La socializzazione fascista e il comunismo (8)

8. Storicamente irreversibile

Autodefinizione

Nel 1933 viene pubblicato un breve opuscolo con una conferenza del sociologo economista Werner Sombart (già presente al convegno di Ferrara) su L'avvenire del capitalismo. L'introduzione, scritta da un fascista, è straordinariamente precisa in confronto alle leggende sociali sulla vittoria militare della democrazia contro il fascismo e quindi sulla natura di quest'ultimo:

"Sovietismo e Fascismo rappresentano due colossali tipi di costruzioni nuove per l'assetto interno e per i rapporti esteri della vita dei popoli… Profondamente contrastanti nella dottrina, nelle finalità politiche e sociali, i due sistemi presentano non rare analogie di metodi, non rare analogie nella valutazione di taluni elementi, di taluni fattori della vita. L'uno e l'altro hanno seppellito definitivamente il mondo liberale con le sue teoriche politiche ed economiche e hanno potenziato al massimo l'autorità dello Stato, hanno fatto sentire la necessità dell'inquadramento dei produttori nella vita collettiva. Hanno dato al capitale una nuova funzione diversissima da quella del passato: l'uno, il comunismo, sopprimendo la proprietà, l'iniziativa privata e concentrando tutto nello Stato; l'altro, il fascismo, conservando proprietà e iniziativa privata, ma subordinando ambedue alle più alte finalità nazionali e sociali e facendo intervenire lo Stato solo per dirigere e controllare. Il Fascismo con la carta del Lavoro, come ha superato la lotta di classe proletaria, così ha anche superato il capitalismo nell'accezione corrente della parola. Non una volta soltanto Mussolini ha ripetuto che il capitale deve obbedire, né ha mezzi di opporsi al volere dello Stato; che il capitale non è una divinità, ma uno strumento."

La citazione è lunga ma necessaria. Nell'opuscolo presentato a questo modo, Sombart analizza le possibilità di sviluppo futuro del capitalismo giungendo a considerarne tre: 1) il capitalismo "tira a campare" rattoppando volta per volta il tessuto sociale là dove fa acqua; situazione, questa, che nessuno auspica tranne i governanti attuali; 2) il film del capitalismo viene proiettato all'indietro fino al periodo dell'accumulazione matura, quando nella società è chiaro il predominio illimitato degli industriali e del mercato. Ma questo scenario non è realistico, primo, perché un ritorno al capitalismo liberale è impedito dalla complessità economica, sia dal punto di vista delle modalità tecniche della produzione e della distribuzione, sia dal punto di vista dell'assetto industrial-finanziario, con gigantesche banche e potenti monopoli, cui si affianca il sistema di controllo sia del processo economico sia dei rapporti fra le classi; 3) Essendo il passato definito come libertà e arbitrio senza programma, e il presente come insieme di vincoli e regolamentazioni stabilite ad hoc, senza programma, il futuro non potrà che essere una negazione delle due fasi precedenti, cioè una società caratterizzata da un ordinamento programmato dell'economia.

"Si potrebbe parlare forse di economia ordinata, inquadrata, addomesticata, razionale, che si potrebbe anche indicare come economia organica, se si è convinti di esprimere con un'immagine la cosa, dicendo: si tratterebbe di ristabilire una connessione razionale come se questa fosse un organismo. In ambedue i casi abbiamo a che fare con un tutto le cui singole parti devono stare tra loro in rapporto razionale." (Sombart, op. cit.).

E siccome una programmazione parziale, come una razionalizzazione parziale è un non senso, l'economia a programma dev'essere intesa come estesa a livello nazionale. Nel senso che un'economia nazionale dev'essere programmata e un'economia programmata non può che essere nazionale. Ogni programma ha bisogno di un centro programmatore che possa fare affidamento sul principio di non contraddizione fra le parti interagenti. Ne risulta che questo principio esclude la disarmonia sociale del rapporto contraddittorio fra le classi. Citando Marx, Sombart osserva che l'economia-programma sarà necessaria anche per affrontare il mercato mondiale: il saggio di plusvalore assoluto scenderà perché saliranno i salari e si accorcerà la giornata lavorativa, mentre il saggio di plusvalore relativo non salirà in proporzione all'aumento di produttività. La programmazione, quindi, si avvarrà di tutti gli strumenti che il capitalismo ha escogitato nella sua crescita caotica. Guai allo stolto capitalista che rinuncerà a qualcuno di essi nel timore che un più razionale assetto capitalistico gli tolga potere.

Processo storico irreversibile

Ora, se noi diciamo che la forma fascista del capitalismo è la più moderna e avanzata, che fase stiamo attraversando? Si tratta sicuramente di un periodo in continuità con quello fascista e in più di un'occasione abbiamo parlato del secondo dopoguerra come fase demo-fascista del capitalismo, che ha perfezionato il sistema pubblico integrando molte funzioni sociali:

"Più volte è stato chiarito dal nostro movimento che l'attuale fase della dominazione capitalistica è, nel fondo, fascista, in quanto tende a realizzare pur con altri mezzi lo stesso inquadramento ferreo delle masse lavoratrici nello Stato, lo stesso svuotamento del carattere classista degli organismi sindacali, lo stesso controllo dell'opinione pubblica, che gli Stati totalitari erano riusciti precedentemente ad imporre. Questo inquadramento avviene non solo attraverso il rafforzamento rapido e efficacissimo degli organi tradizionali dello Stato capitalistico, ma anche (e con non minore efficacia) attraverso la rete a maglie fitte dei grandi partiti, il cui alternarsi alla direzione della 'cosa pubblica' serve solo a far apparire meno rigido e soffocante il metodo totalitario di governo." ("Le nazionalizzazioni arma del capitalismo", Prometeo 1946).

Con le leggi fiscali (Vanoni), i lavori pubblici (Fanfani) e l'industria statale (IRI), l'intervento statale in economia continua e si allarga. Oggi, lasciate formalmente alle spalle la Prima e anche la Seconda Repubblica, le politiche di assistenza pubblica, le "garanzie" sociali di fascista memoria, si stanno dissolvendo come neve al sole. Noi non valutiamo come negativo questo processo; avendo fatto nostro il dettato del Manifesto del Partito Comunista siamo convinti che

"I proletari non hanno nulla di proprio da salvaguardare; essi hanno soltanto da distruggere le sicurezze e le guarentigie private finora esistenti".

Il capitalismo sta facilitando il lavoro ai comunisti: dissolvendo il welfare e mettendo ampie fasce di popolazione con le spalle al muro rende la società dualistica, classe contro classe. In caso di "scelta" le molecole sociali si indirizzerebbero intorno a due poli distinti. Gli stati sono sempre più in difficoltà e riescono sempre meno ad assolvere alle loro funzioni: l'italiana repubblica fondata sul lavoro vede una pericolosa crescita della disoccupazione, della disuguaglianza sociale e un'incapacità delle istituzioni (Triplice sindacale compresa) a porvi rimedio. Nel "Rapporto Giovani 2017", commissionato da banche e altri enti italiani, sono presentate cifre pesanti sulla condizione giovanile fra i 18 e i 32 anni. Oltre il 70% dei giovani che vivono in famiglia dichiara di non potersene allontanare per cause economiche. E, sempre a cause economiche, l'80% dei disoccupati che non cercano più lavoro attribuisce la propria condizione. Il 79% dei giovani occupati con contratti a termine sostiene che non ce la fa a campare senza l'aiuto della famiglia. E l'81% di coloro che hanno un lavoro dichiara di non poter avere figli, ancora per cause economiche. Il 92% dei giovani della fascia di età oggetto di indagine vede la propria posizione immutata o peggiorata rispetto al 2016. In conclusione, nella ricerca si afferma che alla gioventù non è consentito accedere ai mezzi che permettono la riproduzione della specie. Teoricamente, se questa situazione si protraesse fino alla scomparsa dei genitori dei giovani suddetti, nei paesi occidentali saremmo, per cause economiche, all'estinzione di una parte dell'umanità.

La famigerata stanza dei bottoni

Saltando qualche decennio, arriviamo ai primi anni '80 in Italia quando, in seguito al rifluire delle lotte dopo la conclusione del "Sessantotto lungo vent'anni" (cfr. articolo su questa rivista n. 14), si formano i sindacati di base, nei quali molti raggruppamenti di sinistra ripongono le ultime speranze sulla rinascita di un sindacato di classe.

Per chi si collega alla Sinistra Comunista "italiana", la distinzione fra i grossi sindacati tricolore e i piccoli sindacati minoritari (per cui i primi sarebbero corporativi e venduti in blocco, alcuni dei secondi miracolosamente indenni) poggia, nel migliore dei casi, su un'illusione. La natura di un sindacato non la decide il suo gruppo dirigente, o la buona volontà dei suoi iscritti, o qualcuno che offre appoggio esterno: è un risultato storico. Qualcuno può considerare quelli che abbiamo chiamato "i sindacatini fotocopia" come preludi al sindacato di classe, ma di fatto sono assolutamente inutili, creano confusione e false aspettative. Vanno alla trattativa come Nenni andava alle elezioni promettendo di portare il PSI "nella stanza dei bottoni", cioè dei comandi, fingendo di non sapere che bisogna cambiare l'impianto, non l'operatore. In quanto alla loro essenza "classista" non offrono novità rispetto al panorama degli ultimi settant'anni, sono solo più piccoli di quelli tricolore, relegati in aree di nicchia dove riempiono il vuoto lasciato dai grossi. Raccolgono ovviamente lo scontento di alcune fasce di lavoratori, possono avere una base combattiva e in buona fede, insomma, sono costretti ad essere radicali proprio per avere quel minimo di consenso perduto dai concorrenti. Ignorati dalla politica sindacale ufficiale, agognano al riconoscimento da parte dello stato e delle "controparti", cioè si candidano ad essere perfettamente omologati.

Per cancellare l'effetto storico della cooptazione del sindacato entro lo stato borghese occorrerebbe uno stravolgimento sociale di potenza gigantesca. Se ciò non avviene, ogni sindacato non potrà fare altro che mediare fra capitalisti, stato e proletari secondo le regole della concertazione e contrattazione introdotta dal fascismo e non più reversibile. Quando sia utile, una radicalizzazione apparente è perfettamente gestita dai sindacati tricolore. Al loro interno esistono tutti i presupposti per il recupero o l'espulsione di quella parte di iscritti che tendesse a ribellarsi. Nel 1968-69 la CISL si pose come alternativa di "sinistra" alla CGIL, considerata dai giovani operai di allora troppo cedevole. Nel 1980, durante i 35 giorni di sciopero alla Fiat, la CGIL finse di essere al fianco dei lavoratori con grinta, salvo poi pugnalarli alla schiena. Quando all'inizio degli anni '90 ci fu una sollevazione interna contro le gerarchie sindacali per il famoso Protocollo, la CGIL inviò a Torino Claudio Sabattini e Giorgio Cremaschi, un duro della vecchia guardia e un sinistro della generazione successiva.

Esistono forze interne alla CGIL più numerose e organizzate, passibili di radicalizzazione al pari o più di quelle dei piccoli sindacati; ha più senso lavorare con quelle che con nuove sigle. Di solito qui sorge inevitabile la domanda: ma se questo diventa impossibile (espulsioni, ecc.) cosa possono fare i lavoratori? Se il proliferare di sindacatini è l'effetto di condizioni oggettive, non ne consegue automaticamente che il fondare sindacatini possa modificare dette condizioni. E infatti non le modifica, proprio perché il rapporto di lavoro è basato storicamente sul presupposto contrattuale, e il contratto con firma diventa il fine di ogni sciopero anche quando sono in ballo licenziamenti o temi che non possono/devono essere oggetto di trattativa e compromessi.

L'esito degli scontri per motivi sindacali non dipende dalla forma con cui tali scontri si manifestano ma dalla forza che si riesce a mettere in campo. E non esiste una scala di valori in cui inserire le varie sigle sindacali, l'unico criterio è quello dell'efficacia rispetto agli obiettivi. Ma al di là dell'ovvio "uniti è meglio", neghiamo che oggi un sindacato qualsiasi possa essere definito "di classe". Neppure come tendenza, perché nessuno al momento può fare a meno di agire secondo regole che non ha la facoltà di cambiare. Se la natura del sindacato odierno è il prodotto di un processo storico irreversibile, finché non cambia radicalmente il rapporto fra le classi ogni sindacato è "opportunista" e ogni suo dirigente è un "bonzo" come si dice fin dagli anni '20 del secolo scorso.

Letture consigliate

  • AA.VV., Socialfascismo. Dal Programma di San Sepolcro alla socializzazione delle imprese, ed. Noctua, 1999.
  • Antonioli Maurizio. Azione diretta e organizzazione operaia: sindacalismo rivoluzionario e anarchismo tra la fine dell'Ottocento e il fascismo, ed. Lacaita, 1990.
  • Bey Hakim, T.A.Z. Zone Temporaneamente Autonome, ed. ShaKe, 2007.
  • Bordiga Amadeo, Storia della Sinistra comunista, vol. I, ed. Programma comunista.
  • Bordiga Amadeo, "Fiume e il proletariato", Rassegna Comunista, settembre 1921.
  • Bordiga Amadeo, "Che cosa è il fascismo", Il Comunista, 3 febbraio 1921. "Per l'inquadramento del Partito", Il Comunista del 14 luglio 1921. "Inquadramento militare delle forze comuniste", Il Comunista del 7 agosto 1921.
  • Bordiga Amadeo, "Il movimento dannunziano", Prometeo nn. 1 e 2 del gennaio e febbraio 1924.
  • Basile Corrado - Leni Alessandro, Amadeo Bordiga politico, Edizioni Colibrì.
  • Bergson Georges, L'evoluzione creatrice, Dall'Oglio.
  • Burnham James, La rivoluzione manageriale, Bollati Boringhieri, 1992.
  • Carli Mario, Con d'Annunzio a Fiume, Felice Miranda Editore.
  • Carli Mario, Trillirì, AGA Editrice.
  • Comisso Giovanni, Le mie stagioni, Longanesi.
  • Comisso Giovanni, Il porto dell'amore, Longanesi.
  • Cordova Ferdinando. Le origini dei sindacati fascisti 1918-1926, Laterza, 1974.
  • Cordova Ferdinando. Verso lo stato totalitario. Sindacati, società e fascismo, Rubbettino, 2005.
  • Cordova Ferdinando, Arditi e legionari dannunziani, Marsilio Editori.
  • De Felice Renzo, Mussolini il rivoluzionario 1883-1920, Einaudi, 1965.
  • De Felice Renzo e Pietro Gibellini, D'Annunzio politico: atti del Convegno, Il Vittoriale, 9-10 ottobre 1985, Quaderni dannunziani.
  • De Felice Renzo, Mussolini il rivoluzionario 1883-1920, Einaudi.
  • De Felice Renzo, Sindacalismo rivoluzionario e fiumanesimo nel carteggio De Ambris - D'Annunzio (1919-1922), Morcelliana.
  • Gagliardi Alessio. Il corporativismo fascista, Laterza, 2010.
  • Grisi Francesco, I futuristi, Newton Compton.
  • Il Soviet: "La Costituente?", 22 dicembre 1918; "Parva favilla", 27 settembre 1919.
  • Ledeen Michael A., D'Annunzio a Fiume, Laterza, 1975.
  • Marx, Engels. Manifesto del Partito Comunista.
  • Neglie Pietro. Fratelli in camicia nera. Comunisti e fascisti dal corporativismo alla CGIL (1928-1948), Il Mulino, 1996.
  • n+1, Lettere ai compagni, "Militanti delle rivoluzioni", 1996.
  • n+1, "Necessarie dissoluzioni", n. 36, 2014.
  • n+1, "Il biennio rosso", n. 40, aprile 2016.
  • Olivetti O. Angelo. Dal sindacalismo rivoluzionario al corporativismo, Ediz. Bonacci, 1984.
  • PCInt., Storia della Sinistra Comunista, vol. I, cap. "Inizio della lotta al riformismo: appare la falsa sinistra sindacalista", ed. Il programma comunista.
  • PCInt., "Abbasso la repubblica borghese, abbasso la sua costituzione", Prometeo n. 6 del marzo 1947.
  • PCInt., "Appunti per un'analisi del fascismo. Dalle origini alla marcia su Roma", Prometeo n. 3 del 1946.
  • PCInt., "Corporativismo e socialismo", Battaglia Comunista n. 6 del 1949.
  • PCInt., "Che cosa è il fascismo", Il Comunista del 3 febbraio 1921.
  • PCInt., "Far investire gli ignudi", Sul filo del tempo del 1950.
  • PCInt.,"Le scissioni sindacali in Italia", Battaglia Comunista n. 21 del 1949.
  • PCInt., "Le nazionalizzazioni arma del capitalismo", Prometeo n. 4 del 1946.
  • PCdI, "Partito e classe", Rassegna Comunista, anno I, n. 2 del 15 aprile 1921.
  • PCInt., "Partito rivoluzionario e azione economica", Bollettino interno n. 1 del settembre 1951.
  • PCInt., "Tendenze e socialismo", Prometeo n. 5 del gennaio 1947.
  • PCInt., "Tesi sul compito storico, l'azione e la struttura del partito comunista mondiale (Tesi di Napoli)", Il Programma Comunista n. 14 del 28 luglio 1965.
  • PCInt., "Tesi supplementari sul compito storico, l'azione e la struttura del partito comunista mondiale (Tesi di Milano)", Il Programma Comunista n.7 del 1966.
  • Pennacchi Antonio, Canale Mussolini, ed. Mondadori, 2010.
  • Peregalli Arturo, L'altra Resistenza: il PCI e le opposizioni di sinistra, 1943-1945, Graphos, 1991.
  • Properzj Giacomo, Natale di sangue. D'Annunzio a Fiume, Mursia, 2010.
  • Rizzi Bruno, La burocratizzazione del mondo, Colibrì, 2002.
  • Rossi Marco, Arditi, non gendarmi! Dall'arditismo di guerra agli arditi del popolo 1917-1922, Edizioni BFS, 1997.
  • Salaris Claudia, Alla festa della rivoluzione. Artisti e libertari con D'Annunzio a Fiume, Il Mulino, 2008.
  • Salierno Vito, Nino Daniele. Un legionario comunista con D'Annunzio a Fiume, Carabba, 2011.
  • Schivelbusch Wolfgang, Tre New Deal. Parallelismi fra gli Stati Uniti di Roosevelt, l'Italia di Mussolini e la Germania di Hitler. 1933-1939, Marco Tropea, 2008.
  • Sombart Werner, L'avvenire del capitalismo, La Tipografica, 1933.
  • Sorel Georges, L'avvenire socialista dei sindacati, articolo del 1898, ora in Scritti politici e filosofici, a cura di G. Cavallari, Einaudi, 1975.
  • Sternhell Zeev, Nascita dell'ideologia fascista, Akropolis, 2008.
  • Ströbel E., La socializzazione, F.lli Bocca Editori, 1923.

Al popolo italiano, ai soldati, alle camicie nere agli ex combattenti e volontari d'Africa

"Noi abbiamo ragione di inorgoglirci della nostra patria. Questa Italia bella, queste ricchezze sono il frutto del lavoro dei nostri operai, dei nostri braccianti, dei nostri contadini, dei nostri ingegneri, dei nostri tecnici, del genio della nostra gente […]. Noi comunisti facciamo nostro il programma fascista del 1919, che è un programma di pace, di libertà, di difesa degli interessi dei lavoratori; camicie nere ed ex combattenti e volontari d'Africa, vi chiediamo di lottare uniti per la realizzazione di questo programma […]. Noi proclamiamo che siamo disposti a combattere assieme a voi, fascisti della vecchia guardia e giovani fascisti, per la realizzazione del programma fascista del 1919, e per ogni rivendicazione che esprima un interesse immediato, particolare o generale dei lavoratori e del popolo italiano. Diamoci la mano e marciamo fianco a fianco per strappare il diritto di essere dei cittadini di un Paese civile qual è il nostro. Soffriamo le stesse pene, abbiamo la stessa ambizione: quella di fare l'Italia forte, libera e felice."

"Manifesto per la salvezza dell'Italia e la riconciliazione del popolo italiano" apparso sul n. 8 di Stato Operaio, agosto 1936. Firmato Palmiro Togliatti.

Rivista n. 42