro pensiero il concepire un'opposta direzione dell'incremento dei numeri, tuttavia questa infinità, procedendo all'inverso, è soltanto una rappresentazione inconsiderata". [45]
"La prima conseguenza che viene tratta da questa concezione dell'infinitezza è che la catena di causa ed effetti del mondo deve una volta aver avuto un principio... La seconda conseguenza è 'la legge del numero determinato; l'accumularsi di una qualche maniera reale di identiche identità è pensabile come formazione di un numero determinato'. Non solo il numero dei corpi celesti in un dato istante deve essere determinato in sé stesso, ma anche quello di tutte le minime particelle di materia per sé stanti nell'universo. Ogni effettiva suddivisione ha sempre una determinatezza e deve averla se non si vuole introdurre la contraddizione dell'innumerevole numerato". [45-46]
Così per il numero delle rotazioni della Terra intorno al Sole e per ogni minimo processo naturale. Il tempo stesso considerato diviso in parti deve comprenderne un numero finito, quindi deve avere un principio... Dühring si vanta con ciò di avere illuminata definitivamente la questione, e per la prima volta. Ma Engels gli contrappone un brano di Kant del 1781, in cui questi dimostra la tesi: il mondo ha un principio nel tempo ed anche secondo lo spazio è racchiuso tra frontiere. Ciò è detto da Kant 'prima antinomia della ragion pura'. A Dühring appartiene solo la scoperta della frase 'legge del numero determinato'. [46-47]
Kant però non pone quella tesi come suffragata dalla sua dimostrazione: all'opposto egli dimostra nella pagina successiva la tesi opposta che il mondo non può avere né principio né fine. Dalla dimostrabilità dei due opposti Kant deduce la insolubile contraddizione che gli dà la prima antinomia suddetta. Engels risolve così la cosa: per quanto riguarda lo Spazio, è inapplicabile la serie infinita dei numeri che corrisponde ai punti di una linea in una delle due possibili direzioni. Ma lo Spazio è infinito in ogni senso, e per rappresentarne i punti numericamente, occorrono almeno tre direzioni diverse e ciascuna con la doppia serie infinita positiva e negativa. Lo stesso Dühring, il quale si scaglia contro il misticismo matematico di Gauss (che non voleva contentarsi di tre dimensioni), in fondo al suo ragionare ammette sei dimensioni per lo spazio. [48]
Passando al tempo, la linea o serie di unità senza fine da entrambi i lati ha un certo senso applicabile. Se però noi poniamo il tempo come contato da uno in poi, allora noi presupponiamo che il tempo abbia un principio, ossia presupponiamo ciò che Dühring pretende di dimostrare. Bisogna invece ammettere che l'uno della serie non è che un punto scelto sulla linea a nostro arbitrio. [49]
Dühring ammette che "prima" del principio del tempo vi era l'assenza di trasformazioni e mutamenti. Ma se il mondo traversò questo stadio di immutabilità, chi ne lo trasse? Solo una spinta proveniente da fuori dal mondo. Ed eccoci a Dio, che Dühring pretendeva avere eliminato. Il signor Dühring dice "Dove la grandezza sopravviene ad un elemento costante dell'essere, essa resterà immutata nella sua determinatezza. Ciò vale per la materia e per la forza meccanica". [51]
È un gioco di parole: dove la grandezza non cambia, essa resta la stessa. Queste sono cose vecchie (conservazione della materia e della energia, non forza). Ma si chiede che ne era della forza nello stato di immutabilità? Malgrado il suo arrabattarsi Dühring non riesce a spiegare come dallo stato di immutabilità si passi a quello del moto della forza e del mutamento, cosa che presuppone il cosiddetto atto creativo.
Dal capitolo VI - Filosofia della natura. Cosmogonia, fisica, chimica [54]
- Origine dell'universo, teoria di Kant.
- Accennare le più recenti ipotesi cosmogoniche che tengono conto non solo della gravitanza e del calore, ma delle energie intra-atomiche e della teoria elettrica della materia.
- Relatività del movimento, della quiete e dell'equilibrio.
- Energia di movimenti e di posizioni.
- Perché la relatività è dialettica.
- Teoria di Einstein.
- Teoria della termodinamica.
- Dati moderni sulla conservazione della materia e dell'energia e sugli elementi chimici.
La rappresentazione iniziale del mondo alle sue origini era per i filosofi ionici uno stato di confusione e miscela della materia (caos). Dopo Kant si ebbe l'idea della nebulosa originaria a cui si applicarono poi le teorie fisiche ed in ispece quella meccanica del calore. La teoria di Kant introduce per la prima volta il concetto storico nel mondo fisico e nel cielo finora concepito come immutabile. Dühring sembra ammettere la nebulosa primitiva di Kant ma trova tale concetto insufficiente finché non sia dato il sistema meccanico in essa vigente. Egli vuole risalire più oltre: ad uno "stadio del mezzo universale" in cui si verifica "l'unità della materia e della forza meccanica". [56] Dühring ama chiamare questa una formula logico-reale. Quindi non appena l'unità di materia e forza cessa, comincia il moto. [56]
"La formula logico-reale non è che un tentativo zoppicante di utilizzare per la filosofia della realtà le categorie hegeliane dell'in sé e del per sé. Nell'in sé consiste, secondo Hegel, l'identità originaria delle contraddizioni nascoste e non sviluppate in una cosa, in un processo, in un concetto; nel per sé interviene la distinzione e separazione di questi nascosti elementi e comincia il loro conflitto. Noi possiamo dunque rappresentarci lo stadio originario e immobile come unità di materia e forza meccanica, e il trapasso al moto come divisione e contrapposizione di entrambe. Ciò che noi abbiamo guadagnato con questo non è la dimostrazione della realtà di quel fantastico stadio originario, ma soltanto questo, che si può intenderlo sotto la categoria hegeliana dell'in sé, come si può intendere l'altrettanto fantastico suo cessare sotto quella del per sé. Hegel, aiuto!". [56-57]
Anche questa unità originaria di forza e materia, questo stato né statico né dinamico di Dühring, non spiega come se ne potesse uscire senza la spinta dall'esterno, senza Dio.
"Prima di Dühring i materialisti parlavano di materia e movimento; egli riduce il movimento alla forza meccanica come alla sua pretesa forma fondamentale, e con ciò si rende impossibile di comprendere l'effettiva connessione tra materia e movimento, ciò che d'altronde non era chiaro a nessuno dei materialisti passati. Oggi tuttavia la cosa è abbastanza semplice. Il movimento è la maniera di essere della materia. Mai in nessun posto vi è stata e potrà esservi materia senza moto". [57]
Ogni quiete e ogni equilibrio sono solo relativi. Il movimento è altrettanto increabile e indistruttibile quanto la materia, ciò che Descartes esprime con la costanza della quantità di moto esistente nel mondo. La concezione di uno stato del mondo senza movimento è assolutamente senza senso. Dall'astronomia il nostro filosofo della realtà passa alla meccanica e alla fisica, e si lagna che la teoria meccanica del calore in una generazione dalla sua scoperta non si sia essenzialmente spinta più innanzi da quando Mayer la elaborò, che la cosa inoltre sia ancora molto oscura...
Dühring si lagna che in essa non sia chiaro il passaggio dalla statica alla dinamica. Questo passaggio è abitualmente noto nell'urto dall'esterno. Esempio della pietra lanciata in alto e colà rimasta. La quantità di energia è misurabile nei due casi... Sempre però in senso relativo ecc.
Quiete ed equilibrio sono sempre relativi ecc. Questa relatività si concepisce bene in modo dialettico mentre è una contraddizione per la metafisica di Dühring. Da buon metafisico egli dapprima apre tra movimento ed equilibrio una voragine che in realtà non esiste e quindi si stupisce di non poter gettare un ponte su questa voragine da lui stessa fabbricata. Egli può ben inforcare il suo metafisico Ronzinante e andare a caccia della kantiana "cosa in sé", poiché in conclusione è questo e null'altro l'introvabile ponte.
Secondo Dühring il calore latente è rimasto una difficoltà per la teoria meccanica del calore. Calorie di fusione e di vaporizzazione ecc.
La quantità di calore corrispondente si trasforma in lavoro meccanico ecc. Non esiste la difficoltà lamentata da Dühring ma si tratta solo di trasformazioni dell'energia che si spiegano benissimo, mentre ciò che non si spiega è il trapasso dello stato di immobilità dühringhiano al movimento, al divenire ecc.
Dühring viene alla chimica e ci regala tre leggi:
1) la sostanza di quantità della materia totale;
2) quella di ciascun elemento chimico;
3) della forza meccanica.
Cose già note a cui Dühring affibbia soltanto nuove etichette come quella di "leggi d'inerzia". [63]
Accennare ai dati recenti sulla trasformazione degli elementi, su quella di massa in energia, chiarire la differenza tra moto, forza meccanica ed energia, ecc.
Dal capitolo VII - Filosofia della natura. Mondo organico [63]
- Carattere del trapasso da un gruppo all'altro di fenomeni.
- Teleologia nel mondo organico (vitalismo e meccanicismo).
- Darwin e la trasformazione della specie.
- Adattamento, lotta per l'esistenza, selezione naturale, ereditarietà.
- Origine delle specie.
- Confini tra mondo animale e vegetale, organico e inorganico.
- Origine della vita.
"Dalla meccanica delle forze e degli urti fino al collegamento delle sensazioni col pensiero corre una unica ed unitaria serie di stadii intermedi".
Il sig. Dühring se la cava con poco. D'altra parte quella assicurazione è vera solo a metà, almeno finché non viene completata attraverso la ben nota linea di nodi hegeliani. Il passaggio da una forma di movimento ad un'altra resta sempre un salto, una svolta decisiva. Così dalla meccanica dei corpi celesti a quella delle piccole masse, come dalla meccanica delle masse a quella delle molecole (fisica) e a quella degli atomi (chimica); e ancora di più è il caso per il trapasso dalle ordinarie azioni chimiche al chimismo dei corpi organici che noi chiamammo vita.
"All'interno della sfera della vita i salti divengono sempre più rari ed irrilevanti. Così è sempre Hegel che deve giustificare il sig. Dühring. Il trapasso concettuale al mondo organico offre al sig. Dühring il concetto di scopo. Ciò è di nuovo preso a prestito da Hegel che nella logica 'dottrina del concetto' per mezzo della teleologia o dottrina del fine, passa dal chimismo alla vita". [64]
Ci porterebbe troppo lungi il ricercare qui in quanto sia giustificata l'applicazione dei concetti di mezzo e di fine del mondo organico.
"In ogni caso anche l'applicazione dell'hegeliano scopo interno, cioè di uno scopo che non è importato nella natura attraverso un terzo che agisce di proposito come la scienza della previsione ma che sta nella necessità stessa della cosa, può condurre, presso persone che non sono filosoficamente ben preparate, ad una distinzione inconsiderata di azioni coscienti e premeditate". [64]
Dühring, che se la piglia con ogni spiritualista, dipinge una natura che pensa, che vuole e che provvede coscientemente; siamo ad un altro ponte, quello dal panteismo al teismo. Tutto ciò che sa dire sono fulmini contro i trattati oscuri del darwinismo.
"Prima di ogni altra cosa viene rimproverato a Darwin di aver trasportato la teoria della popolazione di Malthus dalla economia nella scienza naturale, di essersi imbarazzato nella rappresentazione dell'allevatore di animali, di aver svolto una semipoesia antiscientifica con la sua lotta per la vita, e che l'intero darwinismo, toltone ciò che era stato preso da Lamarck, sia un pezzo di brutalità rivolta contro l'umanità. Darwin aveva portato dai suoi viaggi scientifici la veduta che le specie degli animali e delle piante non siano stabili ma mutevoli. Per proseguire e per seguire in patria questo pensiero non gli si offriva terreno migliore di quello dell'allevamento degli animali e delle piante. Perciò il miglior terreno è l'Inghilterra". [65]
Darwin constatò che si producono artificialmente trasformazioni più notevoli di quelle che bastano a distinguere due specie. Darwin cercò quali cause nella natura potevano sostituire l'intervento dell'allevatore. Trovò tali cause nella sproporzione tra il numero immenso dei germi offerti dalla natura e quello limitato degli organismi giunti a pieno sviluppo. [65-66]
Di qui una concorrenza, una lotta per la vita. A prevalere in questa lotta servono certe proprietà di forza e di resistenza che tendono a trasmettersi ereditariamente (selezione naturale, sopravvivenza del più adatto). Se anche Darwin dice che la sua teoria della lotta per la vita corrisponde a quella di Malthus applicata all'intiero mondo animale e vegetale, per quanto grossa possa essere la svista, ciò non prova che la lotta per la vita abbia bisogno per essere dimostrata degli insegnamenti di Malthus. E come la legge dei salari conservò i suoi valori, malgrado il fallimento degli argomenti malthusiani su cui Ricardo la basò, così è per il darwinismo.
Dühring interpreta la lotta per la vita non come una resistenza all'ambiente, comune anche alle piante e ai pacifici erbivori, ma come la gara nel predare il nutrimento con lotte sanguinose. Di qui l'accusa di brutalità che porta la quistione da un terreno scientifico su quello morale del tutto errato. Dühring accusa Darwin di trarre le sue trasformazioni e differenze dal nulla. Ma Darwin fa astrazione dalle cause che nel singolo individuo producono i mutamenti fisiologici: la sua scoperta consistette nel sistemare e spiegare gli effetti. Le cause sono oggi in parte ignote e in parte note in modo generale. (Qui ricordare i recenti studi sulla ereditarietà ed embriologia di Mendel ecc.)
Haeckel si spinse innanzi nello spiegare le trasformazioni delle specie come risultato delle influenze scambievoli tra adattamento ed ereditarietà, rappresentando l'adattamento come l'aspetto del processo che trasforma, l'ereditarietà come quello che conserva.
Anche ciò non piace a Dühring. Egli pretende che parlare di adattamento per la pianta che si spinge verso la luce sia una aberrazione spiritualistica. Ora la scienza dell'evoluzione constata nell'adattamento un fatto materiale, non un'intenzione cosciente della pianta, della bestia, o chi per essa.
Dühring interpreta alla rovescia l'ereditarietà.
Darwin non dice che tutte le specie hanno avuto origine da un solo primitivo individuo, ma da alcuni pochi esseri.
Haeckel ammette un germe originario per le piante, uno per gli animali e un certo numero di germi indipendenti da entrambi.
Non è giusto rimproverare Darwin di essersi fermato dove lo condusse il filo delle discendenze (stirpi). La scienza non offre ancora soluzione al problema dell'origine della vita e non indica come dagli elementi chimici si formi il protoplasma vivente (risultati moderni sulle forme di trapasso tra mondo organico e inorganico ecc.).
Deve notarsi che non si menoma il merito di Lamarck se si attribuisce a Darwin quello di aver dato l'impulso fondamentale alla scienza biologica moderna: sorsero dopo Lamarck l'embriologia e la paleontologia e con i loro risultati concordanti servirono di base alla teoria di Darwin.
Altre critiche a Dühring, che ammette una selezione ma come fatto secondario e la vorrebbe chiamare composizione.
Dal capitolo VIII - Filosofia della natura. Mondo organico (conclusione) [73]
- Biologia.
- La cellula come elemento dei corpi organizzati.
- Questioni della definizione della vita.
- I corpi albuminoidi, la loro composizione chimica e la vita.
- Trapasso dal vegetale all'animale.
- Sensazioni e sistema nervoso.
- Ricambio, accrescimento, movimento ecc.
Rilevare che, nel rimproverare a Dühring di parlare di atomi che gravitano, Engels afferma che gli atomi notoriamente non esistono per la gravitazione o per altre fisiche e meccaniche forme di movimento, ma solo per le azioni chimiche. Su tutto ciò vanno richiamati dati più recenti sulla chimica e sulla fisica.
Dühring mostra di avere scarsissima conoscenza di questioni biologiche.
"Tutti i corpi organici, ad eccezione degli infimi, sono costituiti da piccole vescichette di protoplasma con un nucleo interno, visibili solamente per mezzo di forti ingrandimenti; normalmente la cellula sviluppa anche una membrana esterna e il contenuto è più o meno fluente. I più piccoli corpi cellulari consistono in una sola cellula. L'enorme maggioranza degli esseri organici è pluricellulare ossia formata da un complesso di molte cellule che, ancora simili tra loro nei bassi organismi, ricevono presso i più elevati forme, raggruppamenti e funzioni sempre più diversi". [73-74]
Così dall'ameba all'uomo, dalle piccole desmidiacee alle piante più sviluppate, è lo stesso il modo di incremento delle cellule: per scissione.
L'autore descrive la riproduzione per scissione. Anche qui richiamare dati più recenti. Così dal germe dell'uomo animale si sviluppa l'essere completo (teoria moderna sui cromosomi ecc.).
Secondo Dühring si può parlare di vita quando si è dinanzi alla circolazione degli elementi attraverso canali ecc. Se così fosse dovremmo dichiarare morto tutto il mondo dei protozoi perché non vi è articolazione e così per tutti gli organismi elementari. Nessuno può definire la vita come ogni organizzazione alla cui base stia un tipo semplice. Se questo tipo è la cellula, non sarebbero viventi organismi che stanno al di sotto delle cellule perché si riducono a pezzi di protoplasma (protoamebe).
Copiando ancora Hegel, Dühring afferma che la sensazione connessa alla esistenza di un sistema nervoso è ciò che distingue l'animale dalla pianta. Egli accenna agli esseri che si è indecisi a classificare tra le piante o gli animali, ma gli basterebbe ricordare le piante sensibili e divoratrici d'insetti. Dühring poi pretende che non ci sia sensazione senza un apparato nervoso ecc. Egli tenta ancora di definire la vita come scambio di elementi realizzato da forme plastiche prestabilite. Ciò non spiega nulla. Vi può essere scambio di elementi anche senza vita (fabbricazione dell'acido solforico)...
"La vita è la maniera di essere dei corpi albuminoidi, e questa maniera di essere consiste essenzialmente nel rinnovamento costante delle parti chimiche costitutive di tali corpi". [78]
Corpo organico è qui inteso nel senso della chimica moderna, che sotto tal nome raccoglie tutti i corpi complessi analoghi alla ordinaria albumina, dette anche sostanze proteiche. Il nome è inadatto perché l'ordinaria albumina giuoca il ruolo più passivo e meno vitale di tutte le sostanze ad essa somiglianti... Per ora è però più generale di ogni altro. Ovunque troviamo vita, la troviamo unita ad un corpo organico, e dove vi è un corpo organico che non sia in dissoluzione troviamo fenomeni vitali.
In che consistono questi fenomeni? Soprattutto nel ricambio il corpo albuminoide si accresce con materiale tratto dal suo contorno mentre altro ne respinge. Ciò si distingue dalle trasformazioni, scomposizioni e composizioni dei corpi organici che ne trasformano la natura, mentre il ricambio perpetua quella dell'albumina. Dal momento in cui cessa questo ricambio, si ha la morte. Ne segue che se mai la chimica potrà fare la sintesi delle albumine queste dovranno mostrare fenomeni vitali. Oltre al nutrimento e alla eliminazione dei rifiuti vi sono altri fattori della vita: irritabilità, contrattibilità, capacità di accrescimento, movimento interno. Se la definizione è insufficiente, ciò può darsi scientificamente di tutte le definizioni che valgono solo come mezzo di lavoro pratico. [78-79]
Dal capitolo IX - Morale e diritto. Verità eterne [80]
- Se vi siano verità eterne nella conoscenza nel campo dei tre gruppi del sapere.
- Non ve ne sono, né ha senso parlare di sovranità del pensiero umano.
- L'opposizione di verità ed errore non è assoluta.
- Tanto meno quella di bene e di male.
- Non esiste una morale umana, assoluta, e neppure le varie morali possibili e note hanno un fondamento comune.
- Ogni morale corrisponde ad una situazione storica e al dominio di una classe.
Sul problema della coscienza Dühring asserisce che il puro pensiero si fa al di fuori delle forme di linguaggio...
Venendo a trattare della morale e del diritto egli pretende che i principii della morale sarebbero gli stessi su altri mondi abitati... Egli asserisce ciò fin dal principio perché i fondamenti della morale e del diritto "così come quelli del sapere generale" stanno sopra la storia e sopra le attuali distinzioni di popoli. Essi possono assumere una validità analoga a quella delle indagini della matematica.
"È il pensiero umano sovrano? Prima di rispondere sì o no dobbiamo ricercare che cosa sia il pensiero umano. È il pensiero di un uomo singolo? No. Però esso esiste soltanto come pensiero singolo di miliardi di esseri umani presenti, passati e futuri". [82]
Parlare del pensiero collettivo quale esso sarà dopo un lungo ulteriore sviluppo ci serve poco. D'altra parte il pensiero occasionale dei singoli è tutt'altro che sovrano ed è soggetto ad innumerevoli errori. Quindi non vi è sovranità del pensiero né vi sono verità eterne. [83]
Non avremo allora nel campo del sapere nessuna affermazione che possa ritenersi di certezza assoluta? Per rispondere a Dühring, Engels si avvale della vecchia distinzione del sapere in tre campi: scienze esatte, biologiche, umane. [84] Per la stessa matematica abbiamo visto che i suoi grandi sviluppi l'hanno portata nel campo delle verità solo relative. Così per la meccanica e la fisica (relatività ecc.). Nella chimica, ecc. sempre più abbiamo semplici ipotesi sostituite alla certezza.
Nel secondo gruppo le quistioni insolute sono sempre più numerose e spesso tutte le nozioni sono soggette a revisione.
Ancora di più poi nel terzo gruppo dove i fenomeni non si producono a volontà e neppure, come nella vita organica, si presentano al nostro studio in maniera ripetuta e ciclica. Meno che mai troveremo qui verità assolute ed eterne. [85]
Perciò non possono essere eterni i principii della morale e del diritto, di cui ogni riformatore sociale ci presenta nuovi schemi, nello stesso tempo buttando giù con disprezzo quelli dei predecessori, e pretendendo che i suoi abbiano un valore immanente.
Anche se accenniamo alle scienze del pensiero, logica e dialettica, neppure possiamo trovare in esse la verità eterna. Verità ed errore come tutte le contrapposizioni polari pensate non hanno valore assoluto. [87] Al di fuori di un ristrettissimo territorio la contrapposizione ha valore relativo, prendendola in senso assoluto conduce solo a contraddizioni. Esempio: la legge di Boyle.
Ciò che abbiamo detto di verità ed errore si può dire anche del bene e del male, tanto più che qui siamo esclusivamente sul terreno del terzo gruppo. Il bene ed il male cambiano da popolo a popolo e da tempo a tempo. Sono molteplici le morali religiose e politiche che ci presentano le opposte scuole. Quindi noi pensiamo che gli uomini più o meno coscientemente traggano le loro vedute morali dai rapporti economici ecc.
Ma non vi è forse un minimo contenuto comune delle varie teorie morali – poniamo: quella feudale, quella borghese e quella operaia – che possa servire ad una morale valevole per sempre? Quelle teorie morali rappresentano tre gradi diversi dello stesso sviluppo storico e quindi hanno qualcosa di comune. Per esempio: tutte le morali corrispondenti ai vari tipi di economia privata hanno comune il precetto: non rubare. È questo forse un precetto eterno della morale? Per nulla. In una società in cui fossero eliminati i motivi per rubare quel precetto sarebbe inutile. [90]
Noi neghiamo alla morale una validità generale oltre la storia, e anzi crediamo che ogni teoria morale corrisponda ad una data situazione storica, e finché la storia è stata storia di lotte di classi, ogni morale è morale di classe. Non vi è una morale umana al di sopra delle classi, o vi sarà soltanto per uno stadio sociale che avrà non solo superato, ma dimenticato, agli effetti della prassi della vita, le opposizioni di classe. Altro che aspettare una tale morale dal sig. Dühring! (Qui vince la storia del gatto). [91]
Dal capitolo X - Morale e diritto. Eguaglianza [91]
- Assurdità della dottrina dell'eguaglianza innata.
- Origine delle diseguaglianze sociali.
- Valore storico delle rivendicazioni di uguaglianza.
- Mondo antico, cristianesimo, feudalesimo, capitalismo.
- Anche l'eguaglianza come rivendicazione proletaria è una formula contingente e non un principio assoluto.
Dühring pretende di applicare a tutte le discipline, e quindi anche a quelle sociali, un preteso metodo matematico riducendole a semplici assiomi da cui dedurre tutto il resto con assoluta certezza. È il vecchio metodo ideologico, aprioristico (scolastico) di dedurre le proprietà di un oggetto non dall'oggetto stesso ma dal concetto di esso. Allora si vuole che la cosa si adatti al concetto e non il concetto alla cosa. In questo modo la pretesa filosofia della realtà diventa pura ideologia. Questo metodo applicato alla morale su quale materiale si baserà? Dapprima sul minimo resto di contenuto reale possibile su quel terreno di estrema astrazione e in secondo luogo sul contenuto della coscienza personale del nostro ideologo, che egli trae dal suo ambiente senza rendersene conto. Questi elementi semplici a cui Dühring riduce la società per operare assiomaticamente e deduttivamente consistono in una coppia di uomini. Di qui l'assioma morale: "Due volontà umane come tali sono perfettamente uguali". Ed ecco tracciata la forma fondamentale della giustizia morale e giuridica. [92]
Critica dei due uomini. Per lo meno questa coppia iniziale deve essere di sesso diverso. Con la scoperta dei due uomini Dühring crede di aver tutto risolto, ma lo scopritore non è lui. Già ne parlava Rousseau e così Smith e Ricardo presso cui tuttavia non sono più eguali perché l'uno fa il cacciatore, l'altro il pescatore, e si scambiano i prodotti. [93]
Quanto ai due uomini di Dühring la loro eguaglianza nella volontà presuppone che essi siano liberi da ogni particolarità di rapporti nazionali, economici, politici, ecc. Si riducono al puro schema concettuale uomo.
Sono due i fattori spettri evocati ecc. Ed eccoci in pieno campo spirituale. Siccome dei due uomini nessuno può imporre la volontà all'altro, se uno prende il sopravvento per mezzo della forza ecco che sorge l'ingiustizia, l'oppressione e il servaggio. In realtà le cose possono andare diversamente. A è più intelligente e capace di B, il quale finisce per fare spontaneamente come vuole l'altro. Ecco che senza violenza sorge la disuguaglianza e la servitù. Del resto ci sono esempi storici di servitù create spontaneamente.
In Germania dopo la guerra dei Trent'anni, soppressa la servitù e con essa il dovere dei signori di provvedere ai servi malati ed invalidi, i contadini chiesero al re di ristabilire la servitù stessa. [94-95]
Contraddizioni di Dühring nell'applicazione della sua formula.
Egli stesso vi fa più eccezioni: primo, che si abbia a che fare con fanciulli; secondo, quando in una persona siano messi l'uomo e la bestia, perché allora la violenza dell'altro essere non sarebbe contro la morale e il diritto! Ed eccoci a distinguere l'umanità in due tipi: umano e bestiale, ciò che fa anche il cristianesimo, però con maggiore conseguenza in quanto introduce un giudice del mondo, Dio. Vi è poi un terzo caso, se uno agisce secondo la scienza e l'altro secondo il pregiudizio! La piena eguaglianza si è risolta in disuguaglianza morale e spirituale. La violenza viene allora giustificata e siamo allora alla teoria hegeliana secondo cui la punizione è il diritto del delinquente. [97]
In conclusione senza seguire più Dühring nelle sue elucubrazioni, risulta chiaro che l'eguaglianza delle due volontà può sopravvenire soltanto finché esse non vogliano; poiché l'eguaglianza sparisce non appena esse agiscono come volontà individuali, appaia questa come infanzia, follia, bestialità, pregiudizio, incapacità da un lato, e maturità, verità, scienza dall'altro lato. L'enunciazione che tutti gli uomini come tali abbiano qualcosa di comune e siano quindi uguali è molto vecchia. Ma la moderna rivendicazione di eguaglianza è ben diversa e consiste piuttosto nella pretesa di egual valore politico e sociale di tutti gli uomini o almeno dei cittadini di uno stato ecc.
Per questo hanno dovuto passare molti secoli; nelle antiche società si poteva tutt'al più parlare di eguaglianza tra quelli che avevano una stessa situazione: erano a priori esclusi donne, schiavi, stranieri ecc. Sotto l'impero romano sparivano le differenze giuridiche ad eccezione di quelle tra liberi e schiavi e si svilupparono i fondamenti di quella eguaglianza tra privati che formò il Diritto civile romano. Ma finché vi erano degli schiavi non si poteva parlare di eguaglianza generale umana.
"Il cristianesimo poteva soltanto parlare di una eguaglianza di tutti gli uomini, quella di eguale capacità di peccato, ciò che corrispondeva completamente al suo carattere di religione degli schiavi e degli oppressi. Perciò conosceva soprattutto l'eguaglianza degli eletti di cui d'altra parte si parlò solo al principio". [99]
Tuttavia non si trattava di effettive rivendicazioni egualitarie. Ben presto subentrò l'opposizione di chierici e laici. Le invasioni germaniche eliminarono per secoli il concetto di eguaglianza introducendo un ordine politico assai complicato...
Il medioevo feudale sviluppò la classe che doveva invocare l'eguaglianza moderna: la borghesia. I rapporti economici sviluppatisi con la borghesia avevano bisogno di libertà e di uguaglianza giuridica. Queste furono proclamate con diritto umano; ma era tanto poco umano che se si iniziò in America l'abolizione dei privilegi politici di classe, vi sopravvisse il privilegio di razza con la schiavitù dei negri. [99-100]
Sorge il proletariato con la sua speciale rivendicazione di uguaglianza.
Nel giusto senso teorico neppure possiamo parlare di uguaglianza. Si tratta di una parola d'ordine di agitazione che ben si adatta alla polemica con la borghesia ecc. L'espressione esatta del programma proletario non è l'eguaglianza umana, ma l'abolizione delle classi.
Dal capitolo XI. Morale e diritto. Libertà e necessità [103]
- Questione del libero arbitrio e della determinazione.
- La libertà si può concepire solo come conoscenza delle necessità naturali.
- Le conquiste della tecnica umana sono liberatrici.
- In che senso si realizzerà la maggiore liberazione dell'umanità.
Entrando a parlare delle questioni politiche e giuridiche, Dühring invoca la sua speciale preparazione in giurisprudenza. Engels dimostra che tale preparazione si limitava alla conoscenza del vecchio diritto prussiano, in quanto Dühring prende gravi abbagli a proposito dei principii e delle procedure del diritto francese e inglese. Ciò contrasta stranamente con la pretesa di edificare una filosofia della realtà valevole per la Terra e per il Cielo.
"Non si può trattare bene della morale e del diritto senza venire alla quistione del cosiddetto libero arbitrio, della responsabilità dell'uomo, dei rapporti di necessità e libertà. Anche la filosofia della realtà ha non una sola ma ben due soluzioni". [108]
"Al posto di tutte le false teorie della libertà bisogna porre la trattazione sperimentale del rapporto in cui da una parte l'indagine razionale e dall'altra le determinazioni impulsive si compongono ugualmente in una forza media...". [Dühring, 108]
La libertà consisterebbe in questo, che la razionalità tira l'uomo verso destra, l'appetito inconscio verso sinistra, e per effetto di questo parallelogramma delle forze segue il movimento effettivo secondo la diagonale. La libertà sarebbe così la media tra ragionamento ed appetito, intelligenza e non intelligenza, e il suo grado si dovrebbe stabilire sperimentalmente presso ogni singolo attraverso una "equazione personale" [108] per usare un termine fantastico. Però poco più tardi Dühring dice ancora:
"Noi fondiamo la responsabilità morale sulla libertà, che tuttavia per noi non significa nulla di più che la suscettibilità della naturale ereditaria intelligenza a moderare per motivi coscienti. Tutti i simili motivi agiscono malgrado il verificarsi di possibili contrasti nell'azione con inevitabile dipendenza dalle leggi naturali. Ma noi calcoliamo appunto su questa necessità, quando poniamo, assumiamo la leva morale". [108]
Questa seconda determinazione della libertà non è che un'estrema trivializzazione della concezione hegeliana. Hegel fu il primo che presentò correttamente il rapporto tra libertà e necessità.
"Per lui la libertà è il ragionamento sulla necessità; 'la necessità è cieca solo in quanto non è capita'. La libertà non giace nella sognata indipendenza delle leggi naturali, ma nella conoscenza di queste leggi e nella possibilità con ciò data di lasciarle agire secondo un nostro progetto a dati scopi. Ciò vale tanto in rapporto alle leggi della natura esterna che a quelle che reggono l'essenza fisica e morale dell'uomo. Due classi di leggi che noi possiamo tutt'al più separare nella nostra rappresentazione, non però nella realtà. Libertà del valore non significa altro che la capacità di decidere con conoscenza delle cose. Quanto più libero è il giudizio di un uomo in rapporto ad una determinata questione, con tanta maggiore necessità resta determinato il contenuto di questo giudizio, mentre l'incertezza che consegue alla non conoscenza e che sembra scegliere ad arbitrio tra molteplici, diverse e contraddittorie possibilità di decisione, mostra appunto per questo la sua non libertà, il signoreggiamento da parte delle cose che appunto pretenderebbe di signoreggiare. Infatti la libertà consiste nella padronanza, fondata sulla conoscenza delle necessità naturali, di noi stessi e della natura esterna; essa è necessariamente un prodotto dello sviluppo storico. I primi uomini che si distinsero dagli animali erano essenzialmente così poco liberi come gli animali stessi, ma ogni passo avanti nella civiltà era un passo verso la libertà. Alla soglia della storia umana sta la scoperta della trasformazione del moto meccanico in calore, la produzione del fuoco con lo strofinìo; alla conclusione dell'attuale sviluppo sta la scoperta della trasformazione del calore in moto meccanico: la macchina a vapore. E malgrado le trasformazioni liberatrici che la macchina a vapore apporta nel mondo sociale e che non sono ancora completate, tuttavia è indubbio che il fuoco per sfregamento la supera in efficacia liberatrice nel mondo. Poiché il fuoco dette per la prima volta agli uomini il dominio su una forza naturale e li separò definitivamente dagli animali". [108-109]
La macchina non apporterà un simile salto che quando avrà reso possibile uno stato sociale in cui per la prima volta non si tratti più di divisione in classi, di preoccupazione per i mezzi di esistenza individuali e perciò di effettiva libertà umana, ossia di una esistenza in armonia con le leggi naturali conosciute.
Per quanto sia giovane la storia umana e per quanto sarebbe ridicolo volere attribuire un qualche valore assoluto alle nostre odierne vedute, tuttavia si presenta il semplice fatto che tutta la storia passata si può designare come storia dell'intervallo di tempo tra la scoperta pratica della trasformazione del moto meccanico in calore fino a quella della trasformazione del calore in moto.
Dühring divide la storia altrimenti:
- 1) dallo stato di immobilità della materia fino alla rivoluzione francese;
- 2) dalla rivoluzione francese fino al sig. Dühring. [109-110]
Egli sminuisce di ogni importanza la storia passata. Invece Engels osserva che l'antichità originaria forma – e formerà in avvenire – un periodo storico di alto interesse in quanto è la base dello sviluppo successivo, e si svolge dalla formazione dell'uomo fino al successo contro tali difficoltà che mai successivamente furono affrontate dagli uomini associati.
Uno dei punti più trattati da Dühring è l'individualizzazione e valorizzazione della vita. Egli parte da una sua pretesa nuova "legge di differenza" [111] che si riduce alla nota verità scientifica che la sensazione non sorge dall'intensità assoluta dello stimolo, ma dalla sua variazione relativa. Su ciò egli costruisce a base di chiacchiere tutta una dottrina dell'interessamento della vita ecc. Egli viene a finire a consigli sul regime igienico: sconfessa l'abuso del tabacco e di cibi e bevande eccitanti.
Sembra però, poiché nel corso di economia si inneggia alle fabbriche di acquavite, che la sua proibizione si limiti alla sola birra e al vino. Tuttavia potrebbe essere più liberale! Egli che tanto penava per trovare il ponte dalla statica alla dinamica, dovrebbe sentirsi solidale col povero sborniato che invano cerca quello dalla dinamica alla statica! [113]
Dal capitolo XII - Dialettica. Quantità e qualità [113]
- La contraddizione è un controsenso?
- Esempio della geometria differenziale delle curve.
- Metodo dialettico e contraddizioni.
- Movimento.
- Vita.
- Contraddizioni nel campo del pensiero e nella matematica elementare.
- Marx e la trasformazione di quantità in qualità a proposito del capitale minimo.
- Esempio della fusione e vaporizzazione.
- Esempio della serie delle paraffine.
Dühring accenna appena alla dialettica nel suo corso di filosofia, ma più lungamente si scaglia contro la dialettica di Hegel sulla Storia critica. Secondo lui contraddizione vale controsenso e non può darsi nel mondo reale. Questa frase sembra al buon senso tanto legittima quanto quella che il curvo non è diritto e il diritto non è curvo. Tuttavia il calcolo differenziale raggiunge i più utili risultati appunto trattando il curvo come identico al diritto in date circostanze.
"Fin quando noi trattiamo le cose come ferme e senza vita, ciascuna per sé, presso e dopo l'altra, non ci urtiamo in nessuna contraddizione. Troviamo bene certe proprietà che, parte comuni parte separate, si contraddicono l'una con l'altra, ma in questo caso sono ripartite tra le diverse cose e quindi non contengono in sé contraddizione alcuna. Appena si vien fuori da questo campo di contraddizioni, si abbandona anche l'abituale metafisico metodo di pensare. È ben altra cosa appena noi consideriamo le cose nel loro movimento, cambiamento, vita, influenzamento reciproco. Allora ci urtiamo subito nelle contraddizioni. Lo stesso movimento è una contraddizione". [114-115]
Anzi abbiamo qui una contraddizione che esiste nelle stesse cose e processi oggettivi, come dice Dühring. Se il semplice movimento meccanico contiene una contraddizione, tanto più la contengono le forme più alte di trasformazione della materia, come la vita organica. E anche nel campo del pensiero non possiamo sottrarci alle contraddizioni. Abbiamo accennato a quella che sta a base del calcolo differenziale. Ma anche nelle matematiche elementari vi sono contraddizioni, come quella che una potenza sia una radice, o quella che esiste la radice di un numero negativo:
A1/2 = ; [116]
Con la trattazione delle variabili la matematica entrò nel dominio della dialettica. [116]
Il maggiore sdegno antidialettico di Dühring si manifesta contro Il Capitale di Marx. Eppure all'apparizione del I vol. del Capitale Dühring poté darne una recensione tollerabile.
Se anche egli fin d'allora prese la cantonata di identificare la dialettica di Marx con quella di Hegel, tuttavia non aveva perduto la capacità di distinguere tra i metodi e tra i risultati con essi raggiunti e di capire che non si confutano gli ultimi in particolare se si rifiutano i primi in generale.
Dühring asserisce che il punto di vista di Marx è l'identità dei contrari per cui in conclusione "tutto è Uno" [118], capitalisti e salariati, produzione feudale, capitalista e socialista, ecc. Per quanto Dühring ostentatamente si tenga sulle generali dichiarando sua missione di riassumere a grandi tratti e in grande stile, tuttavia egli si degna di dare due esempi. Egli chiama comico il richiamo alla
"confusa e nebulosa rappresentazione hegeliana che la quantità si trasformi in qualità e che quindi in anticipo, raggiungendo un certo limite, per questo puro aumento quantitativo divenga capitale". [Dühring, 119]
Ma vediamo che cosa dice Marx a seguito delle ricerche su capitale costante e variabile e sul plusvalore:
"Non ogni somma di denaro e di valore è trasformabile in capitale; per questa trasformazione è presupposto un minimo determinato di valore di oro o mercanzia nelle mani del singolo possessore". [119]
Egli dà come esempio che quotidianamente su ogni giornata l'operaio lavora otto ore per se stesso per riprodurre il salario; e quattro per il padrone producendo plusvalore. In tal caso perché un padrone possa vivere almeno da operaio, dovrà possedere tanto da impiegare almeno due operai: e nemmeno sarebbe un vero capitalista non avendo la caratteristica di vivere meglio. Volendo consumare per sé il doppio dell'operaio e inoltre capitalizzare metà del plusvalore dovrà impiegare un minimo di 8 operai. Marx conclude che questo fatto è una prova della verità della legge hegeliana. Dühring racconta la cosa nel senso che Marx, ammessa a priori la legge di Hegel, ne deduce che occorre un minimo di valore per avere capitale, ecc., ossia il contrario. [119-120]
Abbiamo già visto nella schematica del mondo come Dühring applicava senza saperlo la serie hegeliana dei rapporti quantitativi che a un certo punto arreca mutamento qualitativo. E abbiamo dato l'esempio del mutamento di stato fisico dell'acqua a zero e a 100 gradi. Si potrebbero citare come prova di questa legge cento altri fatti anche tratti dall'economia e dalla vita sociale, e così in tutta la sezione del Capitale sulla produzione del plusvalore relativo.
Inoltre Marx tratta in nota il famoso esempio della serie di acidi organici che hanno la formula CnHnO e che pur conservando la stessa proporzione dei componenti cambiano di qualità fisiche col cambiare del numero n. [122] Engels dà poi il famoso esempio del paragone fra i mamelucchi e i francesi fatto da Napoleone: due mamelucchi valgono più di due francesi, cento mamelucchi stanno al pari con cento francesi, trecento francesi vincono trecento mamelucchi, mille francesi bastano a battere millecinquecento mamelucchi. Evidentemente anche Napoleone era malato di fantasia hegeliana! [123]
Dal capitolo XIII - Dialettica. Negazione della negazione [124]
- Falsa presentazione di Dühring dell'applicazione fatta da Marx di detta formula.
- Marx e l'espropriazione degli espropriatori.
- Esempi della negazione della negazione presso Marx.
- Dimostrazione chiesta non alla virtù della formula ma ai dati storico-economici.
- La dialettica e la logica come strumenti di prova.
- Esempi vari del processo dialettico: germinazione del grano, cicli degli insetti.
- Esempi tratti dalla matematica elementare e superiore.
- Esempi storici tratti dalla storia della filosofia e da Rousseau (origine della diseguaglianza).
- Carattere della negazione della negazione.
Dühring pur elogiando lo schizzo storico marxista della formazione del capitalismo inglese, rimprovera l'applicazione della formula hegeliana di negazione della negazione, paragonando la prima negazione di Hegel al peccato originale e la seconda alla redenzione cristiana. Siamo sempre allo stesso punto, cioè Marx, secondo Dühring, trarrebbe la dimostrazione della necessità di un nuovo ordine sociale solo dalla rispondenza alla negazione della negazione hegeliana. E per attuare la conciliazione dei contrari, giusta Hegel, preconizzerebbe un tipo di proprietà al tempo stesso individuale e collettiva. [125-126]
Secondo Marx la proprietà individuale è la negazione del comunismo primitivo, mentre la instaurazione di una nuova proprietà collettiva sarà la negazione della negazione, non riportandoci al comunismo primitivo senza alta tecnica produttiva, ma conservando la tecnica stessa, associata non più alla proprietà personale ma a quella comune. Inoltre il capitalismo apparve come espropriatore della proprietà personale del lavoratore: l'espropriazione degli espropriatori ristabilirà la proprietà del lavoratore ma come proprietà comune.
Non si tratta di una proprietà collettiva e privata al tempo stesso, ma di proprietà esclusivamente collettiva dei mezzi produttivi compresa la terra, e proprietà personale dei soli prodotti come oggetti d'uso. Marx anzi dice che si tratta di forze di lavoro comune, di prodotto comune e sociale, parte del quale resta sociale poiché diviene a sua volta mezzo produttivo, mentre l'altra parte viene distribuita come mezzi di sussistenza ai singoli lavoratori.
Dühring come al solito ha completamente falsificato per la mania di rimproverare a Marx un preteso hegelianismo. Ciò Dühring fa allo scopo di contrapporre la sua "Comune economica". [126]
Che rappresenta presso Marx la negazione della negazione? Egli lo spiega chiaramente dopo avere esposto la cosiddetta accumulazione primitiva del capitale. Si tratta delle fasi: proprietà privata del lavoratore artigiano sui suoi mezzi produttivi e sui suoi prodotti - separazione violenta del lavoratore dal suo strumento e dal suo prodotto (preistoria del capitale). Gli artigiani sono trasformati in proletari, i loro mezzi di lavoro in capitale appropriato da pochi. A questa espropriazione di privati ne succede alla fine del capitalismo un'altra che è l'espropriazione dei pochi capitalisti per mezzo dei lavoratori, come prima vi era stata l'espropriazione di molti capitalisti da parte di pochi capitalisti.
Marx non mette su tutto ciò per il gusto di adagiare quanto espone su schemi hegeliani: egli dimostra semplicemente con prove storiche e riassume il processo reale dei fatti. Il processo storico-reale presenta caratteri dialettici. Marx lo constata ma non lo pretende a priori.
"Quando Marx indica il processo come negazione della negazione, egli non pensa con ciò di volerlo per tal modo dimostrare come storicamente necessario. All'opposto: poiché egli ha storicamente dimostrato che il processo, nel fatto, in parte si è svolto e in parte si deve svolgere in tal modo, successivamente egli lo designa come un processo che si compie secondo una data legge dialettica". [128]
È quindi una pura supposizione di Dühring quella secondo cui Marx asserirebbe che la negazione della negazione debba qui servire da levatrice per mezzo della quale l'avvenire debba essere partorito dal grembo del passato; o che Marx pretenderebbe che ci si debba lasciar convincere della necessità della collettivizzazione della terra e del capitale sulla fede della negazione della negazione. È una completa mancanza di comprensione della natura della dialettica il considerarla come uno strumento di pura dimostrazione, così come la logica formale o, in senso più limitato, la matematica.
Anche la logica formale è prima di tutto un metodo per trovare nuovi risultati per passare dal noto all'ignoto; e lo stesso – ma in senso molto più eminente – è la dialettica, che per di più, poiché sorpassa gli stretti orizzonti della logica formale, contiene i germi di una concezione generale del mondo. Lo stesso rapporto si trova nella matematica. La matematica elementare, quella delle grandezze costanti si muove entro i limiti della logica formale, almeno all'ingrosso; la matematica delle grandezze variabili, di cui la parte più importante è il calcolo infinitesimale, essenzialmente non è altro che l'applicazione della dialettica ai rapporti matematici. [129]
La pura dimostrazione passa decisamente in seconda linea rispetto alle molteplici applicazioni del metodo a nuovi territori di ricerche. Ma quasi tutte le dimostrazioni dell'alta matematica, fin dalle prime del calcolo differenziale strettamente prese, sono false. Non può accadere altrimenti se si vogliono dimostrare i risultati conquistati sul terreno dialettico per mezzo della logica formale.
Come erano incomprensibili ai matematici del tempo le dimostrazioni di Leibniz e della sua scuola, così lo sono per i metafisici come Dühring le applicazioni della dialettica.
La negazione della negazione si riduce a qualcosa di molto semplice: è un procedimento che si completa ovunque e ogni giorno e che può capire anche un bambino appena ci si liberi del misterioso sotto il quale la vecchia filosofia s'inviluppava. Qui l'autore dà l'esempio del chicco di grano che viene negato dando luogo alla pianta. Questa viene poi negata col riprodurre i semi. Ma non siamo al punto di partenza, in quanto al posto di un solo seme ne abbiamo un gran numero. Prendiamo una pianta ornamentale: grazie alla cura del selezionatore dopo ogni ciclo il seme sarà cambiato non solo in quantità ma anche in qualità. Così per la metamorfosi di certi insetti: uovo-larva-insetto completo. Così per i processi geologici, per es. quello del sollevamento e dell'erosione. [130-131]
Anche nella matematica la negazione della negazione si verifica con il quadrato positivo di un negativo. Più ancora presso l'alta analisi come nella somma di infinite grandezze piccolissime.
Esempio della differenziazione: x e y sono ridotti agli infinitesimi dy, dx, che in realtà sono zero, e il loro rapporto, che non ci direbbe niente come 0:0, diviene suscettibile di un fecondo calcolo come dy : dx.
Alla fine del calcolo si negano le negazioni, ossia si integra, ritornando alle grandezze finite y e x, ma con importantissimi nuovi risultati. [132]
Così nella storia. Abbiamo il comunismo primitivo, negato dalla proprietà privata, e infine la necessità di negare anche la proprietà privata ma per fare un passo più innanzi ecc..
Così per la filosofia. L'antica filosofia era materialismo, ma era incapace di risolvere i rapporti tra pensiero e materia. Da questa esigenza si venne alla dottrina dell'anima separabile e immortale e finalmente al monoteismo, cioè l'idealismo negò il materialismo. L'idealismo viene negato ora nel nuovo materialismo, che però non coincide con l'antico. Infine la stessa dottrina dell'eguaglianza di Rousseau, scritta prima di Hegel, si basa sulla negazione della negazione. Anche per Rousseau la negazione dell'eguaglianza animale è un passo innanzi. L'ineguaglianza conduce alla tirannide: la rivolta dei popoli ristabilisce l'eguaglianza. [133]
Nello stesso ridicolo sistema sociale di Dühring potremmo trovare la negazione della negazione: eguaglianza dei due uomini-sistema-di-rapina = nuova-civiltà-della-filosofia-dühringhiana.
La negazione della negazione è una legge di sviluppo, della natura, della storia e del pensiero, estremamente generale e perciò stesso estremamente efficace e importante...
Si capisce da sé che dicendo che in tutti i precedenti esempi si verifica la negazione della negazione, non ho con ciò dato o preteso di conoscere a priori i loro particolari caratteri; ma ho soltanto colpito un loro carattere generale.
Sono sciocche obiezioni metafisiche quelle di dire che la negazione debba consistere nel macinare il chicco di grano o cancellare la grandezza A ecc.. La negazione deve essere di tal natura da non escludere il secondo processo, e la maniera della prima negazione deve essere stabilita non ad arbitrio, ma secondo le esigenze reali di ogni caso specifico. [136]
La dialettica è esistita assai prima di Hegel e si è pensato dialetticamente prima che esistesse questo termine: Hegel è semplicemente il primo che abbia formulato la legge in modo preciso.
[Qui si interrompono gli appunti]