La dottrina sociale della Chiesa (2)
Sussidiarietà contro statolatria
L'enciclica Quadragesimo Anno è promulgata nel bel mezzo della crisi economica prodotta dal crollo di Wall Street nel 1929 e riserva dure parole contro "l'internazionalismo bancario o imperialismo internazionale del denaro". Riguardo le trasformazioni avvenute nell'ordinamento capitalistico, nell'enciclica si osserva che
"in primo luogo ciò che ferisce gli occhi è che ai nostri tempi non vi è solo concentrazione della ricchezza, ma l'accumularsi altresì di una potenza enorme, di una dispotica padronanza dell'economia in mano di pochi, e questi sovente neppure proprietari, ma solo depositari e amministratori del capitale, di cui essi però dispongono a loro grado e piacimento."
Il Papa vede chiaramente la fine della borghesia in quanto classe superflua persino per il Capitale, sostituita un po' ovunque da amministratori stipendiati. La citazione è importante perché dimostra come la Chiesa vada oltre l'aspetto contingente e personale e privilegi l'obiettivo, la funzione, giustificando in quest'ottica i ricorrenti compromessi con il "mondo secolare".
Pio XI difendendo la continuità della dottrina sociale della Chiesa specifica alcuni punti in tema di corporativismo cristiano, in particolare spiegando il principio cattolico della sussidiarietà: quando la società esprime dal basso associazioni economiche, culturali o caritatevoli che funzionano, lo Stato non deve sostituirsi ad esse, soffocandole, ma deve agevolarle e sostenerle, sia finanziariamente che con leggi apposite.
Questa posizione è una critica implicita al corporativismo fascista che era teso ad inglobare ogni manifestazione della vita all'interno dello Stato (nel discorso per il terzo anniversario della marcia su Roma Mussolini disse: "La nostra formula è questa: tutto nello Stato, niente al di fuori dello Stato, nulla contro lo Stato"), irreggimentando l'intero corpo sociale e limitando fortemente l'agibilità politica e sindacale ai non fascisti, cattolici compresi. Con la Quadragesimo Anno Pio XI mette in guardia dal pericolo che
"lo Stato si sostituisca alle libere attività invece di limitarsi alla necessaria e sufficiente assistenza ed aiuto, che il nuovo ordinamento sindacale e corporativo abbia carattere eccessivamente burocratico e politico, e che, nonostante gli accennati vantaggi generali, possa servire a particolari intenti politici piuttosto che all'avviamento ed inizio di un migliore assetto sociale".
Di fatto con l'istituzione dell'Opera nazionale balilla per l'assistenza e per l'educazione fisica e morale della gioventù il fascismo toglie alla Chiesa la formazione dei giovani, sciogliendo, per giunta, nel 1928 le organizzazioni giovanili non fasciste, tra cui l'Associazione Scautistica Cattolica Italiana.
Nel "Rapporto di Bordiga sul fascismo al V Congresso dell'Internazionale comunista" si afferma che
"L'opportunismo politico del Vaticano vela, tuttavia, un fondamentale antagonismo che appare invece in chiara luce nei rapporti tra i fascisti e i popolari (che rappresentano una specie di democrazia cristiana): l'idea cattolica in quanto tale è avversa al fascismo, perché il fascismo rappresenta una esaltazione della patria, della nazione, una sua divinizzazione, il che, dal punto di vista cattolico, è una eresia. Il fascismo vorrebbe fare del cattolicesimo una faccenda nazionale italiana. Ma la chiesa cattolica svolge fondamentalmente una politica internazionale, universalistica per estendere la sua influenza politica e morale al di sopra di tutti i confini. Questo contrasto estremamente significativo è stato per il momento risolto mediante un compromesso."
Papa Pio XI sostiene che cittadino, famiglia, associazioni non debbano essere assorbiti dallo Stato; è giusto invece che gli si lasci tanta indipendenza di operare quanta è possibile, senza che questo rechi danni alle istituzioni pubbliche. Si tratta, come si può notare, di modi differenti di intendere il corporativismo, cioè l'interclassismo.
Nell'enciclica Non Abbiano Bisogno, che Pio XI scrive nel 1931 in difesa dell'Azione Cattolica ("che è dire quanto la Chiesa e il suo Capo hanno notoriamente di più caro e prezioso"), viene criticato il fascismo perché con la sua azione politica sta facendo opera di sacralizzazione dello Stato. Il pontefice definisce la dottrina fascista "una vera e propria statolatria pagana, non meno in contrasto con i diritti naturali della famiglia che con i diritti soprannaturali della Chiesa." Egli non può accettare senza reagire che al culto di Dio si sostituisca quello pagano dello Stato, un'entità transitoria, e non certo universale e millenaria come la Chiesa cattolica romana:
"Una concezione dello Stato che gli fa appartenere le giovani generazioni interamente e senza eccezione dalla prima età fino all'età adulta, non è conciliabile per un cattolico con la dottrina cattolica, e neanche è conciliabile col diritto naturale della famiglia. Non è per un cattolico conciliabile con la cattolica dottrina pretendere che la Chiesa, il Papa, devono limitarsi alle pratiche esterne di religione (Messa e Sacramenti), e che il resto della educazione appartiene totalmente allo Stato."
Per i fascisti lo Stato è dunque la nuova divinità alla quale tutti i cittadini si devono sottomettere, compresa la Chiesa, alla quale è concessa l'esclusiva cura delle anime, purché non intralci l'azione politica del regime. Pur non accettando il culto dello Stato, le gerarchie vaticane si adeguano tuttavia alla nuova situazione (in fin dei conti il fascismo non ne mette in discussione i privilegi), non senza ribadire però la necessità di un corporativismo poliarchico e solidaristico di respiro internazionale.
L'attrito tra Stato e Chiesa si manifesta anche in Germania, e con toni più duri rispetto all'Italia, perché il nazismo, mistico e pagano, vuole un cattolicesimo nazionale controllato dal partito-stato nazista. La reazione dell'organismo religioso cattolico non può che essere decisa: portando avanti una politica internazionale, esso non può farsi imbrigliare da un singolo stato nazionale, pena la sua frammentazione in un pulviscolo di chiese nazionali. Certo, in via transitoria, il Vaticano stringe patti con questo o quel governo, con questa o quella forza politica, ma non può accettare la statolatria. Pio XI scrive quindi l'enciclica Mit brennender Sorge, "Con viva preoccupazione", pubblicata il 14 marzo 1937 e indirizzata ai vescovi di Germania:
"Non si può considerare come credente in Dio colui che usa il nome di Dio retoricamente, ma solo colui che unisce a questa venerata parola una vera e degna nozione di Dio. Chi, con indeterminatezza panteistica, identifica Dio con l'universo, materializzando Dio nel mondo e deificando il mondo in Dio, non appartiene ai veri credenti. Né è tale chi, seguendo una sedicente concezione precristiana dell'antico germanesimo, pone in luogo del Dio personale il fato tetro e impersonale, rinnegando la sapienza divina e la sua provvidenza, la quale 'con forza e dolcezza domina da un'estremità all'altra del mondo' e tutto dirige a buon fine. Un simile uomo non può pretendere di essere annoverato fra i veri credenti."
L'enciclica viene letta nelle chiese tedesche il 21 marzo e provoca una dura repressione da parte del regime nei confronti degli ecclesiastici. Pochi giorni dopo la sua promulgazione, Pio XI, per spirito di par condicio, fa pubblicare la Divini Redemptoris, un'enciclica contro un altro aspetto del totalitarismo, quello ateo e comunista che "toglie ogni dignità alla persona umana".
Il Vaticano vede la rivoluzione bolscevica in Russia come la diretta continuazione della materialista ed atea Rivoluzione francese e, pur avendo una particolare avversione per il comunismo, cerca inizialmente un dialogo con il potere sovietico al fine di ottenere un concordato, rivendicando la neutralità della Chiesa di fronte a qualsiasi forma di governo. Con questa logica Leone XIII aveva scritto l'enciclica Au milieu des sollicitudes nel 1892 con la quale spingeva i cattolici francesi a un avvicinamento con la Repubblica. Lo stesso schema viene adottato nei confronti dell'Unione Sovietica e le trattative con la Russia durano dal 1924 al 1927; ma non si arriva mai ad un concordato, si arriva anzi ad una durissima condanna del "comunismo bolscevico ed ateo che mira a capovolgere l'ordinamento sociale e a scalzare gli stessi fondamenti della civiltà cristiana". Ciò non toglie che col passare degli anni una sorta di accordo venga a stabilirsi tra le due entità, quella bianca e quella "rossa", anche se solo con l'incontro di Papa Giovanni Paolo II e Michail Gorbaciov nell'inverno del 1989 si stabiliscono formali rapporti diplomatici tra i due stati.
La Chiesa si pone dal punto di vista dottrinale al di sopra degli stati per il fatto che il suo raggio d'azione è universale, presentandosi come la famiglia di Dio nel mondo, anche se nell'immediato, con la sua ben rodata diplomazia, scende a compromessi con qualsiasi regime la storia le proponga.
Abbiamo visto che il principio cattolico di sussidiarietà, con il suo richiamo ai corpi sociali intermedi, vuole potenziare le società di ordine inferiore (associazioni, cooperative sociali, organizzazioni di volontariato, ecc.), ampliandone le competenze sia sul piano nazionale che su quello internazionale. In tal modo la Chiesa si insedia a tutti i livelli all'interno della società. In occasione del centenario dall'uscita della Rerum Novarum papa Giovanni Paolo II scrive l'enciclica Centesimus Annus (1° maggio 1991) nella quale riafferma con forza tale principio, proponendolo come rimedio ai danni provocati dalla "partitocrazia":
"Disfunzioni e difetti dello Stato assistenziale derivano da un'inadeguata comprensione dei compiti propri dello Stato. Anche in questo ambito deve essere rispettato il principio di sussidiarietà: una società di ordine superiore non deve interferire nella vita interna di una società di ordine inferiore, privandola delle sue competenze, ma deve piuttosto sostenerla in caso di necessità ed aiutarla a coordinare la sua azione con quella delle altre componenti sociali, in vista del bene comune."
Un fervente sostenitore del principio di sussidiarietà, inteso come Welfare partecipativo, fu il teologo don Luigi Giussani, il fondatore, nel 1954, del movimento di Comunione e Liberazione, che con la sua opera diede vita ad una rete di relazioni che si rivelarono clientelari e affaristiche. Si stima che CL abbia oggi più di 300.000 aderenti e controlli un network di 36.000 imprese tramite la sua longa manus finanziaria e imprenditoriale, la Compagnia delle Opere.
La Chiesa di Roma non sfugge, per quanto resiliente, allo stesso fenomeno che colpisce gli stati, i partiti e gli apparati sindacali: la perdita di energia, che finisce per tradursi in disgregazione e decadimento.
Rimane il fatto che il principio di sussidiarietà ha fatto scuola in ambito borghese: esso è definito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea, che mira a garantire che le decisioni politiche siano adottate il più vicino possibile al cittadino. Per il trattato, il significato e la finalità generali del principio di sussidiarietà risiedono nel riconoscimento di una certa indipendenza a un'autorità subordinata rispetto a un'autorità di livello superiore. "Sussidiario" vuol dire che ha funzione ausiliaria, che cioè esplica funzioni di completamento. Anche i sindacati esistenti, e non sono quelli di ispirazione cristiana, praticano varie forme di sussidiarietà, di ausilio allo stato, che vanno dalla partecipazione agli enti bilaterali, alla promozione del Welfare aziendale fino alla gestione di fondi sanitari, pensionistici e assicurativi.
Lo stesso principio è adottato, anche se non statutariamente, dal Partito Repubblicano statunitense (capitalismo compassionevole), una variante della concezione smithiana dello stato che deve intervenire solo in caso di danno per i cittadini, altrimenti deve farsi da parte.
Papa Benedetto XVI nell'enciclica Caritas in veritate (29 giugno 2009) riprende il tema della sussidiarietà e lo aggiorna al tempo della globalizzazione, indicando quale dovrebbe essere la forma di governo più adatta ad un mondo sempre più interconnesso e integrato:
"Per non dar vita a un pericoloso potere universale di tipo monocratico, il governo della globalizzazione deve essere di tipo sussidiario, articolato su più livelli e su piani diversi, che collaborino reciprocamente. La globalizzazione ha certo bisogno di autorità, in quanto pone il problema di un bene comune globale da perseguire; tale autorità, però, dovrà essere organizzata in modo sussidiario e poliarchico, sia per non ledere la libertà sia per risultare concretamente efficace."
Nella lettera si risponde ai difetti e alle magagne dell'attuale sistema economico con il principio intorno a cui ruota la tradizionale dottrina sociale della Chiesa, quello della carità cristiana, che dovrebbe realizzarsi anche attraverso esperienze e programmi di cooperazione internazionale per lo sviluppo equo e sostenibile, che poi non è altro che la vecchia illusoria rivendicazione di un capitalismo più umano.
La DC del secondo dopoguerra
Durante il Ventennio la maggior parte dei quadri che si erano formati nel PPI rimangono nell'Azione Cattolica, l'unica organizzazione tollerata dal fascismo, strettamente legata alla gerarchia vaticana, che si impegna a non fare attività politica e sindacale. Questi dirigenti vengono tenuti "congelati", ma quando si presenta l'occasione favorevole si attivano per dare vita alla Democrazia Cristiana.
Il capo del nuovo partito democratico a direttiva cristiana è Alcide De Gasperi, che rappresenta una continuità fisica e ideale con il Partito di Sturzo, a cui aveva aderito nel 1921, e che intende la Democrazia Cristiana come un partito di centro che guarda a sinistra. Al Congresso di Roma della DC dell'aprile del 1946 così si esprime:
"Noi non siamo né socialisti né comunisti, ma siamo solidaristi: solidarietà di gruppi e di interessi, contributo di tutte le forze produttive in un sistema in cui il lavoro abbia la preminenza su tutti".
È un'idea di solidarietà umana interclassista quella di De Gasperi, che lo pone in perfetta continuità con gli insegnamenti corporativi di Toniolo, Ketteler e Leone XIII, studiati durante il periodo universitario e fondamentali per la sua formazione politica d'ispirazione cristiano-sociale.
Negli anni Trenta il filosofo francese Jacques Maritain, protestante convertitosi al cattolicesimo, pubblicò il libro Umanesimo integrale, nelle cui conclusioni delineava un'idea di società umanistica e cristiana alternativa al fascismo, al marxismo e al liberalismo, e basata sull'accesso per tutti alla proprietà privata, sul riconoscimento dei diritti del lavoro e su un ordinamento corporativo pluralistico che riconoscesse al proletariato un ruolo storico nel processo di trasformazione sociale. Maritain, esponente della democrazia cristiana francese, influenzerà ambienti del cattolicesimo sociale italiano, in primis la sinistra della DC, ma anche dirigenti di primo piano come appunto De Gasperi .
Uno dei primi incontri della costituenda DC italiana si tiene presso il monastero di Camaldoli nel comune di Poppi nel luglio del 1943, pochi giorni prima della caduta di Mussolini. Dal convegno emerge il documento programmatico noto come Codice di Camaldoli, nel quale vengono affrontati i temi salienti della vita sociale: lo Stato, la famiglia, l'educazione, il lavoro, la produzione e lo scambio, l'attività economica, la vita internazionale.
L'incontro viene presentato come un seminario di natura teologica ma ha invece ben altri propositi, di natura squisitamente politica. Alla riunione partecipano una cinquantina tra teologici, giuristi ed economisti di area cristiana; alla stesura del Codice lavorano gli economisti Sergio Paronetto, Pasquale Saraceno ed Enzo Vanoni, tra i principali attori della programmazione democristiana del secondo dopoguerra.
Come scrive lo storico Nico Perrone nel saggio Il dissesto programmato: le partecipazioni statali nel sistema di consenso democristiano:
"Per quanto possa oggi apparire sorprendente, si può ben dire che, proprio nel Codice di Camaldoli, vennero a delinearsi quelle modalità dei nuovi interventi dello stato destinati a concretarsi, in anni successivi, in due singolari enti di gestione, l'ENI e l'EFIM, e in generale in una funzione nuova - più d'intervento sociale che di conduzione secondo regole di mercato – delle partecipazioni statali. Nelle conclusioni di quel convegno dei laureati cattolici, c'era proprio tutto intero il sistema che si è sviluppato dopo, dall'apogeo nazionalizzatore dell'ENI agli interventi frazionati e perdenti dell'EFIM, e forse persino la crisi rovinosa di tutto."
Il congresso semi-clandestino di Camaldoli avrà un carattere costituente visto che alcune conclusioni a cui giunge troveranno spazio nella futura Costituzione italiana oltre che nel futuro programma della DC. Nel monastero si discute della necessità di un coordinamento dell'attività delle forze sociali, al fine di realizzare obbiettivi economici che altrimenti non sarebbero raggiungibili, tipo il sostegno dell'occupazione; e si ragiona su come aggiornare, alla luce del solidarismo cattolico, l'intervento pubblico in economia, partendo da ciò che c'è, ovvero il modello keynesiano, ma inaugurando una nuova versione dello statalismo. Il Codice di Camaldoli ispira anche l'Unione cristiana imprenditori dirigenti (UCID), che nascerà nel 1947 con il fine di studiare e attuare iniziative volte a orientare l'attività delle imprese ai principi della dottrina sociale della Chiesa e ad assicurare un'efficace collaborazione corporativa fra i soggetti che operano nell'impresa.
Negli anni Sessanta il dibattito sull'economia pubblica all'interno della DC continua con tre convegni di studio a San Pellegrino Terme tenutisi tra il 1961 e il 1963. Nel primo convegno svolge un'importante relazione Pasquale Saraceno, dal titolo "Lo Stato e l'economia", in cui sostiene che la grande sfida che il partito democristiano si trova a dover affrontare è quella di tradurre le premesse cristiano-sociali contenute nel Codice di Camaldoli in un disegno complessivo di sviluppo nazionale basato sulla programmazione economica.
Un politico che svolge un ruolo di cerniera tra il corporativismo fascista e quello democristiano è, come abbiamo visto, Amintore Fanfani, teorico della pianificazione capitalistica in salsa cattolica, continuatore e aggiornatore di quel grande moto storico che è il riformismo demo-fascio-keynesiano. In gioventù partecipa al congresso di studi corporativi di Ferrara (1932) e al dibattito sul corporativismo, lavorando tra la fine degli anni Trenta e l'inizio degli anni Quaranta al progetto di redazione di una Storia del Lavoro in Italia iniziato da Riccardo Del Giudice (collaboratore di Giuseppe Bottai). L'ambizioso progetto è volto allo studio delle trasformazioni avvenute nel mondo del lavoro attraverso le epoche passate, per arrivare infine a quella fascista. Per Del Giudice, il corporativismo, dall'età romana in poi, è il principio informatore della civiltà italica ed è tutt'uno con la sua storia nazionale.
Fanfani sarà con Dossetti, Moro, Lazzati, La Pira, Baget Bozzo, uno dei protagonisti della sinistra della DC che si raccoglie intorno alla rivista Cronache Sociali dal 1947. Buona parte dei partecipanti a quell'esperienza politica provengono dall'Università Cattolica di Milano e dall'associazione Civitas Humana. Tratto distintivo di questa corrente politica, che si afferma sul finire degli anni Quaranta, è il progetto di riforma politica e sociale della società italiana legato alla richiesta di maggiore uguaglianza e partecipazione popolare alla vita civile della nazione. Dal punto di vista economico e politico la rivista ha un'impostazione riformista e guarda positivamente all'opera di John Maynard Keynes e a quella delle sinistre progressiste europee.
"L'attesa della povera gente", il documento di denuncia di La Pira pubblicato su Cronache Sociali il 15 aprile 1950, sintetizza bene la linea "sociale" che anima la sinistra della DC, soprattutto nel passo in cui si afferma che
"è vano - per un Governo - parlare di valore della persona umana e di civiltà cristiana, se esso non scende organicamente in lotta al fine di sterminare la disoccupazione ed il bisogno che sono i più temibili nemici esterni della persona. […] Che significa, infatti, che tutta la legge ed i Profeti si riassumono nell'unico comandamento dell'amor di Dio e dell'amor del prossimo? Che significa ama il prossimo tuo come te stesso? Vorrei io essere disoccupato, affamato, senza casa, senza vestito, senza medicinali? No, certo: e, quindi, questo lo devo anche pronunziare per i miei fratelli."
Secondo La Pira, il nemico peggiore del tempo è l'individualismo, che si annienta non abolendo la proprietà privata ma diffondendola, arrivando ad una superiore sintesi tra capitale e lavoro attraverso una politica sociale diretta alla piena occupazione. Il tema era già stato affrontato nel saggio Premesse della politica (1945), nel quale si indicava come necessario il superamento del capitalismo attraverso indispensabili riforme di sistema, per arrivare ad una società senza classi, una civiltà cristiana dove tutti, anche gli operai, possano diventare democraticamente proprietari.
La Pira svolge un ruolo di primo piano nella fase di disgelo tra il Vaticano e Mosca, con un viaggio in Russia nell'agosto del 1959 benedetto dalle gerarchie ecclesiastiche. Con l'enciclica Mater et Magistra (15 maggio 1961), papa Giovanni XXIII ribadisce l'opposizione tra comunismo e cristianesimo, ma nota anche che la situazione storica è profondamente mutata; e con la circolare Pacem in Terris (11 aprile 1963) invita i fedeli a non confondere "l'errore con l'errante", che è come dire non confondere la teoria comunista con i comunisti:
"Va altresì tenuto presente che non si possono neppure identificare false dottrine filosofiche sulla natura, l'origine e il destino dell'universo e dell'uomo, con movimenti storici a finalità economiche, sociali, culturali e politiche, anche se questi movimenti sono stati originati da quelle dottrine e da esse hanno tratto e traggono tuttora ispirazione. […] Chi può negare che in quei movimenti, nella misura in cui sono conformi ai dettami della retta ragione e si fanno interpreti delle giuste aspirazioni della persona umana, vi siano elementi positivi e meritevoli di approvazione?"
Seppur non ascrivibile a una specifica corrente politico-parlamentare, ma rientrante comunque nel vasto arcipelago del cattolicesimo sociale, è sicuramente importante la figura del cardinale Giacomo Lercaro, arcivescovo di Bologna dal 1952 al 1968 e sostenitore di una Chiesa povera e dei poveri, che al Concilio Vaticano II presenta un rapporto (redatto insieme a Dossetti, l'ex politico della DC fattosi sacerdote) intitolato Appunti sul tema della povertà nella Chiesa (1964), che si richiama alle idee del teologo francese Paul Gauthier, autore del libro I poveri, Gesù e la Chiesa (1963). Durante il Concilio Vaticano II, appoggia insieme a monsignor Luigi Bettazzi, allora suo ausiliare a Bologna, il Patto delle catacombe ("Patto per una Chiesa serva e povera"), firmato da una quarantina di vescovi di tutto il mondo, soprattutto latino-americani. Lercaro viene destituito dal suo ruolo nel 1968, anche se la versione ufficiale lo vuole dimesso, a causa della sua opposizione alla guerra in Vietnam.
Colui che anticipa alcuni dei temi che verranno discussi al Concilio Vaticano II, come quello della Chiesa dei poveri, è don Primo Mazzolari, partigiano, pacifista, disponibile al dialogo con i comunisti. Sarà l'ispiratore delle idee di un altro prete "disobbediente", don Lorenzo Milani, priore di Barbiana, quella sperduta frazione in provincia di Firenze divenuta famosa per la Lettera ad una professoressa (1967) scritta dagli scolari del luogo: una critica alla scuola, definita classista, in favore di un nuovo approccio didattico e pedagogico, che molto farà discutere nel Sessantotto e oltre.
La Chiesa produce anche figure che si muovono sulle "terre di confine" dove il sentimento religioso è compromesso da una gerarchia cattolica in contrasto con i dettami del cristianesimo ridotto al rispetto di una liturgia come rito automatico e stantio. Pensiamo, ad esempio, agli scritti resistenziali del frate David Maria Turoldo, uno dei principali sostenitori del progetto comunitario Nomadelfia di Don Zeno Saltini, che voleva dimostrare come sia possibile vivere autenticamente il Vangelo, praticandolo cioè in forma comunistica, oppure al prete di strada Andrea Gallo, fondatore della Comunità di San Benedetto al Porto di Genova e fervente attivista no-global. Questi "santi uomini" pieni di buone intenzioni, erano del tutto manchevoli di un'analisi scientifica del capitalismo, perciò rimanevano a suggerire impossibili rimedi agli effetti dello stesso.
Riformismo "cattocomunista" e programmazione economica
Negli anni Quaranta i tempi non sono ancora maturi per arrivare ad un'alleanza tra PCI e mondo cattolico, ma alcune avanguardie di entrambi i campi cominciano comunque a muoversi in questa direzione, aiutati dal clima unitario scaturito dalla resistenza antifascista.
Si pensi allo storico Gabriele de Rosa che, oltre ad aver scritto le biografie di Don Sturzo e De Gasperi, pubblica una importante storia del Partito Popolare. La sua figura politica ben rappresenta le contaminazioni ideologiche in essere tra i vari tronconi del riformismo in Italia. Egli è un giovane fascista ma dopo la lettura del saggio di Benedetto Croce Perché non possiamo non dirci "cristiani" fonda una formazione cristiano-sociale che successivamente aderirà al Partito della Sinistra Cristiana per confluire nel PCI nel 1946.
Durante la Resistenza, tra i partigiani si delinea, soprattutto a Roma, Milano e Torino, una corrente di giovani cattolici di sinistra, formatisi politicamente sul finire degli anni Trenta in ambienti antifascisti vicini all'Azione Cattolica. Alcuni di essi, tra cui i giovani Franco Rodano e Adriano Ossicini, si organizzano in un Movimento dei Cattolici Comunisti (attivo durante la lotta antifascista nel Lazio), accettando l'ideologia e la pratica stalinista ma rimanendo cattolici. Dopo un tentativo di unificazione nel 1943 con la DC, non andato a buon fine, nasce il Partito della Sinistra Cristiana, che si scioglierà nel 1945 e vedrà alcuni dei suoi membri, tra i quali Rodano, Balbo, De Rosa, entrare nel PCI, costituendo una corrente minoritaria cattocomunista.
Il Vaticano non ritiene opportuno che i cattolici vadano ad allargare le fila dei comunisti e scomunica con un decreto della Congregazione del Sant'Uffizio, pubblicato il 1º luglio 1949, chi milita in tali organizzazioni politiche. Messo al corrente delle direttive vaticane, De Rosa abbandona il PCI ed entra nella DC, aderendo all'area di sinistra cappeggiata da Dossetti. In questo cambio di bandiera non vi è nessuna contraddizione politica dato che i sinistri della DC, in fondo, non sostengono posizioni tanto diverse da quelle del PCI. Franco Rodano, rivendicando il suo essere comunista e la sua fede cristiana (rimarrà sempre in contatto con ambienti cattolici) continua a militare nel PCI e sarà con Enrico Berlinguer uno dei sostenitori del "compromesso storico".
Un punto che abbiamo già avuto modo di affrontare trattando del Codice di Camaldoli e dei convegni di San Pellegrino, è quello dell'atteggiamento della DC in merito alla questione delle partecipazioni statali. I programmatori cattolici si rendono conto che la libertà di mercato non basta ad equilibrare domanda e offerta e ne deducono che è compito dello Stato intervenire per regolare il mercato: se i movimenti delle merci e dei capitali non vengono controllati dall'autorità pubblica, il capitalismo rischia di danneggiare sé stesso.
L'iniziativa di un programma organico di ristrutturazione economica del paese sotto la guida della DC prende forma prima con il Piano Vanoni e poi con il rapporto Saraceno del 1964. Non solo la DC, ma tutti i partiti dell'arco istituzionale sono sostenitori a vario titolo dell'intervento in economia e dell'azionariato statale. Negli anni Cinquanta nasce il Ministero delle partecipazioni statali, e negli anni Sessanta il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), con il compito di predisporre gli indirizzi della politica economica nazionale nonché promuovere e coordinare l'attività della pubblica amministrazione e degli enti pubblici.
Con la crisi storica di accumulazione iniziata negli anni Settanta, gli spazi per la programmazione economica a livello nazionale vanno assottigliandosi, ma non spariscono del tutto , riemergono anzi a livello sovranazionale, dato che il mondo capitalistico, interconnesso e socializzato come non mai, spinge oggettivamente verso una governance mondiale, dotandosi di strutture adatte allo scopo (OMS, FMI, WTO, FAO, ecc.), ma funzionanti solo in parte poiché sprovviste di potere reale.
Il democristiano Guido Gonella, nell'opera Presupposti di un ordine internazionale (1943), in linea con gli insegnamenti di Leone XIII e i messaggi di Pio XII, aveva delineato una teoria economica del bene comune internazionale in contrapposizione alle illusioni dell'utilitarismo, sostenendo la necessità di vincolare la proprietà privata al benessere comune, perché nessuno può bastare a sé stesso. Il bene dello Stato, come quello degli individui, delle famiglie e delle aziende, è di tipo particolare e trova la sua completezza solo in uno generale:
"L'elemento che appartiene ad un gruppo nazionale avrà un diritto di proprietà sui suoi beni, ma avrà pure un dovere verso chi appartiene ad altri gruppi nazionali per tutto ciò che riguarda l'uso di detti beni. L'economia nazionale ha una funzione internazionale, come la proprietà particolare ha una funzione sociale. È in base a questo principio che s'impone come dovere un'equa distribuzione internazionale delle materie prime."
Lo Stato, nella visione di Gonella, deve mediare gli interessi nazionali con quelli internazionali, combattendo l'egoismo (che porta alle guerre) e sforzandosi di sviluppare una cooperazione economica tra i popoli. In quest'ottica, la fraternità universale, promossa dal cristianesimo, è il presupposto della solidarietà internazionale.
Illusioni su illusioni: un modo di produzione come quello vigente, basato sulla mercantile anarchia e su una concorrenza spietata, è il contrario della cooperazione economico-sociale tra gli individui, le imprese e le nazioni. Ma tale collaborazione viene disperatamente cercata, perché senza di essa salterebbe lo stesso concetto di ecclesia, assemblea, comunità. La religione si afferma dunque un fattore di riequilibrio del sistema capitalistico, in quanto promuove la solidarietà interclassista, pratica la carità verso i poveri e suggerisce ai governanti le misure che si dovrebbero prendere per evitare lo scoppio di moti sociali.
Il sogno di Gonella di una stabile cooperazione internazionale resta ovviamente impossibile in ambito capitalistico, essendo questa la forma sociale del bellum omnium contra omnes; così com'è impossibile una programmazione integrale dell'economia capitalista, perché se da una parte il mercato ha bisogno dello Stato per sistemare le proprie storture, dall'altro soffre per i troppi vincoli che questo gli impone. In ogni caso
"Il 'sostegno alle attività produttive' fornisce certamente capitale a basso prezzo, ma questo, come il lubrificante iniettato in esuberanza su ingranaggi pigri, va solo in parte a fare il suo servizio, mentre il resto cola via e finisce nelle tasche dei vari capitalisti senza sostenere nessuna attività produttiva. È chiaro che in questa situazione possono fiorire tutte le tangentopoli possibili, anche se queste sono un fenomeno secondario rispetto allo sciupìo congenito al Capitale."
L'intervento pubblico come "terza via"
Ancora oggi tra coloro che si definiscono comunisti ci sono alcuni che intendono l'intervento pubblico in economia come sinonimo di socialismo, e le nazionalizzazioni al pari di una riappropriazione collettiva di imprese e servizi strategici a vantaggio del proletariato. Dimenticano o ignorano, questi nipotini di Mussolini-Togliatti-Fanfani, che lo sfruttamento del lavoro salariato con l'appropriazione del plusvalore viene esercitato tanto dalle imprese private quanto da quelle pubbliche:
"Non solo fino a che lo Stato è nelle mani della classe capitalistica, ma fino a che nel mondo vi saranno Stati capitalistici potenti, la pianificazione economica è una chimera, una fanfania universale. Ovunque e da chiunque sia essa tentata, non riuscirà a governare i fatti dell'umana soddisfazione e benessere, ma costruirà piedistalli al privilegio, allo sfruttamento e al saccheggio, al 'tormento di lavoro' cui sottopone le popolazioni."
Già negli ultimi anni di guerra gli Stati Uniti, il paese imperialista più potente, collaborarono con il Comitato di Liberazione Alta Italia approntando programmi per reperire risorse sul territorio italiano, stabilizzare la lira e favorire la ripresa economica e, soprattutto, mantenere l'ordine pubblico. Seguì il Marshall Plan, chiamato anche piano per la ripresa europea (European Recovery Program ), che in realtà fu un intervento economico volto a trovare uno sfogo all'estero all'esuberanza delle merci e dei capitali americani e a puntellare il dominio a stelle a strisce nel mondo.
La necessità di un intervento dello Stato in economia, con misure di tipo assistenziale (edilizia popolare, previdenza sociale, ecc.) per evitare movimenti indipendenti del proletariato coinvolse tutti, gli ex fascisti, gli americani, i liberatori, i liberati, gli stalinisti, i democristiani, e i socialisti, burocrazie sindacali comprese.
Nel saggio La terza via italiana: storia di un modello sociale, Francesco Carlesi sostiene l'esistenza di un filone unico, di una "insubordinazione fondante" italiana nei confronti del liberalismo e degli imperi egemoni, che mette insieme le teorie e l'azione politica di uomini come Bottai, Beneduce, Fanfani, Craxi, Mattei e Olivetti. Carlesi è un rappresentante di quei nostalgici che pensano che la teoria corporativa sia una ricetta alternativa al capitalismo e al comunismo senza rendersi conto che non esiste una "terza via", e che quella che viene proposta non è che un'evoluzione posticcia di un'unica via borghese. Si accorge comunque che il corporativismo non finì con l'esaurirsi dell'esperienza mussoliniana, ma continuò anche nel secondo dopoguerra, assumendo sembianze differenti e, aggiungiamo noi, arrivando camuffato fino ai giorni nostri.
I "sovranisti" (che sarebbe meglio chiamare nazionalisti) di destra e di sinistra vorrebbero un ritorno del controllo della politica statale sull'economia, ma non è possibile far tornare indietro la ruota della storia. Dall'assetto attuale del capitalismo, quello del dominio del Capitale sullo Stato, si può solo andare avanti verso una forma sociale superiore, senza denaro, salario, azienda, famiglia e nazione. La successione non è fascismo, democrazia, socialismo - essa è invece: democrazia, fascismo, comunismo.
La ricerca di una "terza via", al fine di arrivare ad un capitalismo dal volto umano, è la stella polare che guida l'azione di ogni riformista, anche quando afferma di negare le categorie esistenti rivendicando un'ortodossia dottrinaria.
È il caso del professore di Dottrina dello Stato, Pier Luigi Zampetti, autore del libro La società partecipativa (1981), in cui è delineato il necessario superamento del capitalismo edonistico, finanziarizzato e consumistico a favore di un capitalismo popolare retto da uno "spiritualismo storico" che abbia eliminato le classi trovando la sua fonte ultima in Dio. La dottrina sociale cristiana, nelle sue varie espressioni, auspica la partecipazione come autodeterminazione di ogni uomo e, per quanto si sforzi di non apparire come ideologia, altro non è che una rappresentazione capovolta della realtà.
Ma leggiamo come Karol Wojtyla, nell'enciclica Sollicitudo Rei Socialis (1987), rivendica l'autonomia della dottrina sociale della Chiesa da tutte le scuole e le ideologie politiche esistenti, al fine di dissimularne la sua funzione sostanzialmente reazionaria:
"La dottrina sociale della Chiesa non è una terza via tra capitalismo liberista e collettivismo marxista, e neppure una possibile alternativa per altre soluzioni meno radicalmente contrapposte: essa costituisce una categoria a sé. Non è neppure un'ideologia, ma l'accurata formulazione dei risultati di un'attenta riflessione sulle complesse realtà dell'esistenza dell'uomo, nella società e nel contesto internazionale, alla luce della fede e della tradizione ecclesiale. Suo scopo principale è di interpretare tali realtà, esaminandone la conformità o difformità con le linee dell'insegnamento del Vangelo sull'uomo e sulla sua vocazione terrena e insieme trascendente; per orientare, quindi, il comportamento cristiano. Essa appartiene, perciò, non al campo dell'ideologia, ma della teologia e specialmente della teologia morale."
Wojtyla è stato un papa di transizione e ha giocato un ruolo chiave in Polonia, appoggiando e sostenendo finanziariamente il movimento di matrice cattolica Solidarność , e legittimando in quella particolare congiuntura storica il capitalismo quale fattore di progresso rispetto al comunismo, negatore della libertà dei popoli e della dignità umana. Per questo venne considerato un papa di "destra". Ma le categorie politiche destra-centro-sinistra mal si adattano a descrivere un pontificato, tanto più quello di Giovanni Paolo II che ha agito in piena continuità con la dottrina sociale della Chiesa, come dimostrano le encicliche Laborem Exercens e Centesimus Annus.
Sorda ad alti messaggi la società del Capitale
Nell'enciclica Spe Salvi del 30 novembre 2007 Benedetto XVI ripropone le grandi questioni storico-teologiche del dogma, della fede e della speranza cristiana, e per farlo attinge spunti di analisi e riflessione persino da mortali avversari della Chiesa, a cominciare proprio dal red terror doctor, Karl Marx:
"Con puntuale precisione, anche se in modo unilateralmente parziale, Marx ha descritto la situazione del suo tempo ed illustrato con grande capacità analitica le vie verso la rivoluzione – non solo teoricamente: con il partito comunista, nato dal manifesto comunista del 1848, l'ha anche concretamente avviata. La sua promessa, grazie all'acutezza delle analisi e alla chiara indicazione degli strumenti per il cambiamento radicale, ha affascinato ed affascina tuttora sempre di nuovo."
Si spinge oltre il cardinale Reinhard Marx che nell'aprile del 2018, in due interviste al Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung e a RPOnline, definisce l'omonimo concittadino uno dei primi grandi scienziati sociali, ne consiglia la lettura, e ammette di condividerne la condanna delle dinamiche capitaliste, fonti di disuguaglianze sociali e danni ecologici. Secondo il religioso tedesco non è giusto accusare Marx per i crimini commessi dal comunismo durante il secolo scorso, e va anzi detto che la dottrina sociale cattolica si è formata sullo studio critico delle sue opere, necessario in quanto elemento di discussione per l'elaborazione di un pensiero sociale cattolico autonomo.
Possiamo a proposito ribadire che da quando la teoria rivoluzionaria è stata formulata anche coloro che non l'hanno accolta e la contrastano devono fare i conti con essa: il comunismo è la dannazione del capitalismo e dei suoi più o meno ispirati profeti.
La forza della Chiesa risiede nella sua capacità di adattarsi ad ogni tipo di società, nel suo essere sincretica, variando il proprio programma senza mai disgiungerlo dai fondamenti dottrinali invarianti, dalla tradizione, mantenendo una continuità da un concilio all'altro, da un'enciclica all'altra e da un papa all'altro, anche quando è sembrato che una discontinuità dottrinale si fosse determinata. La Santa Sede ha benedetto in più di un'occasione le potenze ed i rappresentanti del Capitale, ma non ha mai perso l'occasione per criticare il capitalismo, insieme alle tendenze proletarie rivoluzionarie scaturite dai moderni antagonismi di classe.
Nell'esortazione apostolica Evangelii Gaudium (2013), dedicata all'evangelizzazione, papa Bergoglio, critica la teoria della "ricaduta favorevole", secondo la quale ogni crescita economica produce di per sé maggiore equità e inclusione sociale; elenca le sfide poste dal mondo attuale e condanna fermamente l'economia dell'esclusione e la nuova idolatria del denaro, il quale governa invece di servire, mettendo in guardia dalle inevitabili conseguenze:
"Fino a quando non si eliminano l'esclusione e l'inequità nella società e tra i diversi popoli sarà impossibile sradicare la violenza. Si accusano della violenza i poveri e le popolazioni più povere, ma, senza uguaglianza di opportunità, le diverse forme di aggressione e di guerra troveranno un terreno fertile che prima o poi provocherà l'esplosione."
Bergoglio ritorna sugli stessi temi recentemente in una missiva indirizzata "ai fratelli e alle sorelle dei movimenti e delle organizzazioni popolari", pubblicata dal quotidiano Avvenire , in cui ricorda i "lavoratori dell'economia informale, indipendente o popolare", coloro che non hanno riserve per resistere in questo particolare momento di crisi economica, e chiede un salario universale garantito in modo che nessun lavoratore rimanga "senza diritti".
Di fronte all'aggravarsi e l'estendersi della miseria la Chiesa lancia un messaggio chiaro ai governi, in linea con la sua dottrina sociale, chiedendo misure ben più radicali di quanto facciano ad esempio i sindacati confederali!
Solo pochi anni prima, nel giugno del 2017 durante un'udienza concessa ai delegati della CISL, il pontefice consigliava ai sindacalisti di essere più presenti sul territorio, "nelle periferie esistenziali, tra gli scartati del lavoro", proponendo un'organizzazione sindacale su base territoriale, sul modello di quella del sindacalismo delle origini: "Pensiamo al 40% dei giovani da 25 anni in giù, che non hanno lavoro. Qui. In Italia. E voi dovete lottare lì! Sono periferie esistenziali." Stare a fianco del "popolo-povero-lavoratore" , questa è quella che egli intende come "l'opzione preferenziale per i poveri", l'esigenza etico-sociale dichiarata dalla terza conferenza generale dell'episcopato latino-americano riunitosi a Puebla (Messico) nel 1979. La Chiesa è la casa di tutti, ma ha un occhio di riguardo a chi sta peggio, ai poveri, agli infermi e ai dimenticati.
In "Sorda ad alti messaggi la civiltà dei quiz" , la nostra corrente aveva preso in esame un discorso di papa Pacelli sulla "vita senza senso", nel quale veniva già criticato l'edonismo consumista imperante negli Stati Uniti e in Russia, basato sul culto della "scienza", della "tecnica" e della "produzione":
"Anche i milioni di operai che seguono come gregge le manifestazioni teatrali e regificate delle organizzazioni opportuniste, ma hanno scordato il fremere della guerreggiata, e sorgente di forza propria, lotta di classe, la potenza della contrapposizione radicale a tutte le forme borghesi del programma rivoluzionario nei suoi taglienti profili, e ribalbettano slogans castrati che puzzano di tutte le ideologie di classi nemiche, vivono, rosicchiando qualche offa che si lascia loro perché si imbevano davanti agli schermi di rimasticate maniere borghesi, vivono, i disgraziati, una vita senza senso."
Oggi il capo della Chiesa, più che della critica del consumismo edonista, si occupa del mancato o ridotto consumo da parte di masse sterminate di uomini, e spinge affinché gli stati concedano keynesianamente un salario di sopravvivenza ai poveri. Dal boom economico del secondo dopoguerra (il "miracolo italiano"!), quando i salari aumentavano e l'impiego di massa era garantito, si è giunti nel giro di qualche decennio ad una situazione che è l'esatto contrario, pochi posti di lavoro e precari, paghe da fame e un aumento vertiginoso del numero dei disoccupati.
La Chiesa ha una funzione di salvaguardia, innanzitutto di sé stessa e, di riflesso, dello status quo, che rischia di essere scardinato. Se non si muovesse su posizioni "sociali", denunciando le tragiche conseguenze dell'attuale modo di produzione, la sua esistenza non avrebbe senso. L'organismo religioso non può appiattirsi sulla ideologia capitalista senza snaturarsi e perciò la critica, indicando come giusta un'altra etica, un'altra morale, un'altra forma di vita.
In virtù dell'enorme esperienza accumulata ha sempre registrato in anticipo i cambiamenti in corso, cercando di essere al passo coi tempi.
A questo proposito è emblematico il recente gesto del Cardinale Konrad Krajewski, elemosiniere del Papa, che nel maggio del 2019 s'è calato, a Roma, in un tombino per riallacciare l'energia elettrica a uno stabile occupato da centinaia di persone, diventando così un punto di riferimento per i sinistri, compresi diversi esponenti dei centri sociali. Niente di cui stupirsi: di fronte alla dissoluzione della sinistra ufficiale e di quella extra-parlamentare, i militanti rimasti a spasso sono alla ricerca di qualcosa o qualcuno a cui aggrapparsi.
Significativo anche il sostegno dato, nel corso del 2019, da monsignor Bernard Ginoux, vescovo di Montauban, cittadina nei pressi di Tolosa, al "movimento" francese dei Gilet Gialli: i cattolici sono "a fianco del popolo invisibile della strada per dire: la Chiesa non si dimentica di voi". Il prelato incontrava più di una volta i manifestanti, e, facendosi fotografare con il giubbotto catarifrangente, dichiarava al Servizio Informazione Religiosa che la rabbia dei gilet jaunes discende dalla loro convinzione di essere dimenticati da un governo che è più interessato ai problemi della finanza e dell'economia che non a quelli della gente comune. Bisogna quindi dar loro la possibilità di partecipare alle decisioni, coinvolgerli, incorporarli.
Il fenomeno dei preti operai promosso dal cardinale francese Emmanuel Suhard nel secondo dopoguerra, (che aveva avuto una sua anticipazione nel movimento Gioventù operaia cristiana fondato in Belgio nel 1925 dal sacerdote Joseph-Léon Cardijn) come azione di conquista cristiana dei salariati, è un po' passato di moda, anche perché oggi nelle fabbriche ci sono più robot che uomini ; ma la missione "sociale" della Chiesa a contatto con i poveri, gli esclusi, i senza riserve non è venuta meno. Pensiamo alla funzione assistenziale svolta dalla Caritas che, come sottolinea Papa Francesco, non è da confondere con una semplice ONG, ma affonda le radici nel primitivo Welfare di cui si trova traccia negli Atti degli Apostoli, dove si parla di distribuzione della ricchezza verso il basso, opera svolta in origine dalle "diaconie" (edifici attrezzati per l'assistenza pubblica) . Un compito, quello della cura della "casa comune", che è stato aggiornato dalla Chiesa rispetto alle nuove problematiche poste dallo sviluppo capitalistico, a cominciare dalla constatazione che
"oggi non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull'ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri." (Enciclica Laudato sì)
Recentemente, un gruppo di religiosi e laici, tra cui qualche sinistro decotto, ha dato vita all' Associazione Laudato si'. Un'alleanza per il clima, la Terra e la giustizia sociale. L'associazione, apolitica e aconfessionale, almeno così si definisce, lavora per la costituzione di comunità locali con un'organizzazione orizzontale, per diffondere l'idea di un'ecologia integrale che funga da quadro teorico per affrontare in maniera olistica la questione ambientale legandola strettamente a quella sociale.
Lo scorso 3 ottobre 2020 ad Assisi Papa Francesco ha firmato l'enciclica Fratelli tutti, un contributo cristiano per un futuro migliore "modellato dall'interdipendenza e dalla corresponsabilità nell'intera famiglia umana", in cui si auspica che l'economia e la politica siano poste "al servizio del vero bene comune e non siano ostacolo al cammino verso un mondo diverso" e per "agire insieme e guarire dalla chiusura del consumismo, l'individualismo radicale e l'auto-protezione egoistica".
Nel testo non manca il riferimento alla Covid-19, che per il pontefice ha messo in luce l'incapacità dei paesi di agire insieme ma allo stesso tempo ha portato alla consapevolezza che il genere umano è una comunità iperconnessa alla ricerca di una governance globale modellata dalla cooperazione e dalla solidarietà. Quella che descrive il Papa è un'umanità composta da cristiani, fedeli ad altre religioni e non credenti, che procede, pur tra mille ostacoli e drammi, verso un'unificazione materiale e spirituale, con alcuni punti in comune con la concezione escatologica sviluppata dal paleontologo e teologo cattolico Pierre Teilhard de Chardin (1881-1955) che, con il neologismo "noosfera" (noûs, "mente", e sphâira, "sfera"), voleva indicare il processo evolutivo della nostra specie verso uno stato planetario di comunione mentale con sé stessa, la natura e il Cristo cosmico.
Fin dal primo capitolo di Fratelli tutti, a parte i giudizi di natura morale, ciò che emerge è una critica tagliente a un sistema economico-sociale senza una visione del futuro, che per riprodursi sta divorando sé stesso e l'ambiente. Vi è un notevole armamentario di condanne all'attuale modello di sviluppo, e di proposte per il cambiamento (con un riferimento ai movimenti popolari, i quali attraverso la solidarietà fanno "fronte agli effetti distruttori dell'Impero del denaro"). Tuttavia, non vi è alcuna traccia di una critica all'economia politica, che per noi è critica radicale dell'attuale società borghese volta alla sua demolizione.
Difatti nell'enciclica si ribadisce che la proprietà privata non deve affliggere gli uomini, ma anche che non si tratta di abolirla, piuttosto di subordinarla ad altri valori; si dice che il profitto crea disuguaglianza, eppure esso non va eliminato, bensì controllato. La spinta al cambiamento proveniente dalla forma cattolica, per quanto possa risultare radicale, rimane naturalmente sempre nell'ambito riformista.
Secondo papa Francesco il mondo attuale, con le sue ingiustizie e le sue miserie, non è immodificabile, e se il cristianesimo è stato capace di trasformare la società antica (esso ha rappresentato "un mondo nuovo, che nasceva e prendeva forma, pian piano, dentro un mondo vecchio in disfacimento"), ha le carte in regola per cambiare anche quella attuale, in nome del principio della fratellanza umana.
Lo storico Miguel Gotor nell'articolo "Il Papa gesuita e i suoi nemici" , valutando la provenienza di Bergoglio dalla Compagnia di Gesù come elemento centrale nel suo pontificato, a cominciare dalla predisposizione al dialogo e al confronto, nota come
"l'impronta ignaziana e gesuitica ha indotto papa Bergoglio ad abbracciare un'idea militante e combattiva della Chiesa. La cattolicità non deve rinchiudersi in una dimensione di testimonianza catacombale, bensì sfidare il mondo mettendosi in viaggio sino a rischiare le proprie certezze che, se sono solide, non si perderanno."
Dunque, il pontefice invita la Chiesa ad andare verso le periferie vicine e lontane per incontrare gli ultimi e gli scartati, che sono la "carne di Cristo"; e si scaglia contro un sistema basato sulla "cultura della morte", un sistema che per sopravvivere deve fare la guerra così da macinare profitti producendo e vendendo armi.
Per questo l'Economist ha tacciato l'attuale papa di leninismo (il collegamento diretto tra capitalismo e guerra, secondo il settimanale inglese, ricorda le tesi espresse da Lenin nel saggio L'imperialismo) cadendo nel "tranello" teso dalla Chiesa per mezzo della sua più che centenaria dottrina sociale.
La Chiesa nella crisi globale del capitalismo
Secondo l'ultima statistica disponibile (Agenzia Fides), il numero dei cattolici è pari a 1.328.993.000 persone nel mondo. Il dato è riferito al 2018 e segna un aumento complessivo di 15.716.000 unità rispetto all'anno precedente, coinvolgendo tutti i continenti.
Questi dati non contemplano però il reale computo dei fedeli perché, specie in Occidente, molti cattolici sono semplicemente battezzati, ma non praticano e non si sentono in linea con tutti i valori professati dalla Chiesa, soprattutto per quel che riguarda i temi etici quali sesso, aborto, eutanasia, ecc. L'Islam sunnita ha più seguaci, ma non ha una struttura centralizzata come quella cattolica che è fortemente gerarchica e in cui la "selezione strumentale del dirigente è bene assicurata dall'antico meccanismo romano, dalla messa al conclave" ("Ossature giubilari teoretiche").
L'organismo mondiale con sede nella Città del Vaticano non ha comunque perso tutta la sua forza e continua ad avere una rete diplomatica tra le più estese al mondo e succursali sparse ovunque. Esso esercita una grande influenza attraverso gli ordini, il clero secolare e il laicato, i quali prestano la loro opera missionaria nei luoghi di lavoro, nei sindacati, nei partiti o come volontari.
Dati alla mano, però, si può notare che la crisi di vocazioni nella Chiesa c'è e non da oggi. Tra il 1965 e il 2005 le prime dieci congregazioni femminili crollano: del 52% le vincenziane, del 42% le suore di Maria Bambina, del 37% le benedettine. Su 45 congregazioni maschili sopra i mille membri solo sei mantengono inalterato il numero dei loro adepti, tra cui i legionari di Cristo. I gesuiti calano del 44%, i frati minori del 41%, i benedettini del 35%, i salesiani del 24%, i domenicani del 39%, i fratelli delle scuole cristiane del 68%, i Padri Bianchi del 49%.
Le dimissioni di Benedetto XVI nel 2013 segnano una crisi del centro romano della Chiesa, la sua debolezza, e la necessità di una svolta di tipo geografico, con la scelta di un papa che viene "dalla fine del mondo", e dotato di un grande carisma comunicativo, un gesuita populista, come qualcuno l'ha definito , che sceglierà per il proprio pontificato il nome del santo di Assisi, il santo che parlava ai poveri. Il nuovo pontificato ha segnato anche una netta distanza dalla cosiddetta opzione Benedetto (con riferimento a Benedetto da Norcia), teorizzata da alcuni settori cristiani conservatori, soprattutto americani, che vorrebbero una Chiesa separata dal resto della società, gelosa della sua identità, chiusa in sé stessa . Da organismo arroccato alla difesa dei valori non negoziabili, la Chiesa, per salvaguardare la sua tradizione, la sua struttura e le sue prerogative terrene, ha deciso che deve "aprirsi":
"Uscire da sé stessi per unirsi agli altri fa bene. Chiudersi in sé stessi significa assaggiare l'amaro veleno dell'immanenza, e l'umanità avrà la peggio in ogni scelta egoistica che facciamo. L'ideale cristiano inviterà sempre a superare il sospetto, la sfiducia permanente, la paura di essere invasi, gli atteggiamenti difensivi che il mondo attuale ci impone."
La Chiesa, afferma Francesco, deve combattere la decadenza e la mediocrità per partecipare al cambiamento sociale, in sintonia con il "popolo", una delle parole più usate da Bergoglio nei suoi discorsi (la "teologia del pueblo" è nata in Argentina). Essa deve avviare processi egemonici nella società e non limitarsi ad occupare spazi. La Chiesa attinge sempre alla sua memoria, ma questa "non è statica, è dinamica. Implica per sua natura il movimento".
Il progetto di rinnovamento ha un respiro universale, come al tempo delle missioni nel nuovo mondo, solo che adesso il mondo è globalizzato e la terra di missione è ovunque, dai villaggi dell'Africa alle metropoli occidentali, passando per le favelas sudamericane. Centro e periferia, da questo punto di vista, non si differenziano. Il papa, troviamo scritto nella Evangelii Gaudium, è "pastore di una Chiesa senza frontiere che si sente madre di tutti."
Naturalmente i nodi da sciogliere sono molteplici e intrecciati fra loro: la secolarizzazione dell'Occidente e il rapporto con le nuove generazioni, la crescita del pentecostalismo ("religioni dell'emozione") in America Latina, il dialogo con le altre fedi per assicurare l'insediamento dei cattolici in paesi dove non sono in maggioranza, e con il mondo laico, per fronteggiare la sfiducia verso la Curia, dovuta alle lotte intestine a colpi di dossier, scandali (caso Viganò-McCarrick) e fughe di notizie (Vatileaks). Lo sconvolgimento degli equilibri inter-imperialistici provoca contraccolpi anche nel governo della Chiesa, con l'accordo segreto sulla nomina dei vescovi in Cina e il relativo scontro con l'amministrazione Trump. I dissidi con l'ala conservatrice della chiesa statunitense e il disaccordo con quella tedesca sui temi del celibato dei preti e del ruolo delle donne hanno più volte fatto parlare di una possibile deriva scismatica.
Partendo proprio da questo elenco di problemi e situazioni che l'attuale pontificato si è trovato a dover affrontare, negli ultimi anni è stata prodotta una certa mole di materiale sulla mancata rivoluzione di Francesco.
La Chiesa, come tutti gli altri organismi sociali, è immersa in un tempo di "guerre, attentati, persecuzioni per motivi razziali o religiosi" , migrazioni di massa, marasma sociale e rivolte per la fame. Quella in corso, secondo il Papa, è una terza guerra mondiale "a pezzi", non meno cruenta e distruttiva delle precedenti, una definizione del presente capitalistico che ha stimolato la produzione di ricerche, articoli e libri .
Sembra quasi che il pontefice voglia suggerire che la vera sfida, per la Chiesa e per i suoi seguaci, è rappresentata dal decadimento dell'attuale modo di produzione annunciante una nuova forma sociale.
Per conservare le vecchie condizioni di esistenza, la sua tradizione e i suoi dogmi, la Chiesa è spinta a modificare sé stessa o a dare l'impressione di volerlo fare. Dice Bergoglio in una dichiarazione riportata dal quotidiano argentino La Nacion (17 marzo 2013):
"Se si guarda alla storia, le forme religiose del cattolicesimo sono cambiate in maniera radicale. Pensiamo per esempio allo Stato Pontificio dove il potere temporale era unito al potere spirituale. Si trattava di una deformazione del cristianesimo […]. Nei secoli la Chiesa ha avuto tante evoluzioni, perciò non è escluso che si possa adeguare in futuro alla cultura del suo tempo. Il dialogo tra religione e cultura è centrale ed è iniziato con il Concilio Vaticano II. Da allora alla Chiesa si è imposto il principio di una continua trasformazione (Ecclesia semper reformanda) e questa trasformazione prende diverse forme con il passare del tempo, senza alterarne il dogma. In futuro avrà modi diversi di adattarsi alla sua epoca."
Bergoglio è stato certamente scelto per salvaguardare l'istituzione ecclesiastica, per darle continuità, facendola uscire dal vicolo cieco in cui è finita. Ma come? Lavorando per una Chiesa povera per i poveri? Ora, al di là delle risposte che si possano dare, una profonda riforma della Curia, annunciata in più di un'occasione dall'attuale pontefice, si è dimostrata pressoché impossibile, e non solo per la resistenza delle correnti "reazionarie" in essa presenti, bensì per ragioni legate alla fisica della storia: anche la Chiesa in quanto particolare organizzazione umana ha una freccia nel tempo, e come tutte le cose esistenti in natura soggiace al secondo principio della termodinamica (legge di entropia). Essa è una struttura altamente burocratizzata, composta da una moltitudine di funzionari, laici e religiosi, impiegati a tempo pieno, non potrà ringiovanirsi per tornare al communio , il comunismo apostolico degli esordi; non potrà fare altro, con i suoi vasti interessi materiali, mobili e immobili, che la legano a questo mondo, che continuare a marciare a fianco del capitalismo, criticandone gli eccessi e proponendone la riforma, ma senza metterlo in discussione alla radice, cosa che d'altronde è possibile fare solo ponendosi sul terreno della critica "marxista".
La crisi che attraversa la Chiesa è da inserire in quella più vasta in cui versa il riformismo, inteso come fattore di riassestamento della vita economica, ed è prodotta a sua volta dalla crisi storica del capitalismo senile. Dovendo essere, quella di oggi, almeno nelle intenzioni del suo capo, una Chiesa in uscita, che vive non tanto "un'epoca di cambiamento quanto un cambiamento d'epoca" , è probabile che stia predisponendo una o più exit strategy.
"Le ragioni cattoliche in favore del comunismo"
Il cattolicesimo è riformista anche quando vuole apparire rivoluzionario, quando fa proprie le istanze di emancipazione sociale del movimento proletario, ricercando un confronto con i comunisti. Ne è un esempio il testo di Dean Dettloff, membro dell'istituto di Studi Cristiani, pubblicato con il titolo sopracitato dalla rivista dei gesuiti americani, America Magazine - The Jesuit Review, e ripreso da alcuni siti italiani.
L'ordine della Compagnia di Gesù, a cui appartiene l'attuale pontefice, oltre a battersi storicamente contro le eresie, fondare collegi, e consigliare cardinali e re, ha spinto le missioni in terre sconosciute e lontane per fare proselitismo, adattandosi agli usi e ai costumi locali (vedi diatriba teologica sui riti cinesi e malabarici sorta all'inizio del Seicento quand'era papa Gregorio XV), e dando vita a nuove forme di evangelizzazione e arrivando a realizzare esperimenti comunistici come le reducciones in Paraguay nel XVII e XVIII secolo.
Il gesuita Bergoglio accetta la sfida posta dal mondo moderno e si modernizza a sua volta per svolgere la sua azione pastorale: invita la Chiesa a muoversi nelle zone di confine ricercando il dialogo "senza indugio, senza repulsioni e senza paura", a mettersi in cammino per "cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi", come scritto nella Evangelii Gaudium.
Pierre Teilhard de Chardin, che fu membro della Compagnia di Gesù, aveva sostenuto che l'evoluzione dell'universo procede verso il Punto Omega, il massimo livello di complessità e di coscienza spirituale, giungendo a dire che "il Dio cristiano di lassù e il Dio marxista del Progresso si uniscono nella figura di Cristo". Gli aveva fatto eco un altro gesuita, il teologo tedesco Karl Rahner, sostenitore di una nuova Chiesa, aperta e dai confini sfumati che, nel libro La fatica di credere (1984), scriveva:
"Che i poveri debbano essere trattati in maniera più decente; che non sia lecito opprimere i deboli; che in America Latina vi siano tremende ingiustizie sociali: su questi e simili dati, cristiani e marxisti possono benissimo trovarsi d'accordo. Là dove la povera gente viene sfruttata, il marxista e il cristiano devono lottare insieme per l'eliminazione di un simile sfruttamento."
L'articolo di Dettloff, intitolato "Le ragioni cattoliche in favore del comunismo", si apre con il ricordo della giornalista e attivista newyorkese Dorothy Day (1897-1980) che, militante dell'Industrial Workers of the World, si era in seguito convertita al cattolicesimo e aveva fondato insieme a Peter Maurin nel 1933 il Catholic Worker Movement, un movimento di base che attraverso opere di carità perorava la causa degli oppressi e dei poveri. Recentemente papa Bergoglio, nel "Discorso del santo Padre all'Assemblea plenaria del congresso degli Stati Uniti d'America", tenuto a Washington nel settembre del 2015, l'ha ricordata per "il suo impegno sociale, la sua passione per la giustizia e per la causa degli oppressi" ispirata "dal Vangelo, dalla sua fede e dall'esempio dei santi". Secondo la militante sindacale americana, i cattolici devono odiare il comunismo, ma amare i comunisti, perché se l'ideologia è nefasta poiché punta alla demolizione della Chiesa, i comunisti il più delle volte sono invece mossi da sentimenti profondamente umani come quelli di eguaglianza, solidarietà e fraternità tra gli uomini. In seguito, cambiò il suo giudizio sul comunismo suggerendo che ne esiste anche uno buono, intendendo con ciò il regime cubano (che in realtà di comunista non aveva e non ha nulla!). "Dio benedica i sacerdoti e il popolo di Cuba. Dio benedica Castro e tutti coloro che vedono Cristo nei poveri", disse.
Nell'articolo ricordato, Dettloff afferma che, oggi più che mai, le ragioni per una convergenza tra cattolici e comunisti al fine di arrivare ad una società senza classi sono mature, ricordando come già altri cattolici (tra i quali Herbert McCabe, Ernesto e Fernando Cardenal, Frei Betto, Camilo Torres), abbiano preso parte a movimenti popolari di emancipazione sociale.
Il tema affrontato sulla rivista dei gesuiti americani è condiviso anche da militanti che si richiamano al comunismo, i quali individuano un "segmento rosso" ed egualitario all'interno del cristianesimo, soprattutto in quello sudamericano. Ci riferiamo, ad esempio, alla relazione "Il marxismo, la teologia della liberazione e l'effetto di sdoppiamento" di Roberto Sidoli, reperibile su Internet , in cui si sostiene l'esistenza di una linea rossa che lega
"l'elaborazione marxista in campo sociopolitico e le tendenze rivoluzionarie, fraterne e anticlassiste insite nel messaggio cristiano, passando dal grande falegname di Nazareth fino a Francesco d'Assisi e a Dolcino, a Thomas Muntzer e a Winstanley; e in secondo luogo ritroviamo la presenza diretta e importante, a volte centrale e egemone, della teologia della liberazione all'interno dei complessi, difficili processi antimperialistici e dell'avvio tormentato di una transizione verso il socialismo sviluppatosi, con forti contraddizioni e a volte seri passi indietro, in America Latina dal 1988 fino ad oggi."
Secondo Sidoli i cristiani progressisti e la teologia della liberazione hanno costituto in Sudamerica un importante argine all'espansione dell'imperialismo americano, esprimendo una tendenza anticapitalista storicamente presente all'interno del cristianesimo. Di qui l'importanza di un'alleanza strategica tra marxisti e cristiani-socialisti in un ampio fronte popolare di lotta antimperialista, come proposto a suo tempo dal "compagno" Fidel Castro, e in parte sostenuto dal presidente venezuelano Hugo Chavez e dal suo successore, Nicolas Maduro.
Quello religioso sarebbe dunque un fenomeno "sdoppiato", che può servire sul piano politico-sociale gli interessi sia delle classi sfruttatrici che di quelle sfruttate, a seconda delle situazioni e delle condizioni storiche concrete. Lo storico scontro tra francescani spirituali e l'alta gerarchia cattolica ai tempi di Bonifacio VIII dimostrerebbe, ad esempio, la presenza, all'interno della Chiesa, di due linee, una rossa e una nera. Per Sidoli la religione può diventare "oppio" o "stimolante" a seconda di chi la usa.
Ma la superstizione religiosa, il dominio dell'irrazionale, può tornare utile al processo di emancipazione della classe sfruttata? Evidentemente no: sarebbe come dire che l'antiforma, che spezza l'antico ordine per fondarne uno nuovo, può allearsi con la riforma, che ha come fine la sua conservazione. L'articolo di Battaglia Comunista, "Il marxismo di fronte a Chiesa e Stato" già citato su questo punto è molto chiaro:
"Ponendo nella economia e nei fatti sociali la base delle lotte politiche e delle ideologie che ne sono il riflesso, la religione veniva appieno considerata [dai marxisti] come un fatto politico e una ideologia parimenti derivata dalla base sociale, le varie chiese trattate come organizzazioni politiche e di più con funzioni sempre solidali alle resistenze delle classi dominanti, anche nei periodi storici in cui i riflessi delle ribellioni sociali ebbero a prendere il profilo di scismi religiosi come potrebbe dirsi per lo stesso nascere del cristianesimo e per il movimento della Riforma."
Per Dettloff nel corso degli anni i comunisti hanno mutato idea verso il cattolicesimo, tanto che il Partito Comunista degli Stati Uniti d'America ha sottolineato a più riprese gli elementi in comune tra cattolicesimo e marxismo. L'affermazione "a ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni", fatta da Marx nella Critica del programma di Gotha sarebbe un'eco della descrizione della prima comunità cristiana fornita da Luca negli Atti degli Apostoli. In una società che vede la ricchezza concentrata in un sempre minor numero di mani e la povertà dilagare nel resto della società, viene ricordato quanto scritto sulla proprietà privata nell'enciclica Laudato si':
"La tradizione cristiana non ha mai riconosciuto il diritto alla proprietà privata come assoluto o inviolabile, e ha sottolineato lo scopo sociale di tutte le forme di proprietà privata".
Al contrario di quanto scritto nell'articolo di America Magazine, il passo riportato non permette un parallelo con il Manifesto del partito comunista, che attacca alla radice il diritto di proprietà, ma semmai con la mussoliniana Carta del Lavoro del 1927 o, meglio ancora, con la dannunziana Carta del Carnaro del 1920, nella quale la proprietà viene intesa "come una funzione sociale, non come un assoluto diritto o privilegio individuale". Lo ribadisce in modo inequivocabile Giovanni Paolo II, nell'enciclica Laborem Exercens (1981) dove afferma:
"La tradizione cristiana non ha mai sostenuto questo diritto come un qualcosa di assoluto ed intoccabile. Al contrario, essa l'ha sempre inteso nel più vasto contesto del comune diritto di tutti ad usare i beni dell'intera creazione: il diritto della proprietà privata come subordinato al diritto dell'uso comune, alla destinazione universale dei beni."
Il Manifesto di Marx ed Engels non giudica la proprietà da un punto di vista morale, ma descrive un divenire sociale che porta la società n a passare a n+1, indicando il trapasso dal capitalismo ad un metabolismo sociale in cui non esiste più il "tuo" e il "mio", il "nostro" e il "vostro". La futura società è impossibile senza n ma, nello stesso tempo, dà luogo a categorie di natura opposta rispetto a quelle che appartengono a n, n-1 ecc., cioè al capitalismo e a tutte le società precedenti.
Secondo Dettloff i comunisti, quando lottano contro un sistema economico basato sulla disuguaglianza e sullo sfruttamento dell'uomo e della natura, fanno del bene all'umanità e devono trovare al loro fianco i cattolici. Il capitalismo è un modo di produzione che devasta la "casa comune", e perciò è giusto credere che nel futuro (e qui viene citato il Manifesto)
"al posto della società borghese, con le sue classi e gli antagonismi di classe, avremo un'associazione, in cui il libero sviluppo di ciascuno sarà la condizione per il libero sviluppo di tutti."
È con questa speranza di libero sviluppo della società che molti cattolici, dice ancora Dettloff, si schierano nelle fila dei comunisti. Tace però, ovviamente, sul fatto che alla base dell'azione organizzata dei cattolici verso i comunisti non vi sia tanto una condivisione dei loro programmi e dei loro fini, quanto la volontà di riportarli, come nella parabola evangelica della pecora smarrita, verso la Chiesa e verso Dio. Il processo è quello ben rodato della "inculturazione" dei principi cristiani, in questo caso negli ambienti comunisti.
Già avviata ai tempi delle missioni in Cina di Matteo Ricci (1552-1610) e in India di Roberto de Nobili (1577-1656), l'"inculturazione" è il metodo con cui "la chiesa incarna il Vangelo nelle diverse culture e, nello stesso tempo, introduce i popoli con le loro culture nella sua stessa comunità; trasmette a esse i propri valori, assumendo ciò che di buono c'è in esse e rinnovandole dall'interno". Parole di Giovanni Paolo II, tratte dall'enciclica Redemptoris Missio (1990), dedicata al tema della validità del mandato missionario nel mondo d'oggi.
Non si può superare la religione sul terreno della religione
Citando Lenin, potremmo dire che i convincimenti religiosi sono una contraddizione puramente individuale, e un'organizzazione rivoluzionaria non può sottoporre i propri iscritti a un esame personale . A noi preme dimostrare che è puro opportunismo far credere che nella società futura saranno presenti categorie appartenenti a quella divisa in classi, ad esempio, la superstizione religiosa. Certo, non sosteniamo che nella fase di transizione politica dal capitalismo al comunismo occorra passare alla repressione dei credenti, producendo così martiri, fanatismo e attaccamento all'irrazionale, anche perché, come nota Ludwig Feuerbach, in L'essenza del cristianesimo:
"L'oggetto sensibile esiste fuori dell'uomo, quello religioso in lui, è un oggetto esso stesso interiore – perciò tanto poco lo può abbandonare, quanto la sua autocoscienza, la sua coscienza morale -, un oggetto intimo, anzi il più intimo, il più vicino."
La credenza religiosa non è altro che un rapporto alienato dell'uomo con sé stesso. Dio esiste perché gli uomini ci credono, e questa credenza produce effetti materiali: cattedrali, processioni, messe, guerre, ecc. Non si supera questa situazione, che si è determinata storicamente, con l'ateismo stalinista, il quale tra l'altro è ricaduto nella simbolica monetaria e mercantile e, inchinandosi a questo fatto generalizzato, ha rialzato gli altari per tutti gli altri simboli già intaccati dalla eresia rivoluzionaria: la Patria, la Religione, la Pace mondiale e sociale, il Progresso verso il Benessere.
Non si supera nemmeno con la venerazione di un altro Dio, il "marxismo", l'ennesimo "ismo" che prende il nome da un individuo che viene ritenuto geniale. Marx ("Io non ho scoperto nulla, ho soltanto collegato con nuovo metodo ciò che altri hanno scoperto"), come Galileo ed Einstein, non ha fatto miracoli, si è avvalso del metodo scientifico per svelare le leggi che regolano il mondo sociale e il suo divenire.
Di "sacerdoti" del comunismo se ne sono visti molti, a cominciare da quelli che durante i cortei sollevano cartelli raffiguranti i volti stilizzati dei "santi" della rivoluzione, fino a coloro che organizzano processioni invocanti il Dio Lavoro. Per non parlare delle pratiche dei partitini-Chiesa fatte di scomuniche, processi e inquisizioni (nella Russia stalinista con le purghe si è ritornati alla caccia agli eretici).
La critica della religione porta alla riscoperta dell'uomo reale, in carne ed ossa, dei suoi bisogni e dei suoi desideri, e dunque essa punta a farsi pratica perseguendo il rovesciamento di tutti i rapporti nei quali l'uomo è un essere degradato, asservito e alienato. Se il comunismo fosse un qualcosa di edificabile basterebbe rimboccarsi le mani e darsi da fare, come dicono gli attivisti. Ma il comunismo non è un'utopia o un modello da costruire una volta che si è preso il potere, è un movimento reale che abolisce lo stato di cose presente, un divenire distruttivo rispetto allo status quo.
Dovrebbe quindi essere naturale, per chi si richiama al comunismo, comportarsi diversamente da religiosi e idealisti in genere, individuando le cause materiali della persistenza religiosa nel cervello degli uomini. Lo facciamo leggendo un passo memorabile di Marx che, nella religione, vede una reazione irrazionale dell'uomo contro l'esistenza alienata:
"La miseria religiosa è insieme l'espressione della miseria reale e la protesta contro la miseria reale. La religione è il sospiro della creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, così come è lo spirito di una condizione senza spirito. Essa è l'oppio del popolo. Eliminare la religione in quanto illusoria felicità del popolo vuol dire esigerne la felicità reale. L'esigenza di abbandonare le illusioni sulla sua condizione è l'esigenza di abbandonare una condizione che ha bisogno di illusioni. La critica della religione, dunque, è, in germe, la critica della valle di lacrime, di cui la religione è l'aureola."
La religione non si abolisce con decreti. Essa si estinguerà quando verranno meno le cause che l'hanno fatta comparire e consolidare nel tempo. Anche se sono ai poli opposti della conoscenza, religione e scienza soggiacciono alle stesse determinazioni e sostanzialmente fanno parte dello stesso fenomeno, ma a un diverso grado di sviluppo: la scienza è più evoluta della religione ("Cristianesimo e marxismo").
La religione, così come la magia, rappresenta il periodo infantile, ingenuo, dell'umanità, ma nel corso dei secoli, in parallelo all'emergere delle prime stratificazioni di classe, essa acquisisce coscienza del proprio potere, ragiona su sé stessa, giustificando il proprio ruolo e consolidandosi come sovrastruttura (con i suoi templi, il suo clero, la sua gerarchia) distinta dal resto della società e al di sopra di essa.
Pio XII, nell'omelia pasquale del 26 marzo 1950, estremamente dura contro l'edonismo imperante nel mondo, che oltraggia la legge divina, scrive:
"Noi spesso abbiamo levato la Nostra voce in favore degli indigenti e degli oppressi da inique condizioni economiche, miseramente privi anche delle cose più necessarie alla vita, invocando e promovendo una più effettiva giustizia. Ma nella visione cristiana di una società dove la ricchezza sia meglio distribuita, trovano pur sempre posto la rinunzia, la privazione, la sofferenza, retaggio inevitabile ma fecondo quaggiù. E il godimento più intenso, che valga mai a gustare o a desiderare un cuore sulla terra, sarà e dovrà essere sempre superato dalla speranza della futura e perfetta felicità: 'spe gaudetes' (Rom. 12, 12). Sostituite, invece, la concezione materialistica del mondo, nella quale il benessere viene sognato perfetto e compiuto in terra, come termine e scopo adeguato della vita, e vedrete l'aspirazione alla giustizia divenire spesso cieco egoismo e la conseguita agiatezza una corsa verso l'edonismo."
Dunque, l'intento pastorale sovrasta quello politico. Quest'ultimo è presentato come corollario del primo. Don Sturzo, per esempio, aveva capito il messaggio: la Chiesa può dedicarsi meglio a una politica sociale nella misura in cui si dedica coerentemente alla prassi pastorale. Solo che non può. E la marcata dichiarazione di necessità del dolore e della sofferenza, retaggi "fecondi", nella speranza di una felicità ultraterrena diluisce la carica riformista della "questione sociale cristiana" e annulla i buoni propositi per una ricchezza meglio distribuita.
La storia del cristianesimo, a cominciare dal simbolo della crocifissione, è la storia delle sofferenze e dei dolori dell'umanità, che vanno accettati ("santa povertà"). Compresi, ne consegue, quelli che potrebbero essere eliminati fin da subito con il superamento del vigente modo di produzione. Dio è il prodotto della trasformazione di un desiderio non appagato: perché esista bisogna che l'essere umano sia separato da sé stesso. Ora, la possibilità di vivere una vita felice su questa terra riguarda principalmente la forza produttiva raggiunta dall'umanità e l'evoluzione dei rapporti sociali ad essa inerenti, è perciò un fatto materiale, non ideale e tantomeno religioso.
Non saranno le idee a liberarci, ma i fatti materiali.
Ciò che distingue l'uomo dal resto del regno animale non è una indefinita coscienza, magari di derivazione divina, ma quella che deriva il suo nome da scienza: è quanto sostiene Feuerbach nel suo studio sul cristianesimo, che però non esce del tutto da un approccio di tipo filosofico (per la nostra corrente, la coscienza non è del singolo, ma del partito di specie). Si occuperà Marx di inquadrare correttamente la questione precisando nei Manoscritti economico-filosofici del 1844 che la vera antropologia è l'industria. Noi siamo natura che pensa, che è come dire che la natura ha prodotto l'uomo per pensare sé stessa. La scienza ha a che fare direttamente con l'attività produttiva, mentre la filosofia e la religione si dimostrano estranee alla produzione e quindi incapaci di comprendere la natura. La quale è lo stato cibernetico per eccellenza, è tutte le cose insieme, non ha avuto bisogno di un principio ordinatore per evolvere fino all'intelligenza biologica, dato che ha in sé proprietà di auto-organizzazione .
Raggiunto un certo grado di sviluppo, l'involucro politico (sovrastruttura) è destinato a saltare perché non corrisponde più al suo contenuto (struttura), che nel frattempo è maturato grandemente. È solo in seguito al verificarsi di questa rottura, di questa singolarità storica, che l'umanità potrà cominciare a fare chiarezza in sé. Poiché essa è alienata a causa dei materiali rapporti di produzione, perciò per mezzo dell'ideologia che questi esprimono attraverso la religione e la filosofia, per ritrovare sé stessa dovrà superare l'una e l'altra. Si arriverà così finalmente all'integrazione della scienza dell'uomo con quella della natura: i due termini sono separati solo nell'ideologia.
Se durante il periodo avanzante della borghesia, con l'istaurarsi della proprietà di tipo capitalistico, occorreva dirsi atei per affermare l'esistenza dell'uomo, che però era sempre un uomo astratto, con la soppressione della proprietà, ricollocato l'uomo nella natura come sua parte integrante, risultano inutili tanto la religione che celebra Dio quanto l'ateismo che lo nega.
Superati i dualismi oggetto/soggetto, natura/pensiero, ecc., l'uomo potrà svilupparsi come essere totale, individuo-comunità, rendendo possibili le aspirazioni negate dalle religioni e il sogno di tutte le grandi utopie, ovvero il passaggio dal regno della necessità a quello della libertà:
"Sarà forse allora la specie umana molto prossima, o Pontefice Romano, a quello che le religioni antiche, balbettio dell'umanità, ma balbettio geniale e vitale, chiamarono il mondo dello spirito." ("Sorda ad alti messaggi la società dei quiz").
LETTURE CONSIGLIATE
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Note
[1] Bordiga ai compagni (13 giugno 1948), in Archivio storico della Sinistra Comunista "italiana", sito di n+1, sezione Carteggi.
[2] L'assalto del dubbio revisionista ai fondamenti del comunismo, Quaderni di n+1.
[3] Ascesa e affermazione del cristianesimo di Rodney Stark, ed. Lindau, 2007.
[4] Carmelo Ferlito. La svolta corporativista del pensiero di J.A. Schumpeter, Academia.edu, 2007.
[5] "Meridionalismo e moralismo. Antiche e nuove paralisi del moto proletario in Italia", Programma comunista n. 20 e 21 del 1954.
[6] Rassegna Comunista, anno I, n.2 del 15 aprile 1921.
[7] Da cui trarrà l'opera La questione operaia e il cristianesimo, 1864.
[8] "Occupy the World together", n+1 n. 30.
[9] Prometeo, n. 6, 1° aprile 1944.
[10] Per una teologia del lavoro, Marie-Dominique Chenu, ed. Borla, 1966.
[11] Cattolicesimo, protestantesimo e capitalismo. Dottrina cristiana ed etica del lavoro, Paolo Zanotto, ed. Rubbettino, 2005.
[12] La santificazione del lavoro, José Luis Llanes, ed. Ares, 2018.
[13] Nostro volantino "Diritto al lavoro o libertà dal lavoro salariato?", 1997.
[14] Battaglia Comunista n. 1, 11-25 gennaio 1950.
[15] L. Murialdo, "Le Corporazioni: l'organizzazione sociale cristiana", cit. in Dalla prima Democrazia Cristiana al sindacalismo bianco, Francesco Traniello.
[16] Rivista Internazionale di Scienze Sociali e Discipline Ausiliarie, numeri di luglio, settembre e novembre del 1901.
[17] Rivista Internazionale di Scienze Sociali e Discipline Ausiliarie, numero del dicembre del 1903.
[18] L'Ideologia Tedesca, Karl Marx e Friedrich Engels, 1846.
[19] "Preparazione culturale o preparazione rivoluzionaria", L'Avanguardia, 20 ottobre 1912.
[20] "Un programma: l'ambiente", L'Avanguardia, 1° giugno 1913.
[21] La passione e l'algebra. Amadeo Bordiga e la scienza della rivoluzione, Quaderni di n+1.
[22] "Ora un vero patto sociale basato sulla partecipazione", Annamaria Furlan, Avvenire, 19 maggio 2020.
[23] "La socializzazione fascista e il comunismo", n+1, n. 42.
[24] Il profilo della ragionevolezza. Il distributismo, un'alternativa al capitalismo e al socialismo di Gilbert Keith Chesterton, ed. Lindau, 2011.
[25] Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie del 1897.
[26] Battaglia Comunista n. 21 del 1949.
[27] Il Comunismo della bibbia di José Porfirio Miranda, ed. Wolfgang Seyfert, 2020.
[28] Battaglia Comunista n. 23 dell'8-15 giugno 1949.
[29] Annali franco-tedeschi, febbraio del 1844.
[30] "Laicità e marxismo", Battaglia Comunista n. 36 del 21-28 settembre 1949.
[31] "Anticlericalismo e socialismo", Battaglia Comunista n. 35 del 14-21 settembre 1949.
[32] Enciclopedia Treccani, "I cattolici e il sindacato: dall'estraneità alla partecipazione" di Alberto Cova - Cristiani d'Italia (2011).
[33] Protokoll des V Kongress der Kommunistichen Internationale, copia di traduzione dattiloscritta, archivio online di n+1.
[34] "Il marxismo di fronte a Chiesa e Stato", Battaglia Comunista, n. 7 del 16-23 febbraio 1949.
[35] Togliatti e il destino dell'uomo. L'impegno di comunisti e cattolici nell'Italia repubblicana, ed. Robin, 2003.
[36] Non Abbiamo Bisogno, 29 giugno 1931.
[37] Divini Redemptoris, 19 marzo 1937.
[38] La Lobby di Dio, Ferruccio Pinotti, ed. Chiarelettere, 2010.
[39] A. De Gasperi, Scritti e discorsi politici, Bologna 2009, vol. IV, I, p. 879.
[40] come scrive il filosofo Piero Viotto nel libro De Gasperi e Maritain. Una proposta politica.
[41] Papa Francesco e don Andrea Gallo per una chiesa povera, Maria Teresa Grillo, ed. Imprimatur, 2013.
[42] "Rispunta la programmazione", n+1, n. 10
[43] Lettera ai compagni n. 35, "Il feticcio dei mercati".
[44] "Il problema edilizio in Italia", Prometeo serie II, n. 1 del 1950.
[45] "Tendenze e socialismo", Prometeo n. 5 del gennaio 1947.
[46] Nel 1976 nei porti polacchi iniziano i primi scioperi che vengono prontamente inquadrati dai sindacati di regime. Nei cantieri di Danzica gli operai alzano cartelli con le immagini di Wojtyla e della Madonna Nera di Częstochowa, sotto la cui icona nel 1979 il papa prega durante una visita in Polonia. Il movimento si dota di strutture autonome, i KOR (Comitato di difesa degli operai), e scavalca i vecchi sindacati organizzando mobilitazioni di massa a livello nazionale. Nasce un sindacato alternativo con milioni e milioni di iscritti, Solidarność, che poi degenera in partito borghese a causa della situazione interna e mondiale, che non permette certo una sua evoluzione in organismo di classe.
[47] "Il Papa ai movimenti popolari: 'Nessun lavoratore senza diritti'", di Lucia Capuzzi, 12 aprile 2020.
[48] Leggere Francesco. Teologia, etica e politica, Emilce Cuda, 2018.
[49] Programma Comunista n. 1 del 1956.
[50] Nel quaderno n. 4070 (gennaio-febbraio 2020) di La Civiltà Cattolica un articolo firmato da Antonio Spadaro e Paul Twomey è dedicato al rapporto tra Intelligenza Artificiale e giustizia sociale, e pone l'interrogativo: è possibile evangelizzare l'IA?
[51] "Contributo per una teoria comunista dello Stato", n+1, n. 48.
[52] Nel libro Il cielo sulla terra. Servire per la trasformazione del mondo (2020).
[53] Repubblica, 17 novembre 2020.
[54] "Francis, capitalism and war. The pope's divisions", The Economist, 20 giugno 2014.
[55] Il cristianesimo al tempo di papa Francesco di Andrea Ricciardi, 2018.
[56] Loris Zanatta, Il populismo gesuita. Perón, Fidel, Bergoglio, ed. Laterza, 2020.
[57] L'opzione Benedetto. Una strategia per i cristiani in un mondo post-cristiano, Rod Dreher, San Paolo Edizioni, 2007.
[58] Evangelii Gaudium.
[59] Dal discorso di papa Francesco alla Curia Romana, 21.12.2019.
[60] La Chiesa immobile. Francesco e la rivoluzione mancata, Marco Marzano, ed. Laterza, 2018.
[61] Enciclica Fratelli tutti.
[62] La Terza guerra mondiale a pezzi, Marco Orioles, ed. Rubbettino, 2019.
[63] Incontro con i Rappresentanti del Convegno Nazionale della Chiesa italiana. Discorso del Santo Padre a Firenze (10 novembre 2015).
[64] Dettloff Dean, "Le ragioni cattoliche in favore del comunismo", fonte: http://www.rifondazione.it/primapagina/?p=39394
[65] I Gesuiti di Malachi Martin, ed. Sugarco, 1988.
[66] Fonte: https://www.homolaicus.com/teoria/marxismo-tdl.htm
[67] V. Lenin, "L'atteggiamento del partito operaio verso la religione", pubblicato sul Proletari n. 45, 26 (13) maggio 1909 (in Opere complete, IV ediz., vol. 15, pp. 371-381).
[68] "Albione e la vendetta dei numi", Battaglia Comunista n. 3 del 1952.
[69] K. Marx, Per la critica della filosofia del diritto di Hegel, 1844.
[70] "Fare, dire, pensare, sapere", n+1, n. 38.