Numero 115, 13 ottobre 2007

Ancelle del capitalismo 1: la religione riformista

La Chiesa, ormai castrata della sua potenza millenaria e ridimensionata a centrale di produzione ideologica, scimmiotta l'ipocrita ambiguità del riformismo classico: far credere che l'iniqua distribuzione del reddito sia la sola causa dell'ingiustizia nel mondo. Benedetto XVI sa benissimo che non di "ingiustizia" si tratta ma della struttura di sfruttamento in un sistema basato sulla produzione sociale e sull'appropriazione privata. Eppure non può che insistere sulle orme degli altri papi: "La logica del profitto, se prevalente, incrementa la sproporzione tra poveri e ricchi, come pure un rovinoso sfruttamento del pianeta. Quando invece prevale la logica della condivisione e della solidarietà, è possibile correggere la rotta e orientarla verso uno sviluppo equo, per il bene comune di tutti". Egli sa che il lavoro salariato fece la sua comparsa proprio in seno alla Chiesa, nei primi anni del XII secolo, quando i monaci cistercensi, cui era vietato dalla loro Regola sfruttare lavoro servile, dovettero pagare i braccianti delle grange ritrovandosi inaspettatamente coinvolti in un principio di accumulazione capitalistica. Praticavano rapporti di sfruttamento concreti - all'epoca rivoluzionari - non predicavano mantra riformisti.

Ancelle del capitalismo 2: la scienza dei miracoli

Che nessuno osi mettere in dubbio la necessità del crescente fabbisogno mondiale di energia! Che a nessuno venga in mente di imputare le proprie paure a un sistema sociale disumano! E' sempre stato compito della religione far accettare le sofferenze terrene in cambio della felicità nell'altro mondo, ma adesso ci si mette anche la scienza. Alla conferenza mondiale sul futuro di quest'ultima, svoltasi a Venezia con il titolo "The Energy Challenge"(La sfida energetica), l'ex ministro Veronesi, scienziato di fama, ha spiegato che le sfide sono due: "Identificare fonti di energia che possano far fronte al crescente fabbisogno mondiale... intervenire a livello culturale per far capire e accettare le soluzioni energetiche che la scienza propone ad una società confusa, poco informata, impaurita e percorsa da movimenti antiscientifici".

2004: Orazione in morte della trinità Religione, Filosofia e Scienza

Dopo mezzo secolo: che fine ha fatto la "conquista dello spazio"?

Il 4 ottobre 1957 il primo Sputnik orbitò intorno alla Terra. Dicemmo: l'uomo non "conquisterà" lo Spazio finché dovrà fare i conti con la legge del valore; per la conoscenza delle leggi dell'universo bastano e avanzano le osservazioni, le deduzioni, i calcoli e i robot guidati a distanza, gli astronauti non servono a niente; i sassi dalla Luna li poteva portare un automa. Apriti Cielo. Ci saltarono addosso inferociti. Ma oggi persino gli scienziati addetti ai lavori, che pur dallo Spazio ricavano lo stipendio, non mettono minimamente in discussione la superiorità delle missioni robotizzate. Solo i politici continuano a cianciare di "conquista del Cosmo" da parte di uomini scafandrati. Purtroppo per loro la conquista "manned" (umanata) dell'Universo Infinito si ferma alla Stazione Spaziale Internazionale, 350 km di distanza. Come dire Torino-Bologna. In compenso i robot spaziali hanno da allora, quando eravamo controcorrente, studiato minuziosamente il sistema solare e ne sono addirittura usciti continuando a inviare segnali. Comunque la quasi totalità della ferramenta spaziale spedita in orbita secondo i Supremi Ideali dell'Uomo Capitalistico Conquistatore ha solo due scopi reali: 1) guerra; 2) profitto.

1957: Triviale rigurgito di illuminismo
1960: Elementi della questione spaziale
1999: Scienza e rivoluzione

Sapere che cos'è un sindacato moderno

Finché i proletari non avranno di nuovo organismi di difesa classisti è inutile lamentarsi che i sindacati attuali non farebbero il loro mestiere. Il famigerato "Protocollo del 23 luglio" che tanta risonanza ha avuto sui grandi organi d'informazione non è un documento sindacale ma statale. In campo previdenziale peggiora l'impostazione che fu del governo "di destra". Peggiora anche la lagge sul precariato. Produce uno spostamento di risorse a favore dei capitalisti e a danno dei proletari (dal cuneo fiscale all'incentivazione defiscalizzata della produttività). Per poco non penalizzava anche gli addetti ai lavori massacranti. Persino i media hanno sottolineato che la "consultazione democratica" è stata la solita pagliacciata con risultato precostituito. Tutto giusto, perbacco, ma perché indignarsi e strillare? Che cosa si pretende da un sistema sindacale che dal dopoguerra in poi non è servito ad altro che a garantire "Sostegno al sistema produttivo" come recita il Capitolo Quarto del Protocollo, fotocopia sbiadita del suo progenitore di un altro 23 luglio, quello del 1993?

1993: Come un logaritmo giallo

I seguaci (ignari) del facchino napoletano

Anche qualche borghese incomincia a capire che "l'uomo capitalista non è uomo ma fesso": continua a lavorare un numero spropositato di ore quando in pochi minuti potrebbe produrre tutto quel che gli è necessario per vivere. Mentre Padoa Schioppa dà dei "bamboccioni" ai giovani costretti a rimanere in famiglia perché non trovano lavoro, Massimo Fini, in un articolo su "Libero", giustifica e apprezza i "giovani fannulloni" perché si negano a "un modello di sviluppo insensato". Egli ricorda che nelle società preindustriali e precapitaliste il lavoro non è idolatrato e si lavora solo quanto basta: "Tanto è vero che è nobile chi non lavora e contadini e artigiani lavorano solo per quanto gli basta. Il resto è vita". Poco importa l'idea che Fini ha del marxismo, che del resto condivide con molti "marxisti", ma è interessante che da file a-marxiste o tout court anti-marxiste si arrivi a conclusioni marxiste. Non quelle dei professori, ma quelle del proverbiale "facchino napoletano", che marxisticamente rifiutava di portare la valigia al ricco turista perché aveva già mangiato, e rimaneva sdraiato a godersi la giornata di sole.

1950: Capitalismo e riforme
1953: Le rivoluzioni multiple e la rivoluzione capitalistica occidentale
2000: Tempo di lavoro, tempo di vita

La paura per l'"anti-politica" e la democrazia blindata

Politici e sindacalisti sono allarmati per la crescente apatia degli elettori e per il declino dell'adesione alle organizzazioni politiche e sindacali. Anche il presidente Napolitano si preoccupa per il "clima pesante di qualunquismo" che ne deriverebbe. Questa schizofrenia dà ormai la nausea. La borghesia vuole la botte piena e la moglie ubriaca: santifica la democrazia e il parlamentarismo, la partecipazione ideologica e il tesseramento, ma non appena i risultati di tutto ciò, cioè il cretinismo parlamentare, provocano reazioni di rigetto, ecco che tutti si lamentano. Anzi, sono terrorizzati dalla remota possibilità che il "popolo bue" smetta di essere tale e la pianti di credere alle favole sulla santissima trinità democrazia-partecipazione-lavoro.

1951: Partito rivoluzionario e azione economica
1919: Preparazione elettorale o preparazione rivoluzionaria

Campi di concentramento "temporanei"

Mentre si concentra la ricchezza, cresce la miseria, con l'aumento smisurato delle masse nullatenenti che il sistema produttivo espelle e soprattutto non assume. Miliardi di uomini esercitano così una immensa pressione sociale all'interno di numerosi paesi e sulle frontiere di molti altri. Le ondate di poveracci, che oggi sfidano il mare taglieggiati dagli scafisti o rischiano il soffocamento nei container, non sono niente in confronto a ciò che riserva il futuro. Le varie borghesie, impotenti di fronte ad un fenomeno di portata storica, cercano di tamponare innalzando barriere qua e là (Ceuta e Melilla) o costruendo campi di concentramento. I Centri di Permanenza Temporanea italiani, da Gradisca a Lamezia, da Torino a Pantelleria sono ormai da mesi teatro di rivolte, disperate evasioni e atti di autolesionismo. La proposta è ovviamente di chiudere le frontiere dei paesi d'arrivo e dei paesi di partenza. Come dire chiudere i campi di concentramento piccoli e trasformare i paesi d'origine in campi di concentramento grandi.

1949: Marxismo e miseria
2002: Regressione animalesca

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