Wargame (4)
Non solo un gioco

QUARTA PARTE
MATITA E CARTA A QUADRETTI

Battaglia navale

Due fogli di carta a quadretti, due matite, due giocatori e un separatore per nascondere le mosse. L'attrezzatura di base era così spartana che si poteva giocare dappertutto, persino a scuola durante le lezioni! Si stabiliva la grandezza del "mare" (un quadrilatero con lettere e numeri sugli assi verticale e orizzontale), si disponeva il tipo di "naviglio" (numero di quadretti adiacenti contornati) ed era tutto, si poteva incominciare. L'interazione fra giocatori era costituita da quattro informazioni: coordinata, niente, colpito, affondato. Ad esempio: se alla coordinata non corrispondeva un quadretto del naviglio si rispondeva "niente" e si segnava il quadretto con un puntino; se corrispondeva si ribatteva "colpito" e si crociava il quadretto; quando veniva colpito l'ultimo quadretto del naviglio si diceva "affondato". Vinceva chi colpiva per primo tutti i quadretti dell'avversario. L'unico accorgimento possibile per contrastare l'avversario era variare la forma delle "navi" tenendo uniti i quadretti per almeno due lati.

Secondo ciò che abbiamo detto nei capitoli precedenti, anche "Battaglia navale" è un wargame. È un'astrazione riduzionistica, è interattivo, è agonistico, permette una seppur minima difesa. È completamente diverso dagli scacchi ma… È completamente diverso dai giochi più evoluti ma… C'è in esso un qualcosa che può aiutare a capire come mai da millenni il mondo si dedica a questo tipo di attività. Non sono passati troppi anni da quando fiorirono le sale da gioco, dove davanti a schermi con risoluzione televisiva si impazziva per Space invaders, Pacman o Tetris.

Può darsi che ci sia qualche forma di invarianza profonda che unisce la scacchiera dei Romani antichi con i wargame da guerre galattiche odierne, la speculazione sui tulipani olandesi del 1600 e il gioco patologico di chi si rovina alla roulette, il campo di battaglia e la giocata in famiglia, ma l'invarianza evidente, senza andare a cercarne di più complesse, come al solito si trova nelle analogie con i meccanismi della vita. Il fatto è che siamo parte del mondo vivente in continua evoluzione e ciò significa lotta. C'è la forma primordiale di lotta, che è quella darwiniana, la competizione per il premio al più adatto, e c'è la lotta sviluppata, che è basata sugli stessi principi ma è ricalibrata sull'evoluzione già avvenuta, cioè sulla capacità acquisita di elaborazione, sulla capacità di progetto intelligente che oggi viene da molti attribuita alla divinità ma che è molto umana, cioè molto vicina a una transizione di fase che ci permetterà di superare questa lunga preistoria.

Sarebbe un po' azzardato vedere in un comunissimo gioco per bambini più di quanto esso renda già esplicito. Ma non sarà difficile spingere le analogie almeno fino alle mappe delle metropolitane già prese in considerazione: la mappa non è il territorio, ma se voglio prendere il treno, proprio quel treno che mi porta dove voglio, il territorio non mi serve a niente, a questo stadio di sviluppo della mia specie devo avere la mappa.

Battaglia navale ad ogni mossa compie una ricognizione del territorio-mare; colpisce solo se la ricognizione trova la coordinata giusta. Le altre caratteristiche vengono dopo, a cascata, fino alla vittoria/sconfitta. Potrebbe essere una battuta di caccia, potrebbe essere un po' di tutto. È come un manichino cui si facciano indossare abiti diversi.

Infatti, su Internet, si vendono sia i manichini che gli abiti, sia i supporti (fissi) che gli accessori (variabili). Se si ha pazienza, passione e dimestichezza con il gergo, si può comprare tutto quel che serve per un gioco fai-da-te, palazzo o capanna, rovine o cantieri, servi della gleba o super cavalieri.

Ah, un piccolo particolare: sul wargame della rivoluzione che alcuni di noi stavano progettando e realizzando quarant'anni fa, Battaglia navale era usato per la produzione di soluzioni locali o globali.

Scorriamo alcuni tipi di wargame semplici, tanto per dare un'idea sommaria di cos'è un gioco di guerra e di come sia possibile quell'alto grado di astrazione che permette un'invarianza di fondo tra piccoli e grandi sistemi. Potranno essere utili, con le opportune attenzioni, per una simulazione in sintonia con il programma politico che il PCd'I propose all'Internazionale Comunista nel 1922. Teniamo presente che i piccoli modelli sono strumenti intermedi fra un diagramma di flusso disegnato con la matita su carta a quadretti e un gioco analogo computerizzato per un grande sistema dinamico. I complessi wargame delle multinazionali, degli stati o delle forze armate, pur rispettando gli stessi principi sono tra quelli che ci fanno considerare la quantità come soglia per ragionare in termini di qualità. Il sistema mobilitato per la simulazione del guasto della capsula Apollo 13 e per riportare gli astronauti sulla Terra era costituito da uomini, impianti, tecnologie, conoscenze, esperienze tali da richiedere il lavoro congiunto di 500.000 persone. Non era propriamente un wargame, ma utilizzava risorse e metodi simili.

Risiko & Co. è uno di quei giochi che non richiedono particolari attenzioni o sensibilità rispetto a ciò che succede e che potrebbe succedere sulla mappa del mondo. La prima edizione italiana di Risiko è del 1968. In questa versione la distribuzione iniziale delle forze era casuale e un po' squilibrata, ma nelle versioni successive furono introdotte correzioni. Lo schema di gioco è l'estrema astrazione di una guerra mondiale. Perciò il fluire del gioco è alquanto meccanico. Giocando con una edizione per computer, abbiamo avuto la sensazione che Risiko, riempito di contenuti realistici come nel gioco illustrato nel capitolo precedente, potrebbe essere analogo ad esso sia come struttura fondamentale, sia come interpretazione e gestione dei risultati.

Class Struggle (Lotta di Classe) è il board game (gioco da tavolo) creato nel 1978 in USA di cui abbiamo già parlato. Ebbe enorme successo anche in Europa, soprattutto in Italia dove ne furono vendute 250 mila copie. La sua funzione didattica orientata è grossolana ma esplicita. Ovviamente la lotta di classe non è quella che si evince, così come non è quello il marxismo rivendicato dall'autore.

Twilight Struggle. Gioco da tavolo strategico progettato da famosi autori. Vincitore di premi internazionali, fu pubblicato nel 2005. È un wargame a tutti gli effetti, ma possiede in più una caratteristica aleatoria che va al di là degli scenari classici del tipo: "spara, colpisci, guadagna punti, vai al gradino superiore." La struttura del gioco è quella basata sulla guerra non convenzionale che le maggiori potenze combattono dal 1945 in poi. Altrimenti detta Guerra fredda. È un card driven wargame, ovvero un gioco di guerra in cui a ogni turno i giocatori ricevono una mano di carte con le quali svolgono tutte le loro azioni. Anche in questo caso la mappa di gioco è tutt'altro che realistica. Rappresenta il mondo diviso in 5 aree principali (Europa, Asia, Africa, Centro America e Sud America), ed in questa scala globale i due giocatori si confrontano per acquisire il maggior numero di alleati, piazzando i propri segnaposti di influenza (Influence Markers) e tentando di rimuovere i segnalini dell'avversario. Si tiene conto dell'andamento del confronto su scala globale attraverso i punti vittoria (Victory Points guadagnati dai giocatori).

Dual Powers Revolution 1917. È un gioco da tavolo per due giocatori basato su un nocciolo che assomiglia a un ibrido fra Risiko e Twilight (se ci sente un appassionato di giochi…). C'è un controllo area come mission, una complessa gestione dei turni, e avversari cui sono assegnate forze asimmetriche. Un calendario determina lunghezza della partita e possibilità di intraprendere azioni extra o ottenere alcuni vantaggi al verificarsi di certe condizioni.

Dobbiamo necessariamente prescindere dall'impianto politico, ridotto all'osso e modificato pesantemente per ragioni di gioco. La cosa non disturba più di tanto, perché quello che ci interessa è il motore che regge gli eventi simulati (motore che potrebbe essere applicato a qualsiasi competizione, la strategia di un'azienda per penetrare in un mercato, una guerra spaziale, uno stress test per verificare la logistica di un gruppo industriale; sul motore potrebbe essere montata qualsiasi carrozzeria). Il gioco gravita quindi attorno al suo motore, che è costituito dalle carte. Su ogni Carta Comando è riportata l'indicazione di una regione, un valore di reclutamento, un'icona azione e un valore calendario. A inizio turno, inoltre, una Carta Comando viene scelta come obiettivo segreto, determinando quale regione il giocatore deve prefiggersi di controllare per ottenere il punteggio indicato dalla carta stessa.

Le carte restanti dopo la mano possono essere usate per:

  • 1) schierare unità nella regione indicata in base al valore di reclutamento;
  • 2) attivare l'azione per spostare o rinfrescare un'unità già schierata;
  • 3) schierare la tessera leader su una qualunque regione conferisce un effetto speciale come:
  • 4) spostare il segnalino Blocco;
  • 5) ottenere subito il Volere del Popolo, come vedremo fra poco;
  • 6) guardare l'obiettivo segreto dell'avversario.

Giocare una carta fa avanzare il numero di giorni del calendario pari al valore raffigurato. Se riusciamo a far fermare il contatore sul 15 del mese le carte leader permettono di aver diritto ad un'azione extra; in alternativa, potremo pescare una carta dal mazzo. Stesso discorso se portiamo il calendario al 29, 30 o 31 del mese. Passato il 31, il mese cambia e il giocatore attivo si assicura il Volere del Popolo prendendo il rispettivo segnalino.

Il Volere del Popolo ci permette di avere dalla nostra le unità neutrali presenti in città e potremo sommare il valore dato dalle loro tessere a quello delle nostre durante il conteggio delle maggioranze. Inoltre, nel mese di maggio/giugno Trotsky ritorna dal suo esilio e si schiera con la fazione che ha il popolo dalla sua. Ad agosto, se Trotsky è ancora in gioco, il giocatore Soviet ne pretenderà il controllo a prescindere da chi abbia il Volere del Popolo. Leggiamo a modo nostro questa strana categoria del gioco:

Volere del popolo = Determinazioni verso la polarizzazione sociale in direzione del rovesciamento della prassi.

Una volta giocate quattro carte dalla propria mano, il turno termina e si procede ai conteggi.

Il Volere del Popolo rompe gli spareggi in favore di chi ce l'ha.

Tutte le tessere unità che hanno preso parte al conteggio per una maggioranza vengono capovolte sul loro lato "esausto" raffigurante un valore differente. Le tessere che erano già sul lato "esausto" vengono rimosse dalla mappa al termine del turno.

La regione marcata con il segnalino "barricata" diventa "area in rivolta" per il turno successivo, mentre una nuova regione viene estratta e bloccata con il segnalino barricata.

La partita procede così, fino al raggiungimento del mese di ottobre o novembre oppure fino a quando un giocatore non riesce a portare il segnalino punteggio sulla propria estremità (vittoria immediata).

Ciò che abbiamo scritto in questo capitolo non è facilmente traducibile in immagini, mosse e turni di gioco, bisognerebbe avere quest'ultimo sotto agli occhi. Tuttavia, è intuibile che c'è un'ossatura generale intorno alla quale è stato costruito il tema specifico facendo attenzione a realizzare un equilibrio fra avversari non compatibili.

Tesi di Roma, un wargame da manuale

Nelle pagine seguenti lavoreremo sui classici. Incominciamo con una precisazione: in inglese si fa differenza fra war game, che significa "gioco di guerra", ad esempio uno scenario realistico della Seconda Guerra Mondiale o di un suo episodio; e wargame, che indica "qualsiasi scenario che utilizzi le caratteristiche militari per giungere a un risultato" (ad esempio il gioco degli scacchi o la simulazione di una campagna nazionale di marketing o l'evolversi dei rapporti – militari e no – fra due paesi concorrenti sul piano internazionale). Come "wargame" vanno classificati tutti i conflitti che possono essere presi in considerazione dalla teoria dei giochi di Morgenstern, von Neumann, Nash ecc. Dal punto di vista della simulazione con dati quantitativi ottenuti da quelli qualitativi offerti dallo scenario così com'è, sono stati compiuti progressi decisivi ricorrendo alle discipline scientifiche:

"La maggior parte dei ricercatori sulle operazioni provengono dai ranghi degli scienziati fisici. Essi hanno aggirato la mancanza di sperimentazioni rigorose e statisticamente valide conseguenti all'enfasi che nel wargaming veniva attribuita alle decisioni umane. Hanno invece sottolineato l'analisi quantitativa e scientifica degli aspetti fisici presenti nelle operazioni militari. In un primo tempo hanno basato gran parte del loro lavoro sull'analisi statistica dettagliata dei dati operativi e sulle tecniche di modellazione matematica consuete nelle scienze fisiche. In alcuni casi, tuttavia, hanno scoperto che potevano essere le tecniche di wargaming a essere utili complementi alle loro analisi matematiche."

Non è forse un wargame anche il nostro lavoro per lo studio della dinamica soggiacente all'inceppamento dell'accumulazione dal 1970 a oggi?

Diversi nostri lavori potrebbero essere raggruppati sotto il titolo di un'antologia che ricordi il wargame. Ad esempio:

  • - Crisi storica del capitale senile (Quaderno n. 1);
  • - Dinamica dei processi storici (Quaderno n.3);
  • - La Guerra del Golfo (Quaderno n. 4);
  • - Miseria crescente (Rivista n. 20);
  • - Crisi subprime (Rivista n. 24);
  • - Energia e materie prime (Rivista n. 31);
  • - Globalizzazione (Lettera n. 40);
  • - Teoria e prassi della politiguerra americana (Rivista n. 11).

È del tutto manifesto: il ricorso alle leggi della fisica per lavorare a un concetto rivoluzionario di partito in modo che si sintonizzi con il suo programma per il domani, contribuisce a generare anche uno schema di funzionamento per il programma dell'oggi. Non è quindi strano che il wargame, da ausilio a una strategia di controllo di eventi vari, diventi uno strumento per la realizzazione di tali controlli. In effetti la forma partito, intesa come un essere vivente che guida la specie verso il futuro è tanto semplice, per i comunisti, da rasentare la banalità.

Finché esiste il capitalismo, il partito comunista è il partito politico della classe operaia. Ma nella nuova forma sociale il partito diventerà l'organo di salvaguardia generale della specie, contro i pericoli cui essa può andare incontro, non ultimo quello di estinzione.

Non sarà una scelta, è la dinamica materiale che si riflette sulla sequenza temporale degli eventi, una condizione senza la quale non si può parlare di situazione rivoluzionaria. Questa condizione va stabilita in anticipo perché occorre prevedere per quali vie la nuova società diventa una possibilità reale. Nella realizzazione del wargame, quindi prima di "giocarlo", dev'esserci il partito nello "scaffale degli strumenti" da prelevare una volta che sia diventato possibile. Terminata la transizione, il partito sarà presente nel gioco, ad esempio come "scatola" dalla quale vengono emanate e/o prelevate alcune delle determinazioni che avranno influenza sui segnaposto e su altri parametri, quali la traduzione di elementi qualitativi in elementi quantitativi tramite coefficienti numerici o situazioni confrontabili. In genere, per evitare nebulosità, i giocatori utilizzano un mazzo di carte, ognuna delle quali contiene indicazioni per proseguire e prescrizioni varie.

Presentandosi (il partito) nella sua azione come una collettività operante con indirizzo unitario, i moventi iniziali per i quali gli elementi e i gruppi di questa collettività sono condotti ad inquadrarsi in un organismo ad azione unitaria sono gli interessi immediati di gruppi della classe lavoratrice suscitati dalle loro condizioni materiali.

La piazza

Questo capitolo è intitolato "La piazza" con riferimento a quel luogo tipico dell'urbanesimo antico e moderno che in certi momenti storici è teatro del cambiamento. Essere "padroni della piazza" però ha un significato più simbolico che altro: in effetti è un modo di dire perché nessun padrone di piazza ha mai cambiato un modo di vivere e tantomeno di produrre.

È dal 2005, anno della rivolta delle banlieue francesi, che le piazze si riempiono con frequenza crescente. Lo scenario del wargame che stiamo preparando è quello che stiamo vivendo da 15 anni a questa parte. Esempio: in Francia i gilet jaune entrano nel quarto anno di scioperi e manifestazioni. In Italia, a Torino e Milano, siamo a una ventina di sabati consecutivi di manifestazioni. Fatti come questi, con differenze non essenziali, stanno succedendo in tutto il mondo da anni. Vediamo, adesso, e citiamo a caso, Italia e Stati Uniti, il Cile e Hong Kong, il Brasile e la Bulgaria, paesi in cui si susseguono manifestazioni contro un po' di tutto ma, curiosamente, a favore di niente o per qualcosa di molto sfumato, a parte le dimissioni dei governi (richiesta simbolica, il Belgio è rimasto senza governo per tre anni e non se n'è accorto nessuno). A parte qualche eccezione in passato, si tratta di movimenti che non riescono a darsi una continuità organizzativa.

Il malessere sociale è altissimo ma non produce effetti eclatanti. La vita senza senso è interpretata in termini di sofferenza dell'anima, ognuno cerca di non rimanere tagliato fuori e scende in piazza tra la folla. Essere isolati in un momento come questo provoca diversi tipi di malessere fisico. Non si tratta semplicemente di una somatizzazione del malessere psichico ma di una "malattia" nuova, alla quale hanno dato il nome provvisorio PSI. Comunque, i manifestanti scendono in piazza una volta alla settimana, al sabato, per mesi, e girano per le città senza meta, gridando slogan un po' fai-da-te come "Libertà", "Stato al macero", o gli immancabili "No green pass" o "No vax".

Per il momento la massa manifestante è interclassista senza sapere che cosa sia l'interclassismo. Il quale è un terreno fertile per le manovre dell'opportunismo, che nella confusione ideologica ha radici profonde. Quando inizierà la selezione saremo costretti a ritornare su discorsi già fatti un secolo fa. Non si potrà dire che le vicende responsabili della catastrofe controrivoluzionaria durante i primi quattro o cinque anni dalla Rivoluzione d'Ottobre fossero impreviste o poco conosciute. La lotta contro l'opportunismo era stata una delle caratteristiche invarianti per mezzo secolo, permettendo a Lenin una poderosa rimessa in carreggiata del movimento internazionale. Sembrava che i problemi di tattica rivoluzionaria fossero risolti e invece no, si erano ripresentati più virulenti di prima. La Sinistra Comunista aveva individuato in tempo il serpeggiante ingrandirsi del fenomeno e aveva tentato di sollevare la questione già al II Congresso del 1920, dove aveva richiesto delle regole severe per l'adesione dei vari partiti nazionali a quello che doveva diventare il partito mondiale.

Siamo sempre al fatidico punto: no selezione uguale a partito corrotto; sì selezione uguale a partito sano che però viene sepolto dalla paura di essere minoritario, cosa che conduce alla tattica dei fronti unici, cioè a partito opportunista.

La verifica sperimentale, coronamento di ogni ricerca scientifica, ha fornito per un secolo prove della correttezza dei timori della Sinistra. E non si può dire che sia mancato qualche strumento di conoscenza in grado di indicare una direzione. La bussola c'era, ma non fu consultata.

Come si può facilmente constatare dalla gran quantità di documentazione prodotta, mentre a livello dell'Internazionale ci si perdeva in discussioni su dettagli tattici tipo conquista della maggioranza, il PCd'I tirava in ballo le grandi questioni di principio che avrebbero dovuto guidare le scelte. Nella misura in cui… è scritto nelle Considerazioni. Se è vero che la situazione sociale non può essere definita rivoluzionaria quando non esista un forte partito comunista, è anche vero che tale partito non s'inventa e non si fabbrica, dev'esserci un periodo di formazione che va riconosciuto. Da chi? Da una piccola minoranza di mutanti (nell'evoluzione del mondo vivente i mutanti sono per forza un'infima minoranza).

Qui conviene seguire la bussola. La rivoluzione non è alle porte, ma la fiction basata sul wargame virtuale che stiamo usando sta raggruppando dati interessanti. È un sabato di fine ottobre del 2021. Sullo schermo del computer scorrono le immagini di una manifestazione. È in una città inconfondibile del Nord Italia, ma potrebbe essere ovunque. E infatti si manifesta da qualche tempo in diversi luoghi per diversi scopi, in diversi paesi. Siamo ormai abituati e l'effetto è quello di una situazione pandemica, sarà l'effetto del virus, ormai oggetto di osservazione più da parte degli economisti che da quella degli scienziati. E si sa, l'economia non è una scienza.

Stranamente, l'economia non si occupa dei manifestanti che sfilano, eppure è chiaro che gridano slogan non corrispondenti al motivo delle manifestazioni. Libertà, tessera verde, vaccinazioni, complotti e Stato Padrone non c'entrano, al di là di quanto possa credere il singolo, si capisce che la pancia del popolo brontola per qualcosa di non espresso, che fatica a essere comunicato.

Siamo dunque con il video nelle vie centrali, ci sono forse diecimila persone (scrive il giornale cittadino, quello che trasmette le immagini scrive cinquemila, ma è avversario dei manifestanti, lo scontro avviene anche sul terreno di una banale cifretta). La telecamera inquadra cinque o sei furgoni della polizia parcheggiati e una decina di agenti in piedi, come in attesa ma senza brandire l'attrezzatura.

Intorno l'atmosfera in piazza è a tratti rabbiosa, a tratti spensierata. L'operatore risale la corrente, si ferma, esegue una carrellata e una panoramica, intercala piani diversi a ritratti, scenette di costume. Professionale, non come quei dilettanti che fanno venire il mal di mare mirando a caso, a destra e sinistra, in alto e in basso. Dieci poliziotti risalgono il corteo. La gente fluisce lenta, come bighellonando. Scansa i poliziotti come se non li vedesse. Questi, raggiunto un incrocio, si raggruppano spalla a spalla e… si tolgono il casco. Strano segnale. Dalla via si vede uno scorcio della grande piazza dove sono diretti. C'è una sosta anche per gli slogan.

Fin qui l'ambiente. Il corteo è bloccato alle soglie della grande piazza. Il telefonino dell'operatore è adesso fermo. Evidentemente ha un cavalletto, l'immagine arriva da mezzo metro al di sopra delle teste. Nessuna indicazione che serva a identificare la fonte, a parte il sito di un giornale locale. I manifestanti hanno sciolto il corteo ma non se ne vanno.

Rivista n. 50