Donald Trump e il governo del mondo
"Per la dimostrazione che il sistema capitalistico deve cadere, per la rivendicazione del suo abbattimento, per il diritto, se così vogliamo esprimerci, di denunziarlo infame, non è condizione necessaria la prova che sopravvivendo abbasserà il tenore medio di vita mondiale. Il capitalismo deve cedere a forme di più alta resa economica oltre che per le sue infinite conseguenze di oppressione, distruzione e di strage, per la sua impossibilità ad 'avvicinare gli estremi delle medie' non solo tra metropoli e paesi coloniali e vassalli, tra zone progredite industriali e zone arretrate agrarie o di agricoltura primordiale, ma soprattutto fra strato e strato sociale dello stesso paese, compreso quello dove leva la sua bandiera negriera il capitalismo più possente ed imperiale."
("Imperialismo 'vecchio' e 'nuovo'", Battaglia Comunista n. 3, 1950)
Alla fine, ha vinto Donald Trump. Ha vinto l'ex presidente che, al governo degli Stati Uniti dal 2017 al 2021, non era riuscito a trasformare in realtà lo slogan della sua campagna elettorale Make America Great Again (fare ritornare la Grande America). Ha vinto un miliardario processato quattro volte, condannato per diversi reati, accusato di essere il mandante dell'assalto al Campidoglio del 2021, ritenuto responsabile di abusi sessuali, recentemente obiettivo di un attentato. Insomma, un personaggio che fa abbondantemente parlare di sé.
Gli Stati Uniti, storicamente, producono presidenti spregiudicati, ma non è il battilocchio ad interessarci, bensì la storia che li ha portati alla "guida" del paese: "la direzione del moto storico, l'andare verso... è irreversibile. Se il determinismo ha un senso, gli Stati Uniti sono ciò che la storia del globo li ha portati ad essere." ("Teoria e prassi della nuova politiguerra americana", n+1, n. 11 marzo-giugno 2003)
Gli Stati Uniti, a livello strutturale, sono in una condizione di difficoltà economica e sociale che dipende dalla "freccia del tempo" del capitalismo, di cui sono il paese cardine. La loro situazione economica e politica è estremamente critica e diversi economisti ammettono, ad esempio, che il debito americano non è sostenibile e non potrà mai essere estinto: il deficit ha raggiunto quasi 2 mila miliardi di dollari e il debito pubblico, pari a circa 35 trilioni di dollari, potrebbe arrivare a 50 nei prossimi dieci anni.
Tale debito è sostenuto dal resto del mondo, dato che il dollaro è la valuta di riferimento del sistema internazionale dei pagamenti. La Cina, però, sta cominciando a liberarsi dei titoli del tesoro americani. Il fenomeno della de-dollarizzazione è reale ed è emerso in tutta la sua gravità al recente vertice dei BRICS a Kazan dove si è discusso della possibilità di costruire un sistema monetario internazionale complementare a quello esistente. Per ora, a supportare gli Stati Uniti si muovono i grandi fondi d'investimento (BlackRock, Vanguard, ecc.), dirottando i risparmi altrui verso le piazze finanziarie americane, con la conseguenza, tuttavia, di ingigantire la bolla finanziaria mondiale.
Dato questo scenario, è quindi evidente che, al di là del vincitore delle elezioni presidenziali, si dovranno fare i conti con un assetto economico non proprio "governabile", considerato che le grandi società di investimento sono in grado di muovere migliaia di miliardi di dollari. Gli Stati Uniti, per stare a galla, dovranno continuare a drenare valore dal resto del mondo, e lo potranno fare soltanto finché il mondo accetta questa dinamica.
Gli USA non hanno altra strategia per il futuro e, per campare, si affidano alla speculazione finanziaria. La ruota della storia non va all'indietro e non sarà possibile ricostruire un paese industriale e produttivo, con milioni di proletari gomito a gomito nelle fabbriche; allo stesso tempo non si può cambiare rotta, dato che il capitale autonomizzato governa sugli stati e ciò comporta conseguenze pratiche anche a Washington, che sembrerebbe essere al timone del capitalismo.
Lenin, nel suo lavoro sull'imperialismo (1916), afferma che tutti i paesi imperialisti sono "briganti" intenti a spartirsi il mondo. Da un punto di vista geopolitico non era proprio esatto allora affiancare l'Inghilterra agli Stati Uniti: il lavoro di Hobson, cui Lenin attinge, tratteggia lo schema di una realtà aderente a una visione politica più corretta. Gli Stati Uniti all'epoca non erano ancora visibilmente lanciati alla conquista del mondo, ma a Lenin era assolutamente chiaro che gli interessi degli Stati Uniti erano gli interessi (capitalistici) del pianeta intero, non c'era distinzione netta. Fin da allora tutto quello che accade al di là dell'oceano ha ripercussioni sul resto del mondo. La colonizzazione della società riguarda prima di tutto gli stessi americani, impoveriti, schiavizzati, annichiliti proprio da quel sistema di cui dovrebbero andare fieri, lo stesso che sta polverizzando le fondamentali mezze classi, sempre meno disposte ad accettare l'idea di finire nel girone infernale della classe dei senza riserve. Un elemento, che spesso passa in secondo piano, è la tenuta del delicatissimo fronte interno: cresce, ad esempio, il numero degli scioperi a testimoniare che la polarizzazione economica acuisce quella sociale (e crescono anche il numero ed il potere di organizzazioni sempre più avverse al potere centrale, e sempre più armate). Gli Stati Uniti sono l'unica Nazione del G7 in cui l'indice Gini, che misura la "disparità nei redditi", è superiore ai 40 punti, quando è sotto i 35 nelle nazioni Ue del G7 e inferiore ai 30 in Canada.
Le molecole sociali vengono di conseguenza polarizzate verso quello che viene percepito come l'unico elemento apparentemente anti-sistema, ovvero il MAGA. Trump è espressione e portavoce di un malessere generalizzato che mette sul banco degli imputati l'establishment degli apparati americani (dall'FBI agli uffici statali), centro di quello che viene definito Deep State, accusato di minare le sacrosante libertà costituzionali dell'individuo: l'impossibilità di controllare il fatto economico, sociale, produttivo, migratorio, evidentemente non dipende da chi è al timone della macchina da guerra USA, ma dal fatto che le determinazioni spingono chiunque sia alla guida a comportarsi secondo precise indicazioni impersonali.
Più che del Partito Repubblicano, uscito snaturato dalla campagna elettorale, la vittoria di Trump è il frutto di un movimento sociale più ampio che mette insieme disoccupati (numerosissimi), mezze classi impoverite e giga-capitalisti che seguono il "lungotermismo", un'ideologia che prevede il salvataggio di un'élite custode del progresso scientifico e il sacrificio di qualche miliardo di esseri umani.
Alcuni analisti sottolineano che il vero vincitore delle elezioni potrebbe essere Elon Musk, l'imprenditore sudafricano proprietario di Tesla, SpaceX, Neuralink, divenuto rapidamente il capitalista più ricco del mondo, finanziatore della campagna elettorale di Trump e membro di quella rete di ex dipendenti e creatori di PayPal che hanno fondato altre società tecnologiche di grande successo (Inc., LinkedIn, Palantir Technologies, Affirm, Slide, Kiva, YouTube, Yelp e Yammer). Lo stesso vicepresidente di Trump, J. D. Vance ha lavorato in passato per Peter Thiel, miliardario libertariano e fondatore di Palantir. Thiel, autore del libro Da zero a uno. I segreti delle startup, ovvero come si costruisce il futuro, sostiene che la concorrenza sia prerogativa dei perdenti e che il progresso risieda nel monopolio il quale permette di intraprendere progetti di lungo respiro.
Musk dirigerà il Department of Government Efficiency (DOGE), il Dipartimento dell'efficienza che non farà parte dell'amministrazione ma sarà una struttura esterna di consulenza, con ampi poteri. Insomma, monopolio batte libertà.
In campagna elettorale, Trump si è dichiarato paladino di una nuova deregulationche prevede lo snellimento dello stato, con il taglio di quelle tasse e di quelle pratiche che impediscono il libero dispiegamento delle dinamiche capitalistiche. Il problema è che la deregulation negli USA c'è già stata, a partire dagli anni '80, ed oggi l'obiettivo non dichiarato è quello di consentire ad un Capitale, messo a dura prova dalla legge della caduta tendenziale del saggio di profitto, di esasperare la raccolta di "capitali rimasti liberi nella società" per renderli produttivi di profitto o interesse.
Trump aveva dichiarato di voler deportare 12 milioni di immigrati, che interromperà la guerra in corso in Ucraina e Medioriente in sole 48 ore, che il paese tornerà ad essere quello di un tempo. Probabilmente non attuerà tutte le promesse fatte in campagna elettorale perché consiglieri più realisti gli suggeriranno quali punti del programma mantenere e quali invece scartare, dato che le condizioni economiche lasciano poco spazio di manovra. Il PIL degli USA crescerà del 3% nel 2024 (tutti i maggiori paesi sono in difficoltà), ma il debito corre molto più velocemente così come si riduce la distanza con la Cina, fabbrica del mondo da anni, non più particolarmente disponibile a sostenere l'American Way of life.
Data la difficoltà di produrre nuovo valore da distribuire, la rete di rapporti imperialistici non può accettare di sostenere i consumi americani, ma, allo stesso tempo, non può neanche permettersi che lo sbirro globale collassi. Come si afferma nel Manifesto dei Comunisti: "La borghesia non può esistere senza rivoluzionare continuamente gli strumenti di produzione, i rapporti di produzione, dunque tutti i rapporti sociali". La contraddizione esplosiva, rappresentata dal confliggere delle spinte verso il futuro con quelle per la conservazione, si manifesta innanzitutto in America, centro in declino del capitalismo mondiale.
Gli Stati Uniti , che storicamente considerano guerra anche il rapporto tra sé stessi ed il resto del mondo, nei prossimi anni dovranno affrontare problemi che minano la loro stessa esistenza (problemi analoghi a quelli che riguardano, su scala diversa, Israele), come ad esempio conflitti endemici prodotto di situazioni precedentemente irrisolte (Medioriente, Heartland), qualcos'altro rispetto ad un semplice scontro tra interessi localizzato geograficamente, magari gestibile con le partigianerie.
L'espansione della Cina, che sta progettando un mega hub portuale in Perù, sarà uno dei problemi principali, poiché gli Stati Uniti non possono lasciarsi sottrarre il controllo dei flussi di merci e capitali nell'Indo-Pacifico, così come non possono retrocedere a seconda potenza mondiale senza tentare di prevenirne le conseguenze.
Da tempo affermiamo che sta scricchiolando la tenuta di quell'assetto imperialistico che ha modellato il mondo secondo le esigenze americane a partire dal Secondo Dopoguerra, e dal quale sempre più stati (vedi BRICS allargati) stanno cercando di sottrarsi.
In realtà il profondo scricchiolio mina la società capitalistica nel suo complesso. Trump, o chi per lui, potrà fare ben poco.