Numero 109, 9 maggio 2007

Elezioni in Francia

Ha vinto la destra, naturalmente. La sinistra è stata così imbecille da andare a cercar voti nel campo avversario fino a perdere completamente la testa proprio sul proprio terreno, quello dei temi sociali. La elementare coerenza conservatrice non poteva dunque che avere la meglio. Per chi nei diversi schieramenti elettorali non vede altro che fazioni della borghesia, il dato più terribile è stato il coinvolgimento nell'evento schedaiolo: in un paese che tradizionalmente vede disertare massicciamente le urne, questa volta gli elettori sono andati a votare all'85%.

Il debito usa si misura ormai in fantastiliardi

Il debito federale USA ammonta a 8,8 trilioni di dollari. Se aggiungiamo il debito dei singoli stati federati, delle famiglie, del settore finanziario-business (anticipi di capitale sia per l'industria che per la speculazione) e finanziario-sociale (mutui, assicurazioni, ecc.), l'indebitamento complessivo della società americana raggiunge la cifra paperonesca di 48 trilioni di dollari. Il rapporto con il Pil (12 trilioni di dollari) è quindi astronomico, cioè il 400%. Gli Stati Uniti possono utilizzare massicciamente l'emissione di titoli sul mercato internazionale per alimentare il proprio debito interno garantendolo esclusivamente con la propria potenza economica e militare invece che con un corrispettivo tangibile in merci o riserve monetarie. Non così gli altri paesi. La Cina, ad esempio, che ha un surplus commerciale di 1.000 miliardi di dollari, non potrebbe utilizzarlo per acquistare titoli italiani, francesi, tedeschi o giapponesi emessi in euro: questi paesi sono esportatori netti e quindi hanno essi stessi un surplus che li rende compratori di titoli americani.

Decoupling, o della contraddizione fra concorrenti

I maggiori concorrenti degli Stati Uniti mantengono in vita l'avversario che li sfrutta. Sembra una contraddizione senza via d'uscita, perché nessuno di essi vorrebbe sostenere per sempre gli altissimi consumi americani, ma nello stesso tempo tutti sono consapevoli che un capitalismo senza gli USA è un'assurdità. Sognano di esportare sempre di più negli Stati Uniti, ma nello stesso tempo vorrebbero sganciarsi dalla recessione americana per evitare di esserne coinvolti. E' il decoupling, letteralmente "disaccoppiamento", teorizzato da alcuni economisti, secondo i quali oggi la crisi americana seguirebbe il suo corso senza coinvolgere come un tempo il resto del capitalismo mondiale. Il decoupling sembra mettere in discussione il ruolo americano di rentier globale, ma quale Stato al mondo oggi ha la forza di porsi per primo su questo terreno minato? Sarebbe una vera e propria dichiarazione di guerra agli USA. Il dollaro non se la passa bene, ma il consumatore americano sostiene le esportazioni di mezzo mondo: perciò, di fronte alle contraddizioni mondiali che si fanno sempre più acute, il rapporto fra paesi concorrenti rimane oscillante e inconcludente.

2006: capitalismo senile e piano mondiale

Aspetti del nodo iraniano

Il motivo degli attacchi americani all'Iran non è tanto la preoccupazione per la produzione dell'uranio arricchito quanto quella relativa alla produzione del solito petrolio, alle valute con cui viene scambiato e ai paesi che lo comprano. Il petrolio non sarà abbondante per sempre e il flusso del suo scorrere sta cambiando direzione. La Cina ha firmato lo scorso anno con Teheran un accordo a lungo termine da 100 miliardi di dollari per sviluppare l'enorme giacimento iraniano di Yadavaran, che ha una potenzialità stimata di 300.000 barili al giorno. Pechino potrebbe ottenerne per sé 150.000 per i prossimi 25 anni, e Teheran diventerebbe uno dei maggiori fornitori della Cina per qualche decennio. Un asse del genere sta già provocando una reazione a catena dato che l'Iran da tempo chiede ai suoi tradizionali clienti di passare dai pagamenti in dollari a quelli in valute diverse, specie l'Euro (il dollaro copre ormai solo il 40% delle sue transazioni; e altri paesi dell'OPEC hanno seguito l'esempio).

2005: L'autonomizzarsi del Capitale e le sue conseguenze pratiche
2005: Rumori di guerra intorno all'Iran

Import-export, sorpasso cinese

Un altro segno della decadenza americana: secondo gli ultimi dati Eurostat le importazioni "made in China" nei 25 paesi dell'Unione europea hanno raggiunto nel 2006 il valore complessivo di 191,5 miliardi di euro (+21%) mentre le importazioni dagli USA sono scivolate in seconda posizione, a 176,2 miliardi di euro. Nello stesso tempo la Cina ha guadagnato importanza come mercato di sbocco per i prodotti europei assorbendo merci "made in Europe" per un valore di 63,3 miliardi di dollari (+23%). A ciò si aggiunga che, sempre nel 2006, la Cina è anche diventata il primo partner commerciale del Giappone superando gli Stati Uniti. L'export giapponese verso la Cina è cresciuto del 21.2% mentre l'import è aumentato del 13%.

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Lo scacchiere africano

Negli ultimi cinque anni gli scambi tra Cina e Africa sono quasi decuplicati. Se nel 1999 il volume degli scambi era di 5,6 miliardi di dollari, per il 2007 il ministero del Commercio cinese prevede che verranno superati i 50 miliardi di dollari. Sono ottocento le aziende cinesi presenti in 28 paesi africani (particolarmente in Sudan) dove hanno investito 6 miliardi di dollari nel solo 2005 per progetti che vanno dalle costruzioni all'energia, dal petrochimico all'agricoltura. La presenza cinese è molto articolata e diffusa in tutto il continente: ad esempio nel paese più importante, il Sudafrica, il 60% degli investimenti esteri proviene dalla Cina.

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Celebrazioni

Lo scorso primo maggio s'è celebrato il rito sempre più logoro della "festa del lavoro". Questa volta con una manifestazione nazionale a Torino. Le "autorità" aprivano il corteo fra ali di folla indifferente. Qualche fischio stracco ai politici governativi. Il gruppo più applaudito è stato quello di Emergency: tributo emotivo e irrazionale a qualsiasi cosa che non assomigliasse a un partito o gruppo politico. In piazza parlavano i tre confederali e ovviamente non c'era nessuno ad ascoltarli. Proletari quasi invisibili. Secondo gli organizzatori c'erano 100.000 persone, ma viene il sospetto che molte aspettassero il concerto. Infatti questa era la novità: è comparso per la prima volta il megapalco. Finirà come a Roma: non il concerto per la manifestazione del Primo Maggio ma invece.

Nel frattempo si prepara la grande ammucchiata per celebrare la santità della famiglia. Ci saranno tutti, rispondendo all'appello per la conservazione sociale. Nelle società decadenti si celebrano soprattutto le forme quando la sostanza è già oggettivamente stritolata dalla storia. Ci saranno di certo cartelli e palloncini, folklore e pupazzi. Sarebbe interessante vedere sfilare allegorie molto realistiche, e poco "sante", di mariti che bastonano le mogli, di padri che violentano i figli, di figli che sterminano i genitori, di famiglie mafiose che si sterminano a vicenda e di famiglie perbene che santificano la proprietà e lo sfruttamento, benedette dal diritto ereditario.

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