Critica alla filosofia. Escursione con il metodo di Marx intorno alla teoria borghese della conoscenza e alla non-scienza d'oggi (5)
V. Rovesciare la piramide conoscitiva
Riunione registrata a Bologna il 13 novembre 1960
Un corpo di tesi sulla conoscenza
Spesso avviene, come tra la riunione di Casale e questa di Bologna, che altri compiti importanti sottraggano tempo alla stesura dei resoconti, ai quali, comunicando tra città lontane, devono collaborare i compagni che presentano i vari temi. Così la nuova riunione sopravviene senza che l'esposizione della precedente sia stata svolta fino alla fine e soprattutto sia scritta in forma completa. Non si tratta dunque di cronaca giornalistica ma di due aspetti complementari della medesima opera collettiva. Benché nessuno degli argomenti da noi affrontati vada mai considerato chiuso, si può ripetere che i materiali delle posizioni del partito su diversi punti vitali hanno avuta oramai una soddisfacente elaborazione.
Utilizzando testi noti e quasi ignoti del marxismo abbiamo lavorato sul tema della conoscenza e della "filosofia", nelle ultime riunioni, tra un evidente interesse dei partecipanti. Siamo però in ritardo con la pubblicazione dei resoconti, tanto che delle trattazioni non solo fatte a Casale ma anche prima, a Firenze, non abbiamo nulla pubblicato. I compagni hanno organizzato la registrazione su nastro di queste relazioni, utilizzata per una diffusione interna, troppo limitata rispetto a quella che si avrebbe dalla stampa. Nella riunione di oggi contiamo di fare il punto sul lavoro a proposito di un tema che impropriamente qualcuno chiama ancora filosofico, mentre si tratta del nocciolo vitale del marxismo in quanto scienza storica e sociale umana definitiva.
È sperabile che tra questa riunione e la prossima si riesca a darne un resoconto ordinato che colmi la lacuna aperta ormai da varie riunioni. Come abbiamo annunziato, ma non ancora attuato, è un lavoro che dovrebbe inquadrarsi in un corpo di tesi nel quale tutta la nostra opera di sistemazione programmatica del marxismo originale e classico sia presentata come base inderogabile di adesione al partito e di agitazione esterna. Tale compito è squisitamente di portata internazionale in quanto si vanno organizzando movimenti simili al nostro in alcuni paesi di Europa, e la parte linguistica è fondamentale per conseguire una unanime chiarezza.
È a un buon punto il lavoro su di un dizionario del lessico marxista esteso a quattro lingue: tedesco, inglese, francese e italiano. Per ora nelle nostre riunioni la partecipazione all'ascolto plurilingue è affidata alla fatica di volonterosi che organizzano piccoli gruppi omogenei di compagni che parlano una data lingua. In apposita riunione si tratterà della diffusione del materiale e della nostra stampa in lingue diverse. Non è tuttavia possibile promettere l'epoca in cui la stesura del detto corpus internazionale sarà pubblicata, dato che la si vuole prima approntare nelle varie lingue di pari passo e magari esporla in italiano in una delle prossime riunioni.
I giovani venuti a noi giustamente insistono per avere alla loro portata un materiale che, per la presenza nelle nostre file di validi anziani, non è letteratura da biblioteca ma vivo dato di lotta. I compagni della generazione di mezzo, ma che non giunge con la sua esperienza al periodo cruciale del dopoguerra 1918-1926, mostrano anch'essi il bisogno di essere meglio forniti di queste armi vitali.
Sulla traccia del patrimonio originale
[Abbiamo lavorato molto sui cosiddetti scritti giovanili che] Marx aveva preparato prima ancora di dedicarsi alla stesura di una critica dell'economia politica che potesse essere [pubblicata]. Molto di questo lavoro fu poi trasfuso nei primi capitoli del Capitale, e da esso abbiamo tratto conclusioni importantissime dal punto di vista che di solito si suole chiamare filosofico, ma che noi definiamo piuttosto come critica di tutta la precedente filosofia borghese, adoperando qui una frase di cui Marx si serve molte volte. Poi siamo passati a servirci di un altro testo, sempre tradotto con la collaborazione preziosa dei compagni francesi. Roger ci ha portato una parte notevolissima dei Grundrisse tradotta, che riguarda proprio un passaggio utile al presente lavoro. Anzi, in questa prima stesura è messo in particolare evidenza (io ho potuto dargli appena una scorsa perché in due giorni non si può esaminare tanto materiale) il concetto che vi ho detto all'ultimo [incontro]: tutto il capitale, tutto il danaro non è che lavoro morto, oggettivato, sottratto alla società, cristallizzato. Lo stesso concetto sta alla base del giochetto di numeri, della dimostrazione di quantità che si sottraggono e si aggiungono [nei bilanci borghesi, e che noi ascriviamo al passivo sociale di questa società dissipatrice, dedita allo sciupìo dell'energia di tutta la specie, non solo del proletariato].
I Grundrisse ci fornirono anche gli elementi che abbiamo sviluppato nella quistione, interessantissima, ridiscussa fino alla riunione di Casale, delle forme che precedettero l'economia del capitalismo, che poi sono state sistemate nello studio completo che ha fatto il compagno Roger di cui vi abbiamo potuto dare soltanto alcuni dati minimi nel tableau che dobbiamo ricordarci di esaminare in modo che sia pronto per la definitiva pubblicazione. Successivamente siamo ricorsi ai famosi Manoscritti economico-filosofici del 1844, così intitolati perché sono dei quaderni di Marx che furono trovati e riordinati, di cui esistono edizioni contraddittorie, e di cui abbiamo dato volta per volta l'esegesi e la indicazione sulle differenze che risultano dai loro confronti. Abbiamo tratto altri concetti da quest'altra opera fondamentale di Marx. Ricordo tutto ciò perché sia ben chiaro che noi lavoriamo sempre sulla traccia del patrimonio originale di principi e di teoria del nostro partito.
Gli studi fatti ci ricondussero alla retta interpretazione del materialismo storico e del determinismo, come li si deve intendere in Marx; alla retta interpretazione del valore dell'azione proletaria e del partito; ci condussero infine ad applicare una formula bellissima che troviamo nei Manoscritti, cioè che l'apparizione, quasi esplosiva, a un certo momento della storia, della dottrina comunista, della visione della società futura che uscirà dai limiti della proprietà privata, equivale allo scioglimento di enigmi tradizionali, quelli in cui si è avvolto l'umano pensiero nel corso dei secoli e dei millenni, e ha dato soluzioni assolutamente impensabili per le antiche filosofie e le antiche scuole.
Questa virtù — di scoprire per la prima volta una verità — è dovuta certo alle rivoluzioni, ma non è di tutte le rivoluzioni eliminare il ciclo di classe. Tutte le rivoluzioni rappresentano un passo avanti nella direzione della maggior conoscenza, ma finora esse sono state legate ad un ciclo di classe che è succeduto all'avvento della società per la quale sono esplose. Alla loro fase esplosiva è succeduto un ciclo di storia abbastanza lungo in cui la classe vincitrice si è adagiata sui risultati rivoluzionari. E questo può dirsi della rivoluzione cristiana, che abolì la schiavitù, e di quella democratica, che abolì il feudalismo. Esse seguitavano ad imperniarsi sulla dominazione di classe, a roteare quindi fra i dualismi, i quesiti, gli enigmi del pensiero umano che finora sono stati immaginati eterni; non ne potevano dare uno scioglimento definitivo.
La nostra rivoluzione epistemologica, la nostra dottrina, appare con la rivoluzione comunista prima che essa esploda in trasformazione violenta. Come ho cercato di svolgere anche nel commento all'Estremismo di Lenin, si forma addirittura nella precedente rivoluzione antifeudale, dato che già vi appaiono i proletari, e combattono, ed elaborano, e illuminano con le loro primordiali rivendicazioni lo sfondo della dottrina completa della rivoluzione futura: quella che il proletariato porterà a ulteriore perfezione quando non sarà più soltanto truppa ausiliaria della rivoluzione borghese, ma quando lotterà per sé stesso con a capo il proprio partito. Si stabilisce così un ciclo finale delle epoche di classe. In questo senso la soluzione degli enigmi è definitiva: nella dottrina della rivoluzione, la dottrina dell'umanità futura, che esplode fra il 1789 e il 1848 e si condensa nell'opera di Marx e dei grandi maestri che lo anticipano.
Arte: creazione o produzione?
Adesso vogliamo fare un poco il bilancio del lavoro di indagine fin qui svolto e trarne qualche conclusione. Ad una prima conclusione eravamo già arrivati in una delle precedenti riunioni, ed era quella di rispondere ad un problema posto dall'intellettualismo borghese in certi suoi scritti, cioè: perché tutti gli scritti di carattere scientifico e di studio hanno valore di prodotto transeunte e sono rapidamente superati? Perché la letteratura che trasmette il prodotto delle varie generazioni in materia di cultura scientifica in generale viene rapidamente sostituita, mentre la manifestazione artistica del pensiero umano (che dal borghese non è ritenuta scientifica) dà luogo a fasi che si trasmettono per sempre in modo che ancora adesso consideriamo testi definitivi ed eterni quelli di Omero, di Virgilio, di Shakespeare e di Dante, mentre i corrispondenti scrittori e pensatori scientifici sono man mano tramontati e sostituiti da nuovi risultati? [L'autore che allora avevamo citato] attribuiva questa distinzione al fatto che l'arte segue una rivelazione intuitiva, mentre la scienza è prodotto razionale e di calcolo. Perciò la nostra conoscenza avrebbe due aspetti: uno intuitivo e sentimentale; l'altro scientifico e conoscitivo-raziocinante.
Che l'intuizione artistica sia immanente ed eterna, che l'arte sia illuminazione improvvisa in grado ogni tanto di procurare visioni, che questi dati intuitivamente insiti nell'umano spirito producano arte, è una delle tante concezioni a sfondo idealista e spiritualista [che la borghesia condivide con le classi che l'hanno preceduta]. Nel corso dei secoli sarebbero apparse agli umani visioni che hanno determinato il formarsi di grandi capolavori, illuminando – chissà come mai – la mente di pochi grandi poeti, di pochi grandi artisti eletti (ché tutto questo si applica non soltanto alla produzione letteraria, ma anche alle grandi opere della scultura, della pittura, eccetera). Noi abbiamo risposto che queste esplosioni, tipiche di determinate epoche della società umana (il periodo aureo della classicità greca; quello delle grandi cattedrali, il Rinascimento, che coincide con la prima espressione delle forme borghesi) sono collegate a una transizione rivoluzionaria, la quale ha trasformato la società. Si tratta di produzioni che hanno in sé l'impronta dei grandi processi di metamorfosi sociale.
Quindi, l'arte è più stabile, è meno trasformabile, ed è eterna – se così vogliamo dire – diversamente dalla scienza, perché la chiave del problema non sta nella contrapposizione fra intuizione o raziocinio ma fra rivoluzione o conservazione. Mentre la cultura, la scuola, l'accademia, il trattatismo, la scienza in generale trasmettono in modo conformistico le idee della classe dominante, l'arte, di tempo in tempo, annuncia l'apparizione di una forma futura e imprime in sé il risultato di uno di questi grandi svolti, durante i quali noi sosteniamo che la conoscenza umana si costruisce su nuove basi. La conoscenza non è un cumulo, una montagna che si formi con l'apporto di tanti dati come granelli, di tanti sassolini, ma è una costruzione che si forma per grandi scatti in avanti e in alto, a cui segue poi un periodo di riposo in attesa che giunga un altro di questi grandi periodi catastrofici, rivoluzionari, esplosivi. [E allora dov'è la contrapposizione fra arte e scienza? Ecco] con quale traccia noi cerchiamo di seguire la costruzione della conoscenza umana, ormai forse giunta, nell'epoca presente, a uno svolto che ci collocherebbe tra la preistoria dell'umanità (e quindi della capacità umana di conoscere) e il regno della libertà.
La storia futura comincia da qui, con la morte constatata e proclamata del capitalismo, che attende solamente la sua morte effettiva, [la rottura politica] rivoluzionaria nella storia. Tutto si svolge, come vedete, conformemente a quanto vi dicevo sulla dottrina di Marx delle varie rivoluzioni, di cui la nostra è quella finale.
Comunismo extraterrestre
Poi discutemmo, a titolo quasi di curiosità, un'altra possibile obiezione a questa nostra costruzione, cioè una critica al nostro schema di sviluppo della conoscenza il quale non si sarebbe formato attraverso periodi rivoluzionari esplosivi ma in altro modo. Il dubbio è venuto ad alcuni autori, i quali [sembrano avere un bisogno irrefrenabile di sostituti della creazione]. Essi dicono infatti che la formazione del sapere – cioè dello scibile umano com'è a noi trasmesso in forme diverse con i primi testi religiosi, con le prime forme artistiche, con le prime ricerche filosofico-scientifiche – può aver ricevuto impulso dal contatto con altre umanità, evolutesi su astri estranei alla nostra Terra.
Con la famigerata quistione dei razzi e satelliti è diventato adesso di moda occuparsi di quello che avviene sugli altri astri che occupano il cosmo. Si ritiene che prossimamente si possano fare viaggi esplorativi trasportando l'uomo stesso su questi astri, per quanto non si osi prevedere che nel sistema solare si raggiungano corpi su cui possano esserci forme di vita. Tanto meno si pensa seriamente all'esistenza di vita organizzata fino al punto di produrre il pensiero razionale. Però si è costruita lo stesso la teoria che altre umanità, partite in anticipo rispetto alla nostra, si siano evolute su pianeti di altri sistemi stellari. Esse sarebbero partite con anticipo, avrebbero cominciato milioni di anni prima di noi a evolversi dalle semplici formazioni di vita organica all'animale pensante, giungendo al pensiero in anticipo sull'uomo, il quale sarebbe riuscito, in certo qual modo, ad approfittare di questi prodotti dell'intelligenza immagazzinata nel cosmo, attraverso qualche escursione spaziale.
Noi non ci siamo ancora riusciti, a fare i viaggi interstellari. Dovremo aspettare Krusciov per poter vedere la nave spaziale in grado di trasportare uomini nello spazio, ma ipotetiche civiltà cosmiche ci sarebbero riuscite millenni prima di noi. Si dice che sulla Terra vi sia qualche traccia della discesa di apparecchi degli antichi esploratori spaziali, i quali avrebbero consegnato agli uomini del tempo un dettame delle verità da loro scoperte. Tutto ciò, è evidente, sostituisce in certo qual modo i miti della trasmissione attraverso rivelazione divina, quella che sceglie il suo profeta, lo chiama sul Monte Sinai, sul Golgota, nel Deserto d'Arabia o in altro luogo della Terra, gli instilla nella mente la sua verità affinché la traduca in un testo da diffondere tra gli uomini, attraverso la formazione di chiese eccetera. Ricordammo l'episodio della escursione di viaggiatori extraterrestri di cui si avrebbe traccia nella Bibbia e leggemmo i passi su Sodoma e Gomorra, città peccaminose distrutte da [Yahveh o, senza volerlo, degli extraterrestri]. Nella Bibbia, dunque, non vi sarebbe altro che la leggendaria presentazione di un incontro fra umanità diverse e qualche conferma si avrebbe [nei Manoscritti del Mar Morto, nella particolare struttura di certi minerali radioattivi e nella piattaforma di Baalbek].
[Se le cose stessero così, nessuno potrebbe impedirci di immaginare il percorso inverso: invece di una creazione dall'esterno, potremmo pensare che gli elaborati teorici della nostra intelligenza, grazie alla nostra memoria e a quella della natura, trovano semplicemente una conferma in un campo inesplorato. Si parte con i nostri razzi verso un altro sistema stellare] e si trova che là tutto il percorso è stato fatto, che gli extraterrestri stanno in pieno comunismo, come abbiamo previsto. Così, ritornando poi con la nostra astronave sulla Terra, riuscirà evidente a tutti ciò che io qui sto sudando quattro camicie per spiegare assai meno bene di quanto potrei fare avendo un esempio pratico a portata di mano. In questo caso noi saremmo pronti a riconoscere grande benemerenza ai suddetti fantascientifici e ad accettare senz'altro che tutto il duro, laborioso, sanguinoso percorso della nostra umanità verso la società nuova possa essere abbreviato da una [escursione presso] questi popoli, presso questa [perfetta società comunista che essi hanno già raggiunta].
Come vedete, adesso si va modificando anche la letteratura relativa alla comunicazione interspaziale: fino a qualche tempo fa i marziani erano dipinti come curiosi esseri, non avevano la faccia di uomini (o erano macchine e non l'avevano affatto), avevano antenne vibranti che uscivano dalla testa, avevano otto piedi e tre braccia… Adesso s'è incominciato a immaginare che essi, al di là dello spazio, su sui pianeti che si presumono abitati, possano avere la stessa nostra conformazione, le stesse facce nostre, il naso, la bocca, anche perché farebbe comodo ai viaggiatori spaziali mettersi a fare l'amore appena arrivati, affinché i sessi di tutt'e due le umanità possano congiungersi e magari realizzare dei nuovi prodotti [come del resto è scritto proprio sulla Bibbia].
Questo ramo si è sviluppato in maniera grandissima e sembra che la moderna gioventù ne sia particolarmente avida. Anche noi, quando eravamo giovani, avevamo la nostra letteratura fantascientifica. Avevamo Verne, che scrisse Dalla Terra alla Luna e Intorno alla Luna, altri autori, come Wells, che descrissero la discesa sia sulla Luna che su Marte, [o la venuta] sulla Terra di alcuni marziani, poi disgraziatamente morti. Insomma, l'idea di evadere dal pianeta che ci tiene abbarbicati colla forza di gravità, radicati senza potercene muovere, è una cosa che ha sempre sedotto gli spiriti giovanili. Quindi, speriamo pure che sia veramente possibile trovare un'umanità molto più evoluta. Noi siamo convinti che se la si trovasse non avrebbe azienda, mercato, denaro, e che senz'altro la dimostrazione della necessità del comunismo, tanto faticosa oggi, ma costata storicamente al proletariato centinaia di migliaia di morti, di sacrificati nella lotta, potrebbe essere confermata da una spedizione del genere.
Evanescente materia quantistica
Adesso, per completare, definire un poco queste nostre osservazioni – ricordate schematicamente perché il tempo m'impedisce di darvene un tracciato più completo – voglio trarre partito un po' estemporaneamente da un recente commento ad alcune ultime scoperte della fisica nucleare. Sappiamo che si tratta di un campo nel quale si stanno realizzando sviluppi straordinari e che [la fisica delle particelle] è quella che oggi viene citata maggiormente per convincere la massa dei grandi progressi della scienza. È ovvio, dato che la massa tanto più si convince quanto meno riesce a capire. Siccome gli ultimi portati della ricerca nucleare son cose effettivamente poco comprensibili per i comuni lettori – mi ci metto anch'io naturalmente – essi sono presentati come stupefacenti e meravigliosi. Il tentativo di approfondire la conoscenza interna della materia – perché ritorniamo sempre alla materia – ci riporta dunque a quell'enigma fondamentale che la comparsa del comunismo aveva sciolto. L'antica opposizione tra soggetto e oggetto, tra agire e patire, tra materia e spirito, ecc. si condensava in questa soluzione: non vi è più necessità di avere una concezione dualistica, di immaginare nella realtà un elemento materiale distinto da uno spirituale; la nostra concezione poggia ora essenzialmente sulla materia, la quale nella sua evoluzione, nel suo sviluppo, ha determinato lo sviluppo di tutti i fatti della vita. In un primo tempo puramente organica-vegetativa, poi animale, poi anche spirituale (vita psichica, come dicono), inerente alle manifestazioni dello spirito. Per noi tutto ciò non potrebbe darsi se non si pensasse all'evoluzione come excursus completo, una specie di sviluppo da palingenesi della materia. Usiamo con cautela il termine "evoluzione" perché esso sembrerebbe escludere quei periodi rivoluzionari, quelle cuspidi, che per noi sono sempre fondamentali.
Per noi lo "spirito" non potrebbe essere introdotto né da un ente esistito prima del cosmo e che di volta in volta si manifesti illuminando le menti degli umani, secondo le visioni teologiche e fideistiche; né da un quid stranamente connaturato alla nostra psiche, immanente al nostro cervello, che ci guidi nei nostri contatti col mondo materiale esterno e con quella parte di materia che è in noi stessi. Comunque sia, a noi materialisti interessa enormemente la storia di questa indagine sui misteri intimi della materia. La quale materia, al principio del secolo XIX, è stata ipotizzata come scomposta in atomi, ritornando ad una intuizione che il pensiero filosofico aveva già conosciuto fin dal tempo dei Greci, che avevano individuato in modo speculativo le particelle indivisibili della materia, gli atomi, appunto, con la scuola atomista di Democrito e Leucippo. Particelle di materia che sfuggono ai nostri sensi, ma di cui la indagine scientifica aveva la certezza [prima che si avessero le prove empiriche]. In origine Democrito le chiamò "atomi" (che non si possono suddividere) poiché il pensiero ci dice che c'è un limite al tentativo di scomporre la materia in parti sempre più piccole. In seguito l'atomo è stato ulteriormente indagato nei suoi componenti e si è visto che si poteva "tagliare". Non che l'abbiano tagliato con forchetta e coltello, ma sono state individuate sotto-unità materiali nel suo interno, altre particelle, [alcune delle quali difficilmente definibili come "materia" secondo il linguaggio che abbiamo, forze di connessione intra-atomiche, energia come equivalente della materia, eccetera, il tutto conoscibile in modo indeterminato secondo le leggi della probabilità].
Allora da parte nostra ci si potrebbe chiedere: la solidità della nostra concezione del mondo – che è concezione scientifica, politica, materialista di partito – incomincia forse ad essere scossa da questa materia evanescente su cui non ci sentiamo più ben appoggiati con i piedi? Incomincia ad essere qualche cosa di ancora più indecifrabile e di più complesso e di più difficile che non lo stesso spirito con le sue misteriose manifestazioni? Queste particelle – ogni qualche mese se ne scopre una nuova – sono diventate una gamma tale che non si capisce più che cosa sia ciò che chiamiamo "materia". L'atomo è stato scomposto, prima s'è trovato lo sciame di elettroni che ruota attorno ad esso, poi i componenti del suo nucleo sono stati isolati, s'è visto che non era un'unità ma si componeva a sua volta di altre particelle. In un articolo a cui ora mi riferisco ve n'è un elenco di 16, 18, non so quante, elettrone, positrone, protone, mesone, neutrone, eccetera, e non è neppure aggiornato. Sembra che la materia vada sempre più sfuggendo ad una constatazione, ad una presa di possesso diretta da parte di chi voglia conoscerla. All'indagine sull'atomo si è incrociata la nuova teoria fisica della relatività, che noi abbiamo stabilito come si potesse adattare alla nostra concezione perché ci dice: materia ed energia sono la stessa cosa. Energia dunque come un qualche cosa di completamente positivo, di completamente reale.
Grazie, Einstein!
Fin qui noi non avremmo ragioni, dal punto di vista di una nostra teoria della conoscenza, di meravigliarci troppo. Noi non abbiamo difficoltà, abbiamo posseduto questa conoscenza fin da quando il materialismo è sorto, ed esso precede il marxismo, dato che quello borghese ha smontato per primo l'ipotesi creazionista. Nella fisica classica il rapporto materia-energia era stato racchiuso in due leggi anticreazioniste per eccellenza: una, quella della conservazione della materia; l'altra, quella della conservazione dell'energia. Ora, [con le ricerche di Einstein, siamo all'identità completa fra materia ed energia, tanto che è possibile scriverne l'equazione. Nello stesso tempo] si vedono riaffermare cosmologie creazioniste o, abilmente, [teorie neo-creazioniste], come processo continuo di creazione. Il Creatore, che la borghesia pensava di avere espulso dalla porta della sua abitazione, rientrerebbe [dalla finestra] per spiegare questi modernissimi enigmi, meglio, in certo modo per lubrificare e rimettere in carreggiata quelli antichi.
Scusate se utilizzo un tono scherzoso per queste cose; ma non vorrei prendere un'aria dottorale che non ho la possibilità di darmi e che non sarebbe giusto [assumere] di fronte a voi, nemmeno se potessi. Lasciamo andare le discussioni sui limiti dell'universo, la infinità o la limitatezza dello stesso, i limiti cui giungono le galassie più lontane, le loro dimensioni, contrazioni, espansioni – toccheremmo problemi difficilissimi della fisica moderna. Comunque sia, si presupponeva fino a non troppo tempo fa che nell'universo esistesse un patrimonio di materia; che si potesse passare da una forma, massa, velocità all'altra, ma il totale, il bilancio finale rimanesse sempre quello. Si diceva che non si può né distruggere né creare nessuna particolare materia. A questa tesi della conservazione della materia si è accoppiata quella della conservazione dell'energia. Si è detto: non si può né distruggere né creare nessuna parte dell'energia totale di cui il cosmo è dotato. Una materia potrà trasformarsi in un'altra (attraverso processi chimici o nucleari) ma il totale della massa non può mutare. L'energia può passare da una forma all'altra (meccanica, elettrica, calorifica, chimica) però il totale è sempre quello. Viene Einstein con la sua teoria della relatività e dice: "No, materia ed energia non sono che la stessa cosa perché può farsi sparire una parte di materia purché compaia una certa corrispondente quantità di energia; viceversa, può assorbirsi una certa quantità di energia per cristallizzare e creare una nuova parte di materia".
Quindi, anche stabilita una equivalenza generale materia-energia, la quistione della disputa su materialismo e spiritualismo non sembra chiamata ancora in giuoco. [Anzi, non ha forse Einstein cercato di condurre ad unità, in un sistema di equazioni cosmiche, le stesse per qualunque osservatore in moto, scritte sotto forma di derivate, che suppongono cioè quantità variabili per "infinitesimi" evanescenti? E non ha forse esposto i suoi profondi dubbi circa il percorso indeterministico che si fonda su quantità finite e numerabili, benché piccolissime, come elettroni, protoni, fotoni, cioè tutte le fenomenologie studiate dalla fisica, ivi comprese quelle che per Planck e gli altri indeterministi sono suscettibili solo di una descrizione di tipo statistico e probabilistico? Qui Einstein può avere utilizzata la dottrina di de Broglie, che ha conciliato corpuscoli ed onde, discreto e continuo, riconducendo il moto delle particelle ed i quanta di energia sotto l'insegna grandiosa delle equazioni canoniche del continuo. Limitiamoci a supporre che nelle ultime carte di Einstein (sul cui "mistero" vorrebbe scatenarsi una pubblicità da baraccone) vi fossero queste ricerche, cui l'ultimo suo lavoro sia stato consacrato. Non sarebbe forse una grande tappa sulla via del Monismo, della nostra concezione unitaria del mondo? Se le forme meccaniche, elettriche, magnetiche, ottiche, dell'energia, della materia-energia rispondono ad una sola legge da cui si deduce il movimento di Sirio ad anni luce di distanza e la traiettoria del protone nel cuore del nucleo di milionesimi di millimetro, allora con Einstein siamo arrivati molto vicino alla assimilazione unitaria anche di quella forma ancora poco nota di energia vitale che chiamiamo "pensiero"].
[Antiche categorie ricompaiono però quando si abbandona la fisica del mondo reale, macroscopico, e ci si limita a quello microscopico (Einstein non ammetteva due diversi sistemi di leggi per i due mondi, dato che il macro è costituito dal micro) delle particelle. Infatti,] ultimamente, è avvenuto qualche cosa di veramente strano: a furia di scoprire particelle, sono cominciate a venirne fuori certe che avevano i caratteri perfettamente opposti, per quanto si può dire, rispetto alle particelle già conosciute, e si sono cominciate a chiamare "antiparticelle". Occorre ribadire, anche se è noto, il fatto che la scienza moderna non ha raggiunto una sistemazione chiara di tutta la fisica. Non si è riusciti ancora, anche introducendo i nuovi concetti che hanno seguito la relatività di Einstein e la scoperta dell'identità fra materia ed energia, non si è riusciti ancora ad inquadrare in una teoria unica i dati delle varie scienze in cui la fisica si divide, a secondo che tratti della dinamica di forze materiali (meccanica), di elettricità, di magnetismo, di ottica, eccetera. Si disse che Engels fosse riuscito, negli ultimi anni di vita, a raccogliere documentazione su questo problema.
Creazionismo fisico e matematico
Qualcuno sta ancora cercando una teoria unitaria, ma vi sono molte contraddizioni. Adesso siamo arrivati alla scoperta delle antiparticelle e della antimateria, [ma la strada è stata lunga, bisognò prima stabilire la priorità della materia, con i Laplace] e i rivoluzionari borghesi. Noi materialisti a quel tempo eravamo tutti contenti nel dire con essi: Dio non è più un problema, badiamo soltanto alla materia. Ma la struttura della materia si andava complicando, con l'ipotesi atomica, l'elettricità, il magnetismo, la gravità. Nel frattempo si era avuta una teoria esclusivamente energetica che diceva: la materia non esiste; ma non ha avuto molta fortuna. Il pensiero era arrivato a questo risultato: non esiste nemmeno la materia, esiste soltanto l'energia, esistono soltanto il movimento, la vibrazione, l'oscillazione, l'ondulazione. Quello che appare a noi come materia, come atomo, come particella, come minimo corpuscolo, non è che la concentrazione di un campo energetico. Era l'idea di Ostwald, che ormai si ritiene superata. Abbiamo dunque prima avuto un certo trapasso, quando si è detto: la materia può sparire e ricomparire come energia o l'energia sparire e ricomparire come materia. Adesso (ogni quattro o cinque anni la scienza ufficiale "supera" tutto) questi delle particelle ci dicono: no, la materia esiste veramente, e si manifesta sia con i campi di energia che in luoghi, centri, in cui si vanno a concretare elettroni, protoni, neutroni e tutte le altre particelle sorte con a fianco le loro brave anti-particelle.
[Ma evidentemente il cervello umano si ribella all'eternità, all'infinitezza del tempo e dello spazio. Ci sono perciò i fautori della creazione repentina e quelli della creazione continua. Da una parte si ammette la formazione e annichilimento della materia in un equilibrio energetico (o materiale), un bilancio globale secondo le vecchie leggi della conservazione: la materia, da un certo momento in poi, deve essere sempre presente nella stessa "quantità", manifestarsi in un modo o nell'altro, rarefacendosi con l'espansione dell'Universo. Dall'altra si ammette che la materia sia sempre esistita, ma si spiega il permanere della densità media dell'Universo, nonostante la sua espansione, con la creazione di materia sempre nuova].
Che cos'è allora, e da dove viene quest'altra nuova materia? Non pretendete che ve lo spieghi perché non l'ho capito neppure io. È una specie di rompicapo. [Sembra che in laboratorio si possa creare materia dal nulla, purché essa rimanga sulla scena per un tempo inferiore a quello stabilito dal principio d'indeterminazione di Heisenberg, ma qui siamo di fronte ad una creazione stabile alla scala dell'Universo]. Ad ogni modo ogni particella esistente ha la sua antiparticella che sta, in un certo senso, nell'ombra, dietro di essa. Come le varie particelle combinate insieme formano il nucleo, l'atomo, la molecola, la materia, il mondo, così le speculari antiparticelle formerebbero gli anti-atomi, l'anti-materia, l'anti-mondo.
È vero che io dissi, [scherzando, che l'ideologia] è uno specchio della realtà, ma non intendevo certo uno specchio [quantistico]. Noi siamo il mondo di scena – io, voi che mi state ascoltando, gli oggetti reali – e quella forma, quell'ombra falsa ed evanescente che si vede nello specchio è quella dell'ideologia, un mero riflesso della realtà, un mondo di retroscena che noi non si sarebbe andati ad acchiappare. Quindi, creazione o no, la materia è stata salvata, è stata riammessa ad esistere distribuita in questi schemi di particelle, purché si ammetta, insieme ad essa, l'esistenza anche di un mondo alternativo di un'anti-materia. Qual è la cosa interessante? Ho qui degli articoli… un saggio dovuto a un certo dottor […], che ammetto di non conoscere, ma che è avallato da una firma, quella di Francesco Severi, al quale dobbiamo fare omaggio pur essendo egli un nostro avversario, un esponente della scienza borghese. Si tratta del più grande matematico italiano vivente e forse uno dei più grandi matematici del mondo. Il quale dice: "Pubblicate questi articoli perché me ne assumo la responsabilità. Li ho letti, ne condivido le enunciazioni". Il titolo di questi articoli è veramente interessante: Ritorno ad Aristotele.
Vi si dice che le ultime scoperte – l'accertamento di nuove anti-particelle – hanno condotto a questa conseguenza: noi scienziati, noi fisici, abbiamo sempre ritenuto che Galileo e Newton avessero avuto ragione una volta per sempre di fronte ad Aristotele... Credevamo che la nuova visione del cosmo materiale fosse regolata dalla dinamica scoperta da Galileo e Newton, e non dalla vecchia, come la concepiva Aristotele. Invece adesso vediamo che le formule di Galileo e Newton – con le quali fisici, ingegneri, tecnici lavorano con tutta sicurezza da quasi tre secoli, e sulle quali ha poggiato tutta la tecnologia vivente e pulsante del mondo – erano sbagliate. Riescono meglio a spiegare la presenza di questi due mondi le idee di Aristotele che quelle degli scienziati moderni. Fondamentalmente a che si riducono queste antiche idee? [Al fatto che, come dice il filosofo greco, la natura sarebbe una questione di forma più che di materia. La materia sarebbe una sostanza che precede la forma in cui si tramuta, come un seme precede la spiga, o una potenza precede l'atto. La materia sarebbe sempre la stessa, mentre la forma cambia a seconda delle finalità].
Da questo fatto io traggo due conclusioni.
Prima conclusione: la scienza non va sempre avanti
Prima di tutto è notevole vedere che non è vero che si va sempre avanti. Noi abbiamo sempre detto che il più grande economista d'oggi non si può sovrapporre a Marx e farlo sparire dicendo: Marx è vecchio, ha scritto nell'800, io scrivo nel '900 e avrò cose più grandi da esprimere. È possibile che qualche imbecille si pavoneggi a questo modo, ma non fa testo. Oggi vediamo piuttosto studiosi dal pensiero conformista che vengono a riconoscere verità che solo noi si difendeva; vediamo nostri avversari capitolare di fronte al marxismo; vediamo scienziati "progressisti" riconoscere che frammenti di verità utile possono anche apparire millenni prima della nostra epoca, come dimostra [non solo l'esempio di Leucippo e Democrito ma anche quello del loro nemico Aristotele che, dice Galileo, non era così fesso da perdersi le fasi di Venere al cannocchiale, come invece fecero i preti aristotelici]. Noi non ci permettiamo di pronunciare un giudizio, tra Galileo ed Aristotele. Riteniamo possibilissimo il ricorso a tutta la storia della conoscenza, niente escluso, fin quando quel ciclo millenario non si sarà completato col seppellimento della preistoria umana e con l'apertura della nuova storia e della nuova epoca armoniosa e gioiosa della specie.
In qualche modo per noi è persino notevole che si ritorni ad Aristotele. Come ricorderete, noi abbiamo poggiato la critica al logos aristotelico proprio sul logos stesso. Quando abbiamo trattato, in modo molto elementare, la quistione dei corpi fabbricati dall'uomo, dei satelliti artificiali che girano attorno alla Terra, li abbiamo studiati in base alle leggi di Galileo, Newton e Keplero. Abbiamo ricordato le leggi da loro scoperte e la conseguenza sulla dinamica dei manufatti. Crediamo che tutti quelli che studiano spinte, traiettorie e orbite stiano facendo allo stesso modo. Sono formulazioni perfettamente sicure anche se hanno trecento anni, e molte volte, per una critica al mutamento delle opinioni in materia di rivoluzione e di partito, abbiamo fatto il paragone col mutamento delle opinioni in materia di fisica, la quale dovrebbe essere una materia perfettamente oggettiva. Non ci scandalizza dunque un "ritorno ad Aristotele", ma siamo sicuri che il motivo e le modalità nascondono un trucco ideologico.
Seconda conclusione: scienza bloccata dal rapporto sociale
Ricordate la quistione del moto: al satellite artificiale che gira attorno alla Terra non occorre nessuna energia per mantenere la traiettoria, per restare in orbita. Esso sta eternamente in rivoluzione attorno al pianeta in virtù della legge di inerzia di Newton dedotta dai principi di Galileo (qui adesso vogliono, un po' per nazionalismo, salvare Galileo rispetto a Newton). Perché non "costa" niente mantenere un satellite in orbita? [Aristotele riteneva che per tenere un corpo in movimento, anche senza accelerare o ritardare, occorre "spendere" una forza. Galileo disse che la forza occorre per modificare, non per produrre il movimento. Newton non fece ipotesi, trovò leggi e calcolò il moto del mirabile sistema gravitazionale che da migliaia di millenni ripeteva il suo ciclo senza "spendere" niente. Newton vide dunque che ogni corpo, in quiete o in moto, ha bisogno di una forza per vincere l'inerzia se vuole modificare il suo stato. Lo stato di un satellite è stare in orbita newtonianamente gratis in moto inerziale dopo aver ricevuto una spinta aristotelica per giungere alla velocità di fuga e un'altra, galileiana, per modificare la sua traiettoria].
Ciò significa che il moto di tutti i corpi in orbita, per quanto sia ellittico, accelerato al perigeo e decelerato all'apogeo, è assimilabile a quello rettilineo uniforme e quindi non c'è bisogno di "spendere" nessuna forza per mantenerlo nello stato in cui si trova. Ed ecco perché ho qui usato più volte i termini economici di valore: costare, spendere, gratuito. Non perch'io voglia lontanamente fare la critica di questo Ritorno ad Aristotele, dato che non posseggo le nozioni scientifiche per farlo, ma per mostrare come l'ideologia dominante si intrufoli nell'ambito di sottili spiegazioni scientifiche, diventando l'espressione banale dell'attuale società. Quel che vi dico è molto importante. Voglio farvi notare che gli scienziati borghesi ragionano proprio come noi diciamo che ragionano, cioè regrediscono di millenni e nello stesso tempo introducono paragoni economico-sociali di volgare attualità, mutuati dall'ideologia della loro classe. Finché la nozione rivoluzionaria tratta dalla scienza ultima illumina quella primordiale [essi fanno i sufficienti e gridano: Abbasso Aristotele, abbasso Tommaso d'Aquino! Non appena la rivoluzione è alle spalle, l'ideologia prende il sopravvento; non appena la conservazione è all'ordine del giorno, ecco che ritornano utili i preti e Aristotele].
Mi avvio a concludere perché mi sto stancando assai, non vorrei che vi stancaste anche voi.
In altri termini, il pensiero filosofico borghese ha costruito finora una piramide delle scienze fatta a gradini. Alla base della piramide c'è la matematica, su di essa c'è la fisica, poi c'è la chimica, poi ci sono le scienze biologiche, poi ci sono le scienze sociali, l'economia, la sociologia, la psicologia. Al vertice la filosofia, scienza dello spirito. Noi, dicono i borghesi, siamo ben sicuri di ciò che sta alla base della piramide, si può opinare e discutere su ciò che sta al vertice. Noi comunisti diciamo che mettiamo in discussione tutta la conoscenza, dalla base al vertice e viceversa. Niente lasciamo in piedi [soprattutto perché la piramide della conoscenza borghese è capovolta a testa in giù, poggia sul proprio vertice ideologico e tutto il resto viene di conseguenza].
Rovesciare la piramide conoscitiva
Adesso, da quel chiacchierone, da quel vecchio dottrinario, dogmatico e settario che sono, farò un tentativo analogo a quello per cui fui vituperato ai congressi dell'Internazionale, cioè voglio rovesciare anche questa piramide. Scusate se attraverso ponti, se sollevo problemi e discussioni su argomenti che sembrano lontani, se faccio paragoni molto azzardati: si tratta di collegamenti che valgono a spiegare perché li abbiamo raccolti nella stessa riunione e sono esposti dalle stesse persone agli stessi ascoltatori.
Dissi allora a Mosca: Il faut renverser la pyramide. Voi avete costruito il movimento internazionale proletario mettendolo capovolto. È vero, dicemmo noi, che il movimento dev'essere centralizzato; ma vogliamo che centro e base possano comunicare direttamente, che le informazioni e le direttive abbiano una traiettoria precisa, stabilita, non come adesso che tutto poggia sul vertice di Mosca in equilibrio instabile.
Ora, la banale meccanica, quella del povero Galileo, del povero Newton, hanno dimostrato di resistere al tempo, se con i loro calcoli si mandano ancora adesso razzi e satelliti manufatti nello spazio; non so che cosa posso fare per farci rientrare Aristotele. A scuola mi hanno insegnato, come hanno insegnato a tutti voi, che avevano ragione. Adesso non si sa più che cosa decidere. Quello che sembrava così solido, ci dicono, non è più sicuro, tutto si può revocare in dubbio. La fisica moderna tutta, con lo studio delle particelle quantistiche, è in preda alla filosofia del dubbio, dell'indeterminazione, dell'incertezza. Ma che scienza è quella che non ha più certezze?
Ad ogni modo, adesso stiamo facendo un tentativo di rovesciare la piramide scientifica. La materia avrebbe dunque in sé stessa tali particolarità per cui prende una determinata forma. È la teoria aristotelica dell'ilemorfismo. E solamente quando questa facoltà potenziale diventa una facoltà attuale assistiamo a innumerevoli fenomeni. Quindi non è possibile spiegare il moto senza che vi sia una relazione col campo esterno. Il moto è il cambiamento di luogo di un corpo: prima stava qui, ora sta là; noi l'abbiamo sempre messo in relazione con la posizione, mentre Aristotele lo metteva in relazione col mezzo, con l'aria in cui il corpo era immerso. Secondo l'autore di questo articolo, invece, sarebbe avvenuto che Galileo e Newton avevano sbagliato, per cui, adesso ci si potrebbe basare su di una nuova teoria chiamata "dinamica dello scambio". La strada sarebbe stata aperta una diecina di anni fa dal Segré, il quale trasferendo la sua attenzione dagli studi di fisica matematica, in cui eccelleva, agli studi di fisica sperimentale, avrebbe stabilito il seguente principio: un corpo, per mantenersi in moto, deve avere degli "scambi" col campo esterno. In parole povere non è possibile che esso si muova se nessuno ci spende nulla. Ora, in seguito a tutta questa ricerca salterebbe ovviamente il nostro assunto dei corpi astrali che viaggiano gratis nell'Universo. Io non posso naturalmente spiegare, né seguire le formule piuttosto ardue di questo autore, senza possedere i necessari concetti matematici e fisici richiesti (quand'uno ha studiato, se non si "aggiorna", dieci anni dopo diventa una bestia completa perché ti cambiano tutto e non sei più sicuro di niente). Però trovo notevole che, per dare una dimostrazione di fisica, l'autore stesso ricorra a un paragone di carattere economico: non è possibile uno scambio senza contropartita.
La scienza di Don Ferrante
Qual è la conclusione a cui vengo? Io non mi permetto di dire che [il ricorso a concetti economici] sia una ragione per dimostrare che il ragionamento fisico-matematico sia giusto o sbagliato; se alla fine del conflitto la vincerà Aristotele o la vinceranno di nuovo Galileo, Newton o Einstein; perché si tratta di un tema alla cui soluzione non possiamo arrivare in questo momento, e neanche attraverso un lungo lavoro. Dunque non dico che noi ci arriveremo, ci arriverà evidentemente la società comunista. Prima di essa non si potrà superare [lo scoglio della contraddizione fra le varie branche della scienza]. La società capitalistica sembrava aver abbandonato la fisica aristotelica propugnata dai tomisti e dai neotomisti ai quali, in questo articolo, si fa anche omaggio. E aveva in generale adottato la nuova fisica che le permetteva di impostare una filosofia che potremmo definire del realismo scientifico e che ha portato a grandi risultati fino alla relatività e alla meccanica quantistica.
Per piacere non vi muovete, fra poco vi lascerò andare in ordine e disciplina; se uno si muove dà l'esempio e se ne muovono altri undici. Io vi vedo agitare, mi fate deviare il corso delle idee e la cosa diventa più lunga.
Ora dico: la società borghese al principio ha attraversato un momento esplosivo, quello della sua rivoluzione, un grande periodo storico che, intellettualmente, possiamo far risalire fino al Rinascimento e, politicamente, fino al tempo della Rivoluzione inglese del '600 e della Rivoluzione francese del '700. Con la rivoluzione industriale e fino a tutto il secolo scorso la borghesia si è avvicinata per un momento a una scienza della realtà, [dimostrando che] al possesso della verità si arriva attraverso tempeste, tuoni e battaglie di una parte dell'umanità contro l'altra parte di sé stessa. In ogni tornata di questi sprazzi fortunati della storia riusciamo a intravedere degli spezzoni della prospettiva generale verso la verità cui la nostra specie tende. Perciò la borghesia è particolarmente vicina alla realtà nei momenti in cui, sfidando la forza consolidata degli antichi dogmi ideologici, deve avanzare, rivoluzionando il mondo contro i residui del passato. Immaginiamo Galileo che, dinnanzi al sinedrio dei preti, batte il piede per terra e dice: "Eppur si muove", sfidando la conoscenza dell'epoca e rischiando persino il rogo pur di affermare una verità che del resto stava affermandosi per forza propria.
Adesso abbiamo una borghesia vigliacca, suggestionata unicamente dalle sue dottrine economiche. Ha una posizione conservatrice, ben dimostrata dall'articolo, che utilizza metafore legate al linguaggio della proprietà e del valore, inutili in un contesto non divulgativo, dato che questa è una pubblicazione riservata a un pubblico scientifico, cui si vuol spiegare un problema di fisica pura.
Ed ecco perché Aristotele avrebbe avuto ragione: le combinazioni chimiche, i fenomeni fisici, i fenomeni vitali e i fenomeni mentali sarebbero quelli appartenenti al mondo sensibile, quello di antescena, quello della materia attuata che percepiamo; invece nel mondo dell'antimateria ci sarebbero tutte le particelle non attuate, tutti i corpi allo stato potenziale, diciamo così. Sarebbe un mondo di materia incombinata, che non reagisce, non dà luogo a fenomeni meccanici, chimici, elettrici o quantistici. Pura materia in potenza e non ancora forma. Ecco perché il nostro autore s'inguaia nella vecchia concezione del filosofo di Stagira che stabilì l'ilemorfismo, su cui l'umanità ha ragionato e sragionato fino al Don Ferrante dei Promessi Sposi il quale, ragionando appunto sulle costruzioni di Aristotele, dimostra che la peste non c'era: le cose sono sostanza e accidente, e la peste era accidente. Manzoni, un buon borghese, lo sfotte e, poche righe dopo avergli fatto svolgere la sua bella dimostrazione, lo fa morire di peste. Così finiranno i difensori della conservazione a oltranza della società borghese.
Fisica in partita doppia
Ora, questi matematici, scienziati di alto rango, competenti di fisica nucleare, in grado di avere una comprensione così profonda della materia e della forma, di questo mondo e contromondo, quello effettivo, reale, palpabile e visibile, nel quale noi ci agitiamo, e di quell'altro, di cui si può avere solo una vaga intuizione; questi matematici sentono il bisogno di usare paragoni puramente mercantil-proprietari. Allora è evidente che per questi signori la verità sta nella economia, è da essa che attingono le verità della fisica e della matematica. Tali fisiche cangianti adattano la matematica, la pongono al proprio servizio, [perché la matematica è un linguaggio, e se con i diversi modi di produzione cambia il linguaggio non può non cambiare anche quello della matematica]. La scoperta del principio di scambio, nell'interazione tra il corpo e il campo che lo circonda, si verificherebbero con un bilancio, e il bilancio prevede entrate e uscite – così c'è scritto – e quindi occorre far calcoli in partita doppia, come i ragionieri.
Se si viene a stabilire che deve esistere un qualche cosa a spiegare un movimento per cui bisogna "pagare" un prezzo, si esce dalla enunciazione del vecchio Engels, il quale disse semplicemente: "Il movimento è il modo di essere della materia". Il principio di inerzia si enuncia parlando di quiete o di moto, ma in realtà la quiete assoluta non esiste. Tutta la materia è in moto, le varie parti dell'Universo, dalle particelle alle galassie si muovono l'una relativamente all'altra, gratis. Il moto non ha bisogno di una spiegazione perché è il primo presupposto che non ha bisogno di ipotesi creative. Invece adesso il moto avrebbe bisogno di una spiegazione. Perché? Perché occorre saldare un conto economico, dare una contropartita, pagare un debito. E vi potrei leggere qualche passo dell'articolo per mostrarvi quante sono le enunciazioni economico-sociali che si adoperano a spiegazione delle recenti rivoluzioni della fisica e della matematica, la quale non corrisponde più a quella del proverbio: "non è un'opinione"; oggi tutto è opinabile. Ma non voglio neppure lontanamente coinvolgervi in questa lettura.
Uno degli apporti della scoperta di Planck (quella dei quanti di azione) alla fisica moderna è che la materia, la luce, l'energia si possono concepire come discontinui, formati da tanti minimi grani impalpabili. In fondo l'idea era stata introdotta da Pitagora, il quale pensava che i numeri fossero l'essenza dell'Universo, in senso letterale, dato che per i pitagorici i numeri erano quello che per noi sono le particelle atomiche (e questo dovrebbe far pensare, dato che Pitagora ebbe qualche problema con i numeri irrazionali, che lo ripiombavano nei rapporti fra grandezze incommensurabili).
Tutta la matematica moderna è costruita sulla ipotesi del continuum, la fisica moderna è costruita sulla ipotesi del discretum, perciò la matematica ha dovuto essere, diciamo così, adattata. Ora, la scoperta di Plank, che egli stesso riteneva, sperava, potesse essere riassorbita in una visione generale della fisica rispettosa delle equazioni fondamentali del continuo, si è ampliata al punto di venire adoperata per fare tremare la piramide della conoscenza acquisita. La sua base fisica e matematica è revocata in dubbio. Noi, che normalmente ci occupiamo di quell'altra piramide, quella politico-sociale, vogliamo spezzare e capovolgere l'una e l'altra, trattandole come un tutt'uno, come i nostri avversari ammettono sia giusto fare, confessando che chi comanda in entrambe è l'ideologia della proprietà e del Capitale.
È inutile discutere in modo riduttivo dei passaggi all'interno delle discipline scientifiche o della società, partecipare ad ognuno dei dibattiti su questa o quella disciplina, questo o quel risultato. La verità è che bisogna partire dalla sommità della piramide e rovesciare tutto. Lì è il problema, altrimenti non si spiegherebbe come mai, da parte di chi fa affermazioni tanto audaci da rasentare il paradosso incomprensibile e magari porta un contributo effettivo alla conoscenza, vengano esempi di subordinazione totale all'ideologia del valore e del denaro. Noi non neghiamo affatto che scienza e conoscenza possano procedere per paradossi a prima vista inverosimili. Anzi, questo ci fa pure piacere. Noi non escludiamo affatto ricorsi storici che mostrino come risultati di duemilacinquecento anni fa siano più aderenti alla spiegazione della natura di quanto lo sia ciò che è stato affermato nel XX secolo. D'altra parte non possiamo contestare a questo scienziato di vivere nei meandri di una società borghese, di far parte del "partito" borghese. È logico che adoperi i concetti della sua società. L'ho detto avanti. Siamo noi che dobbiamo trarne le conclusioni.
Adesso lasciatemi respirare un momento, senza approfittare per fare i cattivi e muovervi come scolaretti. Questo invece continua a dormire...
Vorrei trovare il passo nel quale c'è un'infilata di termini economici. Ecco: "Quale azione paga gli effetti di una variazione permanente di luogo in moto uniforme rettilineo?" Io vi avevo mostrato, giurando su Galileo, Newton ed Einstein, che non occorre pagare niente per il moto dello Sputnik perché esso corrisponde a un moto uniforme rettilineo "inerziale". Non c'è nessuna ragione per pagare qualche cosa. Invece qui si dice: Bisogna trovare questo qualcosa perché altrimenti quale azione paga l'equivalente di una variazione permanente di posizione nello spazio? È un concetto sociale che tutto dev'essere pagato da qualcuno. Ma è proprio da questo che l'umanità deve uscire, e perciò mettiamo in dubbio quel che dice lo scienziato, appoggiandoci a Galileo e tutta quanta la compagnia, Aristotele compreso, e dicendo che la verità è ancora lontana. Non per niente proponiamo di evitare i roghi di libri, non sempre metaforici, tanto cari ai borghesi: proponiamo non di "ritornare" alla filosofia, ma di incominciare a costruire dagli opposti estremi, dalla società futura che noi vediamo e da quelle passate che adesso possiamo conoscere senza pregiudizi borghesi.
Avevano forse più ragione i filosofi antichi degli scienziati attuali, ma l'errore della filosofia nasce necessariamente dal fatto che essa ad un certo punto della storia ha incominciato a rinchiudersi nel cervello dell'individuo. È la scienza dell'urto delle collettività sociali, e non degli individui, che ci darà la prima traccia di verità attraverso cui la specie conoscerà sé stessa e il mondo che la circonda. Non io, non voi, non certamente gli uomini viventi di oggi, ma certo non troppe generazioni avanti, tutta l'umanità si approssimerà a verità nell'ordine dei fenomeni più complessi, cioè dei fenomeni storici e sociali, e quindi nella conoscenza del mondo fisico, senza le attuali remore ideologiche. È così che rovesciamo la piramide.
Si può giurare che la più breve distanza tra due punti sia in linea retta? No, non mi sento di giurarlo perché mi hanno insegnato che in una geometria non euclidea può non essere vero. Ma che l'umanità vada verso il comunismo, questo mi sento di giurarlo e credo che voi tutti lo possiate giurare con me sulla base del determinismo. È da questa verità che "bisogna" discendere. Anzi, solamente quando questa verità sarà entrata nella vita di fatto si potrà ridiscendere e spiegare cosa siano lo spirito, Dio, la materia, la forma, il mondo, l'anti-mondo, quale fosse il rapporto tra tutto questo per le società precedenti e quale nuova conoscenza sarà la nostra.
Dunque, chi paga le spese di trasferimento del corpo da A a B? Ché se il corpo è andato da A a B qualcheduno deve pur pagare le spese. La solita domanda della mentalità borghese: chi paga? Chi ha corrotto l'operatore? L'alta scienza si riduce a questo:
"Acciocché un corpo esprima un suo movimento relativo (variazione di luogo) ci sono tre condizioni: che la sua massa accetti una certa quantità di energia (accettazione dell'energia correlativa all'impulso); che la quantità di energia accettata sia cambiata dalla massa in altra e differente valuta energetica; che la quantità di energia nuova, di nuova valuta, sia riversata nella sua massa, come riversamento quantico dell'energia cambiata. II mediatore dell'accettazione è il cambio delle diverse forme nel campo della materia quantica".
Ecco che si arriva a introdurre il Dollaro e la Sterlina nella meccanica quantistica. Sembra di capire: io particella ho una certa quantità di energia; busso allo sportello della cassa di questa banca mediatrice e dico: "Accettate qualche cosa in cambio di qualcos'altro ché debbo muovermi". Cambio della valuta energetica accettata; quello che gli ho dato in magnetismo ricevo in elettricità, quel che gli ho dato in calore ricevo in movimento, e così via. Condizioni qualitative e quantitative sono sottoposte al principio di scambio. Ed è proprio il santo principio di scambio che ci vogliono infliggere per spiegare la vita sociale dell'umanità. Come dire: se la natura funziona così… allora il capitalismo è la condizione naturale dell'umanità.
Il Capitale, con la legge dello scambio (e con omaggio di Stalin e dei russi) pretendeva di chiudere tutti gli sviluppi futuri entro i limiti di questo suo specifico principio in modo che non potessero concepirsi economie senza scambio. Noi abbiamo spezzato questo dogma pretenzioso e primitivo sulle tracce delle scoperte esplosive del marxismo, che un secolo addietro spiegò invece come il valore, lo scambio e le loro leggi debbano sparire dalla società, e come la rivoluzione trionferà solo quando tali leggi non giocheranno più. Ora le leggi dello scambio vengono invocate per portare chiarezza in problemi di fisica nati alla radice di un cambiamento importante nella storia della conoscenza.
Feconda distruzione di barriere
La base di tutta la scienza della società moderna è stata sconvolta dalla meccanica quantistica. Montagne di volumi di meccanica razionale che l'umanità sta studiando da tre secoli, fondamento della fisica e di tutte quante le discipline collegate, è stata messa in discussione. Adesso tutto l'importante cambiamento viene spiegato banalmente con una quistione di valuta, di scambio, viene risolta [mutuando in pieno dalla società borghese le sue categorie economiche di valore]. Questo ci permette di dire che il progresso della conoscenza è una menzogna e che sono in errore quei compagni che dubitano della nostra critica corrosiva dei portati scientifici e tecnologici strombazzati dalla società capitalistica. Noi neghiamo persino che la tecnica, l'ingegneria, le scoperte delle università e dei laboratori siano utili per liberare l'uomo dall'ignoranza e dalla fatica. Non ci lasciamo suggestionare dagli esperimenti sensazionali dei corpi lanciati nello spazio, o delle particelle bombardate dai giganteschi acceleratori. La sperimentazione becera, a suon di dollari e senza teoria è un regresso, perché la misura del progresso è per noi alla scala sociale non alla scala di una conoscenza [che sta fra l'accademia, l'arraffamento di denaro e la pubblicità da circo a favore del capitalismo].
Non ci dobbiamo stupire quando conduciamo la nostra denigrazione di tutte le costruzioni del pensiero e della conoscenza borghesi con caparbio piglio settario di partito; quando neghiamo il progressismo, la continuità scientifica, l'evoluzione della conoscenza in questa formazione sociale; quando torniamo alle nostre origini rivoluzionarie, alla nostra scuola, a coloro che l'hanno formata, all'insieme delle opere essenziali del marxismo in cui si condensa la potenza rivoluzionaria di tutta l'umanità. Oggi essa sembra dormire, ma bianca, rossa, gialla o nera, dovrà pure risvegliarsi. Vogliamo, partendo dalle leggi scoperte da Marx, capovolgere tutta quanta l'orrenda costruzione piramidale che poggia sul vertice dell'ideologia dominante, vertice a cui il processo civile e la scienza della borghesia dicono di essere arrivati, quando invece ne sono partiti.
Alla base di quella piramide ci sono certezze matematiche e fisiche da cui sono derivate le cosiddette scienze esatte: [abbiamo visto che ogni certezza scientifica non è che un gradino per salire ad un'altra certezza che inglobi la storia precedente. Perciò non si abbatte una certezza solo per sostituirla col dubbio]. Nell'articolo è spiegato che la scoperta delle antiparticelle potrebbe portare a sviluppi enormi nel campo della biologia. Si potrebbero ottenere esperimenti sensazionali come quello di scambiare la natura dei cromosomi. In prospettiva anche la genetica salterebbe per aria, di conseguenza la psicologia e la sociologia. [E tutto questo sarebbe fondato su una scienza che non ha certezze sulla struttura della materia? Non possiamo lasciare in mano alla borghesia una potenza e, nello stesso tempo, un'ignoranza del genere, ne va del futuro della specie].
Tutta questa costruzione noi la gettiamo giù di colpo. Vogliamo ricostruire su nuove basi la piramide della conoscenza. Vogliamo partire dalla verità del complesso più ricco di varietà, più difficile, più articolato, a prima vista più incomprensibile, ovvero dal complesso della società attuale e dalle leggi del suo divenire verso una società nuova. Riteniamo che la conoscenza umana sarà veramente tale quando l'umanità avrà portata e applicata la chiarezza in sé stessa, nel suo modo sociale di vivere. Riteniamo che solamente allora la verità si comincerà a ricostruire, ripartendo dal complesso e articolato, ormai compreso attraverso assiomi inconfutabili, e percorrendo la strada inversa, per capire finalmente la "molteplicità del reale", della natura. Si ricostruirà tutto: psicologia, sociologia, fisiologia, biologia, chimica, fisica e matematica. L'umanità raggiungerà [il suo scopo]: non farà la rivoluzione perché avrà raggiunto il vero, ma raggiungerà il vero quando sarà capace di portare a compimento la rivoluzione.