Difendono l'economia, preparano la guerra

Il giornalista Federico Rampini titola una sua newsletter (Corriere della Sera, 7 settembre 2024), "L'Italia è in pericolo, ma non vuole difendersi".

Da buon patriota con l'elmetto in testa, Rampini vuole un'Italietta pronta a contrastare le minacce belliche e una popolazione preparata all'ideologia di guerra. L'Europa non ha una difesa unitaria, dipende da altri per l'acquisto di armamenti, non ha una chiara strategia militare. Il giornalista sprona quindi l'Occidente ad attrezzarsi per la guerra ibrida, quella in cui forze con pochi mezzi a disposizione riescono a tenere in scacco nemici molto più potenti.

Come gli Houthi, ad esempio, che stanno dando del filo da torcere alle navi commerciali che passano dallo stretto di Bab al-Mandab. O come l'Iran, che nell'attacco ad Israele dello scorso aprile con missili e droni, a prima vista fallimentare perché efficacemente contrastato dal sistema antimissile Iron Dome e dalla coalizione che sostiene Israele (USA, Inghilterra, Giordania, Arabia Saudita), ha affrontato una spesa di 100 milioni di dollari contro i 2 miliardi di dollari spesi dalla difesa israeliana.

La guerra ibrida è anche quella combattuta sui social network o attraverso attacchi informatici diretti a impianti, installazioni e servizi strategici di un paese: "Gli attacchi di hacker stranieri a infrastrutture energetiche, sanitarie e di trasporto sono in atto già da molti anni. Ci danneggiano costantemente, e inoltre sono 'prove generali' per paralizzarci in caso di guerra vera e propria."

Secondo Rampini, bisogna rispondere a questo insieme di sfide con un'alleanza tra imprese private, forze armate e intelligence: un nuovo corporativismo all'avanguardia tecnologica. Il giornalista auspica anche il rilancio della leva obbligatoria perché "il mondo di oggi ci sta dimostrando che le guerre non si vincono con i soli eserciti professionali". E lo auspica proprio mentre in Ucraina migliaia di uomini scappano o si nascondono per non essere spediti al fronte. La tenuta del fronte interno è il grande problema con cui devono fare i conti le classi dominanti. L'Occidente può mandare armi e consiglieri militari a Kiev, ma se non ci sono i fanti da schierare sul terreno sia in difesa che in attacco ogni strategia viene meno al suo scopo.

Anche Mario Draghi è preoccupato per le sorti dell'Europa e ha lanciato un appello: "Se non riesce a diventare più produttiva" l'UE sarà costretta "a scegliere e ridimensionare alcune, se non tutte, le ambizioni". Ha quindi proposto, in controtendenza alla logica europea dell'austerity, un doppio piano Marshall: 800 miliardi l'anno da investire in competitività e sicurezza militare con l'emissione di debito comune. "Senza questi investimenti, il nostro benessere, la nostra società e persino la nostra libertà saranno a rischio".

Il piano di Draghi sulla competitività in Europa è collegato ai temi trattati dal Rapporto sul mercato unico a firma Enrico Letta, secondo il quale è necessario mantenere in Europa l'enorme quantità di risparmi che se ne vanno negli USA (tramite i grandi fondi d'investimento) a rafforzare le loro imprese. Quando la coperta è corta, ognuno cerca di tirarla dalla sua parte, ma inevitabilmente qualcuno rimane con i piedi scoperti. Gli USA vivono grazie al rastrellamento del valore prodotto dal resto del mondo, e faranno in modo che i loro sudditi europei non si facciano venire strane idee.

Rivista n. 56