I limiti dell'… inviluppo

Il lettore troverà in questo numero della rivista un contenuto "esplosivo". Affrontiamo infatti il problema dell'intelligenza artificiale e delle conseguenze che tale argomento sembra aver prodotto con grande impatto nell'ultimo paio d'anni.

Il problema sarebbe mal posto se scrivessimo la cronologia di questo periodo con i tempi delle scadenze del calendario. Faremo riferimento a fatti che hanno avuto un'incubazione di secoli e che sono da collocare nell'arco di tempo che va dalla puntualizzazione dei fisici sulla meccanica dei quanti (Max Planck, 1900) alle attività di un capitalista poliedrico contemporaneo come Elon Musk, giunto addirittura alla conclusione che l'umanità debba rivolgersi allo spazio extraterrestre per dichiararsi specie interplanetaria.

Dalla fisica delle particelle "indivisibili" (atomi) alla ricomposizione assai disordinata di brandelli di conoscenza tendenti a una reazione di rigetto, che si manifesta nelle forme di una ricerca intorno a "teorie del tutto", i modelli sociali di oggi si staccano dalla politica tradizionale senza però avere la possibilità di stilarne di nuovi. Si scava perciò un abisso tra i modelli più o meno basati su quelli delle scienze e quelli ormai del tutto ridicoli che si trascinano dietro scampoli di passato. I modelli sociali qui presi come esempio sono decisamente fuori dalla portata di ogni organizzazione che dica di voler "cambiare le cose" entro il quadro dei rapporti politici tra le componenti della borghesia. D'altra parte, nei confronti tra le classi non esistono organismi in grado di adottare i modelli fisico-biologici della natura per farne la base dei loro programmi politici.

Fatti, conoscenze e teorie che tentano di emergere sono in effetti il prodotto di una società morente, la quale cerca di esorcizzare la sua troppo lunga durata sulla scena storica. La nostra corrente ha dimostrato che stiamo vivendo la parte finale di questo percorso.

Gli anni '60 e '70 del secolo scorso hanno rappresentato però una svolta importante nello sviluppo tecnologico e scientifico: si sono affermate la dinamica dei sistemi, la teoria della complessità e quella dell'informazione. Prende avvio e si potenzia un processo di digitalizzazione del mondo (la sua scomposizione binaria in 0 e 1) che porterà a parlare sempre più frequentemente, il più delle volte a sproposito, di rischi e di opportunità dello sviluppo dell'intelligenza artificiale.

Nel 1972 la borghesia pubblica un Rapporto sui limiti dello sviluppo (commissionato al MIT dal Club di Roma), reso possibile grazie a Mondo3, un modello dinamico costruito sulla base dei dati a disposizione dei suoi centri di ricerca, che simulava al computer delle interazioni tra crescita della popolazione, crescita industriale, produzione alimentare e limiti negli ecosistemi del Pianeta. Gli scienziati che lavorarono alla stesura di Mondo3 erano riusciti a mettere a punto proiezioni plausibili assolutamente catastrofiche sul futuro dell'economia. Trent'anni dopo, i dati dinamizzati, cioè, aggiornati, com'è giusto fare sulla base di un modello basato sui criteri della "dinamica dei sistemi", furono nuovamente presentati con un pari "successo". Il sistema continuava a rispondere mostrando una dinamica simile a quella che aveva caratterizzato il primo modello.

La società capitalistica aveva risposto alla modifica dei dati con altri dati forniti da un capitale che non poteva avere altro da offrire.

Continuando sul terreno di un sistema sociale che richiede un aumento costante della produttività, ma intende mantenerlo con provvedimenti che in realtà a lungo termine lo abbassano, ogni modello del genere, sistema dinamico o no, mostrerà un'invariante risposta con un collasso generale all'orizzonte. Il compito difficile è immaginare modelli che siano la riproduzione coerente della realtà che vogliono simulare. A domande invarianti seguiranno sempre risposte invarianti. Mostreremo che il gran daffare della borghesia intorno a modelli di tutti i generi è un tentativo di trovare entro la società capitalistica gli strumenti per la propria salvezza. Ma proprio i modelli più aderenti alla realtà ne certificano la morte.

Più un modello della realtà sociale è ben costruito più si rivela utile a capirla e a combatterla. Così la costruzione dei modelli tipo Mondo3 e Destination Earth (un "gemello digitale" della Terra) presi in esame in questo numero della rivista possono permettere una panoramica molto precisa su ciò che succederà con il rivolgimento sociale e conseguente cambio di paradigma.

Nel tempo si fa sempre più esplosiva la contraddizione tra lavoro socializzato e appropriazione privata. La fase del capitale anonimo e impersonale, è già stata descritta in un testo fondamentale della Sinistra Comunista come Proprietà e Capitale (1948-50), e adesso si è sviluppata a pieno. Dopo ci può essere solo un'altra forma sociale.

La produzione capitalistica non si contraddistingue per la produzione di merce, essa è essenzialmente produzione di plusvalore, e questo si ricava esclusivamente dallo sfruttamento della forza-lavoro. Nell'attuale modo di produzione la massa del plusvalore, seppur di poco, continua ad aumentare ma necessita di un investimento in capitale costante (macchine, materie prime, energia) sempre maggiore. Siamo a quella fase di cui in biologia si occupa l'auxologia, disciplina che studia la crescita degli organismi indicandone il decremento nel tempo.

L'estrazione di plusvalore relativo è redditizia per il singolo capitalista, che sfrutta di più i suoi operai, ma non all'insieme del capitalismo: se un industriale automatizza completamente la produzione della fabbrica non realizza sul mercato il plusvalore, dato che non ha operai che ne producano, ma riceve una forma di rendita (plusvalore prodotto da altri). Se tutti i capitalisti automatizzassero la produzione non ci sarebbe più capitalismo. Esso si sta robotizzando, e alcuni analisti borghesi mettono in guardia i governanti sulla crescita della "disoccupazione tecnologica" e sugli effetti sociali che essa provocherà.

Da più parti si comincia a percepire l'urgenza di un cambiamento negli assetti sociali esistenti, ma non è ancora chiaro come realizzarlo. Per attuarlo è necessaria un'opera di "ingegneria sociale", tema affrontato dalla nostra corrente negli "Elementi dell'economia marxista" (1947), dove si rivendica l'applicazione del metodo scientifico ai fatti umani:

La forma più completa e soddisfacente di una legge scientifica è quella di una relazione tra quantità misurabili (formula matematica). Perché le grandezze siano misurabili occorre poterle riferire ad altre grandezze già note, e in tale riferimento sta in fondo la legge stessa."

Ingegneria della rivoluzione vuol dire abbandono delle poco formalizzabili formule discorsive della filosofia e dei vuoti proclami dei terzinternazionalisti a non meglio specificate masse. Significa, come detto prima, utilizzo dalla scienza anche in ambito sociale, dunque rapporto tra grandezze misurabili, operazione intrapresa da Marx, che, tra l'altro, aveva ribadito più volte di non essere marxista: "Io non ho scoperto nulla, ho soltanto collegato con nuovo metodo ciò che altri hanno scoperto". In effetti, non è corretto attribuire a un individuo, per quanto intelligente sia, il progredire della conoscenza, essendo essa il prodotto di un lavoro collettivo nello spazio e nel tempo.

Quando si parla di questi temi non ha alcun senso farsi fautori di una scienza "proletaria" contro una "borghese". La conoscenza è quella oggi a disposizione dell'umanità, piena dei difetti e dei limiti della presente forma sociale, ma altra non ce n'è, si tratta di adoperarla per fini universali e non angusti, e quindi di farla avanzare, di farla diventare veramente tale. Distruggere le barriere che essa si trova davanti è compito di una specifica classe (quella dei senza-riserve) e del suo partito.

Rivista n. 56