Wargame (5)
Non solo un gioco
QUINTA PARTE
FINALMENTE LA PIAZZA
Partito azzurro 1
"L'organizzazione del partito proletario si forma e si sviluppa nella misura in cui esiste, per la maturità di evoluzione della situazione sociale, la possibilità di una coscienza e di una azione collettiva unitaria nel senso dell'interesse generale e ultimo della classe operaia". (Tesi di Roma)
Nei grandi wargame istituzionali il nome degli avversari nel gioco è scelto fra i colori, possibilmente lontani da quelli eventualmente presenti nella realtà. Siamo fermi ai bordi della grande piazza, il corteo si è sciolto ma la gente non sfolla, ignara di quello che succede dietro le quinte. Alcuni funzionari di polizia stanno guardando il filmato dell'operatore in piazza. Altri monitor mostrano altri filmati. Su due monitor spiccano due cartelli con scritto: Azzurro e Arancione. Il partito Azzurro è in quella stanza; il partito Arancione è virtualmente in piazza, ma è in effetti una simulazione nel gioco che si svolge nella stanza.
Essendo il wargame un confronto qualitativo che poggia su dati sperimentali quantitativi (ad esempio nel caso della decisione di uno sciopero senza preavviso proclamato da pochi operai ma inaspettatamente condiviso da 10.000 operai di 100 fabbriche), non può dare luogo a modelli standard riproducibili; perciò, ogni aspetto può essere pilotato dal giocatore. A differenza di un modello statico, il wargame permette al giocatore di dare risposte differenti a scenari uguali, il che vuol dire affrontare eventi casuali che fanno di ogni "partita" un modello a sé, anche quando il modello di partenza è sempre lo stesso. L'impossibilità di previsione dovuta al comportamento "creativo" dei giocatori produce situazioni dalle quali nascono suggerimenti che in seguito vanno a influenzare la struttura matematica:
"Tali variazioni devono essere bilanciate dall'invarianza sottostante e dalla opportunità di esplorare il grado di determinismo inerente ad ogni situazione. I wargame sono qualitativi; se l'output richiesto da un evento è di tipo numerico, è improbabile che un wargame sia lo strumento appropriato. Mentre la maggior parte dei wargame include sistemi matematici che producono risultati numerici, i sistemi matematici non sono adatti a inglobare tutti i dati qualitativi dei wargame."
I risultati numerici possono variare, ma quelli qualitativi sono variabili per definizione: possono completare, ma non sostituire l'analisi severa e minuziosa. I wargame danno il meglio di sé quando sono usati per l'assemblaggio di informazioni utili a prendere decisioni, per formulare domande; i modelli matematici se la cavano meglio con le risposte tendenzialmente definitive. Per questo motivo, i wargame non sono adatti per le previsioni basate sulla proiezione nel futuro di dati del presente. Essi permettono di dedurre un ventaglio di eventualità, per cui c'è anche il pericolo che giocando più mani della stessa partita non sia possibile ricavare indicazioni sicure perché i risultati sono troppo dipendenti dalla probabilità. Una singola esecuzione del gioco può dare indicazioni errate che più esecuzioni eviterebbero, così come più esecuzioni con wargame diversi possono dare una migliore garanzia di successo.
Fine del corteo sul perimetro della piazza. Come annunciato, ci dovrebbe essere un'assemblea, ma in mancanza di organizzatori visibili non ci sarà. Qualcuno passa un megafono a batterie, ma l'operazione non ha seguito. C'è tanta confusione, e un ordine spontaneo non si avverte ancora. Gli interventi al megafono si fanno più radi, infine qualcuno comunica ai manifestanti che dovrebbe nascere un coordinamento con altre città. C'è uno stentatissimo applauso. L'assembramento improvvisato sta per sciogliersi quando alcuni manifestanti propongono di occupare la piazza.
Potrebbe essere un'idea, anche se occupare adesso non era previsto. Così, su due piedi sembra impossibile. Per occupare occorre un minimo di preparazione e i manifestanti non sono attrezzati. Intanto si chiedono: chi doveva prevedere? C'è qualcuno che prevede per noi? È sabato, domani è domenica, si potrebbe far tardi questa sera, ma come diceva qualcuno poco fa, non c'è preparazione. Ma ci sono momenti che non bisogna lasciar scorrere senza azione. Perché aspettare? Non fa ancora freddo. Ci sono migliaia di persone. Molte possono fermarsi. Si può lanciare un flash mob. Ci vorrebbero delle tende, sacchi a pelo, materassini, come s'è visto in Tv o su Internet in decine e decine di occupazioni. La proposta è accettata per acclamazione. Però sembra che nessuno si muova.
Decine di cartelli sono appoggiati a terra mettendo bene in vista la galassia populista dei manifestanti. Un catalogo sociologico esaustivo, i cui interessi reali possono coincidere o no con le parole d'ordine scritte con e su materiali raccogliticci. Due di questi cartelli sono piuttosto inquietanti: "No alla scienza", informano. Perché? Ritorniamo all'alchimia?
Un centinaio di agenti sta correndo per chiudere un paio delle vie di accesso alla piazza e interrompere l'afflusso. I manifestanti stanno correndo per tenerle aperte. C'è un breve tafferuglio senza costrutto, una specie di omaggio alla tradizione. I manifestanti hanno la meglio per via del loro numero ma sembra non si rendano conto che la polizia li ha praticamente lasciati fare e comunque la piazza ha una decina di uscite che danno su altrettante vie. Nessuno dei manifestanti si fa illusioni. Quella piazza è un luogo troppo vasto, non riuscirà l'occupazione. Alcune centinaia di persone, isolate o a gruppi quasi non si notano nel grande spazio. Però le persone non se ne vanno, aspettano quelle che sono andate a procurarsi il necessario per occupare.
Dicevamo dietro le quinte. In quel momento quattro operatori sono al computer in un locale della Questura e due sono seduti a scrivanie ingombre di fogli. L'insieme forma una delle unità di crisi da poco insediate nei quattro agglomerati urbani che superano il milione di abitanti. Esisteva già un qualcosa di analogo, ma era poco di più che una teleconferenza. Normalmente la stanza viene usata per l'addestramento con vari tipi di wargame. In caso di emergenza si ricorre a un software commercializzato dal governo inglese che permette di interfacciarsi quasi in tempo reale con la piazza o altri scenari. La competizione prevede due giocatori, cioè due gruppi di persone, uno nelle Questure (Partito azzurro) e uno in piazza (Partito arancione). I due personaggi seduti alle scrivanie sono l'arbitro e il direttore di gioco. Le informazioni sono in parte dirette, ottenute in tempo reale, in parte indirette, ottenute da un ricco database attraverso un Pannello di controllo. Ogni gruppo in Questura è collegato in networking con diverse persone, consulenti specializzati in qualche disciplina, fissi o consultabili al momento. Il direttore di gioco riassume lo scenario che si è venuto a creare nella piazza:
- Manifestazione apparentemente spontanea, non autorizzata ma tollerata secondo le indicazioni del Ministero degli Interni. Circa 10.000 manifestanti secondo la Questura (5.000 secondo un quotidiano avverso ai manifestanti, 10.000 secondo un quotidiano locale). Forse 2.000 nella piazza, il resto bloccato nelle vie adiacenti o sfollato. 300 agenti in tutto lo scenario. Criticità sulle 10 uscite/entrate della piazza, per cui 50 agenti in borghese, mescolati alla folla e addestrati alla raccolta di informazioni, sono confluiti con i colleghi.
- Questo gruppo di agenti sembra particolarmente numeroso in rapporto alla situazione ma ciò è giustificato dal fatto che la composizione del corteo, essendo questo improvvisato, non ha testa; quindi, sono presenti soggetti perturbatori che vanno dal neofascismo all'anarco-insurrezionalismo.
- Per il momento i manifestanti, pur essendo decisamente superiori di numero, non tentano di sopraffare le forze dell'ordine. Probabilmente attendono l'esito del flash mob con il ritorno di coloro che sono andati ad attrezzarsi per l'occupazione, se ci sarà (come mai non è stata prevista, nemmeno come possibilità statistica?)
- Sit in nella piazza. Telefonini roventi stanno confermando il flash mob con una seconda chiamata. A parte questo, nessuna parvenza di organizzazione, ma già così la situazione è delicata. In Questura si calcola che un feedback rispetto agli appelli potrà essere avvertito e produrre effetti non prima di due ore.
- C'è una calma surreale, agenti e manifestanti sono consapevoli che se dovessero tornare coloro che sono usciti o arrivare nuovi manifestanti in risposta alla chiamata, la polizia non potrebbe impedire l'occupazione. Immessa la configurazione nel programma, la risposta è di non intervenire. La qual cosa significa che si dovrebbe aspettare domenica sera per sgomberare la piazza, confidando in un lunedì con ritorno alle personali attività. Gli agenti in borghese che raccolgono informazioni hanno inviato dati sufficienti per elaborare stime sulla composizione sociale del corteo ma non quelli sulla piazza attuale, che sarebbero decisivi per stabilire che tipo di atteggiamento tenere. Il corteo sarebbe stato composto da:
- piccola borghesia commerciante (60%);
- piccola borghesia addetta al ristoro (15%); piccola borghesia del servizio pubblico (10%); piccola borghesia intellettuale (5%); salariati (compresi i disoccupati, 5%); studenti (5%).
- Se tutti coloro che hanno un'attività per lunedì non fossero presenti, l'occupazione non sarebbe verosimilmente possibile.
- Slogan: Libertà, No Green pass, (almeno 80%). Il resto inventato sul momento. In due casi slogan complessi cantati in sincronia, come fossero stati "provati." Questo è un sicuro indizio del fatto che 1) i manifestanti sono divisi e 2) incominciano ad operare sul terreno esterno. Se è corretta la seconda opzione controllare quanto credito sia rimasto all'immagine della manifestazione "libera e indipendente".
- Per il momento il flash mob lanciato con i social network non sembra avere riscosso il successo sperato. Le forze dell'ordine sono in attesa degli esiti. Incominciano ad affluire i manifestanti con materiale per la notte. Sono pochissimi e la vastità della piazza li fa sembrare ancora meno. Sui social network traffico specifico quasi nullo. L'occupazione al momento non è che un sit in con altro nome. Nessun indizio di attività futura programmata. È stata pubblicata su Internet una bozza del sito che sarà il punto di riferimento per i manifestanti. Il movimento non ha ancora un nome. Dati i tempi, la notizia di per sé non è interessante, oggi chiunque può pubblicare un sito con estrema facilità. Gli analisti fanno notare che questo è un po' diverso. È ancora in costruzione, ma è completo e funzionale. Dal numero di accessi nonostante il cartello di "Lavori in Corso" si vede che sarà un punto di riferimento importante. È diviso in sezioni operative: Comunicazione in Rete, cioè tutto ciò che serve a informare su qualsiasi argomento, logistica, interfaccia con il resto del mondo: stampa, organismi vari, rappresentanti dello Stato. Secondo gli analisti il sito, data la sua complessità e interattività, richiederà molte persone per la gestione. Per questa ragione, più che per questioni tecniche, non potrà essere pronto in tempi brevi (non prima di una settimana, ipotesi basata sul tempo occorso per arrivare fino a questo punto).
Partito arancione 1
Localizzazione: un mercato coperto, un grande ambulatorio privato convenzionato e un parcheggio in zona semi-centrale, tre elementi che contribuiscono a fare del luogo un anonimo centro di attività con abbondante traffico. In un seminterrato ha sede una cooperativa che recupera apparecchiature colpite da "obsolescenza programmata", cioè le ripara a dispetto della loro progettazione che prevede una durata breve. Buona parte dello spazio è riservato a scaffalature piene all'inverosimile delle apparecchiature da utilizzare come fonte di pezzi di ricambio. Alcuni soci della cooperativa erano un tempo fra i pochi seguaci italiani di Occupy Wall Street. Adesso si limitano a mantenere i contatti via Internet con i sopravvissuti di quell'epoca. Hanno un piccolo sito e diffondono una newsletter. Le apparecchiature più numerose sono quelle elettroniche. Quando sono riparate e funzionanti vengono esposte per la vendita. Essendo tutte connesse alla rete elettrica, a quella informatica e a vari dispositivi, cioè pronte per l'uso in caso di dimostrazione a qualche cliente, si presentano con un inestricabile groviglio di cavi che quasi le sommerge. A dire il vero il disordine è tanto in tutto il locale, se qualcuno volesse capirci qualcosa dovrebbe impegnarsi non poco.
Tra le apparecchiature c'è una workstation un tempo molto potente e utilizzata per la progettazione, oggi dedicata a un programma realizzato da alcuni soci appassionati di videogame. Uno di loro segue e riferisce agli altri ciò che sta succedendo nella grande piazza sospesa tra occupazione e sgombero.
Il programma della polizia non ha previsto l'occupazione della piazza, nemmeno come possibilità statistica. Eppure, c'era una notevole sproporzione di forze e gli stessi manifestanti hanno gridato nei megafoni che sarebbero andati a prendere l'occorrente per poi tornare, anche per vedere l'effetto del flash mob. C'erano tutti gli elementi per consigliare un'azione preventiva, invece la polizia sì è arroccata in difesa prima della piazza, poi delle vie d'accesso o di fuga. Date le forze in campo, una difesa insostenibile. Ma quello che più stupisce è la scelta tradizionale di fronte a eventi non tradizionali: è come se, sapendo che la manifestazione sarebbe risultata atipica, cioè completamente in mano ai populisti, la polizia avesse deciso di ritenerli innocui. Cosa che forse era vera dieci anni fa, e solo in parte, ma oggi con il mondo populista in piazza viene a mancare il controllo, proprio per questo può succedere di tutto. Come, ad esempio, in una piazza che sta per essere occupata, dove 300 poliziotti dovrebbero sbarrare dieci passaggi larghi quanto una via per impedire ad almeno 2 o 3 mila manifestanti di accedere (ricordiamo che 2.000 sono già in piazza).
I dati sono grezzi, anche perché il programma della cooperativa è ricavato da una base commerciale piuttosto vecchia. Però i loro corrispondenti americani stanno cercando un vero wargame da adattare e usare in modo coordinato. Mentre il movimento attuale, nato in seguito alla storia della pandemia, non ha nemmeno idea di che cosa sia un wargame. Neppure i sinistri hanno idea di che cosa sia. Teorizzano che la rivoluzione non è una questione di macchine ma di uomini, continuano ad essere contrari all'utilizzo della "scienza borghese".
In uno spazio che può contenere facilmente decine di migliaia di persone, con vettovaglie e servizi a portata di mano, sta formandosi una parvenza di ordine. Il lancio tribolato del flash mob ha infine avuto un effetto a sorpresa: nel giro di tre ore sono affluite in piazza migliaia di persone. Lo spazio c'è. La piazza ha una superficie di quattro ettari, ha tre lati circondati da portici molto spaziosi il quarto lato coincide con il fiume. Capacità 40.000 persone calcolando una densità bassa. La fatidica decina di uscite nel caso si debba evacuare; una ventina di bar e ristoranti entro il perimetro o a pochi metri possono offrire cibo, bevande e l'uso del WC. Sulle prime, in casi del genere gli esercenti tendono a considerare l'invasione di manifestanti una scocciatura, come ad esempio ogni Primo Maggio, ma poi di fronte a una folla che deve mangiare e bere, cede facilmente. E tra l'altro questa volta i manifestanti e gli esercenti fanno parte della stessa classe.
Occupare una piazza così grande significa essere obbligati ad assicurare una difesa adeguata. L'esperienza di Occupy Wall Street a Zuccotti Park o degli egiziani a Piazza Tahrir insegna che non si può difendere una piazza troppo piccola, ma che una grande richiede molti partecipanti, molto decisi. Gli occupanti devono prevedere ciò che faranno il Comune e lo Stato, ma soprattutto cosa farà l'assemblea. In alcune occasioni passate si è già parlato di questo argomento. Cinquanta uomini senza divisa a raccogliere informazioni sembrano troppi per 10.000 manifestanti ma le informazioni che stanno inviando sono di estrema importanza. L'assemblea può diventare luogo di scontro violento fra le numerose fazioni della politica classica, anche se queste per il momento non hanno alcuna presa sulla massa populista. Comunque, mentre si apriva il gioco, sia il Partito azzurro che il Partito arancione davano per scontata l'esistenza l'uno dell'altro. C'era però un problema: il Partito azzurro, ritenendo scontate le vecchie divisioni politiche, aveva stabilito che a occupare la piazza ci fosse un Partito arancione, cioè nemico. Ma qualcosa è cambiato. Il partito Azzurro ha messo radici anche nelle manifestazioni e nella piazza.
Dal punto di vista della composizione sociale c'è un unico grande Partito Conservatore Azzurro distribuito fra i difensori dello Stato e i manifestanti contro lo Stato. Il Partito arancione c'è, ma per adesso non si manifesta: "esso si forma e si sviluppa quando si saldano esigenze della dottrina e dell'azione" (Tesi di Roma). Se è così, pensano gli operatori nella sala del wargame in Questura, allora manca poco a una radicalizzazione. L'unità contro natura dei due partiti dovrà dissolversi e dovrà emergere il vero partito arancione.
Partito azzurro 2
Si dovranno evitare i consueti balletti alla francese, quelli standard con i dieci poliziotti-esca che fingono di essere sopraffatti e si ritirano attirando i turbolenti nelle sacche predisposte dai cento poliziotti nascosti. In Francia odiano lo Stato ma lo rispettano, qui non si riesce neppure a odiarlo perché lo si sbeffeggia. Queste manifestazioni che fanno il giro del mondo finiranno per farlo saltare. O forse è più realistico dire che lo faranno soffocare, tanto è carente di ossigeno vitale.
Qualcosa è andato storto. Dopo decenni di esperienza le ripetizioni non dovrebbero più ingannare nessuno e invece gli agenti, avendo perso l'iniziativa, si ritrovano assediati agli imbocchi della piazza. In questa posizione precaria devono aspettare le decisioni dell'avversario, reinterpretarne le mosse alla luce di notizie affidabile sull'occupazione. Intanto sta confluendo un numero imprevisto di manifestanti. Ci sono anche dei curiosi che non fanno parte del movimento, riconoscibili dal fatto che portano la mascherina. Lungo il corteo non se n'era vista una.
Quando arriveranno i rinforzi del partito azzurro, quelli dei manifestanti-occupanti e quelli del flash mob, ci saranno le solite scaramucce per decidere se la piazza dovrà essere tenuta o lasciata, decisione che non sortirà effetto alcuno in un caso o nell'altro, perché i manifestanti non possono non manifestare e lo Stato non può rinunciare alle proprie prerogative. Sarà prodotta un po' di nebbia lacrimogena fotografata da mille fotocamere, telecamere, smartphone e tablet contribuendo a iniziare un nuovo, ennesimo futuro miliardo di immagini.
Se non si sapesse che la regia è solo dello Stato attraverso gli agenti d'influenza, si direbbe che ci sia qualcun altro che gioca alla guerra. Non si tratta di adottare tesi complottiste, ma da una serie di sintomi quello che sta succedendo ha tutta l'aria di essere programmato. Non ci sono più le frange bombarole pseudofasciste che militavano in un fascismo mai esistito. Oggi si tratta di guerra dell'informazione, come ci insegna la rivista di uno dei servizi più o meno segreti. È guerra ad alta concentrazione di tecnologia, informazione, apprendimento, sperimentazione. È la guerra che si fanno da tempo gli Stati riportata alle loro dimensioni e caratteristiche interne.
La rete azzurra di agenti là nella piazza comunica di aver censito almeno venti correnti politiche. La polizia le conosce tutte, anzi, ne conosce di più, alcune non partecipano. Ma questa volta, grazie a un virus interclassista, le abbiamo tutte insieme nella stessa piazza. E la notizia, non si sa ancora se buona o cattiva, è che la gente le scansa. È vero che le manifestazioni hanno un colore sociale indefinito, ma sappiamo che le maggioranze silenziose come le chiamavamo negli anni '70, quando si muovono possono fare molto rumore. Quindi bisogna valutare molto attentamente la dottrina di Hong Kong o Trump o sicuramente qualche cosa di simile da qualche altra parte del mondo. Chiamiamo "Dottrina di Hong Kong", quella che si è manifestata in un luogo simbolo delle metropoli verticali, dove il contatto fisico è obbligato dalla densità demografica ma negato dalla coltivazione di psicopatologie individualistiche come lo shopping compulsivo.
Nella città cinese – nove milioni di abitanti – ci sono state manifestazioni oceaniche con la partecipazione di uno o due milioni di persone alla volta. Le fotografie e i filmati che sono arrivati in rete sono impressionanti. La dottrina HK consiste precisamente nel creare spazi di frizione tra i manifestanti e la polizia, spazi nei quali la folla scarica la tensione in un gioco (un wargame frattale) senza sbocco. È una tattica vecchia, la novità della versione HK è che ad altissimi livelli di densità demografica l'intervento del caso (e del caos) può produrre situazioni fuori controllo; e quindi si spinge lo sfogo controllato fino alla soglia del pericolo non più accettabile, come il via libera all'occupazione del Parlamento, evento lasciato succedere o addirittura provocato. L'episodio analogo, fatte le debite proporzioni, avvenuto qualche mese dopo negli Stati Uniti ha sollevato più scalpore perché il Presidente è stato accusato di esserne il promotore, ma è evidente che la differenza è solo dovuta alla rozzezza americana.
Circola voce che il Movimento abbia un vertice segreto e stia usando un programma al computer per farsi assistere nelle decisioni. La polizia ha indagato ma non ha trovato segni di attività in tal senso. Le informazioni ricevute e immesse nel wargame escludono che ci sia qualcuno, manifestante o no, che stia anche solo pensando di usare simili strumenti. Se e quando si arriverà allo scontro vero con lo Stato, non sarà consigliabile sbagliare le mosse e prendere tempo con le vecchie liturgie dei tavoli di confronto per soppesare le rivendicazioni e arrivare alla solita soluzione del giusto mezzo. Un primo passo è già stato fatto: a parte il velo della pandemia, questo movimento non ha rivendicazioni da sottoporre a qualcuno. Per il momento lavora a costituire sé stesso. Forse tenterà di far cadere il governo. Non che la piazza sia così forte, ma il governo è sicuramente debole. Anzi, il governo è lo specchio dello Stato, che è la vera debolezza a livello mondiale. Infatti, tutti si stanno chiedendo: e poi? Domanda retorica, tutti sanno benissimo la risposta. L'apparente sintonia attuale della folkloristica marmaglia è destinata a saltare e l'unica soluzione possibile è quella dell'azione preventiva.
Il proletariato si presenta alla storia come "classe per sé" nel momento in cui agisce sempre più consapevole del proprio ruolo e della propria forza, ma non può raggiungere questo risultato senza darsi un programma unitario e una organizzazione conseguente. Un tale sviluppo è minacciato dall'azione delle classi avverse che vedono nel movimento proletario un pericolo per la propria condizione e che perciò, facendo leva sui propri interessi, cercano di frenare quelli operai. Ciò produce crisi sociali in cui le classi si arroccano sulle posizioni raggiunte e lottano per difenderle. Così facendo, producono situazioni complesse, molto difficili da interpretare senza riferimento alle classi e quindi generatrici di schemi distorti ed errori nei modelli interpretativi.
Partito arancione 2
Molte volte si è verificato un processo di degenerazione per il quale l'azione dei partiti proletari ha perduto quel carattere indispensabile di attività unitaria e ispirata alle massime finalità rivoluzionarie. Per tale via i partiti proletari sono spesso giunti ad estendere i limiti della loro organizzazione a sfere di elementi che non potevano ancora porsi sul terreno della azione collettiva unitaria e massimalista. (TdR)
Il modello interpretativo della polizia, o meglio dello Stato, è preciso nei dettagli, ha un database gigantesco, si fonda su una rete di consulenti esperti ma è molto difettoso nell'individuare la composizione di classe e gli effetti che produce. Lo Stato tende a classificare la società in due grandi insiemi: gli amici e i nemici. Le sfumature, che in una società moderna sono importanti, sono appena registrate.
La classe media, la più numerosa e in certi momenti più influente a causa dei danni che può procurare agli equilibri sociali, in questo momento è ferocemente allineata contro il governo, confuso con lo Stato, quello dal volto indefinito che preleva le tasse dal borsellino del contribuente e "non restituisce l'equivalente in servizi", quello odioso che limita la libertà, parola consunta ma molto gridata. Il "governo ladro" non conta niente ma ha una faccia, riempie i notiziari, i giornali, le interviste. Si scende in piazza, dunque, contro il governo-Stato. Sembra che il Movimento stia suscitando molto interesse presso gli organi nascosti dello Stato e presso l'Associazione degli industriali. Insomma, non hanno ancora paura delle manifestazioni ma ci pensano. Alla paura. Alla incontrollata, incombente, irrazionale paura.
Senza dubbio anche i capitalisti hanno un programma al computer per farsi assistere nelle decisioni. Teoricamente dovrebbero essere schierati con la classe media, ma con la pandemia questa loro inclinazione si è modificata. I capitalisti non hanno solo bisogno che la gente vada a lavorare ma, secondo il sacro principio del consumismo, che vada anche a spendere ciò che guadagna. Nei loro schemi, capitalisti e classe media sono complementari, quindi alleati, uno produce e l'altro compra. Nella realtà la classe media è parassitaria, come si diceva una volta, e un wargame ben fatto sulla sua funzione sociale dovrebbe tenerne conto: l'artigiano e il bottegaio mangiano tutto ciò che producono e l'immane esercito degli addetti ai servizi e dei percettori di rendita mangia e basta. Il virus ci ha mostrato la radiografia della società moderna: la suddivisione in classi statistiche operata dalla polizia è del tutto approssimativa, ma è più realistica di quella dell'ISTAT.
Ormai i cortei sono tutti non autorizzati. C'è anche questo fatto inedito: il movimento non è omogeneo e la legge non è uguale per tutti. Nemmeno nella tradizione precedente (partiti, sindacati, sinistri) c'era omogeneità, ma adesso le differenze si fanno macroscopiche. Nessuno dei partiti iscritti nelle liste elettorali è presente alle manifestazioni, i sindacati latitano e le loro propaggini minoritarie ci sono ma non hanno voce in capitolo. È come se tutta la sovrastruttura istituzionale avesse alzato una cortina che rende invisibile la natura del movimento. Queste sono le manifestazioni della classe media e dei suoi prodotti irregolari, dagli anarchici ai micropartitini, dai naziskin ai filosofi. Gli operai non si vedono, mescolati come sono con la folla eterogenea. E senza il suo partito la classe operaia è solo un aggregato statistico. D'altra parte, senza la classe il partito non può esserci. In un wargame il dilemma uovo-gallina sarebbe irrisolvibile se non venisse individuata una dinamica che scioglie il nodo dell'inizio e attribuisce un orientamento agli eventi.
Fatte le debite differenze, nelle fasi complesse della transizione un movimento coerente con il cambiamento potrebbe essere sottoposto a una variante moderna delle sollecitazioni cui fu sottoposta l'Internazionale e che la nostra corrente, allora, definì "pericolo opportunista". In un wargame di fatto come quello che stiamo cercando di tratteggiare per l'arco di un secolo, l'opportunismo dev'essere ben identificato e neutralizzato.
Von Clausewitz ha scritto che la guerra è il dominio del caso, che l'incertezza sbilancia il corso degli eventi. Questi eventi sbilanciati li abbiamo sotto agli occhi: il movimento è solo una somma di passeggiate eterodirette, e questo termine bisogna intenderlo alla lettera. Non appena spariranno le mosche cocchiere il caso presenterà la soluzione. Il caso dev'essere contemplato nella struttura del grande wargame che sarà la prossima guerra. A meno che… non si ritorni a fare il Grande Errore: che scoppi una guerra civile così tremenda da giustificare, per fermarla, una guerra imperialista classica. Come fu contro la Comune, di fronte alla quale due eserciti imperialisti si fermarono per dare luogo alla repressione.
Da qualche parte lo Stato avrà il suo wargame, in esso saranno previsti il caso, il caos e l'incertezza. Tireranno i dadi? Leggeranno le carte? Diranno al computer di generare numeri casuali? Oggi, il movimento è quello che è, rappresenta di tutto, tranne il futuro. È dal 2005, dall'incendio delle banlieue, che movimenti vari stanno alla finestra per vedere sfilare sé stessi senza uno scopo. Probabilmente siamo quasi alla fine: il capitalismo ha definitivamente abbandonato i presupposti su cui fondava la propria esistenza. È un paradosso, ma è anche l'unica certezza.
Ci sarebbe dunque, secondo il complottismo, un vertice segreto che guida le masse verso qualche sbocco… segreto. E utilizzerebbe un software avanzatissimo per studiare come uscire dalla palude. Fosse vero: il guaio è che non può essere vero, è solo una non notizia come tante che circolano in questo momento di crisi sociale. Niente è più distante da un approccio scientifico che la politica d'oggi. Dall'estrema destra all'estrema sinistra, passando per un insulso deserto conteso, a questo falso post-capitalismo si addicono più i tarocchi dei computer.
Non bisogna farsi ingannare: abbiamo la borghesia più antica del mondo, ma anche la più ignorante. Ha riempito di macchine quasi pensanti gli spazi che è riuscita a rendere accessibili e non sa neppure che cosa sono queste macchine. Non sa neppure di avere il primato mondiale della produttività (PIL/addetto produttivo). Si legga la cristallina lucidità del riquadro precedente: la rivoluzione allarga la propria influenza, fin troppo. Le aree di reclutamento non sono chiare come sarebbe necessario. C'è sempre quella maledetta paura di essere in pochi, di non avere abbastanza seguito. Determinismo: non abbiamo ancora una rivoluzione, dopo un secolo, perché non abbiamo imparato a memoria quelle dieci righe. Vero, ci sono le fatidiche "condizioni storiche sfavorevoli", ma accidenti!
Coscienza critica e spontaneità organizzata
Per Lenin la spontaneità operaia era fortemente influenzata dall'organizzazione del lavoro, perciò si mostrava, nel movimento rivoluzionario, come un qualcosa di completamente diverso rispetto alla spontaneità delle masse in piazza o quella anarchica dei contadini. Un ossimoro che aveva delle conseguenze profonde, anche se non immediatamente visibili. In tutta Europa, mentre gli operai scendevano in piazza e tendevano ad armarsi, i loro partiti tentennavano, indecisi fra la legalità democratica e l'azione armata. L'organizzazione spontanea degli operai metteva in discussione gli apparati politici mentre metteva in discussione il sistema capitalistico.
Si incomincia a capire il perché della spietata, vasta, e a livello storico instancabile persecuzione politica da parte degli stalinisti verso gli oppositori, specie della Sinistra; un odio violento, cieco. In fondo l'azione organizzata contro la confusione politica era un classico: gli uomini non giungono alla necessità del cambiamento tramite le loro idee ma tramite le condizioni materiali in cui vivono. Spinte ideologiche, psicologiche, religiose, politiche o morali sono il riflesso di quelle materiali e solo nel loro insieme possono trasformarsi in una spinta materiale collettiva. È per questo che 1) Marx attribuisce alla piccola borghesia psicologicamente frustrata il potere di innesco della rottura sociale e 2) non bisogna chiedere alla piccola borghesia di dare una definizione alla propria rabbia: produrrebbe come risposta una mistificazione all'ennesima potenza, dato che, se dicesse la verità su sé stessa in base all'importanza sociale del suo mandato, dovrebbe limitarsi a scrivere due righe semplici semplici di documentazione sulla propria vigliaccheria: cioè sul terrore di essere lasciata sola di fronte al proletariato quando questo, senza troppe cerimonie, essendo stato buttato fuori dalla fabbrica, incomincia a demolire il complesso sistema dall'esterno, ad esempio rifiutando il lavoro quando può abbassare volontariamente il proprio livello di vita, come hanno già fatto tre milioni di americani. In questa fase possiamo prevedere che siano decisi i passi preliminari di ogni rivoluzione che facciano saltare, per imporsi, le vecchie categorie dell'economia politica. Ad esempio, il reclutamento di quegli "utensili vivi" dei quali più se ne parla meno se ne vedono. La Sinistra Comunista "italiana" era l'unica corrente ad avere un programma atto a fornire il motore alla rivoluzione, ma si è estinta. A parte qualche barlume di vita, non ci sono oggi organismi politici capaci di prendere decisioni in linea con quanto era maturato con la costituzione del PCd'I. L'impatto della controrivoluzione è stato così violento che non ha lasciato spazio per una biforcazione fra vie opposte.
Non possiamo sapere se quella corrente sarebbe stata in grado, se fosse arrivata fino a oggi, di affrontare le sfide poste dai nuovi assetti del capitalismo e i loro effetti sociali. Ma una cosa è certa: non avrebbe mai evitato di ragionare in termini di progetto, di modelli, di algoritmi, di intelligenza artificiale o altro che potesse risultare utile alla rivoluzione.
La nostra sicurezza deriva dalla natura del gioco, cioè dall'interazione con l'avversario: se non si vuole perdere, bisogna essere all'altezza delle sue armi, anzi, bisogna avere armi migliori.
If-then: se si verificano determinate condizioni, allora, con gli strumenti adatti, sono possibili esiti all'altezza del futuro.
Il carattere essenziale della funzione del partito è l'impiego delle energie da esso inquadrate per conseguire obiettivi che superano gli interessi dei singoli gruppi e i postulati immediati e contingenti che la classe lavoratrice si può porre. (TdR)
I giochi di guerra offrono un quadro sicuro per lo sviluppo di alcune delle situazioni e delle dinamiche decisionali associate ai conflitti.
Offrono la chiave per capire alcune delle situazioni e delle dinamiche decisionali associate ai conflitti, non necessariamente armati.
Stimolano e abilitano l'apprendimento attivo perché i giocatori si confrontano con conoscenze che si sviluppano nel tempo con impegno continuo e spesso impongono domande e sfide inaspettate mentre esplorano, sperimentano e competono all'interno del modello artificiale fornito dal gioco.
Chiariscono prospettive, introducono approfondimenti, suggeriscono accorgimenti unici nel loro genere, completano altre forme di analisi o formazione.
Consentono di esaminare, replicare e sviluppare una comprensione del processo decisionale in contesti complessi, come se si fosse ottenuta in laboratorio una verifica sperimentale. Noi qui abbiamo comparato alcuni wargame commerciali molto semplici, ma il principio su cui si basano è invariante per i tipi che abbiamo suddiviso in due gruppi. In effetti, quello di sperimentare uno scenario realistico su di un tavolo, su di un pavimento o su di un computer è spesso l'unico modo per esplorare problemi "irriducibili" alla comprensione. Il wargaming consente agli utenti di interagire con diversi metodi, strumenti e tecniche (quantitative e qualitative) ma soprattutto con un elemento umano, che al momento risponde alle "mosse" con l'intelligenza, una qualità che il computer ancora non possiede. Prima di proseguire accertiamoci di avere ben capito che cosa sia un wargame, perché i prossimi due riquadri affrontano il cuore del problema centrale di tutte le rivoluzioni, il rapporto fra volontà e coscienza; il comunismo, disse Bordiga a Gramsci nel 1926, non è una politica ma una "concezione dell'universo" secondo la quale per la rivoluzione occorre che siano uniti coscienza e volontà senza per questo finire nell'idealismo o nell'attivismo.
Il wargame è maneggiato dagli umani e non può essere lasciato senza controllo. Nel data centre della questura il direttore di gioco e l'arbitro garantiscono tale controllo. Nei modelli più complessi la squadra è più numerosa e i controllori anche, fino a interessare
"centinaia di persone che condividono sistemi distribuiti in molte località geografiche. [La sezione per] l'addestramento collettivo bi-strategico della NATO ha un elenco completo dei controlli, nomine, responsabilità e sotto-organizzazioni richieste per i grandi wargames. Quelli di minori dimensioni e funzioni richiedono meno controllo, ma qualunque sia la dimensione dell'organizzazione di controllo, essa detiene diverse funzioni chiave. Il controllo non è effettuato soltanto in fase di utilizzo, ma interessa tutto il ciclo di produzione, dalla prima necessità avvertita al progetto, dall'utilizzo friendly al raggiungimento degli obiettivi il team di controllo deve garantire che il wargame raggiunga i suoi obiettivi".
Se il processo rivoluzionario non si imbastardisce lungo il percorso, come successe l'ultima volta, la rabbia della piccola borghesia può diventare demolitrice: il vaso di coccio fra i vasi d'acciaio è destinato a fare una brutta fine perché i suoi affari registrano che la capacità di ripartire il reddito entro la società diminuisce drasticamente con l'aumento della produttività. In questa sezione del wargame può essere affrontato con risalto strategico lo schema del rovesciamento della prassi, dove l'influenza del partito si ottiene attraverso la maturazione di condizioni soggettive. Le molecole sociali passano da una totale situazione di caos a una moderata acquisizione di ordine, che la nostra corrente ha equiparato alla polarizzazione fisica. Si potrebbe ad esempio stabilire in anticipo che l'intera società è composta di un numero n arbitrario di molecole sociali e manometterlo secondo schemi prefissati dal programma. Il numero totale rimane quello iniziale, ma sarebbe possibile con i nominati coefficienti variare la suddivisione interna con una serie di iniziative che ampliano il "teatro di guerra" e restringono la "rosa di eventualità tattiche", sempre meno diversificate.
L'integrazione di tutte le spinte elementari in una azione unitaria si manifesta attraverso due principali fattori: uno di coscienza critica, dal quale il partito trae il suo programma, l'altro di volontà che si esprime nello strumento con cui il partito agisce. (TdR)
Il partito riceve il suo programma storico dal maturare della società capitalistica, processo completamente al di fuori della portata della volontà degli uomini o delle loro organizzazioni, cosa che i dirigenti dell'Internazionale proprio non volevano capire. Ubriachi di successo immediato, credevano di piegare la storia con illusorie parole d'ordine come la conquista della maggioranza. È però nel corso degli eventi che il programma storico esprime i fondamenti utili all'imporsi della volontà. In determinati momenti delle varie epoche tali fondamenti possono essere individuati da chiunque, ma la loro trasformazione in forza materiale applicata al cambiamento dipende dalla possibilità di far aderire senza contraddizioni il partito formale al partito storico. Nel 1922, ad appena un anno dalla fondazione del Partito Comunista d'Italia, si manifesta in tutta chiarezza la vittoria dei reparti d'assalto dell'opportunismo. Uno schema universale di wargaming non è più possibile perché le differenti interpretazioni del comunismo poggiano su basi incompatibili. Mentre la Sinistra Comunista "italiana" ribadisce l'adesione allo schema storico-materialista che esclude il ricorso a espedienti politicanteschi, l'Internazionale ribadisce che quegli espedienti sono vitali per il successo del movimento, visto come somma cosciente delle spinte individuali. Spinte che hanno radici nel retroterra della forte socialdemocrazia mitteleuropea di cui l'austrocomunismo è uno dei prodotti deteriori.
Sarebbe erroneo considerare questi due fattori di coscienza e di volontà come facoltà che si possano ottenere o si debbano pretendere dai singoli poiché si realizzano solo per la integrazione dell'attività di molti individui in un organismo collettivo unitario. (TdR)
La nostra specie ha raggiunto un elevatissimo grado di capacità evolutiva grazie alla cooperazione sociale, che ha in qualche modo cambiato i termini dell'evoluzione darwiniana. Ciò vale per tutti i campi in cui l'intelligenza umana si discosta da quella animale. Il primate Homo non si è evoluto in quanto prodotto di automatismi dovuti a leggi considerate "là fuori" ma a leggi che lui stesso ha contribuito a formare e consolidare, primo fattore fra tutti la capacità di tramandare l'informazione acquisita e di progettare oggetti e situazioni. È chiaro che, se all'epoca gli fosse stato possibile progettare e costruire un wargame come quelli computerizzati di oggi, il suo responso sulla società sarebbe stato completamente diverso.